Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23396 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23396 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3610/2018 R.G. proposto da
FALLIMENTO DELL’RAGIONE_SOCIALE, in persona dei curatori p.t. AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona dei liquidatori p.t. NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentata e difesa dal AVV_NOTAIO, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO,
presso lo studio del AVV_NOTAIO; -controricorrente e ricorrente incidentale -avverso la sentenza della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE n. 1717/17, depositata il 3 novembre 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 giugno 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, appaltatrice del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani nel RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, convenne in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, gestore dell’impianto a servizio del bacino BA5, proponendo opposizione al decreto ingiuntivo n. 382/11, con cui il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, Sezione distaccata di Rutigliano, le aveva intimato il pagamento della somma di Euro 189.793,36, oltre interessi, a titolo di oneri di stabilizzazione e produzione di CDR relativi ai conferimenti effettuati nel periodo compreso tra il mese di aprile e il mese di giugno 2011 e di tributo speciale previsto dall’art. 3 della legge 1995, n. 549 (c.d. ecotassa).
A sostegno dell’opposizione, l’attrice eccepì il proprio difetto di legittimazione passiva, sostenendo di essere obbligata soltanto nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, e l’infondatezza della pretesa azionata, quantificata sulla base di una tariffa sopravvenuta all’aggiudicazione della gara ed alla stipulazione del contratto d’appalto, nonché l’illegittimità dell’addebito del tributo speciale, dovuto esclusivamente dal gestore dell’impianto, e dell’IVA, calcolata anche sull’importo del tributo.
Si costituì la RAGIONE_SOCIALE, e resistette all’opposizione, chiedendone il rigetto.
Si costituì inoltre il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, chiamato in causa dall’opponente, ed eccepì il proprio difetto di legittimazione passiva, per effetto dell’accollo liberatorio previsto dal contratto di appalto, riferendo inoltre di aver consentito la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità, a causa dell’imprevedibilità dell’aumento della tariffa, e proponendo domanda di rivalsa e di risarcimento nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE.
1.1. Con ordinanza del 26 marzo 2013, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, Sezione distaccata di Rutigliano, ritenuta la propria incompetenza, dispose la trasmissione degli atti al Presidente del Tribunale, che assegnò la causa alla Sezione specializzata in materia d’impresa.
1.2. Con distinto atto di citazione, la RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE, chiedendone la condanna al pagamento dell’ulteriore somma di Euro 751.720,06, oltre interessi, dovuta al medesimo titolo per il periodo compreso tra il mese di luglio 2011 ed il mese di giugno 2012.
Si costituirono i convenuti, riproponendo le difese già svolte nel precedente giudizio.
1.3. Riuniti i giudizi, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza dell’8 gennaio 2015, rigettò l’opposizione al decreto ingiuntivo e la domanda di manleva proposta dall’RAGIONE_SOCIALE nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, condannando gli stessi al pagamento dell’ulteriore somma di Euro 751.720,06, oltre interessi, e l’RAGIONE_SOCIALE a rivalere il RAGIONE_SOCIALE delle somme pagate in esecuzione della sentenza.
L’impugnazione proposta dall’RAGIONE_SOCIALE è stata rigettata dalla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, che con sentenza del 3 novembre 2017, ha rigettato anche l’appello incidentale proposto dal RAGIONE_SOCIALE.
A fondamento della decisione, la Corte ha innanzitutto escluso che le transazioni intervenute tra l’RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE nel corso del giudizio avessero comportato la cessazione della materia del contendere, rilevando che a) la relativa richiesta non era stata avanzata congiuntamente dalle parti, b) le transazioni non prevedevano l’abbandono o la definizione del giudizio, c) le stesse non erano state comunque adempiute e d) non contenevano alcuna manifestazione della volontà di liberare il RAGIONE_SOCIALE.
