Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21235 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21235 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18082/2018 R.G. proposto da: COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO; -ricorrente-
contro
CONDOMINIO INDIRIZZO, in persona dell’amministrat ore pro tempore , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO presso il cui studio è elettivamente domiciliato in INDIRIZZO;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza del Tribunale di Rieti n. 120/2018, depositata il 6 marzo 2018.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4 giugno 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di oneri condominiali, NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano in giudizio, dinanzi all’Ufficio del Giudice di Pace di Poggio Mirteto, il RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO chiedendo di accertare e dichiarare l’inesistenza della notifica del titolo esecutivo e per l’effetto revocare il decreto opposto perché invalido ed inefficace; nel merito, accertare e dichiarare, incidenter tantum la nullità della delibera assembleare condominiale in data 13 febbraio 2015 e per l’effetto revoc are il decreto ingiuntivo, dando atto che nulla è dovuto al RAGIONE_SOCIALE da parte degli attori, con vittoria di spese.
Il RAGIONE_SOCIALE provvedeva a costituirsi, depositando una comparsa di costituzione e risposta.
Il Giudice di Pace di Poggio Mirteto, con sentenza n. 193/16, respingeva l’opposizione , decisione confermata anche in appello dal Tribunale di Rieti, con sentenza n. 120/2018, depositata il 6 marzo 2018, ha respinto l’appello, condannando i due condomini appellanti al pagamento delle spese di lite.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione.
Il RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO resiste con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dei principi regolatori della materia in tema di validità ed efficacia della procedura di notifica degli atti giudiziari (violazione delle norme sul procedimento con riferimento agli artt. 137 e ss. cod. proc. civ. violazione o errata o falsa applicazione delle norme di rango costituzionale di cui all’art. 24 e 111 Cost. per ingiustificata limitazione al diritto di difesa). denunzia, in particolare, l’ inesistenza
giuridica della procedura di notificazione del decreto ingiuntivo per essere questa avvenuta in modo difforme dal paradigma normativo di riferimento, il quale impone che del titolo esecutivo debba essere notificata una copia per tanti quanti sono i debitori destinatari del provvedimento da notificare, anche nel caso in cui vi sia solidarietà del debito e gli stessi abbiano la medesima residenza o domicilio. L’errore della Corte d’appello consisterebbe , a dire dei ricorrenti, nell’aver reiterato un’applicazione distorta e non coerente dei principi in tema di differenza tra inesistenza e nullità delle notifiche degli atti giudiziari e della sanabilità del vizio a seguito di costituzione in giudizio nonché, soprattutto, di aver ritenuto applicabile (in via analogica) un principio di diritto presuntivamente dettato da Cass. sentenza n. 3072/1998 per la notifica in un’unica copia dell’atto di precetto a due debitori destinatari.
1.1. – Il motivo è infondato.
L’inesistenza della notificazione di un decreto ingiuntivo è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, nel caso in cui la relativa attività sia del tutto mancante ovvero sia priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione (identificabili nella trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato, e nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento), ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità (Cass., Sez. III, 26 maggio 2023, n. 14692).
Questa Corte ha inoltre chiarito che la notificazione dell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo a più parti presso un unico difensore, eseguita mediante la consegna di una sola copia, nonostante la pluralità dei destinatari, non è inesistente ma affetta
da nullità, che può essere sanata, con effetto ex tunc , dalla costituzione in giudizio di tutte le parti (Cass., Sez. II, 11 aprile 2002, n. 5198).
Nel caso di specie, essendo pacifico che i debitori sono coniugi ed essendo stata accertata la comune residenza, la notifica eseguita presso il comune domicilio mediante consegna di un unico decreto contenente tutti i requisiti ha comportato una nullità, successivamente sanata per raggiungimento dello scopo (art. 156, ultimo comma, cod. proc. civ.).
2. – Con il secondo motivo si prospetta la violazione di norme sul procedimento con riferimento agli artt. 1137 e ss. cod. civ. errata o falsa applicazione dell’art. 1130 bis cod. civ. I ricorrenti deducono che, a dispetto di quanto sostenuto dalla difesa avversaria e di quanto non considerato da parte del giudice del gravame, non hanno ricevuto, unitamente alla convocazione dell’assemblea condominiale per l’approvazione dei bilanci consuntivo 2014 e preventivo 2015, né copia del preventivo della ditta Ramondino afferente ai lavori di manutenzione straordinaria, né alcun estratto del cosiddetto ‘registro di contabilità’ o ‘libro cassa’, né , infine, alcuna ‘nota sintetica esplicativa’ (documenti da allegare ai sensi dell ‘art. 1130 bis cod. civ.); ciò avrebbe comportato l’impossibilità di essere posti nella condizione di comprendere i dati della gestione economica 2014/2015 e, in secondo luogo, di verificare la correttezza degli stessi. Da ciò deriverebbe , oltre che un’ipotesi di responsabilità professionale per l’amministratrice del condominio, l ‘ assoluta nullità della delibera del 13 febbraio 2015 (e come tale non esecutiva e non soggetta ad alcun termine per l’impugnazione giudiziale), rispetto alla quale nessuna rilevanza assume il loro voto favorevole.
Con il terzo motivo si deduce la violazione di norme sul procedimento con riferimento agli artt. 1137 e ss. cod. civ. violazione o errata o falsa applicazione delle norme di rango
costituzionale (art. 3 Cost.). Ingiustificata trasgressione del principio di equità sostanziale – Errata o falsa applicazione dell’art. 1123, comma 2, cod. civ. – Violazione o errata o falsa applicazione della norma di cui all’art. 2697 cod. civ. Si evidenzia, sul punto, il palese contrasto della decisione con le risultanze istruttorie (tratte da prove precostituite) acquisite nel corso del processo di primo grado e con le elaborazioni giurisprudenziali di merito e di legittimità, nonché con i principi regolatori della materia sulla scorta dei quali distinguere tra delibere nulle ed annullabili, le norme di rango costituzionale sull’equità sostanziale e le norme sul procedimento con precipuo riferimento a quella di cui all’art. 1137 cod. civ. La decisione della Corte d’appello avrebbe violato l’art. 1123, comma 2, cod. civ. in punto di corretta ripartizione degli oneri straordinari per l’esecuzione dei lavori di ‘miglioramento della raccolta e smaltimento delle acque piovane’. Questi ultimi, infatti, hanno riguardato solo una parte dell’intero complesso condominiale di INDIRIZZO, in cui non sono siti gli immobili (civile abitazione e box auto) in proprietà di NOME COGNOME e NOME COGNOME, a nulla valendo, in assenza di assolvimento dell’onere probatorio incombente sulla controparte, che il RAGIONE_SOCIALE abbia affermato il contrario. La Corte d’appello avrebbe violato la norma di cui all’art. 1123, comma 2, cod. civ., la quale deroga al criterio della ripartizione per ‘valor e della proprietà di ciascuno ‘ previsto dal comma 1 del medesimo articolo in favore della ripartizione in ragione dell’uso che ciascun condomino può fare del bene in condominio, laddove si tratti di cose destinate a servire i condomini in misura diversa. Nel caso di specie si verserebbe nell’ipotesi del comma 2 del l’ art. 1123 cod. civ. poiché delle migliorie che derivano o dovrebbero derivare dall’esecuzione delle opere di ‘miglioramento della raccolta e smaltimento delle acque piovane’ relative a parte di edificio differente e distinto da quello in cui si trovano i beni immobili in proprietà esclusiva degli odierni ricorrenti non potrebbero evidentemente giovarsi questi ultimi, i quali pertanto
avrebbero dovuto essere esclusi dalla ripartizione delle spese che riguardavano tali lavori. La delibera condominiale di approvazione delle spese straordinarie avrebbe implicitamente e indirettamente determinato una illegittima deroga al criterio legale della ripartizione in misura corrispondente all’uso dei singoli condomini, con ciò divenendo nulla e conseguentemente improduttiva di effetti sin dalla propria emanazione
2.1. -Entrambi i motivi, da trattarsi congiuntamente, sono infondati.
