Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7875 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7875 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17890/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 1724/2020 depositata il 05/03/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 5 marzo 2020, n. 1724, la Corte d’appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, ha respinto la domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, confermando la
revoca del decreto ingiuntivo con il quale era stato ingiunto alla RAGIONE_SOCIALE, socia della prima, ed ai soci di essa pagare la somma di € 15.935,34, quale residuo corrispettivo per la partecipazione della società alla manifestazione fieristica Moacasa della primavera del 2009.
Ha ritenuto la corte territoriale che restava inefficace, a fondare il credito preteso, la deliberazione del consiglio di amministrazione della società RAGIONE_SOCIALE, assunta in data 29 marzo 2010, con la quale erano state imposte ulteriori obbligazioni pecuniarie in capo ai soci con riguardo a quella manifestazione, dovendosi ritenere unica fonte del credito il contratto concluso tra le parti il 2 gennaio 2009, il cui prezzo era stato interamente pagato.
Avverso questa sentenza propone ricorso la RAGIONE_SOCIALE, sulla base di quattro motivi.
Resistono gli intimati con controricorso.
La ricorrente ha depositato la memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-I motivi del ricorso vanno come segue riassunti:
violazione dell’art. 132 c.p.c., esponendo la sentenza impugnata una motivazione contenente affermazioni inconciliabili in contrasto fra loro, dal momento che la sentenza avrebbe, dapprima, ritenuto la causa petendi della pretesa creditoria basata sulla citata deliberazione del c.d.a. della società RAGIONE_SOCIALE e, poi, invece, reputato fondata la domanda stessa unicamente sul contratto concluso tra le parti;
violazione dell’art. 2909 c.c., per violazione del giudicato interno, posto che il tribunale aveva ritenuto esistere l’ulteriore rapporto obbligatorio, fondato sulla citata deliberazione del 29 marzo 2010, statuizione non impugnata ed ormai passata in giudicato;
violazione dell’art. 112 c.p.c., perché l’atto di appello verteva sulla sola validità di tale deliberazione, ma la corte territoriale ha ritenuto di non esaminarla, pronunciando invece solo sul preteso già avvenuto pagamento di altra obbligazione, fondata sul contratto concluso tra le parti il 2 gennaio 2009;
violazione degli artt. 1173, 1362, 2377, 2378 e 2388 c.c., oltre che dell’art. 31 dello statuto della RAGIONE_SOCIALE che rinvia alle norme sulla sRAGIONE_SOCIALE, in quanto la sentenza impugnata ha errato nel ritenere non vincolante la deliberazione consiliare del 29 marzo 2010, il cui verbale recava, tra le ‘varie ed eventuali’, proprio la decisione di richiedere ai soci ulteriori versamenti con riguardo alla manifestazione dell’anno precedente, pari a 30 euro per ogni metro quadro occupato, mentre invece le delibere consiliari obbligano tutti i soci e quella deliberazione non è stata impugnata entro novanta giorni.
-Il primo motivo è manifestamente infondato, esponendo la sentenza impugnata certamente una motivazione superiore al c.d. minimo costituzionale e perfettamente comprensibile e chiara.
-Il secondo ed il terzo motivo, da trattare insieme perché connessi, sono inammissibili: non si avvede la ricorrente della loro intima contraddittorietà, atteso che, mentre il secondo motivo sostiene che il tema della validità della deliberazione consiliare del 29 marzo 2010 non era stato portato alla cognizione del giudice di appello onde al riguardo si sarebbe formato il giudicato, il terzo motivo sostiene, in modo affatto contraddittorio, la violazione dell’art. 112 c.p.c., perché la corte di appello avrebbe omesso di esaminare il profilo della validità di tale deliberazione, unico innanzi a sé devoluto.
Lo stesso poco perspicuo incedere dei due motivi li rende, dunque, inammissibili.
4. -Il quarto motivo è inammissibile, ai sensi dell’art. 360 -bis , n. 1, c.p.c.
Questa Corte ha già evidenziato come, nelle società cooperative, in difetto di una clausola statutaria che attribuisca detto potere -o comunque preveda la possibilità di chiedere contributi finanziari per l’espletamento dell’attività della RAGIONE_SOCIALE e per il perseguimento dello scopo sociale -non spetta né al consiglio di amministrazione, né all’assemblea il potere di imporre al socio un versamento in denaro ulteriore, rispetto non solo all’iniziale conferimento, ma anche ad esempio ad un piano finanziario, che preveda l’importo delle spese che ciascun socio è tenuto ad erogare per il raggiungimento del fine sociale (Cass., sez. I, 17 maggio 2017, n. 12374, non massimata; Cass. 9 maggio 2008, n. 11555; si vedano, altresì, Cass., sez. I, 22 gennaio 1994, n. 654; Cass. 29, sez. I, ottobre 1999, n. 12157; Cass. , sez. I, 18 aprile 1998, n. 3942; Cass., sez. I, 25 settembre 2013, n. 21903). Di tale clausola non è parola nella sentenza impugnata e neppure nel ricorso.
Non trattandosi di un atto demandato ai poteri degli amministratori, è corretto quindi l’accertamento compiuto dalla corte territoriale circa l’inefficacia nel presente giudizio di detta deliberazione, che restava inidonea a fondare la pretesa, né soggiaceva ai limiti temporali o alla necessità stessa di una sua impugnazione.
Diviene, dunque, inammissibile anche la censura di violazione dei canoni ermeneutici sanciti nell’art. 1362 c.c., norma peraltro solo invocata nella rubrica del motivo, ma non riferita dalla ricorrente a nessun particolare testo.
5. -Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore solidale dei controricorrenti, delle spese sostenute per il giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 4.000,00, oltre ad € 200,00 per esborsi, alle spese forfetarie nella misura del 15% sui compensi ed agli accessori di legge.
Dichiara che sussistono presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012 n. 228, per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, se dovuto, per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8 marzo