Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3116 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 3116 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4304-2024 proposto da:
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
nonché contro
ADER RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis
Oggetto
R.G.N. 4304/2024
COGNOME
Rep.
Ud.27/11/2024
CC
dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2985/2023 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 07/08/2023 R.G.N. 3147/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
27/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME impugna la sentenza n. 2985/2023 della Corte d’appello di Roma che ha respinto il gravame avverso la pronuncia del Tribunale della medesima sede che aveva rigettato l’opposizione avverso intimazione di pagamento nella parte relativa a cartelle portanti crediti vantati dalla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense.
La ricorrente propone tre motivi, illustrati da memoria.
Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense ha depositato controricorso, illustrato da memoria.
Ha depositato controricorso anche ADER, Agenzia delle Entrate – Riscossione.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 27 novembre 2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
La ricorrente impugna la sentenza della Corte d’appello di Roma sulla base di tre motivi.
I)Violazione e falsa applicazione, ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., dell’art. 617 cod. proc. civ. relativamente alla denuncia di vizi formali spiegata dall’appellante in relazione ad una cartella e omessa pronuncia in merito; violazione e falsa applicazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost., carenza del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del convincimento rispetto alle doglianze relative alla cartella n. 403000 dichiarata dalla Corte non notificata. Illogicità e contraddittorietà della motivazione.
II)Violazione e falsa applicazione, ex art. 360 n. cod. proc. civ., in relazione alla violazione dell’art. 28 legge n. 689/1981, in merito alla sanzione di cui all’art. 17 della legge n. 576/1980, modificato dall’art. 9 della legge n. 141/1992, relativamen te alle somme richieste per omesso invio del Mod 5 per tre cartelle (n. 4312000, n. 9522000, n. 403000) e violazione dell’art. 2948 cod. civ. relativamente agli interessi richiesti nella cartella non notificata (n. 403000).
III)Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 235 e 236, della legge n. 197/2022 in relazione alla mancata sospensione del giudizio, relativamente alle cartelle n. 3518 e n. 5909, per le quali era stata depositata in data 5 maggio 2023 la ricevuta di richiesta di adesione alla definizione agevolata con rinuncia al giudizio per tutti i carichi di cui alle cartelle, mancata sospensione da cui è conseguito il rigetto integrale dell’appello con conseguente ingiusta condanna alle spese dell’appellante anche relativamente alle cartelle di cui alla definizione agevolata.
Emerge dalla sentenza che: la ricorrente aveva adito il Tribunale di Roma ex artt. 615 e 617 cod. proc. civ. proponendo ricorso avverso una intimazione di pagamento concernente cinque cartelle portanti crediti della Cassa Forense -n. NUMERO_CARTA (di seguito n. 4312), n. NUMERO_CARTA (di seguito n. 9522), n. NUMERO_CARTA (di seguito n. 3518), n. NUMERO_CARTA (di seguito n. 5909), n. NUMERO_CARTA (di seguito n.3403) -lamentando: 1) la nullità dell’intimazione per dife tto di motivazione perché conteneva solo il richiamo alle cartelle, non allegate; 2) che le cartelle non erano mai state notificate o regolarmente notificate, con conseguente invalidità degli atti successivi; 3) che la pretesa creditoria era prescritta per il decorso del termine quinquennale.
Il Tribunale aveva rigettato l’opposizione argomentando che, in base alla documentazione, le cartelle risultavano regolarmente notificate e che per nessuna era decorso il termine prescrizionale (quinquennale o decennale che fosse).
La Corte d’appello ha ritenuto non fondato il motivo di gravame con cui era contestata la sentenza per aver omesso l’esame dei vizi denunciabili ex art. 617 cod. proc. civ. relativi alla invalidità della notifica delle cartelle di pagamento sottese all’int imazione, in particolare per mancato invio della raccomandata informativa, ritenendo che il Tribunale avesse, invece, esaminato il profilo; ha giudicato regolare la notifica di tutte le cartelle notificate tramite servizio postale mentre ha valutato come non regolarmente notificata la cartella (n. 3403) notificata (il 20 maggio 2014) tramite messo notificatore, con consegna al portiere, mancando la raccomandata informativa; ha respinto
il motivo relativo al difetto di motivazione delle cartelle ed ha confermato la prescrizione decennale, ritenendola non decorsa anche per la cartella non notificata.
