Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13491 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13491 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11826/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale presso l’indirizzo pec del difensore;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale presso l’indirizzo pec del difensore;
-controricorrente –
nonché
RAGIONE_SOCIALE in fallimento;
-intimato – avverso la sentenza n. 567/2023 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 31/03/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
RAGIONE_SOCIALE (di seguito ‘RAGIONE_SOCIALE‘) convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Bergamo, RAGIONE_SOCIALE oggi Fallimento (di seguito ‘GP’) e RAGIONE_SOCIALE (di seguito ‘RAGIONE_SOCIALE‘) al fine -come riporta la sentenza d’appello – <>. Inoltre, l’attrice eccepì l’inadempimento della controparte e che l’esponente non era debitrice del preteso credito, ammontante a € 146.900,00. In via di subordine chiese condizionarsi il pagamento alla previa esibizione del DURC (documento unico di regolarità contributiva).
1.1. Si costituì COGNOME chiedendo il rigetto della domande attoree e svolgendo domanda riconvenzionale volta alla condanna di FAP al pagamento dell’anzidetta somma, ribadendo la piena efficacia e validità delle citate delegazioni, non condizionate all’esistenza di un debito già maturato nei confronti dell’appaltatrice.
1.2. Il Tribunale di Bergamo, preso atto della rinuncia della convenuta alla domanda riconvenzionale di condanna, accertò la validità delle delegazioni di pagamento rigettando la domanda attorea.
Avverso detta sentenza propose appello la FAP a cui resistette COGNOME.
La Corte d’Appello di Brescia rigettò l’appello , così confermando la sentenza di primo grado.
3.1. Questi, in sintesi, gli argomenti salienti della sentenza, per quel che qui possa rilevare:
-il Tribunale aveva correttamente evidenziato che le delegazioni di debito fossero delle c.d. ‘delegatio promittendi’ ; le stesse erano titolate poiché venivano espressamente indicati sia il rapporto di provvista (il contratto di appalto tra FAP e GP) che il rapporto di valuta (il contratto di subappalto tra GP e Moioli);
la causa delle citate delegazioni, soggiunge ancora la Corte locale, <>;
-le parti non avevano espressamente pattuito che i pagamenti oggetto di delegazione dovessero essere condizionati ad un preesistente e già maturato debito di FAP nei confronti di GP;
-al termine del rapporto contrattuale FAP era ancora debitrice di GP;
la circostanza che la transazione tra RAGIONE_SOCIALE e GP avesse ad oggetto un importo minore rispetto alle fatture emesse da COGNOME doveva considerarsi irrilevante, non avendo effetto nei confronti della delegataria.
FAP propone ricorso fondato su un unico motivo. Resiste con controricorso COGNOME. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
La ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1269 cod. civ. e degli artt. 1362 segg. cod. civ..
Questa la sintesi delle critiche mosse con il complesso censorio.
I Giudici del merito avevano erroneamente affermato che le
delegazioni di pagamento dovevano essere ricondotte allo schema negoziale di cui all’art. 1268 cod. civ. (‘ delegatio promittendi’ ) e non nel diverso schema negoziale dell’art. 1269 cod. civ. (‘ delegatio solvendi’ ). Dalla lettura del contratto era dato trarre che la delegazione di pagamento aveva funzione solutoria, in assenza di assunzione d’obbligo diretto da parte della FAP verso il subappaltatore COGNOME. Per contro <>.
Il contratto, il quale mentovava espressamente ‘delegazione di pagamento’, prevedeva delega irrevocabile ‘a corrispondere direttamente per conto di RAGIONE_SOCIALE al sub appaltatore Moioli (…)’.
La decisione impugnata, prosegue la ricorrente, si poneva in contrasto con il principio enunciato dalla Cassazione (si cita la sentenza n. 7945/2020) per il quale nella ‘delegatio solvendi’, a differenza della ‘delegatio promittendi’, è esclusa l’azione diretta del delegatario verso il delegato.
5.1. Il motivo è fondato.
Correttamente la ricorrente richiama il principio di diritto che si trae dalla decisione n. 7945/2020 di questa Corte, dalla quale è stata tratta la massima seguente: Nella “delegatio promittendi” ex art. 1268 c.c., il delegato è direttamente obbligato verso il delegatario e questi può agire direttamente verso il delegato, mentre nella “delegatio solvendi” ex art. 1269 c.c., è esclusa l’azione diretta del delegatario verso il delegato; l’accertamento della reale volontà delle parti costituisce una valutazione di fatto, rientrante nella discrezionalità del giudice di merito, insindacabile in
sede di legittimità, ove non risultino violati i criteri legali di ermeneutica negoziale (Sez. 2, n. 7942, 20/04/2020, Rv. 657568).
Nel primo caso, infatti, l’obbligazione del debitore, per così dire, aggiunto, assegnato dal debitore originario, nei confronti del creditore del secondo, scaturisce dall’assunzione di una specifica obbligazione del delegato (e, diversamente non potrebbe essere), il quale si obbliga nei confronti del delegatario (il creditore del debitore delegante).
Da qui la conseguente regolamentazione della fattispecie: il debitore originario non è liberato, salvo che diversamente disponga il suo creditore, tuttavia, il creditore che abbia accettato l’obbligazione del delegato, che si sia obbligato nei di lui confronti, ‘ non può rivolgersi al delegante , se prima non ha richiesto al delegato l’adempimento ‘.
Ben diversamente nella delegazione di pagamento mera (quella che si suole chiamare ‘delegatio solvendi’) il delegato estingue il proprio debito (in questo senso ‘solvendi’) nei confronti del proprio creditore (delegante), pagando direttamente al creditore del proprio creditore. In questo caso è chiaro che il delegato (salvo che si sia obbligato direttamente verso il creditore ceduto) non potrà essere tenuto a pagare oltre quanto dovuto in relazione al titolo dal quale discende il suo debito nei confronti del delegante.
Nel caso in esame la sentenza impugnata non spiega quale criterio ermeneutico abbia valorizzato per reputare versarsi in ipotesi di delegazione cumulativa (delegatio promittendi) -art. 1268 -e non, invece, di delegazione di pagamento (delegatio solvendi) -art. 1269 -. Stante che nel primo caso avrebbe dovuto accertarsi la volontà negoziale di assegnare al creditore un secondo
debitore e l’assunzione dell’obbligo di solvere il credito del creditore ceduto (delegatario).
La statuizione contrattuale che qui viene in rilievo, siccome riportata dalla Corte di Brescia, è la seguente: ‘ Resta espressamente inteso che tutti gli importi effettivamente corrisposti da RAGIONE_SOCIALE direttamente alla RAGIONE_SOCIALE in virtù di quanto precede, estingueranno per il medesimo valore il debito che RAGIONE_SOCIALE andrà maturando nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in ragione e alle modalità delle espresse previsioni del Contratto d’appalto del 22.11.2016 ‘.
Da essa la sentenza d’appella trae due conclusioni corrette: (1) trattasi di una delegazione titolata, essendo stati mentovati sia il rapporto di provvista (il contratto di appalto tra RAGIONE_SOCIALE e GP), che quello di valuta (il contratto di subappalto tra GP e Maioli; (2) la delegazione era stata accettata (il nuovo debitore assegnato può rifiutare di estinguere il proprio debito a mani del creditore del proprio creditore, a mente dell’art. 1269 cod. civ.).
Per contro, erra a reputare che da ciò possa dedursi che la società delegata, odierna ricorrente, si fosse obbligata nei confronti della creditrice (delegataria) della società delegante. Cioè, che avesse accettato di pagare oltre i limiti del debito scaturente dal rapporto di essa con la società delegante e fino a soddisfazione del credito vantato dalla delegataria GP nei confronti della FAP.
All’evidenza la sentenza confonde l’accettazione (che qui si è avuta) del debitore delegato di estinguere il proprio debito versando il delegante a mani del creditore del proprio creditore, con l’obbligazione assunta (della quale qui non v’è traccia) dal delegato direttamente nei confronti del delegatario (creditore del proprio creditore), alla quale consegue il diritto del delegatario di pretendere l’estinzione dell’intero credito vantato, non potendo
essergli opposto dal delegato il limite dell’ammontare della somma della quale è debitore nei confronti del proprio creditore.
La sentenza, non solo, come si è anticipato, non dà conto del criterio ermeneutico che l’abbia indotta a concludere nel senso di cui si è detto, ma e ancor prima non individua la manifestazione di volontà con la quale il ‘debitor debitoris’ si sarebbe obbligato nei confronti del creditore del proprio creditore, in difetto della quale resterebbe tenuto a pagare non oltre i limiti del proprio debito.
Le superiori osservazioni impongono un nuovo apprezzamento della vicenda, solo all’esito della quale potrà affrontarsi la questione, implicante valutazione di fatto, riguardante l’effettiva sussistenza di un residuo credito dell’appaltante GP nei confronti di FAP, alla quale la sentenza fa un rapido cenno alle pagg. 10 e 11.
In ragione di quanto esposto la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio. Il Giudice del rinvio, oltre a riesaminare la vicenda facendo applicazione del principio di diritto di cui sopra, provvederà a statuire sul capo delle spese del giudizio di legittimità.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Brescia, altra composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 5 marzo