Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16644 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16644 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.
11953/2020 r.g., proposto da
COGNOME NOME , elett. dom.to in INDIRIZZO Roma, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME.
ricorrente
contro
Monte dei Paschi di Siena spa , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO Roma, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 1371/2019 pubblicata in data 17/09/2019, n.r.g. 987/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 08/04/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.- NOME COGNOME esponeva di essere stato dipendente di Monte dei Paschi di Siena spa dal 12/11/2007 fino al 15/03/2017, quando si era dimesso.
OGGETTO:
dipendente di banca -quadro – demansionamento -profilo qualitativo e quantitativo – accertamento in concreto
Aggiungeva di essere stato inquadrato da ultimo come quadro direttivo -2^ livello CCNL imprese di credito e finanziarie, con mansioni di private banker .
Deduceva di avere accettato il trasferimento da Milano a Viareggio a decorrere dal 02/02/2015 in previsione di un incremento del portafoglio clienti da 70 a 100 milioni di euro, prospettato dal responsabile delle risorse umane della banca, poi non verificatosi.
Lamentava altresì di non aver percepito la diaria per 60 giorni di prima sistemazione, prevista dall’art. 88, co. 4, lett. d), CCNL citato, pari alla complessiva somma di euro 10.425,00, e di aver subìto un demansionamento e/o una dequalificazione nel periodo dal 02/02/2015 fino alle dimissioni, perciò rassegnate per giusta causa.
Assumeva che poi dal 12/09/2016 era stato ritrasferito presso la sede di Milano, in qualità di ‘specialista settore titoli’ presso l’area finanza, ma era rimasto di fatto demansionato.
Adiva, pertanto, il Tribunale di Milano per ottenere la condanna della banca al pagamento della diaria di prima sistemazione, pari alla somma sopra indicata, nonché l’accertamento del demansionamento e/o della dequalificazione, l’accertamento della sussistenza di una gius ta causa di dimissioni, la condanna della banca al risarcimento del danno alla professionalità da liquidare in via equitativa, nonché al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso nella misura di dieci mensilità e quindi pari al com plessivo importo di euro 64.315,24 (comprensivo dell’incidenza sul t.f.r.), e alla restituzione della somma di euro 5.443,61 illegittimamente trattenuta dalla banca a titolo di indennità sostitutiva del preavviso.
2.- Costituitosi il contraddittorio, il Tribunale rigettava le domande.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello accoglieva in parte il gravame interposto dal COGNOME e accoglieva la sua domanda di condanna della banca al pagamento della diaria per 60 giorni di prima sistemazione, mentre confermava nel resto la sentenza di primo grado.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
come ritenuto dal Tribunale, in nessuno dei due periodi -né in quello ante , né in quello post d.lgs. n. 81/2015 che ha novellato l’art. 2103
c.c. -vi è prova di una modifica quantitativa e qualitativa delle mansioni affidate al COGNOME tale da comportare una dequalificazione professionale e integrare una giusta causa di dimissioni;
dal punto di vista qualitativo il COGNOME presso la sede di Viareggio ha continuato a svolgere mansioni di private banker ; dal punto di vista quantitativo la doglianza di aver visto diminuire il portafoglio clienti da 70 a 1,4 milioni di euro è infondata alla luce della documentazione in atti;
in particolare, dal doc. 1 bis prodotto dalla banca risulta che alla data dell’11/01/2016 il COGNOME gestiva un portafoglio clienti di euro 60.056.840 rispetto ad euro 68.314.611 alla data del 30/06/2015;
in ogni caso non ogni modifica quantitativa delle mansioni si traduce in una dequalificazione professionale;
anche l’ulteriore domanda relativa al periodo dal 12/09/2016 alle dimissioni è infondata;
in primo luogo, egli è rientrato a Milano su sua esplicita richiesta ed ha accettato le nuove mansioni di ‘specialista settori titoli’;
al fine di verificare se tali nuovi mansioni rientrassero oppure no nella declaratoria dei quadri direttivi dettata dall’art. 82 CCNL era onere del COGNOME elencare e specificare il tipo di mansioni svolte, in modo da consentire al giudicante la valutazione in concreto; tale onere non è stato adempiuto, poiché nessuna allegazione o deduzione vi è in tal senso nel ricorso di primo grado.
4.- Avverso tale sentenza COGNOME Giuseppe ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
5.- Monte dei Paschi di Siena spa ha resistito con controricorso.
6.- Entrambe le parti hanno depositato memoria.
7.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, nn. 3) e 5), c.p.c. il ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 2103 c.c., nella formulazione antecedente alla novella introdotta dall’art. 3, co. 1, d.lgs. n. 81/2015, nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c. per avere la Corte territoriale ritenuto insussistente il demansionamento in relazione al primo periodo ossia
dal 02/02/2015 al 25/06/2015, nonché l’omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione fra le parti.
Il motivo relativo all’asserito vizio ex art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c. è inammissibile perché precluso dalla c.d. doppia conforme (art. 348 ter, ult. co., c.p.c.).