Nel controricorso ADER eccepisce l’inammissibilità del ricorso perché avente ad oggetto sentenza passata in giudicato a causa della tardiva proposizione del rimedio impugnatorio per essa previsto: avendo il Giudice di prime cure qualificato il giudizio in parte come opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cod. proc. civ. (laddove era contestata la notificazione delle cartelle sottese alla intimazione) ed in parte come opposizione all’esecuzione (laddove si afferma l’inesigibilità dei crediti contributivi per prescrizione verificatasi successivamente alla notificazione delle cartelle), lo strumento di gravame da esperirsi avverso la decisione qualificata come opposizione agli atti esecutivi sarebbe stato il ricorso immediato in cassazione, ma tale ricorso non è stato esperito, avendo la parte adito la Corte d’appello. Pertanto, l’appello avverso la decisione qualificabile come opposizione agli atti esecutivi è inammissibile (e ciò è rilevabile d’ufficio anche in questa sede): ne conseguirebbe l’infondatezz a delle altre censure, stante la definitività della sentenza di primo grado in punto correttezza della notificazione di tutte le cartelle.
L’eccezione di RAGIONE_SOCIALE è fondata, con riferimento al primo motivo di ricorso.
Si legge ex multis in Cass. n. 25773/2023 che, laddove il Giudice di prime cure qualifichi l’azione come opposizione agli atti esecutivi, «al cospetto d’una tale qualificazione espressa, il ricorrente avrebbe dovuto dolersi della decisione del giudice di primo grado con il ricorso per cassazione e non con l’appello».
Sul punto, da ultimo, Cass. n. 3793/2024 richiama i precedenti di questa Corte ribadendo il seguente principio di diritto: «qualora una opposizione in materia esecutiva possa scindersi in un duplice contenuto, in parte riferibile ad una opposizione agli atti esecutivi e in parte riferibile ad una opposizione all’esecuzione, l’impugnazione dell a conseguente sentenza deve seguire il diverso regime previsto per i distinti tipi di opposizione (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 18312 del 27/08/2014, Rv. 632102 -01; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 19267 del 29/09/2015, Rv. 636948 -01; Sez. 3, Sentenza n. 14661 del 18/07/2016, Rv. 640586 -01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3166 del 11/02/2020, Rv. 656752 -01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3722 del 14/02/2020, Rv. 657020 -01; Sez. 3, Ordinanza n. 31549 del 13/11/2023, Rv. 669336 – 01). In base al suddetto principio di diritto, il regime dell’impugnazione delle decisioni su distinte domande (in particolare, opposizioni esecutive) proposte nel medesimo processo resta quello proprio di ciascuna domanda».
Alla luce di ciò, la statuizione del Tribunale concernente la regolarità della notificazione di tutte le cartelle esattoriali deve ritenersi ormai incontrovertibile, non essendo stata impugnata con il ricorso immediato in cassazione.
Né ADER avrebbe dovuto proporre ricorso incidentale sul punto, essendo risultata vittoriosa in secondo grado: posto che la Corte d’appello ha respinto il gravame del contribuente, l’Agente per la riscossione non avrebbe avuto alcun interesse ad agire in questa sede.
Da ciò discende la inammissibilità del primo motivo di censura, che attinge la decisione assunta dalla Corte d’appello sul punto. Peraltro, da ciò non consegue, a differenza di quanto ritenuto da ADER, l’infondatezza del secondo e del terzo motivo di ricorso in cassazione.
Il secondo motivo concerne quella parte della sentenza che ha deciso in merito all’opposizione all’esecuzione ed è volto a contestare che la prescrizione dei crediti, maturata in epoca successiva alla notifica dei titoli, fosse decennale.
Si legge, infatti, nell’atto introduttivo che parte dei crediti rivendicati con le cartelle concerneva non contributi non versati bensì, per le cartelle n. 4312 e n. 9522, somme a titolo di sanzione ex art. 9 della legge n.141/1992 per omesso invio dei Mod 5 per gli anni 2003, 2004 e 2005 e, per la cartella 4030, somme richieste a titolo di sanzione per omesso invio Mod 5 per l’anno 2006 e somme chieste per penalità iscrizione d’ufficio, interessi e mora, per le quali la prescrizione è quinquennale.
