Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25950 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25950 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso per regolamento di competenza n. 4660/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende giusta procura in atti;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore , domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE, che la rappresenta e difende ope legis ;
-resistente – avverso la sentenza n. 19/2024 del TRIBUNALE di SONDRIO, depositata il 22/01/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la memoria del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
letta la memoria della ricorrente;
Osserva
Il Tribunale di Sondrio, adito dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, al fine di sentir dichiarare che un’area (corrispondente a un vecchio canalone di collegamento fra due torrenti, sita nel comune di Gordona, poiché non assolveva da tempo <>) non si apparteneva più al RAGIONE_SOCIALE pubblico dello RAGIONE_SOCIALE, ed era stata usucapita dalla esponente, ha dichiarato il proprio difetto di competenza in favore del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche.
L’attrice ricorre contro questa pronuncia con regolamento di competenza, ulteriormente illustrato da memoria.
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE avversa il ricorso con memoria ex art. 47, u. c., cod. proc. civ.
Il Procuratore generale, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, chiede il rigetto del regolamento.
Assume la ricorrente di possedere dal 1980 una striscia di terreno di 365 mq appartenente al demanio pubblico, nonché 1700 mq, corrispondente all’area di un canalone, da tempo in disuso, che collegava i torrenti Rossedo e Cezza, che oramai sfociavano direttamente nel fiume Mera. Il canalone era servito da scarico della centrale idroelettrica RAGIONE_SOCIALE del comune di Mese. Dal 1970 un tal uso era cessato e con esso qualunque funzionalità idraulica, senza che in alcun modo su ciò avesse influito la ricorrente. Di conseguenza l’area doveva intendersi sdemanializzata tacitamente e la controversia avente a oggetto la titolarità dell’immobile si apparteneva al tribunale ordinario, non dovendosi decidere sulla determinazione degli argini o sulla qualificazione dell’alveo.
In definitiva, a dire della ricorrente non occorreva risolvere problemi tecnici riguardanti l’utilizzazione delle acque, solo in presenza delle quali poteva ipotizzarsi la competenza del giudice
specializzato, mentre qui avrebbero dovuto affrontarsi solo le questioni giuridiche derivanti dall’avanzata domanda d’usucapione.
Il ricorso è infondato.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, quando si controverta della proprietà di un terreno che si contesti faccia parte dell’alveo di un corso d’acqua pubblico, e insorga la necessità di accertare l’appartenenza del suddetto bene al demanio idrico, sia pure con riferimento al passato (nella specie, era in discussione la portata dell’alveo del fiume Brembo, al fine di stabilire quella della sua roggia cd. Brembino, del cui alveo abbandonato si controverteva, attesa la discrepanza tra le mappe catastali), la decisione sulla questione spetta al Tribunale delle acque pubbliche, cui deve essere rimessa la causa, atteso che l’inderogabile competenza per materia del suddetto tribunale si giustifica in relazione al carattere eminentemente tecnico delle questioni e sussiste anche quando queste siano proposte “incidenter tantum” in via di azione o di eccezione (Sez. 6, n. 3047, 01/02/2022, Rv. 664068; conf., Cass. n. 16807/2014).
La ricorrente oggi chiede accertarsi la natura non più demaniale di un’area iscritta nel demanio idrico. In ordine ad essa, quindi, occorre previamente verificare la sua attuale incidenza sul regime delle acque pubbliche, tanto che proprio la odierna ricorrente (come riporta il Tribunale) ha chiesto l’espletamento di consulenza tecnica di ufficio al fine di accertare l’asserita perdita di finalità idraulica.
La decisione impugnata non merita dunque censura.
In ragione dell’epilogo la ricorrente va condannata a rimborsare, le spese di questo giudizio in favore della controricorrente, che, tenuto conto del valore, della qualità della causa e delle attività svolte, si liquidano siccome in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione
temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto (quanto all’applicabilità al regolamento di competenza, cfr., da ultimo Sez. 6 n. 13636/2020).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso il giorno 11 settembre 2024