Nel merito, ha confermato la sussistenza della solidarietà passiva tra l’RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE, osservando tuttavia che il rapporto trilaterale tra le parti non era qualificabile come accollo, ma come delegazione di pagamento, giacché la RAGIONE_SOCIALE aveva emesso le fatture direttamente nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, la quale le aveva ricevute senza alcuna reazione, in tal modo aderendo alla delegazione, senza però un’espressa liberazione del
RAGIONE_SOCIALE: ha rilevato infatti che con nota del 3 novembre 2011 il RAGIONE_SOCIALE aveva comunicato alla RAGIONE_SOCIALE di aver affidato all’RAGIONE_SOCIALE il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, precisando che il prezzo dell’appalto era comprensivo di tutti i costi di smaltimento, ivi compresi quelli per la biostabilizzazione e la valorizzazione energetica del CDR, ed invitandola a trasmettere le fatture all’appaltatrice; ha aggiunto che tale richiesta era stata riscontrata con nota dell’11 maggio 2011, con cui la RAGIONE_SOCIALE aveva comunicato il prezzo unitario di smaltimento e confermato che avrebbe fatturato direttamente nei confronti dell’appaltatrice; ha escluso invece che l’RAGIONE_SOCIALE avesse assunto un’obbligazione diretta nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, osservando che con il contratto di appalto essa si era obbligata esclusivamente nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, il quale non poteva d’altronde considerarsi liberato per effetto della lettera di riscontro della RAGIONE_SOCIALE.
La Corte ha poi ritenuto che il corrispettivo dell’appalto dovesse intendersi comprensivo anche degli aumenti tariffari successivi alla stipulazione del contratto, osservando che nella formulazione della propria offerta l’appaltatrice avrebbe dovuto tenere conto delle disposizioni di legge che avevano vietato lo smaltimento in discarica del c.d. rifiuto tal quale ed imposto il trattamento preliminare di biostabilizzazione, e reputando irrilevante, in contrario, l’intervenuta risoluzione del contratto per eccessiva onerosità, non avente efficacia retroattiva, in quanto riguardante un contratto ad esecuzione continuata. Ha ritenuto altresì dovuto il pagamento del tributo speciale, in quanto costo di smaltimento, osservando che, ai sensi dell’art. 3, comma ventiseiesimo, della legge n. 549 del 1995, il soggetto passivo dell’imposta è il gestore dell’impresa di stoccaggio, con obbligo di rivalsa nei confronti di chi effettua il conferimento, e rilevando che l’impianto gestito dalla RAGIONE_SOCIALE era costituito, tra l’altro, da una discarica di servizio in cui venivano depositati gli scarti del processo di biostabilizzazione dei rifiuti, sul cui quantitativo era stato calcolato l’importo richiesto. Ha aggiunto che tale importo era assoggettabile ad IVA, come chiarito dalla RAGIONE_SOCIALE regionale delle entrate, precisando infine che il quantitativo di rifiuti conferito non era stato mai contestato, ed era stato anzi posto a fondamento degli accordi transattivi invocati dall’attrice.
Avverso la predetta sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso
per cassazione, articolato in nove motivi. Hanno resistito con controricorsi la RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, il quale ha proposto ricorso incidentale, articolato in due motivi, illustrati anche con memoria, cui l’RAGIONE_SOCIALE ha resistito a sua volta con controricorso. A seguito della dichiarazione di fallimento dell’RAGIONE_SOCIALE, hanno spiegato intervento in giudizio i curatori, che hanno depositato anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, si rileva l’ammissibilità dell’intervento spiegato nella presente fase del giudizio dai curatori del fallimento dell’RAGIONE_SOCIALE, dichiarato successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione.
Il fallimento di una delle parti che si verifichi nel corso del giudizio di legittimità non determina l’interruzione del processo, ai sensi degli artt. 299 e ss. cod. proc. civ., essendo il procedimento dominato dall’impulso d’ufficio, con la conseguenza che non sussiste un onere di riassunzione nei confronti della curatela fallimentare: ciò non esclude, tuttavia, la facoltà del curatore di spiegarvi intervento, al fine di tutelare gli interessi della massa dei creditori, sia pure nei limiti delle residue facoltà difensive riconosciute dalla legge (cfr. Cass., Sez. I, 13/03/2024, n. 6642; Cass., Sez. II, 6/11/2023, n. 30875).
