Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11021 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11021 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29902/2022 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso dell’avvocato COGNOME domiciliazione telematica legale
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME unitamente agli avvocati COGNOME COGNOME, domiciliazione telematica legale
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO MILANO n. 1516/2022 depositata il 6/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
NOME COGNOME conveniva in giudizio NOME COGNOME, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni indicati come conseguenti a una consumata diffamazione, in concorso, in suo danno; allegava che:
-il 5 febbraio 2013 avevano pubblicato, sia tramite prodotto fisico sia tramite files digitali, un album discografico dal titolo ‘Guerra e Pace’ con promozione televisiva e radiofonica;
-tale album includeva un brano musicale dal titolo ‘A me di te’, contenente espressioni esplicitamente offensive e diffamatorie in danno del deducente;
-per tale motivo aveva presentato querela avanti la Procura della Repubblica di Milano contro NOME COGNOME chiedendone la condanna ex art. 595 c.p.;
-con sentenza n. 1691 del 2015 il G.I.P., a séguito di richiesta di giudizio abbreviato, con sentenza poi passata in cosa giudicata aveva dichiarato NOME COGNOME colpevole del reato e lo aveva condannato alla pena di € 600,00 di multa, e al pagamento di una provvisionale di 20.000,00 euro;
–NOME COGNOME nel corso di un concerto tenuto il 17 ottobre 2015, aveva proseguito nell’atteggiamento diffamatorio, decidendo di eseguire comunque il brano ‘A me di te’ contenente le frasi diffamatorie e facendo trasmettere su video stralci della sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Milano, come da DVD allegato al fascicolo di parte attrice avente ad oggetto una
ripresa amatoriale effettuata da una persona presente, poi pubblicata sulla pagina Facebook del cantante;
-la notizia era stata poi ripresa da altri siti internet , quale quello di RAGIONE_SOCIALE, a diffusione nazionale;
il Tribunale condannava i convenuti in solido al pagamento della somma di 25.000,00 euro, e rigettava la domanda svolta da NOME COGNOME relativa all’evento del 17 ottobre 2015, ritenendo che la proiezione di stralci sulla ricordata sentenza su pubblico schermo non era pregiudizievole per NOME COGNOME ma per NOME COGNOME che aveva subito la condanna;
la Corte di appello, in riforma parziale dalla decisione di primo grado, accertava e dichiarava che nessuna domanda era stata proposta da COGNOME NOME nei confronti di COGNOME NOME e di RAGIONE_SOCIALE per il fatto del concerto di Milano del 17.10.2015, condannava questi ultimi due, in solido tra loro, a pagare all’appellante, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, la somma di euro 70.000,00, dalla quale scomputare l’acconto già corrisposto a titolo di provvisionale secondo i criteri meglio indicati nella motivazione della sentenza di secondo grado, nonché alle spese dei due gradi del giudizio di merito e confermava nel resto la sentenza appellata; in particolare la Corte territoriale osservava che:
-l’originario attore in tutte le conclusioni formulate, sin dall’atto di citazione, fino alla precisazione delle conclusioni, aveva sempre chiesto l’accertamento della responsabilità dei convenuti «nell’evento de quo », sicché doveva evincersene che la domanda di risarcimento non poteva che essere relativa alla pubblicazione del brano ‘A me di te’ per cui aveva già ottenuto in sede penale la condanna al risarcimento del danno con quantificazione in via provvisionale;
-il giudizio era stato di conseguenza introdotto per proseguire in sede civile l’azione civile esercitata in sede penale, per quel fatto
illecito, come desumibile dalla ripresa nel relativo atto introduttivo, in modo dettagliato, di tutte le fasi del procedimento penale;
-in una pagina della citazione si era fatta menzione dell’evento avvenuto durante il concerto del 17 ottobre 2015, ma, posto che non vi era stata emenda della domanda quale proposta e attesi i richiami specifici agli atti del procedimento penale e alle strofe del brano anche ai fini della quantificazione del danno, doveva concludersi che il riferimento a quanto avvenuto nel concerto in questione, come ai successivi parimenti evocati, era solo esemplificativo dell’assenza di resipiscenza di COGNOME nonostante l’intervenuta condanna penale, con stigmatizzazione di tale condotta;
