Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21359 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21359 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12527 – 2021 proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
PREFETTURA DI LECCE
– intimata – avverso la sentenza n. 2319/2020 della TRIBUNALE di LECCE, pubblicata il 20/10/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024 dal consigliere NOME COGNOME
lette le memorie delle parti.
FATTI DI CAUSA
1. Con un unico ricorso al Giudice di pace di Gallipoli, NOME COGNOME propose opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione prot. M IT PR LEUTG NUMERO_DOCUMENTO, notificatagli in data 3/7/2013, con cui gli erano state applicate la sanzione pecuniaria di Euro 1032,00 per violazione dell’art. 1 della legge 386/90 e la sanzione accessoria del divieto di emettere assegni per 24 mesi e avverso l’ordinanza ingiunzione prot. IT PR LEUTG NUMERO_DOCUMENTO, notificatagli nella stessa data, con cui gli era stata invece inflitta la sanzione di Euro 516,00 per violazione dell’art . 2 della stessa legge; eccepì, per quel qui ancora rileva, la nullità delle ordinanze opposte perché pronunciate, in asserita assenza di delega, dal vice prefetto aggiunto, non competente. 2. Con sentenza n. 1591/2017 il Giudice di Pace di Gallipoli rigettò l’opposizione avverso la prima ordinanza ingiunzione, confermando il l’opposizione avverso la seconda ordinanza ingiunzione che annullò per difetto di prova della
provvedimento impugnato e accolse invece ritualità della notifica della contestazione.
Con sentenza n. 2319/2020, il Tribunale di Lecce rigettò l’appello di NOME COGNOME con cui era stata riproposta la questione della nullità delle ordinanze ingiunzione per mancanza di delega e accolse l’appello incidentale della Prefettura, ritenendo rituale la notifica.
Per quel che qui ancora rileva, la Corte d’appello rilevò che l’opponente non aveva tempestivamente eccepito, in primo grado, la carenza di potere del Vice prefetto aggiunto che aveva firmato le ordinanze opposte, formulando questo motivo di opposizione soltanto all’udienza di discussione della causa, dopo la prima udienza; aggiunse che non era necessaria l’espressa menzione della delega del Prefetto nel provvedimento sanzionatorio, perché la tab. B richiamata dall’art. 2 del d.lgs. attribuiva anche al viceprefetto aggiunto la competenza in
materia sanzionatoria , sicché la possibilità di quest’ultimo di sostituire il prefetto o adottare atti in sua vece deriva direttamente dalla legge. 4. Avverso la sentenza n. 2319/2020, NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidandolo a tre motivi. La Prefettura di Lecce non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, NOME COGNOME ha denunciato, con un primo profilo articolato in riferimento al n. 3 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 8 bis, comma 5, l.n. 386/1990, della Tabella B) di cui all’art. 2 d.lgs. n. 139/2000, dell’art. 132, comma 1, n.4 cod. proc. civ. e dell’art. 18 disp. att. cod. proc. civ.; con un secondo profilo, articolato in riferimento al n. 4 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ. , ha prospettato la nullità della sentenza per omessa ovvero apparente motivazione per avere il Tribunale errato nel ritenere il Vice prefetto aggiunto quale organo competente ad emanare sanzioni amministrative in assenza di espressa delega da parte del Prefetto; sul punto ha rappresentato che il decreto prefettizio n. 0039479 del 7/5/2013 a lui consegnato in copia in seguito alla richiesta formulata nelle more del giudizio di cassazione non conterrebbe alcuna delega.
1.1. Il motivo è infondato.
Innanzitutto, deve escludersi la prospettata nullità della sentenza per motivazione apparente. Questa Corte ha, invero, costantemente puntualizzato che, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, nel senso della «mancanza assoluta di motivi
sotto l’aspetto materiale e grafico», ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, restando così esclusa qualunque rilevanza del semplice «difetto di sufficienza» della motivazione. Ricorre, allora, il vizio denunciato con il secondo motivo quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. tra le tante, in ultimo, Sez. U, n. 2767 del 30/01/2023, in motivazione, con numerosi richiami; Cass. Sez. 1, n. 7090 del 03/03/2022)
Nella specie, non ricorre alcuna delle ipotesi appena descritte: il Tribunale, infatti, dedicando alla questione della mancanza di delega la prima parte della motivazione, a pag. 2 della sentenza, ha da un canto rilevato la tardività della eccezione della mancanza di delega in quanto sollevata soltanto in udienza e non quale motivo di opposizione nel ricorso; d’altro canto, ha richiamato la giurisprudenza di questa Corte secondo cui non rileva, nel provvedimento amministrativo, la mancanza dell’espressa menzione delle ragioni di assenza o impedimento del prefetto, perché è ammessa la sostituzione del vicario in tutte le funzioni ed attribuzioni ed escluso un onere della p.a. di indicare nel provvedimento sanzionatorio la delega.
