Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 34254 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 34254 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 22874/2023 proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall ‘avv. NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrente –
-contro-
AGENZIA DEL RAGIONE_SOCIALE– DIREZIONE GENERALE FRIULI VENEZIAGIULIA- in persona del legale rappres. p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato ;
REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA-GIULIA, in persona del legale rappres. p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-controricorrenti-
avverso la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Trieste, n. 361/2023, depositata il 12.07.2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
21/11/2024 dal Cons. rel., dott. COGNOME.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE citava innanzi al Tribunale di Trieste l’Agenzia del Demanio e la Regione Friuli Venezia-Giulia, chiedendo: di beneficiare della procedura di definizione agevolata sull’importo dovuto a titolo di canone della concessione di un’area del demanio marittimo in Lignano Sabbiadoro; che le somme versate per il rifacimento del pontile sul mare fossero detratte dal canone; di accertare le somme dovute, applicando la procedura di definizione agevolata con la riduzione del 70% del dovuto per i canoni dal 2008 al 2019, somma dalla quale andavano poi sottratte le somme versate.
Si costituiva la Regione convenuta eccependo che tale procedura agevolata prevedeva che le somme già versate fossero da detrarre prima, e sull’importo così calcolato s’applicava la riduzione del 70%.
Con ordinanza del 17.3.2022, il Tribunale di Trieste, nel respingere un’istanza di conversione del rito ordinario nel rito sommario di cognizione, osservava che per la rideterminazione dei canoni di concessione dei beni demaniali, l ‘art. 100, c.7, d.l. n. 104/202 0, era da interpretare, secondo il criterio letterale e teleologico, nel senso: di determinare la somma dovuta per canoni alla data dell’entrata in vigore del decreto che ha previsto l’agevolazione transattiva; ridurre le predette somme del 70%; successivamente, sottrarre al risultato dell’operazione suddetta le somme già pagate a titolo di canone .
Con la stessa ordinanza, posticipando la concessione dei termini di cui all’art. 183, c.6, c.p.c., il Tribunale rinviava la causa per verificare un eventuale accordo stragiudiziale tra le parti.
Con sentenza del 12.7.20 23, la Corte d’appello accoglieva l’impugnazione della Regione Autonoma Friuli Venezia -Giulia proposta contro la predetta ordinanza, che riteneva preliminarmente di carattere decisorio in ordine a questione preliminare di merito, ex art. 279, c.4, c.p.c., non venendo in rilievo l’art. 185 bis, c.p.c.
La Corte ha affermato che l’interpretazione resa dal Tribunale non era conforme all’art. 100, c .7, l. n. 104/20, in quanto la procedura ex art. 100, l.n. 104/20, c.7, era da interpretare- secondo la ratio del condono in questione- nel senso che le somme dovute per la definizione agevolata erano da calcolare quantificando le somme non pagate, detraendo quanto già pagato, ed applicando sull’ importo così ricavato la riduzione del 70%; altrimenti una diversa interpretazione, come sostenuto dalla società appellata, potrebbe pervenire all’abnorme conclusione di far emergere un credito della società debitrice.
RAGIONE_SOCIALE ricorre in cassazione con due motivi, illustrati da memoria. L’Agenzia del Demanio del Friuli Venezia -Giulia e la stessa Regione resistono con controricorso.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia v iolazione e/o falsa applicazione dell’art. 185 bis c.p.c. e dell’art. 279, comma 2, n. 4 , c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c., nella parte in cui la Corte di Appello di Trieste non ha riconosciuto nell’ordinanza del Tribunale un provvedimento applicativo del suddetto art. 185 bis , c.p.c., statuendo nel senso della natura decisoria della stessa ex art. 279, comma 2, n.4 c.p.c., e pertanto ritenendola soggetta agli ordinari mezzi di impugnazione.
Al riguardo, la ricorrente assume che: il caso concreto non rientrava nelle fattispecie normative previste d all’art. 279, comma 2, n. 4, c.p.c., ovvero nelle circostanze in cui il giudice « decidendo alcune delle questioni di cui ai numeri 1 , 2 e 3 , non definisce il giudizio e impartisce distinti provvedimenti per l’ulteriore istruzione della causa »; infatti, il Tribunale non aveva adottato nessuna di queste statuizioni, limitandosi alla formulazione di una proposta di conciliazione (avanzando un’interpretazione della fattispecie concreta allo stato degli atti), non impartendo peraltro nessun provvedimento relativo all’istruzione della causa, non essendo ancora stati concessi i termini ex art. 183 c.p.c..
Pertanto, la ricorrente lamenta che l’ordinanza in questione non aveva contenuto decisorio e, pertanto, non poteva essere impugnata con l ‘appello, anche perché difettava l’interesse ad impugnare, mancando una soccombenza sostanziale.
Il secondo motivo denunzia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 100, comma 7, del d.l. n. 104/2020 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c., nella parte in cui la Corte di Appello di Trieste ha ritenuto corretta l’interpretazione della norma ‘ per cui l’importo dovuto per la definizione agevolata sia da calcolare quantificando le somme non pagate, detraendo quanto già pagato e sull’importo così ricavato applicare la riduzione del 70%’.