Con il primo motivo d’impugnazione, l’RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione dell’art. 100 cod. proc. civ., osservando che, nell’escludere l’avvenuta cessazione della materia del contendere, la sentenza impugnata ha frainteso il motivo di appello proposto da essa ricorrente, il quale aveva ad oggetto soltanto una parte della pretesa azionata, e precisamente l’applicazione della tariffa di conferimento, posta a carico di essa appaltatrice con uno degli accordi transattivi intervenuti nel corso del giudizio. Aggiunge che, nel subordinare la dichiarazione di cessazione della materia del contendere ad una richiesta congiunta delle parti, la Corte territoriale non ha considerato che il venir meno dell’interesse ad agire è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio.
Con il secondo motivo, la ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rilevando che, nell’escludere la cessa-
zione della materia del contendere, la sentenza impugnata non ha tenuto conto del contenuto degli accordi transattivi intervenuti tra le parti il 24 maggio 2012 e il 19 settembre 2014, con cui essa ricorrente si era obbligata direttamente nei confronti della RAGIONE_SOCIALE limitatamente al pagamento della tariffa di conferimento ed al periodo compreso tra i mesi di aprile 2011 e marzo 2012, nonché al mese di maggio 2012, né dell’avvenuto pagamento delle prime quattro rate pattuite e della successiva rinegoziazione dell’ultima rata, avvenuta con un ulteriore accordo del 27 febbraio 2015. Premesso che, a seguito di tali accordi, l’unica questione da risolvere riguardava l’imputabilità all’appaltatrice degli ulteriori importi per tariffa di conferimento e valorizzazione energetica, dovuti in virtù dei provvedimenti commissariali sopravvenuti al contratto di appalto, sostiene che la pronuncia in ordine alle questioni definite transattivamente ha comportato un aggravio della soccombenza di essa ricorrente, sia nel merito che con riguardo alle spese processuali.
Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nel ritenere configurabile una delegazione di pagamento, la sentenza impugnata non ha considerato che la stessa, pur essendo libera nella forma, richiede una manifestazione di volontà specificamente rivolta al delegato, il quale non è neppure tenuto ad accettare l’incarico: nella specie, tale manifestazione di volontà non era ravvisabile nella nota del 3 novembre 2011, inviata dal RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, non essendo la stessa indirizzata anche ad essa appaltatrice, che non ne era a conoscenza, non avendola ricevuta.
Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata per aver inquadrato la fattispecie nella delegazione di debito, senza considerare che la stessa richiede l’assunzione dell’obbligo da parte del delegato, non ravvisabile né nella nota inviata dal RAGIONE_SOCIALE alla creditrice, né nella mera emissione delle fatture direttamente nei confronti di essa appaltatrice. Precisato che soltanto una parte delle fatture prodotte in giudizio era stata emessa nei confronti di essa ricorrente, sostiene che l’assunzione dell’obbligo non era desumibile neppure dalla mancata contestazione delle fatture, non essendo il terzo tenuto ad accettare l’incarico, ancorché sia debitore del delegante, ed
avendo essa ricorrente esplicitamente contestato le fatture, con nota del 19 gennaio 2012.
Con il quinto motivo, la ricorrente deduce la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che gli aumenti tariffari previsti dai provvedimenti commissariali sopravvenuti fossero inclusi nel corrispettivo dell’appalto, senza considerare che il credito azionato aveva ad oggetto corrispettivi calcolati pressocché interamente in base alla tariffa prevista dall’ordinanza commissariale del 26 aprile 2011, la cui applicabilità era stata contestata da essa ricorrente. Aggiunge che la questione concernente la retroattività della risoluzione del contratto non era stata in alcun modo dedotta, essendo stato il relativo provvedimento richiamato soltanto a conferma della straordinarietà ed imprevedibilità degli aumenti tariffari.
Con il sesto motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., osservando che, nel confermare la condanna di essa ricorrente alla rivalsa in favore del RAGIONE_SOCIALE, la sentenza impugnata ha omesso di esaminare la questione concernente l’inammissibilità dell’integrazione del contratto per factum principis e l’inopponibilità delle tariffe applicate dalla RAGIONE_SOCIALE, su cui si fondava la predetta domanda.
Con il settimo motivo, la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1362, 1363 e 1364 cod. civ., nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nell’individuare il fondamento del credito azionato nel contratto di appalto, la sentenza impugnata ha eluso il tenore letterale dello stesso e ha omesso di provvedere al coordinamento con gli atti di gara presupposti, non avendo tenuto conto dei limiti degli obblighi posti a carico di essa appaltatrice, aventi ad oggetto i costi applicati dall’impianto di smaltimento alla data di indizione della gara per l’affidamento del servizio, comprendenti soltanto la tariffa di smaltimento e biostabilizzazione, e non anche gli aumenti tariffari introdotti successivamente, né il costo di valorizzazione energetica CDR.