1.2. In relazione a questa motivazione, il primo profilo di censura non è conferente.
Come già chiarito da precedenti pronunce di questa Corte, sia pure emesse con riferimento alle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni di norme del codice della strada, l’ordinanza-ingiunzione con cui si ingiunge il pagamento di può essere emessa dal vice prefetto
aggiunto, in quanto la previsione di tre distinte figure professionali della carriera prefettizia (prefetto, vice prefetto vicario e vice prefetto aggiunto), ciascuna titolare di proprie attribuzioni, non esclude la facoltà di delega al compimento di singoli atti, rientranti nelle attribuzioni del delegante, al funzionario delegato, mentre è del tutto irrilevante che tale funzione non sia ricompresa nelle attribuzioni proprie del delegato (Sez. 6 – 2, Sentenza n. 3904 del 19/02/2014).
Ciò posto, deve ancora considerarsi che l’opponente a ordinanza -ingiunzione di pagamento di somme a titolo di sanzione amministrativa che ne deduca l’illegittimità per insussistenza della delega di firma in capo al funzionario che, in sostituzione del prefetto o del vice-prefetto vicario, ha emesso il provvedimento, ha l’onere di provare detto fatto negativo, con la conseguenza che, nel caso in cui non riesca a procurarsi la pertinente relativa attestazione da parte dell’Amministrazione, è tenuto comunque a sollecitare il giudice ad acquisire informazioni ex art. 213 cod. proc. civ. ovvero ad avvalersi dei poteri istruttori di cui all’art. 23, comma sesto, della legge 24 novembre 1989, n. 689, presso l’Amministrazione medesima che non può esimersi dalla relativa risposta. Ne consegue ulteriormente che, se l’opponente rimanga del tutto inerte processualmente, la presunzione di legittimità che assiste il provvedimento sanzionatorio non può reputarsi superata. (tra le tante, Cass. Sez. 2, n. 11283 del 10/05/2010, Sez. 1, n. 23073 del 11/11/2016, Sez. 2, n. 20972 del 22/08/2018, Sez. 1, n. 41651 del 27/12/2021 -che ha applicato il principio in materia di decreto di espulsione -; più di recente, v. anche Sez. 2, n. 2014 del 23/01/2023).
Questa Corte ha, invero, ricondotto questo principio da un canto alla generale delegabilità, negli uffici della pubblica amministrazione gerarchicamente organizzati, dei provvedimenti che non siano espressamente riservati dalla legge alla competenza funzionale del
capo dell’ufficio e, d’altro canto, alla presunzione di legittimità che assiste gli atti amministrativi: ha, quindi, in conseguenza di questi due principi, posto a carico dell’opponente l’onere di provare il difetto di potere di chi ha pronunciato il provvedimento sanzionatorio, specificando che a invertire l’incombenza di quest’onere non rileva la considerazione che la prova abbia ad oggetto fatti negativi (la mancanza di alcuna delega, generale o particolare, conferente al funzionario in questione il potere di emettere e sottoscrivere l’ordinanza), ben potendo l’opponente sanzionato ottenere dall’amministrazione una attestazione in tal senso o sollecitare, allo scopo, il giudice all’acquisizione di informazioni ex art. 213 cod. proc.
Prima ancora, come pure rilevato dal Tribunale, la mancanza di delega avrebbe dovuto essere oggetto di motivo di opposizione e non essere eccepita tardivamente all’udienza di trattazione.
La legge n. 689 del 1981 configura un modello procedimentale di natura impugnatoria nel quale tutte le ragioni poste alla base della richiesta di nullità/annullamento dell’atto debbono essere prospettate nel ricorso introduttivo, con la conseguenza che non è consentito alla parte ricorrente integrare in corso di causa i motivi originariamente addotti; simmetricamente, l’amministrazione non può dedurre, a sostegno della pretesa sanzionatoria, motivi o circostanze diversi da quelle enunciati con l’ingiunzione, e, infine, il giudice non ha il potere di rilevare d’ufficio ragioni di nullità del provvedimento opposto o del procedimento che l’ha preceduto, salve le ipotesi di inesistenza (Sez. 2, n. 27909 del 2018, con numerosi richiami).
