Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25174 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 25174 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 9617-2023 proposto da:
COGNOME tutti rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA COGNOME E COGNOME DI SALERNO, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 583/2022 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 18/10/2022 R.G.N. 100/2022;
Oggetto
PUBBLICO IMPIEGO
DEMANSIONAMENTO
R.G.N. 9617/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 09/05/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/05/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
FATTI DI CAUSA
Gli odierni ricorrenti, quali infermieri dipendenti dell’AOU Giovanni COGNOME e Ruggi D’Aragona OO.RR, deducevano che nell’arco temporale ricompreso tra il 2009 e tutto l’anno solare del 2019 oltre a ricoprire le proprie caratteristiche funzioni professionali, avevano svolto, quotidianamente e stabilmente, ulteriori mansioni ed attività igienicodomestico-alberghiere riferibili alla differente e inferiore figura dell’operatore sociosanitario, a causa d ella carenza e/o mancanza di sufficienti figure professionali appartenenti a tali categorie. Pertanto, agivano in giudizio al fine di ottenere la condanna della Azienda Sanitaria al risarcimento dei danni subiti alla professionalità, all’immagine professionale ed alla dignità personale.
Il Tribunale di Salerno, ritenuto non necessario lo svolgimento di alcuna istruttoria, rigettava il ricorso dei lavoratori, non riconoscendo il demansionamento prospettato, ritenendo che essi avessero ‘comunque integralmente e continuativamente svolto le mansioni che costituiscono il nucleo essenziale della figura professionale dell’infermiere professionale’ a loro riferibile e che le allegazioni documentali ed i capitoli di prova dedotti non consentivano di ritenere con certezza che i ricorrenti avessero svolto, con il carattere della prevalenza, le mansioni inferiori, diverse e svilenti riferibili all’attività di OSS.
La Corte di Appello di Salerno, confermando le statuizioni del giudice di primo grado, rigettava l’appello dei lavoratori,
ritenendo che il lavoro svolto non si sarebbe concretizzato in una sottrazione o in un depauperamento di mansioni, ma, al contrario, nell’espletamento di mansioni integrative e di complemento della prestazione di cura complessiva dei pazienti e che sul piano allegatorio e probatorio i lavoratori avessero omesso di allegare e provare lo svolgimento da parte dei ricorrenti di mansioni inferiori prevalenti e comunque non collaterali alla assorbente attività professionale di infermieri per la quale erano stati assunti emergendo, piuttosto, che essi svolgessero integralmente e continuativamente le mansioni costituenti il nucleo essenziale della figura dell’infermiere professionale.
In sintesi, gli odierni ricorrenti non sarebbero stati adibiti ad avviso della Corte territoriale a mansioni inferiori tout court, ma avrebbero continuato per loro stessa ammissione a svolgere le mansioni del proprio profilo di appartenenza insieme a quelle di un livello inferiore con conseguente mancata sottrazione o depauperamento di mansioni.
Inoltre, i lavoratori non avrebbero allegato e provato le specifiche conseguenze pregiudizievoli che il dedotto mutamento di mansioni avrebbe determinato sul proprio bagaglio professionale e non offrendo, quindi, alcun elemento da cui desumere l’esistenza del danno.
Ricorrevano in cassazione i dipendenti indicati in epigrafe con quattro motivi di ricorso.
Si costituiva l’amministrazione con procura alle liti contenente le sole conclusioni.
Entrambe le parti depositavano memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso ci si duole della violazione
e falsa applicazione dell’art. 52 del d.lgs. n. 165/2001;
dell’art. 2103 c.c.; del ccnl integrativo del personale del comparto sanità del 20.09.2001; dell’all. n. 1 del ccnl integrativo del 20.09.2001; del d.m. n. 739/94; della legge n. 42/99; dell’accordo del 22 febbraio 2001 tra il ministro della sanità, il ministro per la solidarietà sociale, le regioni e le province autonome; degli artt. 115 e 116 c.p.c.; in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.. i/a).
I ricorrenti lamentano che la Corte di Appello ha respinto la loro impugnazione, applicando erroneamente le norme indicate e, prendendo le mosse dalla errata comprensione delle esatte mansioni di ciascuna delle due categorie professionali interessate alla vicenda. Lamentano, peraltro, che tutto ciò sia accaduto qualificando come ‘marginale’ la loro adibizione alle mansioni inferiori proprie dell’OSS e valorizzando la circostanza che essi -viceversa -abbiano continuato a svolgere, anche, le mansioni proprie dell’infermiere, cioè della categoria professionale di formale appartenenza, senza subire alcun depauperamento professionale e di mansioni; e ciò, invece, senza considerare affatto le circostanze di fatto dedotte dai ricorrenti, non contestate dall’Azien da Ospedaliera resistente, e quindi risultate pacifiche ex art. 115 c.p.c., quali la presenza di un solo OSS per ciascun turno diurno di lavoro presso il reparto di Otorinolaringoiatria e l’assenza di alcun OSS nei turni notturni, prefestivi e festivi, per tutto il periodo decennale di riferimento (dal 2009 al 2019); il che ha comportato che l’esercizio delle mansioni inferiori è stato nient’affatto marginale ed è stato viceversa continuativo.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1218 e 2727 c.c. e degli artt.
112, 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n.
3), c.p.c..