-la liquidazione del pregiudizio doveva tener conto dell’eccezionale gravità del discredito derivante dalla rilevante gravità penale del fatto, posta: l’attribuzione di un fatto determinato, e conseguente maggiore credibilità, indipendentemente dal suo effettivo accadimento; la risonanza mediatica, provata dal riconoscimento del ‘disco di platino’ ricevuto dal disco in cui era stato inserito il brano che aveva attestato il raggiungimento di almeno 50.000 copie vendute, oltre alle vendite in digitale; l’elevata notorietà del diffamante che aveva favorito la diffusione del contenuto anche attraverso i social media ; l’elevato pregiudizio derivato al diffamato dalle ‘ modalità degradate ‘ con cui è stato descritto nel testo con la conseguente attribuzione degli epiteti scurrili contenuti nei messaggi dei fans di COGNOME prodotti in giudizio; la particolare intensità del dolo desunta dai termini utilizzati e dalla circostanziata descrizione dell’episodio;
avverso questa decisione ricorre per cassazione NOME COGNOME articolando sei motivi;
resiste con controricorso NOME COGNOME che depositato, altresì, memoria;
sono rimaste intimate la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE;
il Sostituto Procuratore Generale ha formulato conclusioni scritte;
Rilevato che
con il primo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 112, cod. proc. civ., 1362, 1363, cod. civ., poiché la Corte di secondo grado avrebbe errato ritenendo la domanda attorea come riferita alla sola pubblicazione e del brano e non anche alla condotta tenuta durante il concerto del 2015, posto che la citazione, esaminata nel suo complesso, discorreva cumulativamente di responsabilità per gli eventi allegati, e specificatamente di reiterazione dell’offesa, con relativa richiesta di ammissione probatoria, così come, del resto, ritenuto dal Tribunale di Milano, quanto agli effetti civili, nel secondo processo penale originato dalla querela sporta dopo l’evento pubblico in questione; con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 112, poiché, per le medesime ragioni di cui alla prima censura, la Corte di appello avrebbe in ogni caso errato per omessa pronuncia;
con il terzo motivo si prospetta l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso per obliterazione degli atti processuali ai fini della ricostruzione delle domande effettivamente svolte;
con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, cod. proc. civ., 2697, 2712, 2719, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato, nella liquidazione, valorizzando messaggi pretesamente estratti da pagine di social media , dalla autenticità assente e contestata, priva di supporto materiale su cui verificarla anche, se del caso, con consulenza tecnica, privi di altri riscontri istruttori, non riferibili a NOME COGNOME e d’ignota provenienza, senza, inoltre, che vi fosse alcuna prova delle richiamate vendite digitali e dell’assunto che NOME COGNOME avesse favorito la diffusione in parola;
con il quinto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 360, n. 5, 132, n. 4, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato vagliando la gravità del fatto senza approfondito esame logico del compiuto materiale probatorio e comunque senza includere la valutazione del concerto ritenuto, con il già visto e ulteriore errore, estraneo alla domanda svolta;
con il sesto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 92, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato nel liquidare le spese senza tener conto del massimo di ristoro richiesto originariamente dall’attore e disatteso con conseguente soccombenza parziale anche ai fini della compensazione delle spese di lite;
Considerato che
i primi tre motivi, da esaminare congiuntamente per connessione, sono inammissibili;
l’assunto comune, nella chiave delle varie norme evocate, come visto, è che la Corte distrettuale avrebbe dovuto ritenere oggetto di domanda anche il fatto accaduto in occasione del concerto del 2015;
la parte afferma che «la questione è chiaramente rilevante poiché la decisione in proposito comporta la possibilità o meno per NOME COGNOME di chiedere un separato ed ulteriore risarcimento dei danni riferiti al fatto in data 17/10/2015» (pag. 6 del ricorso);
non è però in tal modo comprensibile quale possa essere un simile interesse della parte ricorrente e originariamente convenuta all’estensione di tale domanda di risarcimento nei propri confronti, posto che, nella sede del presente giudizio così come, in tesi, in distinta sede, ciò comporterebbe un più ampio scrutinio e onere difensivo per entrambe le parti e la medesima possibilità di una maggiorazione della posta risarcitoria;