Con l’ottavo motivo, la ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata, per apparenza della motivazione, nella parte in cui ha incluso tra i
costi di smaltimento anche il tributo speciale di cui all’art. 3 della legge n. 549 del 1995, individuandone il titolo nel contratto di appalto, senza procedere al relativo riscontro, anche in base agli atti di gara ed al capitolato speciale.
10. Con il nono motivo, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 3 della legge n. 549 del 1995 e degli artt. 3 e 4 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, censurando la sentenza impugnata per aver individuato nel RAGIONE_SOCIALE il soggetto obbligato al pagamento della c.d. ecotassa, senza considerare che la stessa è posta esclusivamente a carico del gestore dell’impianto di stoccaggio definitivo dei rifiuti, e solo in via di rivalsa delle Amministrazioni locali, che sono i soggetti conferitari dei rifiuti e committenti del servizio. Sostiene inoltre che l’accoglimento della domanda di rivalsa presupponeva l’allegazione dell’adempimento del tributo da parte del soggetto obbligato, contestando anche la legittimità dell’addebito dell’IVA sull’importo del tributo, non avente natura di corrispettivo, in quanto non correlato all’acquisizione di beni o servizi.
11. Con il primo motivo del ricorso incidentale, il RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione dell’art. 1273, secondo comma, cod. civ., nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata per aver riconosciuto la legittimazione passiva dell’Amministrazione, senza tenere conto dell’atto di transazione stipulato il 24 maggio 2012 tra l’RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, la cui successiva risoluzione per inadempimento non consentiva di escludere l’efficacia del riconoscimento del debito nello stesso contenuto, e quindi la titolarità passiva dell’obbligazione da parte dell’attrice. Aggiunge che, nel ritenere configurabile una delegazione di pagamento, la Corte territoriale non ha considerato che il rapporto tra l’ente territoriale e l’impresa appaltatrice del servizio di igiene urbana dà luogo ad un accollo cumulativo ex lege , cui è possibile derogare attraverso clausole negoziali: premesso che nella specie il contratto di appalto prevedeva l’onnicomprensività del corrispettivo, avente la funzione di remunerare l’appaltatrice anche per i costi del trattamento di biostabilizzazione e dello smaltimento dei rifiuti, sostiene che tale pattuizione, cui la RAGIONE_SOCIALE aveva aderito dichiarandosi disponibile ad emettere le fatture nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, comportava la liberazione del RAGIONE_SOCIALE, il quale aveva provveduto ad adempiere la propria obbligazione mediante la corresponsione dei canoni
contrattuali.
Con il secondo motivo, il RAGIONE_SOCIALE insiste sulla violazione dell’art. 1273, secondo comma, cod. civ. e sull’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui, per effetto della qualificazione della fattispecie come delegazione di pagamento, ha accolto la domanda di rivalsa proposta nei confronti dell’Amministrazione, senza tenere conto della condotta tenuta da quest’ultima nella vicenda in esame, costantemente improntata alla buona fede.
I primi due motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto aventi entrambi ad oggetto la cessazione della materia del contendere, sono infondati.
Com’è noto, infatti, la cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e precisino conclusioni conformi in tal senso, mentre l’allegazione di un fatto sopravvenuto, ritenuto da una sola parte idoneo a determinarla e oggetto di contestazione ad opera della controparte, impone al giudice di valutarne l’idoneità a determinare il venir meno dell’interesse alla decisione di merito, ed in caso negativo di pronunciare su tutte le domande e le eccezioni delle parti (cfr. Cass., Sez. II, 29/07/2021, n. 21757; Cass., Sez. lav., 30/01/2014, n. 2063; Cass., Sez. III, 8/07/2010, n. 16150). In particolare, ove sia intervenuta una transazione extraprocessuale e le parti non concordino sulla rilevanza giuridica dell’atto o sul suo contenuto, occorre verificare se la stessa investa o meno l’oggetto della domanda, sicché non può esservi declaratoria di cessazione della materia del contendere, che costituisce pronuncia processuale per sopravvenuta carenza di interesse, idonea a formare giudicato solo processuale, ma occorre esaminare il merito della domanda, che va rigettata qualora si accerti che la transazione ha regolamentato tutti i rapporti contenziosi tra le parti (cfr. Cass., Sez. III, 24/02/2015, n. 3598).
