Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2208 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2208 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/01/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede in Sulmona, in persona del legale rappresentante sig.ra NOME COGNOME rappresentata e difesa per procura alle liti in calce al ricorso dall’Avvocat o NOME COGNOME domiciliata ex lege presso la Cancelleria della Corte di Cassazione in Roma, INDIRIZZO
Ricorrente
contro
Amministrazione separata di Roio , in persona del presidente sig. NOME COGNOME in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa per procura alle liti in calce al contro ricorso dall’Avvocato NOME COGNOME domiciliata ex lege presso la Cancelleria della Corte di Cassazione in Roma, INDIRIZZO
Controricorrente avverso la sentenza n. 1/2020 della Corte di appello di Roma, depositata il 5.3.2020.
Fatti di causa e ragioni della decisione
Con sentenza n. 1/2020, depositata il 5. 3. 2020, la Corte di appello di Roma confermò la sentenza del Commissario degli usi civici dell’Abruzzo del 2016, che aveva dichiarato appartenente al demanio civico della Amministrazione separata di Roio, il terreno sito in comune di L’Aquila, frazione di Roio, ove la RAGIONE_SOCIALE aveva installato antenne ed impianti televisivi, ordinandone l’immediata restituzione.
La Corte di appello rigettò i motivi d ell’appello avanzato dalla Onda TV, affermando che la giurisdizione sulla controversia apparteneva al Commissario degli usi civici, avendo la convenuta, rifiutando la restituzione del terreno occupato, implicitamente contestato la sua appartenenza al demanio civico e che la stessa non aveva provato di avere acquistato il fondo per legittimazione, non potendosi configurare un tale titolo a seguito di una non consentita sdemanializzazione tacita o di fatto del bene civico.
Per la cassazione di questa sentenza, con atto notificato il 24. 6. 2020, ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE sulla base di quattro motivi.
L’Amministrazione separata di Roio ha notificato controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: ‘ violazione e falsa applicazione delle norme di incompetenza per territorio in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 4 ‘ . Con esso parte ricorrente deduce che l’Amministrazione separata di Roio difettava di competenza sul terreno per cui è causa, trovandosi esso nel comune di L’Aquila, al di fuori del territorio della frazione di Roio.
Il motivo è inammissibile.
La questione secondo cui il terreno per cui è causa non apparterebbe al demanio civico della frazione di Roio, per essere ubicato al di fuori del suo territorio, non risulta dedotta nel giudizio di merito e costituisce pertanto un deduzione nuova, come tale non proponibile per la prima volta con il ricorso per cassazione, che è una impugnazione limitata, che conferisce a questa Corte un potere di controllo sulla legittimità del provvedimento impugnato e non si estende alla valutazione dei fatti.
R.G. N.17314/2020.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: ‘ violazione e falsa applicazione delle norme di difetto di giurisdizione del Commissario degli Usi Civici art. 29 legge 1766 del 1927, in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 1 e 2 ‘.
Si assume che la Corte di merito non ha debitamente considerato che la odierna ricorrente aveva ottenuto, per effetto della formazione del silenzio assenso sulla domanda di condono presentata al comune di L’Aquila ai sensi della legge n. 724 del 1994, la sanatoria edilizia del manufatto presente sul fondo. Per effetto di tale sanatoria e del pagament o dei relativi oneri l’esponente ne è diventata proprietaria.
Si aggiunge che la RAGIONE_SOCIALE non aveva mai contestato la demanialità del terreno, ma solo la richiesta della Amministrazione separata di Roio dell’ammontare dei canoni richiesti per il suo utilizzo.
Il motivo è in parte inammissibile ed in parte anche infondato.
Rientra nel primo profilo di inammissibilità la contestazione della giurisdizione sulla controversia del Commissario regionale degli usi civici, non risultando la censura sostenuta da alcuna argomentazione a sostegno dell’eccepito difetto di giurisdizione e da alcuna specifica critica avverso le ragioni con cui la Corte di appello l’ha rigettata.
Proprio tale rilievo di inammissibilità della contestazione della giurisdizione ha condotto il Collegio alla trattazione del ricorso, senza rimetterne la decisione alle Sezioni unite della Corte, non necessaria, ai sensi dell’art. 374, comma 1, c.p.c., nei casi in cui il motivo attinente alla giurisdizione presenti evidenti ragioni di inammissibilità ( Cass. S.U. n. 1599 del 2022).
Per il resto il motivo è infondato. Da un lato perché, come risulta dalla sentenza impugnata e dallo stesso ricorso, la odierna ricorrente aveva dedotto di essere proprietaria del terreno, con ciò contestandone l’appartenenza al demanio civico, sicché la giurisdizione sulla controversia spettava al Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici, ai sensi dell’art. 29 legge 16. 6. 1927, n. 1766 ; dall’altro i n quanto i provvedimenti di sanatoria edilizia di immobili spiegano la loro efficacia unicamente sul terreno della conformità del bene ai provvedimenti amministrativi che concernono l’assetto edilizio ed
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urbanistico del territorio e non presuppongono alcun riconoscimento del diritto di proprietà del richiedente, né tanto meno glielo attribuiscono.
Il terzo motivo di ricorso denuncia ‘ violazione e falsa applicazione delle norme per mancanza di legittimazione attiva in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 1 e 2 ‘. Sotto un primo profilo, si deduce che l’Amministrazione separata di Roio , alla luce della eccepita incompetenza per materia, difetta di legittimazione a stare in giudizio e che la competenza a decidere la controversia apparteneva al giudice ordinario.
Sotto altro profilo, si assume l’erroneità della sentenza impugnata per non avere riconosciuto che la esponente aveva acquistato il terreno per cui è causa in forza dell’istituto della legittimazione , di cui si rinvenivano nel caso di specie tutte le condizioni.
Si deduce inoltre che l’Amministrazione separata, con delibera del 2007, aveva predisposto ed approvato il regolamento per la concessione sulle terre civiche su cui sono installate le antenne tv.
Il quarto motivo di ricorso denuncia ‘ violazione e falsa applicazione delle norme art. 910 L. 1766/1927 dell’istituto della legittimazione in forza della sdemanializzazione di fatto, in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 1 e 2 ‘.
Nel reiterare il difetto di giurisdizione del Commissario regionale degli usi civici la ricorrente rappresenta che questi, a seguito del d.p.r. n. 616 del 1977, non ha più competenza sulle istanze di legittimazione dell’uso civico, ma è tenuto a trasmettere la richiesta alla Regione.
Questi motivi, che possono trattarsi congiuntamente in ragione della sovrapposizione di censure, sono in parte inammissibili e per il resto infondati. La censura di difetto di giurisdizione è del tutto generica e non investe la motivazione della sentenza impugnata.
Identico rilievo va esteso al richiamo fatto dalla ricorrente all’istituto della legittimazione dei terreni gravati da usi civici , previsto dall’ art. 9 legge n. 1766 del 1927, che non si confronta con le ragioni esposte dalla Corte di appello, secondo cui non è configurabile una sdemanializzazione dell’uso civico tacita o di fatto, affermazione che richiama la necessità che l ‘acquisto della proprietà dell’occupante del terreno attraverso l ‘istituto della legittimazione non possa
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realizzarsi in via di mero fatto, ma richieda un provvedimento formale della amministrazione competente.
Le ulteriori deduzioni in ordine alla concessione delle terre civiche da parte dell’Amministrazione separata appaiono ininfluenti sull’oggetto di causa.
In conclusione, il ricorso è respinto.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in euro 3.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali , in favore dell’avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 dicembre 2024.