né la parte ha dedotto che non sarebbe stata possibile la precisazione limitativa della domanda quale di fatto posta in essere
dall’originario attore proponendo appello per vizio di ultrapetizione addebitato al Tribunale che aveva diversamente deciso sul punto;
va per completezza evidenziato che la rilevazione e l’interpretazione del contenuto della domanda è attività riservata al giudice di merito -del relativo giudizio, con conseguente irrilevanza della valutazione inerente alla portata della sopravvenuta decisione ulteriore di questa Corte in sede penale, pur definitiva e pur coerente con le odierne conclusioni, richiamata dalla difesa di COGNOME in memoria -sicché non è deducibile la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., quando il predetto giudice abbia svolto una motivazione sul punto, dimostrando come la questione sia stata ricompresa tra quelle oggetto di decisione, attenendo, in tal caso, il dedotto errore al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte (Cass., 22/09/2023, n. 27181):
in altra chiave, ai fini in parola debbono dedursi specifiche violazioni dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362, cod. civ., e seguenti, che, parimenti attengono al momento logico della ricostruzione (Cass., 26/05/2021, n. 14432, pag. 9, ma sostanzialmente in questo senso anche Cass., 23/07/2024, n. 20351, pag. 8, che discorre di censurabilità «quando risulti alterato il senso letterale o il contenuto sostanziale dell’atto interpretato», con ricadute sulla identificazione del bene della vita richiesto);
e però i canoni di ermeneutica in parola non possono essere allegati, secondo costante nomofilachia, quando sussistano alternative ricostruttive parimenti plausibili, posto che la scelta dell’una e dell’altra diviene un momento fattuale dell’accertamento proprio del giudice di merito (Cass., 28/11/2017, n. 28319, e succ. conf.);
è appena il caso di osservare, poi, che nessun vincolo sul punto, poteva derivare dalla discussa seconda pronuncia del Tribunale penale di Milano e, come sottolineato anche in controricorso,
rapportata, al riguardo, alla sentenza civile di prime cure riformata a sua volta da quella di secondo grado in questa sede impugnata; neppure, quindi, assume valenza incidente la decisione di questa Corte, in sede penale (n. 4824 del 2024), in ordine alla condanna in via definitiva, di NOME COGNOME per il distinto evento del 17 ottobre 2015, allegata ed esibita con la memoria di parte controricorrente;
quanto appena osservato assorbe logicamente lo scrutinio del quinto motivo;
il quarto motivo è inammissibile;
nel ricorso non si riporta in quale modo sarebbe stata svolta la pretesa contestazione dei documenti estratti dalla rete internet , con conseguente violazione per aspecificità dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ., ratione temporis applicabile (Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34469), fermo che quelli, come pure sottolineato dalla requisitoria scritta, sono stati valutati dal giudice di merito, come sottolinea anche il Sostituto Procuratore Generale, unitamente al restante materiale istruttorio anche in ottica indiziaria, nell’ambito del suo esclusivo sindacato;
il sesto motivo è in parte infondato e in parte inammissibile;
come riporta lo stesso ricorso (pag. 1) l’attore aveva sin dalla citazione chiesto l’accertamento facendo salva la finale quantificazione giudiziale all’esito dell’istruttoria, senza che potesse configurarsi, pertanto, come invece ipotizzato nella censura formulata, alcuna soccombenza parziale ovvero reciproca per la liquidazione più contenuta di quella inizialmente prospettata dalla parte istante, ai fini della pretesa compensazione (Cass., Sez. U., 31/10/2022, n. 32061), la quale ultima, per il resto, costituisce espressione di una facoltà discrezionale del giudice di merito anch’essa insindacabile nella sede di sola legittimità (Cass., 26/04/2019, n. 11329);
spese secondo soccombenza;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di parte controricorrente liquidate in euro 4.500,00, oltre a 200,00 euro per esborsi, 15% di spese forfettarie e accessori legali.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, al competente ufficio di merito, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 9/01/2025.