Per il resto il motivo è inammissibile, perché presuppone dimostrata una grave riduzione quantitativa delle mansioni di private banker (che, secondo il ricorrente, a seguito del trasferimento a Viareggio avrebbero riguardato un portafoglio clienti di 1,4 milioni di euro a fronte di un portafoglio di 70 milioni di euro gestito in precedenza presso la sede di Milano), che invece la Corte territoriale ha motivatamente escluso. I giudici d’appello , infatti, hanno fatto riferimento ad un preciso documento (il doc. 1 bis) prodotto dalla banca per ritenere provato l’ammontare del portafoglio clienti al 30/06/2015 come pari ad euro 68.314.611, del tutto diverso da quello dedotto dal COGNOME come pari a 1,4 milioni di euro (e ritenuto -a suo dire -dimostrato dal patto di non concorrenza che avrebbe stipulato con la banca proprio nella data del 30/06/2015).
2.- Con il secondo motivo, articolato in due censure, il ricorrente lamenta: a) ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c., l’omessa pronunzia sul motivo di appello, con cui egli si era doluto del fatto che il Tribunale non avesse accertato il demansionamento con riferimento al periodo dal 26/06/2015 al 12/09/2016, e dunque la violazione dell’art. 112 c.p.c.;
b) ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. , ‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 2103 c.c., nella formulazione successiva alla novella introdotta dall’art. 3, co. 1, d.lgs. n. 81/2015, per avere la Corte territoriale ritenuto insussistente il demansionamento in relazione al periodo dal 26/06/2015 al 15/03/2017.
Il motivo è in parte infondato, in parte inammissibile.
Con riguardo alla censura sub a), relativa al periodo dal 26/06/2015 al 12/09/2016, contrariamente all’assunto del ricorrente la Corte territoriale ha esaminato la vicenda, proprio partendo dalla considerazione del fatto che, come dimostrato dal doc. 1 bis, prodotto dalla banca, risultava in carico al Gualtieri un portafoglio clienti al 30/06/2015 (quindi rientrante nel ‘sotto -periodo’ oggetto della censura) come pari ad euro 68.314.611, sicché doveva
essere escluso il demansionamento non solo sotto il profilo qualitativo, ma anche sotto quello quantitativo. A ciò la Corte territoriale ha aggiunto che alla da ta dell’11/01/2016 (quindi rientrante anch’esso nel ‘sotto -periodo’ oggetto della censura) risultava un portafoglio clienti di euro 60.056.840. Dunque la lamentata omissione di pronunzia non sussiste.
Con riguardo alla censura sub b) il motivo è inammissibile, perché tende a sollecitare a questa Corte una nuova e diversa valutazione di determinate circostanze di fatto sull’ammontare effettivo del portafoglio clienti, interdetta in sede di legittimità, perché riservata al giudice di merito.
La medesima censura è altresì inammissibile perché per il resto da un lato non si confronta con la specifica motivazione addotta dai giudici d’appello, secondo cui sin dal ricorso introduttivo del giudizio di primo grado era mancata la deduzione in fatto di quali fossero state in concreto le nuove mansioni assegnate al ricorrente una volta tornato presso la sede milanese a settembre 2016 e tale carenza impediva ogni valutaione comparativa rispetto alle precedenti mansioni di private banker in termini di demansionamento. Dall’altro non tiene conto che il rinvio alla documentazione allegata al ricorso introduttivo (v. ricorso per cassazione, p. 24) non è idoneo a sanare carenze allegatorie, in quanto la sua funzione probatoria implica come già adempiuto l’oner e della specifica deduzione dei fatti costitutivi del diritto oggetto di domanda, nella specie invece ritenuto inadempiuto.
Peraltro, l’ interpretazione dell’atto introduttivo della controversia è riservata al giudice di merito, censurabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione (Cass. ord. n. 3126/2011). Ciò comporta l’esame non del ricorso introduttivo ma delle ragioni esposte nella sentenza impugnata per affermare che il ricorso stesso sia o meno affetto dal vizio denunciato (Cass. n. 820/2007). Peraltro, il vizio di motivazione è oggi ammissibile soltanto nei ristretti limiti di cui all’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c., vizio che nel caso di specie risulta tuttavia precluso dalla c.d. doppia conforme (art. 348 ter, ult. co., c.p.c.)
3.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 2118 e 2119 c.c., 77, 78 e 79 CCNL 31/03/2015 quadri direttivi di imprese di credito e finanziarie per avere la Corte territoriale ritenuto insussistente la giusta causa
di dimissioni e per avere di conseguenza rigettato le domande relative all’indennità sostitutiva del preavviso e al risarcimento dei danni da demansionamento.
Il motivo non merita accoglimento in conseguenza dell’esito decisorio dei primi due.
4.Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 1218, 1223 e 2103 c.c. per avere la Corte territoriale escluso la sussistenza di un danno risarcibile quale conseguenza del lamentato demansionamento e/o dequalificazione.
Il motivo non merita accoglimento in conseguenza dell’esito decisorio degli altri.
5.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data