Il motivo, per come prospettato, è inammissibile.
Dal ricorso non emerge che il fatto che le cartelle di cui sopra contenessero (anche) crediti diversi dalla contribuzione omessa (e dalle relative sanzioni) sia stato allegato nel primo grado di giudizio.
Nella parte espositiva dei fatti di causa e dello svolgimento del giudizio di merito, il ricorrente scrive che con l’originario ricorso ex art. 414 cod. proc. civ. aveva fatto opposizione ad intimazione di pagamento nella parte relativa a cinque cartelle d i competenza dell’Ente previdenziale ‘per asseriti crediti previdenziali’, chiedendo la declaratoria di invalidità/nullità e/o annullabilità, inefficacia dell’avviso tra le altre cose eccependo la ‘prescrizione quinquennale della pretesa creditoria della C assa’.
Sempre nell’atto introduttivo del presente giudizio si legge che solo nel corso del giudizio di secondo grado, prima con note di trattazione depositate in data 8 dicembre 2022, poi a verbale di udienza dell’11 maggio 2023 ed infine nelle note autorizzate
concesse in replica all’appello incidentale della Cassa depositate il 28 giugno 2023, il ricorrente ha evidenziato che le cartelle avevano ad oggetto sanzioni per mancato invio MOd 5 e somme a titolo di penalità per iscrizione d’ufficio, interessi ed inter essi di mora.
Trattandosi, quindi, di questione che non risulta essere stata sollevata sin dal giudizio di primo grado ma che nello stesso ricorso si deduce essere stata prospettata per la prima volta dinanzi alla corte territoriale neppure come motivo di gravame ma con scritti difensivi successivi, deve ritenersi che correttamente la Corte d’appello non abbia esaminato detto profilo.
La censura in questa sede è, perciò, inammissibile.
Con il terzo motivo ci si duole che la Corte territoriale non abbia sospeso il processo con riferimento alle cartelle n. 3518 e 5909, per le quali il ricorrente aveva aderito alla definizione agevolata con rinuncia al giudizio, ed abbia ciò nonostante deciso, condannando alle spese e al raddoppio del contributo unificato. Il motivo è fondato.
Il ricorrente ha aderito alla definizione agevolata prevista dall’art. 1, commi 235/236, della legge n. 197/2022, con dichiarazione del 5 maggio 2023 che è stata depositata in pari data nel fascicolo telematico, con ricevuta di presa in carico da parte del l’Agente della riscossione, e della quale allega aver dato atto a verbale dell’11 maggio 2023 e nelle note autorizzate del 28 giugno 2023.
L’art. 1 della legge n. 297/2002 stabilisce, al comma 235, che ‘il debitore manifesta all’agente della riscossione la sua volontà di procedere alla definizione di cui al comma 231 rendendo, entro il 30 giugno 2023, apposita dichiarazione, con le modalità,
esclusivamente telematiche, che lo stesso agente pubblica nel proprio sito internet entro venti giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge; in tale dichiarazione il debitore sceglie altresì il numero di rate nel quale intende effettuare il pagamento, entro il limite massimo previsto dal comma 232′ ed al successivo comma 236 prevede che ‘nella dichiarazione di cui al comma 235 il debitore indica l’eventuale pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi in essa ricompresi e assume l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi, che, dietro presentazione di copia della dichiarazione e nelle more del pagamento delle somme dovute, sono sospesi dal giudice. L’estinzione del giudizio è subordinata all’effettivo perfezionamento della definizione e alla produzione, nello stesso giudizio, della documentazione attestante i pagamenti effettuati; in caso contrario, il giudice revoca la sospensione su istanza di una delle parti’.
Il tenore letterale della norma non lascia spazio a valutazioni, perchè la sospensione del giudizio appare un effetto automatico conseguente ex lege alla presentazione di copia della dichiarazione de qua , senza che vengano richieste condizioni ulteriori o che vengano consentite al Giudice procedente valutazioni di sorta sulla opportunità, legittimità etc. della sospensione.
La Corte territoriale, decidendo l’intero giudizio, anche nella parte relativa alle cartelle rispetto alle quali era stata depositata la dichiarazione di adesione alla definizione agevolata, ha violato il dictum della norma invocata nel terzo motivo, che deve, pertanto, essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 27 novembre