Secondo parte ricorrente la Corte di Appello di Salerno, condividendo e confermando sul punto gli assunti -parimenti erronei -affermati dal Tribunale di Salerno ha fatto mal governo dei principi che regolano il riparto dell’onere della prova in fattispec ie quali quella che ne occupa e che sono stati ben scolpiti dalla giurisprudenza della adita Suprema Corte di Cassazione, che ha statuito che incombe sul datore di lavoro ‘l’onere di provare l’esatto adempimento del suo obbligo’ di adibizione del personale a mansioni riconducibili alla categoria e declaratoria di inquadramento ‘o attraverso la prova della mancanza in concreto del demansionamento, ovvero attraverso la prova che fosse giustificato il legittimo esercizio dei poteri imprenditoriali o disciplina ri, oppure, in base all’art. 1218 c.c., a causa di una impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
La Corte distrettuale, viceversa, ha preteso di addossare sui ricorrenti l’onere di fornire la prova di circostanze che gli stessi avevano comunque allegato, offrendosi tra l’altro di provare.
Con il terzo motivo si eccepisce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 2697, 2727 e 2729 c.c., e degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c..
Si censura in particolare il capo della sentenza con il quale la Corte territoriale ha ritenuto non allegato e provato il danno da demansionamento.
Con il quarto ed ultimo motivo si deduce infine la violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c..
Ad avviso di parte ricorrente la Corte di Appello ha anche omesso di quantificare il danno da liquidare in favore dei ricorrenti. Viceversa, il danno avrebbe potuto e dovuto essere liquidato in forma equitativa, applicando l’art. 1226 c.c..
Va preliminarmente rilevato che la costituzione dell’amministrazione non è configurabile come controricorso non contenendo neppure sinteticamente la chiara e sintetica esposizione dei motivi di contrasto alle censure contenute nel ricorso per cassazione.
Pertanto, l’amministrazione va considerata intimata con conseguente inammissibilità della memoria successivamente depositata.
I primi due motivi vanno trattati congiuntamente stante la loro stretta connessione.
La Corte territoriale ha escluso che il lavoro svolto si sarebbe concretizzato in una sottrazione o in un depauperamento di mansioni, ma, al contrario, nell’espletamento di mansioni integrative e di complemento della prestazione di cura complessiva dei pazienti e che sul piano allegatorio e probatorio i lavoratori avessero omesso di allegare e provare lo svolgimento da parte dei ricorrenti di mansioni inferiori prevalenti e comunque non collaterali alla assorbente attività professionale di infermieri.
Ciò posto, è da ritenersi che i due motivi non colgano la ratio decidendi con conseguente inammissibilità degli stessi.
Orbene, il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si richiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass., 25/02/2004, n. 3741; Cass., 23/03/2005, n. 6219; Cass., 17/07/2007, n. 15952; Cass., 19/08/2009, n. 18421; Cass. 24/02/2020, n. 4905). In particolare, è necessario che venga contestata specificamente, a pena di inammissibilità, la «ratio decidendi» posta a fondamento della pronuncia oggetto di impugnazione (Cass., 10/08/2017, n. 19989).
In particolare, le censure in esame non aggrediscono la pronuncia della Corte di merito, laddove la stessa ha accertato nel merito la carenza allegatoria e probatoria in ordine allo svolgimento di mansioni prevalenti e comunque non collaterali alla assorbente attività professionale di infermieri per la quale sono stati assunti.
Riguardo specificamente all’onere probatorio, si osserva che seppure l’onere di provare il corretto adempimento del contratto di lavoro, in particolare con riferimento all’obbligo di adibire il lavoratore alle mansioni per cui è stato assunto, grava sul datore di lavoro secondo gli ordinari criteri di riparto in materia contrattuale (delineati da Cass. SS. UU. N. 13533/2001), è pur vero che tale onere sorge solo a fronte di una specifica allegazione di inadempimento -o di inesatto adempimento – delle obbligazioni previste dal contratto.
Questa Corte ha infatti ripetutamente affermato che ‘quando il lavoratore alleghi un demansionamento riconducibile ad inesatto adempimento dell’obbligo gravante sul datore di lavoro ai sensi dell’art. 2103 c.c.,
incombe su quest’ultimo l’onere di provare l’esatto adempimento del proprio obbligo: o attraverso la prova della mancanza in concreto del demansionamento, ovvero attraverso la prova che fosse giustificato dal legittimo esercizio dei poteri imprenditoriali o disciplinari oppure, in base all’art. 1218 c.c., a causa di un’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile’ (cfr. Cass. sent. 35501/2022, Cass. 17365/2018, Cass. n. 1169/2018 Cass. 3 marzo 2016, n. 4211; Cass. 6 marzo 2006, n. 4766).
L’onere processuale per parte datoriale di controdedurre in ordine alla fondatezza della pretesa allegando (e provando) fatti storici diversi, che abbiano valenza impeditiva dell’insorgere del diritto vantato dal lavoratore (risarcimento del danno), sussiste però solo nel caso in cui sia configurabile un sufficiente grado di determinatezza dei fatti rappresentanti inadempimento allegati a sostegno della pretesa creditoria.
La Corte di merito ha applicato correttamente i suindicati principi nella pronuncia impugnata che non viene puntualmente e specificamente aggredita con le censure in esame che sono fondamentalmente finalizzate a richiedere a questa Corte un inammissibile riesame del merito della controversia.
I restanti motivi riguardanti il danno da demansionamento sono assorbiti dalla pronuncia di inammissibilità delle prime due censure.
Nulla sulle spese stante la irrituale costituzione dell’amministrazione.
La Corte dichiara inammissibili i primi due motivi, assorbiti i restanti. Nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione