Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 32463 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 32463 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8790/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -ricorrente- contro
CONDOMINIO INDIRIZZO COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME -) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE -controricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 5212/2019 depositata il 31/07/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/04/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Presidente del Tribunale di Velletri ingiunse alla RAGIONE_SOCIALE il pagamento della somma di € 2.670,02, a titolo di oneri condominiali in favore del Condominio INDIRIZZO di Anzio.
RAGIONE_SOCIALE propose opposizione e dedusse:
che le somme richieste non figuravano nella tabella di riparto del 15.5.2006 e non erano state approvate nell’assemblea del 20.10.2006;
che le somme relative al risanamento del muro scala non erano dovute perché contrarie alla tabella B) del regolamento condominiale, che escludeva la RAGIONE_SOCIALE dalla manutenzione ordinaria e straordinaria delle scale.
Il Tribunale rigettò l’opposizione, osservando che nel corso dell’assemblea del 15.5.2006 erano state approvate le spese per le quali era stato il richiesto il pagamento alla RAGIONE_SOCIALE e che il calcolo degli oneri condominiali aveva richiesto una mera operazione aritmetica.
La Corte d’appello di Roma confermò la sentenza di primo grado, rilevando che lo stato di riparto elaborato il 15.5.2006 dall’amministratore era stato approvato dall’assemblea condominiale con delibera del 20.10.2006. La Corte distrettuale non ravvisò la violazione del regolamento condominiale perché i lavori approvati riguardavano il consolidamento statico dell’edificio condominiale.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma sulla base di tre motivi.
Il Condominio INDIRIZZO di Anzio ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1124 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c., per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE dovesse partecipare alle spese per le opere che avevano interessato la scala condominiale, mentre tali spese avrebbero dovuto essere poste a carico dei proprietari al cui servizio sono poste, come stabilito dall’art. 11 della tabella B del Regolamento di condominio, riproduttiva dell’art.1124 c.c.
Il motivo è infondato.
La Corte d’appello ha accertato (pag.6 della sentenza impugnata) che i lavori per i quali era stato richiesto il pagamento alla RAGIONE_SOCIALE, previsti nel contratto d’appalto del 27.3.2006, riguardavano opere di consolidamento statico dell’edificio condominiale e non la mera manutenzione ordinaria e straordinaria delle scale, disciplinata dall’art. 11 del Regolamento di condominio.
E ciò alla stregua del principio secondo cui vanno ripartite tra tutti i condomini, in proporzione al valore della quota di ciascuno le spese che attengano a parti dell’edificio comune o ritenute tali in base a norma regolamentare e che adempiano, attraverso le opere poste in essere, ad una funzione di prevenzione di eventi che potrebbero
interessare l’intero edificio condominiale (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 24166 del 08/09/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 791 del 16/01/2020; Sez. 2, Sentenza n. 7077 del 22/06/1995; Sez. 2, Sentenza n. 5179 del 29/04/1992).
L’obbligo di contribuire alle spese deve essere, in conseguenza, fondato sull’utilità che ad ogni singola proprietà esclusiva può derivare dalla cosa comune, sicché solo se la cosa oggetto dell’intervento non può servire ad uno o più condomini, non vi è obbligo di contribuire alle spese.
E’, pertanto corretta l’applicazione della Corte di merito che non ha ritenuto applicabile l’art. 11 del Regolamento di condominio, riproduttivo dell’art. 1124 c.c. perché si trattava di opere che riguardavano l’edificio condominiale nel suo complesso erano destinate a servire tutti i condomini e non solo i proprietari delle unità immobiliari cui servono le scale.
Ne consegue che le spese di consolidamento statico sono state correttamente ripartite tra tutti i condomini, ai sensi dell’art. 1123 c.c.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione degli artt. 1135 c.c. e 1421 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n. 3 c.p.c., per non avere la Corte d’appello dichiarato d’ufficio la nullità della delibera condominiale del 20.10.2006, che avrebbe arbitrariamente modificato i criteri di suddivisione delle spese condominiali stabiliti nel regolamento condominiale avente valore contrattuale.
Con il terzo motivo di ricorso è lamentata la violazione degli artt. 1135 c.c., 633 c.p.c. e 63 disp. att. c.c. per avere la Corte d’appello ritenuto emesso correttamente il decreto ingiuntivo per il
pagamento degli oneri condominiali pur in assenza di un valido titolo; sostiene il ricorrente che lo stato di riparto del 15.5.2006, allegato alla richiesta del decreto ingiuntivo, non era stato richiamato nel verbale di assemblea del 20.10.2006, che aveva approvato lo stato di riparto.
I motivi, che vanno trattati congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.
Le Sezioni Unite, con sentenza del 14.4.2021, n.9839 hanno tracciato la distinzione tra delibere nulle ed annullabili.
E’ stato affermato che, in tema di condominio degli edifici, l’azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell’art. 1137 c.c., come modificato dall’art. 15 della l. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un’estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell’oggetto in senso materiale o giuridico -quest’ultima da valutarsi in relazione al “difetto assoluto di attribuzioni” -, contenuto illecito, ossia contrario a “norme imperative” o all'”ordine pubblico” o al “buon costume”. Quanto alla ripartizione delle spese, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell’assemblea previste dall’art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla
convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell’esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall’art. 1137, comma 2, c.c.
E’ stato, inoltre, chiarito che nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta in via d’azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione, ai sensi dell’art. 1137, comma 2, c.c., nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione; ne consegue l’inammissibilità, rilevabile d’ufficio, dell’eccezione con la quale l’opponente deduca solo l’annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione senza chiedere una pronuncia di annullamento.
Nel caso di specie, la delibera del 20.10.2006 non modificava per il futuro il criterio di ripartizione delle spese ma la concreta ripartizione delle spese per il consolidamento dell’edificio sicché, trattandosi di delibera annullabile e non nulla, doveva essere impugnata nel termine di decadenza previsto dall’art. 1137, comma 2, c.c.
I vizi della delibera del 20.10.2006, di approvazione dello stato di riparto non sono stati dedotti dalla RAGIONE_SOCIALE con domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione, ai sensi dell’art. 1137, comma 2, c.c., nel termine perentorio ivi
previsto, né il vizio di annullabilità poteva essere dedotto in via di eccezione o rilevabile d’ufficio.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 1.700,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P .R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di cassazione, in data 18 aprile 2024.
Il Presidente NOME COGNOME