In tema di condominio degli edifici, l’azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell’art. 1137 c.c., come modificato dall’art. 15 della l. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un’estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell’oggetto in senso materiale o giuridico – quest’ultima da valutarsi in relazione al “difetto assoluto di attribuzioni” -, contenuto illecito, ossia contrario a “norme imperative” o all'”ordine pubblico” o al “buon costume”. Pertanto, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell’assemblea previste dall’art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell’esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall’art. 1137, comma 2, cod. civ. (Cass., Sez. Un, 14 aprile 2021, n. 9839).
E ancora, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta in via d’azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione, ai sensi dell’art. 1137, comma 2, c.c., nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione; ne consegue l’inammissibilità, rilevabile d’ufficio, dell’eccezione con la quale l’opponente deduca solo l’annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione senza chiedere una pronuncia di annullamento (v. SSUU sentenza cit.)
Nel caso di specie la delibera impugnata è annullabile e non nulla (non rientrando in alcuna delle ipotesi residuali individuate dalle SSUU) e, pertanto, in applicazione del principio sopra enunciato, la relativa domanda di annullamento -da intendersi implicitamente compresa in quella di nullità avanzata con l’atto di opposizione -andava proposta entro il termine perentorio di cui all’art. 1137 , comma 2, cod. civ., termine non osservato, trattandosi di delibera del 13 febbraio 2015 e di atto di citazione in opposizione notificato in data 22 giugno 2015.
3. – Con il quarto motivo di ricorso si denuncia la violazione di norme sul procedimento con riferimento all’art. 112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia sul quarto motivo di appello avente ad oggetto l ‘ omessa pronuncia del primo giudice sulle avversarie riconvenzionali. Con il quinto motivo di ricorso si deduce la violazione norme sul procedimento con riferimento agli artt. 91 e ss. cod. proc. civ. per errata statuizione circa la condanna alla spese di parte appellante, già attrice a seguito di omessa pronuncia di accoglimento in parte qua del gravame. Con entrambi i motivi si censura la sentenza nella parte in cui non ha provveduto nella parte dispositiva,
pur essendone stato dato atto nella parte motiva, in ordine all ‘ omessa pronuncia da parte del giudice di primo grado circa le due autonome domande riconvenzionali avversarie, non riformando quindi il provvedimento impugnato e non dichiarando le dette riconvenzionali improcedibili, inammissibili o infondate (ciò poiché subordinato da parte appellante all’ipotesi non verificatasi di riproposizione delle medesime con appello incidentale) e, quindi, non compensando le spese dei due gradi del giudizio. Al riguardo, previo accertamento di improcedibilità, inammissibilità o infondatezza delle avversarie domande riconvenzionali, i ricorrenti chiedono che la Corte di cassazione accerti l’omessa pronuncia e, conseguentemente, compensi le spese del giudizio di merito, nonché condanni controparte alla refusione delle spese di lite del presente grado.
3.1. -I motivi, congiuntamente proposti, sono inammissibili.
Contrariamente a quanto si assume in ricorso, non vi è stata omessa pronuncia sul quarto motivo di appello perché la Corte di merito lo ha scrutinato (pag. 7 e 8 della sentenza).
Riguardo al regime delle spese, la soccombenza reciproca non comporta automaticamente la compensazione delle spese, stante il chiaro disposto dell’art. 92 , comma 2, cod. proc. civ. (‘ può compensare ‘) e l’unanime orientamento della giurisprudenza di legittimità sulla valutazione della soccombenza reciproca.
La valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92, comma 2, c.p.c., rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Cass., Sez. VI3, 26 maggio 2021, n. 14459; Cass., Sez. II, 20 dicembre 2017, n. 30592; Cass., Sez. II, 31 gennaio 2014, n. 2149).
Non merita pertanto censura la sentenza laddove ha ritenuto -in base a un corretto principio di diritto -che comunque le domande riconvenzionali del RAGIONE_SOCIALE opposto, tralasciate dal primo giudice, sarebbero state dichiarate inammissibili ed ha altrettanto correttamente rivalutato la soccombenza attribuendola agli opponenti-appellanti, motivando adeguatamente.
4. -Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte de i ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore del controricorrente, in euro 900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 4 giugno 2024.
Il Presidente NOME COGNOME