A ciò deve aggiungersi che, come già statuito da questa Corte, il vizio di incompetenza assoluta, che è causa di nullità del provvedimento ed è rilevabile d’ufficio dal giudice, «ricorre soltanto se l’atto emesso concerne una materia del tutto estranea alla sfera degli interessi pubblici attribuiti alla cura dell’amministrazione cui l’organo
emittente appartiene», ossia se «il provvedimento adottato da un certo organo riguardi una materia del tutto estranea all’ambito degli interessi pubblici attribuiti alla cura dell’amministrazione cui l’organo stesso appartiene».
Al contrario, la questione di competenza che involga -come nella specie -soltanto un rapporto tra organi o enti nelle cui attribuzioni rientri, sia pure a fini ed in casi diversi, una determinata materia, può originare unicamente un vizio di incompetenza relativa che deve essere denunciato dalla parte tempestivamente, con i motivi di opposizione (Cass Sez. 6 – 2, n. 17569 del 18/06/2021).
Con il secondo motivo, il ricorrente ha prospettato, in riferimento al n. 3 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma 1, n.4 cod. proc. civ. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. e, in riferimento al n. 4 del primo comma dell’art. 360 cod. pr oc. civ., la nullità della sentenza per omessa ovvero apparente motivazione sul denunciato difetto di prova dell’avvenuta notifica del verbale di contestazione della seconda ordinanza ingiunzione.
2.1. Reiterate qui le considerazioni che escludono una motivazione apparente, come già esposte al precedente punto 1.1. (nelle ragioni di decisione della sentenza impugnata la questione è chiaramente esaminata alle pag. 2 e 3 della motivazione), il motivo è inammissibile per sua formulazione.
Il Tribunale ha respinto il motivo di opposizione involgente l’omessa notifica del secondo verbale presupposto considerando che il plico è stato portato a un indirizzo, INDIRIZZO dove il destinatario, attuale ricorrente, aveva domicilio prima della sua «emigrazione in Lecce»; ha, quindi, rimarcato che a questo indirizzo, nella stessa data del 4/12/2009, egli ha utilmente ricevuto la notifica dell ‘altr o verbale di contestazione presupposto dell’ordinanza prot. M IT PR LEUTG
NUMERO_DOCUMENTO, oltre alla raccomandata della Banca in data 6/5/2009; ha, quindi, aggiunto – ma è elemento di rilevanza principale – che dal certificato storico di residenza del 25/7/2013, prodotto dallo stesso ricorrente, risulta la data del ritrasferimento a Gallipoli, il 28/4/2009 e, quale ultimo indirizzo di residenza, INDIRIZZO; non risulta, tuttavia, quando egli si sia trasferito in quest’ultimo indirizzo; ha, perciò, ritenuto di poter ritenere validamente effettuata in INDIRIZZO che la notifica dell’altro verbale, tentata nello stesso giorno del 4/12/2009 e a cui è seguito il deposito presso l’Ufficio postale.
Così decidendo, il Tribunale ha correttamente applicato il principio consolidato secondo cui, ai fini della determinazione del luogo di residenza o dimora della persona destinataria della notificazione, rileva esclusivamente il luogo ove essa dimora di fatto in modo abituale, rivestendo le risultanze anagrafiche mero valore presuntivo circa il luogo di residenza e potendo essere superate, in quanto tali, da una prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento, affidata all’apprezzamento del giudice di merito (Sez. 5, n. 15938 del 13/06/2008; Sez. 1, n. 10170 del 18/05/2016; Sez. L, n. 23521 del 20/09/2019).
Nella specie, dunque, il Tribunale ha valorizzato l’avvenuta ricezione a quell’indirizzo di altri atti e la mancanza nel certificato storico di una data dell’avvenuto trasferimento nel diverso indirizzo: questo ragionamento non è stato idoneamente censurato.
Anche il terzo motivo è inammissibile per sua formulazione in quanto il ricorrente lamenta, prospettando una violazione dell’art. 113 comma 1 quater del d.P.R. 115/2002, che al rigetto del suo appello sia seguita la sua condanna al pagamento del doppio contributo, laddove la sua impugnazione avrebbe dovuto essere accolta.
Il ricorso è perciò respinto. Non vi è luogo a statuizione sulle spese perché la Prefettura non ha svolto difese.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda