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Delibera CDA: quando è vincolante per il dipendente?

Un ex dirigente ha citato in giudizio la sua precedente azienda per ottenere un bonus promesso in una delibera CDA. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che una delibera CDA è un atto meramente interno alla società e non costituisce una proposta contrattuale vincolante se non viene comunicata all’esterno da un soggetto con potere di rappresentanza legale. La Corte ha chiarito la distinzione fondamentale tra la formazione della volontà interna dell’ente e la sua manifestazione esterna, necessaria per creare obbligazioni.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Diritto Societario, Giurisprudenza Civile

Delibera CDA e Vincolo Contrattuale: La Cassazione Fa Chiarezza

Una promessa contenuta in una delibera CDA è sufficiente a creare un obbligo contrattuale verso un dipendente? Questa è la domanda cruciale a cui la Corte di Cassazione ha risposto con una recente ordinanza. La decisione chiarisce la distinzione fondamentale tra la volontà interna di una società e la sua manifestazione esterna, elemento indispensabile per la nascita di un contratto. Analizziamo insieme questo caso per capire le sue importanti implicazioni pratiche per aziende e lavoratori.

I Fatti del Caso: Una Promessa Mancata?

Un dirigente di un istituto di credito, prossimo alla pensione, riceveva una comunicazione interna promettente: il Consiglio di Amministrazione (CDA) aveva deliberato di mantenerlo in servizio e nel suo incarico fino al raggiungimento del diritto alla pensione, riconoscendogli inoltre il pagamento di una somma pari a un’annualità di retribuzione.

Tuttavia, a questa delibera non seguì un contratto formale. Dopo circa cinque mesi, il dirigente rassegnò le proprie dimissioni e, successivamente, citò in giudizio l’azienda per ottenere il pagamento della somma promessa o, in subordine, per accertare l’inadempimento della società e ottenere la riammissione in servizio.

La Corte d’Appello, riformando la sentenza di primo grado, respinse le richieste del lavoratore, sostenendo che la delibera del CDA non avesse natura negoziale, ma fosse un mero atto interno, inidoneo a creare un vincolo obbligatorio.

La Decisione della Corte: La Natura della Delibera CDA

Il dirigente ha proposto ricorso in Cassazione, ma la Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici d’appello, rigettando il ricorso e chiarendo in modo definitivo la natura giuridica delle delibere consiliari.

Atto Interno vs. Proposta Contrattuale

Il punto centrale della decisione risiede nella distinzione tra la fase deliberativa e quella di rappresentanza esterna. La Corte ha ribadito un principio consolidato: quando la gestione di una società è affidata a un organo collegiale come il CDA, si verifica una netta separazione tra il potere di formare la volontà dell’ente e il potere di manifestarla all’esterno.

La delibera CDA rappresenta esclusivamente la formazione della volontà interna della società. È un presupposto necessario, ma non sufficiente, per compiere un atto giuridico con effetti verso terzi, come la stipula di un contratto.

Il Principio della Rappresentanza Esterna

Perché una delibera acquisisca rilevanza esterna e possa essere considerata una proposta contrattuale, è indispensabile l’intermediazione dell’organo rappresentativo (solitamente il Presidente o un amministratore delegato). Solo la dichiarazione di quest’ultimo può vincolare giuridicamente la società nei confronti del dipendente o di altri soggetti terzi. Nel caso di specie, questo passaggio non si è mai verificato, impedendo il perfezionamento dell’iter contrattuale.

Le Motivazioni della Cassazione sull’inefficacia della delibera CDA

La Suprema Corte ha ritenuto corretta la valutazione della Corte d’Appello, che aveva escluso l’esistenza di un vincolo contrattuale. La delibera aveva, al massimo, generato una mera aspettativa nel dipendente, ma non un diritto soggettivo all’esecuzione del presunto accordo. La semplice disponibilità del dirigente a proseguire il rapporto, senza una formalizzazione con clausole specifiche, è stata giudicata una generica adesione a un progetto, non l’accettazione di una proposta contrattuale definita.

L’Irrilevanza degli Altri Motivi di Ricorso

La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili o irrilevanti gli altri motivi di ricorso. La questione della presunta disparità di trattamento rispetto ad altri dipendenti e l’argomento sulla nullità del contratto per indeterminatezza del termine sono stati assorbiti dalla questione principale e dirimente: l’assenza di un vincolo contrattuale fin dall’origine. Essendo questa la ratio decidendi, ogni altra considerazione è risultata ininfluente.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Aziende e Dipendenti

La sentenza offre un’importante lezione sia per le aziende che per i lavoratori. Per le società, sottolinea la necessità di formalizzare sempre gli accordi con i dipendenti attraverso atti posti in essere dai soggetti muniti di potere di rappresentanza, per evitare ambiguità. Per i lavoratori, specialmente per i dirigenti, evidenzia che le decisioni interne degli organi amministrativi, anche se comunicate, non costituiscono un contratto fino a quando non vengono tradotte in una proposta formale da parte di chi può legalmente impegnare la società. Una semplice delibera, senza questo passaggio, non è sufficiente a fondare un diritto esigibile in tribunale.

Una delibera del Consiglio di Amministrazione (CDA) che prevede un bonus per un dipendente è automaticamente un contratto vincolante?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una delibera del CDA è un atto interno che esprime la volontà della società. Per diventare una proposta contrattuale vincolante, deve essere manifestata all’esterno da un soggetto dotato del potere di rappresentanza legale dell’ente.

Perché la disponibilità del dipendente a rimanere in servizio non è stata considerata sufficiente a perfezionare un accordo?
La Corte ha ritenuto la disponibilità del dipendente una ‘generica adesione al progetto contrattuale’, priva di specificazioni chiare sulle modalità esecutive. In assenza di una proposta formale da parte della società e di un’accettazione specifica, non si è verificato l’incontro di volontà necessario per creare un contratto.

È possibile chiedere l’annullamento delle proprie dimissioni se l’azienda non rispetta una promessa di bonus contenuta in una delibera interna?
Nel caso esaminato, no. La Corte ha stabilito che, mancando un vincolo contrattuale sul bonus (il presupposto essenziale), non si poteva invocare l’errore o il vizio della volontà per annullare le dimissioni, che sono state considerate una decisione autonoma del dipendente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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