Tale valutazione è stata puntualmente compiuta dalla Corte territoriale, la quale, dato atto della divergenza di opinioni esistente tra le parti in ordine alla valenza degli accordi transattivi tra loro intercorsi, ha escluso che gli stessi avessero fatto venir meno l’interesse alla decisione, rilevando per un
verso che non era stato concordato l’abbandono del giudizio, per altro verso che non era stata mai prevista la liberazione del RAGIONE_SOCIALE, il quale continuava a contestare la propria obbligazione, e per altro verso ancora che il credito azionato non era stato soddisfatto, poiché gli accordi non erano stati adempiuti. La correttezza di tali rilievi è stata d’altronde ammessa dalla stessa ricorrente, la quale ha riconosciuto l’autonomia degli accordi rispetto all’esito del giudizio e la limitazione degli stessi ad una parte soltanto della pretesa azionata, nonché l’avvenuta rinegoziazione dell’ultima rata prevista dall’accordo del 19 settembre 2014, che era rimasta insoluta, dando atto dell’esistenza di una questione ancora controversa, riguardante l’imputabilità ad essa ricorrente degli ulteriori importi dovuti in virtù dei provvedimenti commissariali, sicché non meritano censura le conclusioni cui è pervenuta la sentenza impugnata, con riguardo all’idoneità delle transazioni ad eliminare la situazione di contrasto tra le parti.
14. Il terzo ed il quarto motivo devono essere anch’essi esaminati congiuntamente, in quanto aventi entrambi ad oggetto la qualificazione della fattispecie come delegazione di pagamento.
A sostegno della predetta qualificazione, la sentenza impugnata ha premesso che con il contratto di appalto stipulato il 2 marzo 2011 l’RAGIONE_SOCIALE si era obbligata esclusivamente nei confronti del RAGIONE_SOCIALE ad effettuare il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, verso un corrispettivo comprensivo di tutti i costi di smaltimento, ivi compresi quelli per la biostabilizzazione. Rilevato che con nota del 3 novembre 2011 il RAGIONE_SOCIALE aveva comunicato l’avvenuta stipulazione del predetto contratto alla RAGIONE_SOCIALE, in qualità di gestore dell’impianto, chiedendole di trasmettere le relative fatture direttamente all’appaltatrice, ha osservato che tale richiesta era stata riscontrata con nota dell’11 maggio 2011, con cui la RAGIONE_SOCIALE aveva rappresentato che avrebbe provveduto a fatturare direttamente nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, comunicando il prezzo unitario del servizio di smaltimento. Precisato che dalle predette note non poteva desumersi in alcun modo né l’assunzione da parte da parte dell’appaltatrice di un’obbligazione diretta nei confronti del terzo, né la volontà di quest’ultimo di liberare il debitore principale, ha rilevato che le fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE erano state ricevute
senza alcuna reazione dall’RAGIONE_SOCIALE, ed ha ritenuto che in tal modo quest’ultima avesse accettato la delegazione, con la conseguenza che l’appaltatrice doveva considerarsi solidalmente obbligata con il RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle fatture emesse dal gestore dell’impianto.
Tale conclusione si pone peraltro in contrasto sia con la qualificazione della fattispecie come delegazione di pagamento, che ne costituisce la premessa giuridica, sia con le modalità di svolgimento della vicenda, così come ricostruite dalla sentenza impugnata. Invero, a differenza di quanto accade nella delegatio promittendi , prevista dall’art. 1268 cod. civ., in virtù della quale il delegatario acquista la facoltà di agire direttamente nei confronti del delegato, che si obbliga direttamente nei suoi confronti, in via esclusiva o solidalmente con il delegante, a seconda che il delegatario abbia o meno prestato il proprio consenso alla liberazione di quest’ultimo, nella delegatio solvendi , prevista dall’art. 1269 cod. civ., è esclusa l’azione diretta del delegatario nei confronti del delegato, il quale resta obbligato soltanto nei confronti del delegante (cfr. Cass., Sez. II, 20/04/2020, n. 7945), a meno che non accetti la delegazione, nel qual caso però la fattispecie si converte in delegatio promittendi (cfr. Cass., Sez. III, 4/04/1968, n. 1036): nella specie, pertanto, la qualificazione della fattispecie come delegazione di pagamento avrebbe imposto di escludere la sussistenza di un’obbligazione solidale del RAGIONE_SOCIALE e dell’RAGIONE_SOCIALE, con il conseguente rigetto della domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti di quest’ultima.
Anche a voler ritenere che, attraverso il richiamo all’incontro delle volontà delle parti, risultante dalla corrispondenza intercorsa tra il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE e dal comportamento tenuto dall’RAGIONE_SOCIALE, la Corte territoriale abbia inteso far riferimento alla conversione della delegazione di pagamento in delegazione di debito, occorre rilevare che la sentenza impugnata non reca alcuna menzione di una dichiarazione indirizzata all’appaltatrice, con cui il RAGIONE_SOCIALE l’abbia invitata a provvedere al pagamento direttamente in favore del gestore dell’impianto, o di un accordo raggiunto in tal senso tra il RAGIONE_SOCIALE e l’appaltatrice. E’ pur vero che, come osservato dalla Corte territoriale, la delegazione non richiede particolari requisiti di forma, potendosi realizzare anche mediante una pluralità di negozi bilaterali ed unilaterali posti in essere
per facta concludentia ed in via progressiva, ove alla dichiarazione del delegante o del delegato o del delegatario si aggiunga quella delle altre parti in un momento successivo, senza che ciò comporti il venir meno della struttura unitaria e trilaterale del rapporto (cfr. Cass., Sez. I, 19/02/2019, n. 4852; 15/07/2011, n. 15691; 11/09/2007, n. 19090). L’incarico delegatorio, pur non richiedendo il consenso del delegatario, postula tuttavia l’esistenza di un accordo tra delegante e delegato, formatosi anche attraverso l’esecuzione dell’invito, unilateralmente impartito dal primo al secondo, ad obbligarsi nei confronti del delegatario, in mancanza del quale deve ritenersi ininfluente anche l’eventuale conoscenza che il delegato abbia degli accordi intervenuti tra le altre parti (cfr. Cass., Sez. I, 21/06/2000, n. 8441; 17/05/2000, n. 6387). Nel dare per scontata l’esistenza del predetto accordo, in virtù del comportamento passivo tenuto dall’appaltatrice a seguito della ricezione delle fatture emesse nei suoi confronti dal gestore dell’impianto, la sentenza impugnata non solo non ha tenuto conto della mancanza di un invito o di un ordine del RAGIONE_SOCIALE, ma ha omesso anche di valutare altre circostanze risultanti dagli atti, potenzialmente idonee ad orientare in senso diverso la decisione, in quanto tali da impedire l’attribuzione di un significato univoco o addirittura incompatibili con la volontà dell’appaltatrice di accettare la delegazione: essa non ha infatti considerato per un verso che, come evidenziato dalla difesa dell’RAGIONE_SOCIALE nell’atto di appello, trascritto in parte qua a corredo del terzo motivo di ricorso, soltanto una parte delle fatture prodotte in giudizio erano state emesse nei suoi confronti, e per altro verso che l’appaltatrice aveva specificamente contestato tali fatture, invitando la RAGIONE_SOCIALE ad emettere corrispondenti note di credito.
I predetti motivi vanno pertanto accolti, restando assorbiti gli altri motivi del ricorso principale, aventi ad oggetto l’inclusione degli aumenti tariffari e del tributo speciale nel corrispettivo dell’appalto.
Passando all’esame del ricorso incidentale, è inammissibile il primo motivo, riflettente il difetto di titolarità passiva dell’obbligazione da parte del RAGIONE_SOCIALE, in dipendenza della configurabilità della fattispecie come accollo liberatorio e dell’intervenuto riconoscimento del debito da parte dell’appaltatrice nei confronti del gestore dell’impianto.