Al riguardo, la ricorrente deduce che: il legislatore, con il d.l.104/20 aveva abolito i canoni OMI a partire dal 1°gennaio 2021, prevedendo una soluzione riparatoria per il pregresso e disponendo quindi, per le strutture dedicate alla nautica da diporto, il ricalcolo dei canoni dal 2007, ancorandoli non più ai valori OMI ma alla vo ce ‘opere di difficile rimozione’ e, per le strutture turistico ricreative, la definizione
agevolata dei contenziosi; stante la funzione ‘riparatoria’ del lo strumento, con la necessità di applicare criteri di parità di trattamento fra tutti i concessionari, la norma in questione era da interpretare nel senso che il 30% s’applicava doverosamente sull’intera somma a ciascun concessionario richiesta, e solo successivamente dal risultato così ottenuto andava detratto quanto nel frattempo era stato versato da ciascun concessionario; s olo un’interpretaz ione di siffatto genere consentiva a tutti i concessionari di ottenere una uguale riduzione percentuale e non già una diversa per ciascuno.
Il primo motivo è fondato.
Il ricorrente contesta a ragione che l’ordinanza impugnata avesse carattere decisorio, in quanto la stessa è priva degli elementi formali e sostanziali di tale carattere e manca della stessa intenzione di decidere. Invero, il Tribunale, chiamato a pronunciarsi sulla concessione dei termini ex art. 183, c.6, c.p.c., nel posticipare tale concessione, invitava le parti a transigere formulando una proposta di conciliazione e rinviando la causa per verificare l’eventuale accordo transattivo.
Il Tribunale ha così impartito un provvedimento meramente ordinatorio per la prosecuzione del processo, da cui non ha inteso spogliarsi, e ha formulato delle osservazioni in termini generali e astratti al fine di orientare le parti alla conciliazione della lite.
Pertanto il provvedimento non era appellabile.
Il secondo motivo è parimenti fondato.
Dispone l’art. 100, c. 7 , del d.l. 104/2020: ‘7. Al fine di ridurre il contenzioso relativo alle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative e per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, derivante dall’applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni ai sensi dell’articolo 03, comma 1, lettera b),
numero 2.1), del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, nel testo vigente fino alla data di entrata in vigore del presente decreto, i procedimenti giudiziari o amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, concernenti il pagamento dei relativi canoni, possono essere definiti, previa domanda all’ente gestore e all’Agenzia del demanio da parte del concessionario, mediante versamento:
in un’unica soluzione, di un importo, pari al 30 per cento delle somme richieste dedotte le somme eventualmente già versate a tale titolo;
rateizzato fino a un massimo di sei annualità, di un importo pari al 60 per cento delle somme richieste dedotte le somme eventualmente già versate a tale titolo.
La questione oggetto di causa si incentra dunque sull’interpretazione della lettera a) del richiamato comma 7, che consente di chiudere i contenziosi pendenti mediante pagamento in un’unica soluzione, di un importo, pari al 30 per cento delle somme richieste dedotte le somme eventualmente già versate a tale titolo.
Il collegio ritiene di aderire all’orientamento prevalente di questa Corte (dal quale non sussiste ragione per discostarsi) formatosi con riferimento al precedente condono previsto dall’art. 1, comma 732, della l. n. 147 del 2013, ai fini della determinazione della percentuale del 30% prevista dalla citata norma per accedere alla definizione agevolata del contenzioso.
Secondo questo orientamento deve tenersi conto delle somme già versate dal contribuente all’Amministrazione, anche se il pagamento è avvenuto in epoca precedente all’emanazione della disciplina condonistica, in quanto è evidente che le somme già versate dalla società non possono non essere valutate ai fini del condono, atteso che
la somma da pagare va determinata nel 30 % delle somme «dovute», ossia di quelle richieste dall’Amministrazione (in tal senso sia pure con una pronuncia di inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia del demanio per so pravvenuta carenza di interesse, cfr. Cass., n. 30235 del 2023). E ciò a prescindere dal fatto che il pagamento sia avvenuto prima della domanda di condono. Il dato letterale, infatti, appare insuperabile, come pure la ragionevolezza della disposizione perché, secondo la diversa interpretazione proposta dalla Amministrazione, la società dovrebbe pagare anche «il 30 % della somma ancora dovuta e in contestazione, oltre a quanto già versato. Ma è di tutta evidenza che, in tal modo opinandosi, verrebbero ad essere favoriti coloro che non avevano versato alcunché, o solo la minima parte di quanto dovuto, rispetto a coloro che avevano versato somme maggiori (Cass., n.22206/2024; 21992/2024, n. 117/2022). Quanto affermato trova esatta corrispondenza anche nella giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sez. VI, 13 dicembre 2016, n. 5244) che si è occupata dell’argomento, affermando che «non pare inutile specificare che il 30 % dell’importo dovuto va commisurato all’ammontare della somma complessivamente richiesta in origine dal Comune », e precisando che la tesi per cui « le somme dovute di cui al comma 732 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, sono le somme ulteriori rispetto a quelle già versate dalla società, pari alla differenza tra il preteso e il versato, non ha alcun fondamento normativo e va disattesa ». Pertanto -prosegue il giudice amministrativo -« l’accoglimento della tesi della parte pubblica comporterebbe l’indebita locupletazione, da parte di questa, del 30 % della differenza tra il preteso e il versato, oltre al 30 % del preteso, con la conseguenza che per ottenere l’estinzione dei procedime nti in corso gli interessati dovrebbero versare un importo pari alla somma del 30 % del preteso
e del 30 % della differenza fra preteso e versato, il che appare all’evidenza contrario al dettato normativo ‘.
Tali osservazioni valgono a maggior ragione per la nuova misura di condono prevista dall’art.100, comma 7 , del d.l. n.104 del 14.8.2020 convertito in legge n.126 del 13.10.2020, ove si è avuto cura di introdurre la precisazione « dedotte le somme eventualmente già versate a tale titolo ».
Per quanto esposto, in accoglimento dei motivi di ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, e rinvia la causa alla Corte d’appello di Trieste , in diversa composizione, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio della prima sezione civile del 21