Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23600 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23600 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 19792-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 2477/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 25/11/2019 R.G.N. 1779/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
27/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 19792/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 27/05/2025
CC
R.G. 19792/20
Rilevato che:
Con sentenza del giorno 25.11.2019 n. 2477, la Corte d’appello di Bari accoglieva l’appello principale proposto dall’Inps, avverso la sentenza del Tribunale di Foggia che aveva accolto in parte l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE avverso il verbale d i accertamento Inps del 31.3.15, che disconosceva l’effettività dei rapporti di lavoro agricolo a tempo determinato relativamente a quattro dipendenti dell’azienda agricola, con perdita di tutte le agevolazioni contributive di legge, ai sensi dell’art. 20 comma 1 del d.lgs. n. 375/93 e conseguente richiesta di pagamento dei contributi dovuti per differenza, da parte dell’Istituto previdenziale.
Il tribunale aveva accolto l’opposizione in merito a due posizioni, perché i testi escussi avevano confermato lo svolgimento dell’attività lavorativa, mentre aveva rigettato l’opposizione rispetto ai soci NOME e NOME COGNOME perché in sede ispettiva era emerso che impartivano le direttive agli altri lavoratori e non era ragionevolmente ipotizzabile la loro soggezione al potere direttivo rispetto a all’amministratore unico che non aveva neppure la titolarità di quote del capitale sociale.
La Corte d’appello ha accolto l’appello principale dell’Inps e rigettato l’appello incidentale della società agricola, in quanto dalle dichiarazioni acquisite in sede ispettiva dai lavoratori emergeva che gli stessi non avevano espletato alcuna attività lavorativa nei periodi indicati ed oggetto di disconoscimento.
Avverso tale sentenza, RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione, sulla base di due motivi, mentre l’Inps non ha sieigato difese scritte.
Il Collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, la parte ricorrente deduce il vizio di nullità della sentenza, per violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e dei limiti oggettivi nell ‘effetto devolutivo in appello, perché la Corte d’appello aveva ritenuto insussistenti rapporti lavorativi relativamente alle giornate disconosciute, mentre l’Inps aveva proposto l’appello incentrandolo sul diverso profilo della carenza del vincolo di subordinazione.
Con il secondo motivo di ricorso, la parte ricorrente deduce il vizio di nullità della sentenza, per violazione degli artt. 345 e 346437 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., perché la Corte d’appello aveva decis o nel merito una questione preliminarmente dichiarata inammissibile, perché proposta per la prima volta in appello (relativa alla circostanza che gli sgravi contributivi erano erroneamente stati revocati per tutti i lavoratori dipendenti della società ricorrente e non solo per i rapporti di lavoro presuntivamente irregolari) e così facendo ne aveva determinato il passaggio in giudicato, mentre se si fosse fermata alla declaratoria d’inammissibilità, sarebbe rimasta impregiudicata la possibilità per la società ricorrente di proporre la medesima questione in un successivo giudizio.
In via preliminare e dirimente, va rilevato che nelle more del presente giudizio, la ricorrente ha aderito con riferimento all’intimazione di pagamento di cui all’avviso di addebito per cui è causa, alla definizione agevolata dei crediti di cui all’art. 1, commi da 231 a 252 della legge n. 197/2002 (cd. rottamazione
quater), come da documentazione allegata al fascicolo telematico (cfr. doc. 2).
In presenza della dichiarazione del debitore di avvalersi della definizione agevolata, implicante impegno a rinunciare al giudizio, questa Corte ha chiarito che il giudizio di cassazione deve essere dichiarato estinto, ex art. 391 c.p.c., rispettivamente per rinuncia del debitore, qualora egli sia ricorrente, ovvero perchè ricorre un caso di estinzione ex lege, qualora sia resistente o intimato, ferma in entrambi i casi la dichiarazione di cessazione della materia del contendere qualora risulti, al momento della decisione, che il debitore abbia anche provveduto al pagamento integrale del debito rateizzato (così Cass. n. 24083 del 2018).
Che a tale soluzione non reputa il Collegio che si possa pervenire anche nel caso di specie, atteso che, pur prevedendo il comma 236 dell’art. 1 della legge n. 197 cit. l’impegno a rinunciare ai giudizi pendenti aventi oggetto i carichi per i quali è intervenuta richiesta di definizione agevolata, il successivo periodo stabilisce che “l’estinzione del giudizio è subordinata all’effettivo perfezionamento della definizione e alla produzione, nello stesso giudizio, della documentazione attestante i pagamenti effettuati”, ciò che nel caso di specie non risulta (cfr. fascicolo telematico) né risulta l’accettazione dell’Inps (cfr. sempre, fascicolo telematico).
Poiché non risulta compatibile con il giudizio di cassazione la previsione di cui al medesimo comma 236 cit., secondo il quale “nelle more del pagamento delle somme dovute (i processi) sono sospesi dal giudice”, deve piuttosto rilevarsi che l’avvenuta adesione alla definizione agevolata con l’impegno a rinunciare (anche) al presente giudizio determina sicuramente la sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione, ciò che
comporta l’inammissibilità del ricorso per cassazione (così, in un caso analogo, Cass. S.U. n. 28182 del 2020).
La mancata costituzione da parte dell’Inps, esonera inoltre, il Collegio dal provvedere sulle spese.
Sulla base della disposizione di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, finalizzata ad evitare impugnazioni pretestuose o dilatorie, deve escludersi che il meccanismo sanzionatorio ivi previsto sia applicabile alle ipotesi di inammissibilità sopravvenuta del gravame (cfr. fra le tante Cass. nn. 19464 del 2014, 13636 del 2015, 3542 del 2017 e, da ult., Cass. S.U. 28182 del 2020, cit.), onde non si ravvisano i presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27.5.25