A fondamento della qualificazione della fattispecie come delegazione, la sentenza impugnata ha evidenziato infatti la struttura trilaterale del rapporto, conformemente all’orientamento della giurisprudenza di legittimità, che individua proprio in tale aspetto il connotato essenziale della figura in esame, ravvisandovi un rapporto con pluralità di soggetti, caratterizzato dalla partecipazione, fin dall’origine, del delegante (debitore), del delegato (nuovo debitore) e del delegatario (creditore), nel quale il primo impartisce al secondo l’ordine di eseguire il pagamento in favore del terzo, laddove l’accollo consiste in una convenzione tra il debitore (accollante) e un terzo (accollato), il quale si obbliga a pagare, in sostituzione del primo, al creditore (accollatario), senza partecipazione al negozio da parte di quest’ultimo, il quale può successivamente aderirvi, secondo lo schema del contratto a favore di terzo (cfr. Cass., Sez. I, 3/02/1969, n. 305; Cass., Sez. III, 7/04/1964, n. 773; Cass., Sez. II, 18/02/1963, n. 386).
Nel censurare tale qualificazione, l’Amministrazione richiama una pronuncia del Giudice amministrativo, che, nel confermare la responsabilità solidale del RAGIONE_SOCIALE con i produttori e i detentori di rifiuti per il pagamento degli oneri relativi all’attività di smaltimento, anche in caso di affidamento del servizio pubblico di gestione dei rifiuti a un’impresa privata, ha ravvisato nella fattispecie prevista dall’art. 21, comma primo, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 un accollo cumulativo ex lege , in cui il RAGIONE_SOCIALE riveste la posizione di accollato, ritenendo possibile derogare a tale disciplina mediante un’espressa dichiarazione del creditore di liberare il debitore originario (cfr. TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 15 luglio 2004, n. 5161). Peraltro, anche a voler prescindere dalla considerazione che tale pronuncia trova giustificazione in una norma inapplicabile alla fattispecie in esame, in quanto già abrogata alla data di stipulazione del contratto di appalto tra l’RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE (cfr. art. 264 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152), si osserva che, nell’insistere sulla liberazione dall’obbligazione nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, la difesa dell’Amministrazione omette di trascrivere, a corredo delle proprie censure, le clausole contrattuali che prevedevano l’assunzione del debito da parte dell’appaltatrice, limitandosi a riportare l’art. 18 del contratto, che poneva genericamente a carico dell’RAGIONE_SOCIALE «le spese di smaltimento e re-
cupero dei rifiuti», senza neppure considerare che, in mancanza di una dichiarazione liberatoria della creditrice, la fattispecie sarebbe risultata qualificabile al più come accollo cumulativo, con la conseguente conferma della responsabilità solidale del RAGIONE_SOCIALE.
Le censure concernenti il riconoscimento del debito non risultano a loro volta accompagnate dalla trascrizione dei passi salienti della transazione stipulata tra l’RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, asseritamente contenente la dichiarazione ricognitiva dell’appaltatrice, e non consentono quindi di valutare la pertinenza e la portata delle critiche mosse alla sentenza impugnata, prima ancora di verificarne la fondatezza.
La formulazione del motivo contrasta pertanto, in entrambe le sue articolazioni, con il principio di specificità dell’impugnazione, consacrato nell’art. 366, primo comma, nn. 4 e 6 cod. proc. civ., il quale esige che, ove la parte intenda dolersi dell’omessa o errata valutazione di atti o documenti prodotti in giudizio, provveda ad illustrare la critica mossa alla sentenza impugnata indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si duole, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, e trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso (cfr. Cass., Sez. V, 13/11/2018, n. 29093; Cass., Sez. I, 19/08/2015, n. 16900; Cass., Sez. VI, 16/03/2012, n. 4220).
Resta infine assorbito, per effetto dell’accoglimento del terzo e del quarto motivo del ricorso principale, il secondo motivo del ricorso incidentale, riguardante la domanda di rivalsa proposta dall’RAGIONE_SOCIALE nei confronti del RAGIONE_SOCIALE.
La sentenza impugnata va conseguentemente cassata, con il rinvio della causa alla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
rigetta i primi due motivi del ricorso principale, accoglie il terzo e il quarto, dichiara assorbiti gli altri motivi, dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso incidentale, dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza
impugnata e rinvia alla Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 13/06/2024