Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3905 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3905 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 28057 del ruolo generale dell’anno 2021 , proposto da
RAGIONE_SOCIALE (P.I.: P_IVA), sedente in Avezzano (AQ), alla INDIRIZZO, in persona dell’Amministratore Unico e legale rappresentante pro-tempore , Dott.ssa NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE), i quali dichiarano di voler ricevere le comunicazioni e notificazioni degli atti processuali ai numeri di telefax NUMERO_TELEFONO e NUMERO_TELEFONO e/o agli indirizzi di posta certificata EMAIL e avvEMAIL in virtù di procura unita al ricorso.
Ricorrente
contro
Azienda sanitaria locale n. 1 Avezzano -Sulmona -L’Aquila (P.l. E COD. FISC. P_IVA ), già Azienda unità sanitaria locale n. 4 di L’Aquila, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, Direttore Generale Prof. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME (C.F.: RNC
CODICE_FISCALE– PEC: EMAIL), ed elettivamente domiciliato presso lo Studio dell’Avv. NOME COGNOME sito in Roma, INDIRIZZO (Fax: NUMERO_TELEFONO, giusta procura stesa in calce al controricorso rilasciata in forza della Deliberazione del medesimo Direttore Generale n. 1928 del 24 novembre 2021.
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello dell’Aquila n° 1155 depositata il 21 luglio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 febbraio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .- Ingiunta di pagare alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. euro 74.374,53 per prestazioni eseguite negli anni 2006 e 2007 in favore di pazienti appartenenti alla allora (prima dell’avvenuta unificazione) Asl n° 4 dell’Aquila in forza di un contratto sottoscritto il 14 marzo 2005, l’Asl n° 1 proponeva opposizione, facendo osservare per quello che qui ancora rileva -che la Commissione ispettiva con note del 30 ottobre 2009 e del 5 febbraio 2010 aveva provveduto alla decurtazione del credito vantato dalla Casa di cura.
Il tribunale revocava il monitum e condannava l’Asl n° 1 a pagare la minor somma di euro 8.749,72.
2 .-La Corte d’appello, adita dalla casa di cura, confermava la decisione e -sempre per quello che qui ancora interessa -osservava che le condizioni contrattuali prevedevano il pagamento dell’85% a sessanta giorni dalla data di emissione della fattura, mentre per il restante 15% a saldo era indicato il termine del 30 aprile dell’anno successivo a quello indicato nelle fatture.
Tale modalità di pagamento non precludeva, tuttavia, il diritto della Regione di effettuare in qualsiasi momento controlli e verifiche circa l’appropriatezza e la regolarità delle prestazioni sanitarie eroga-
te, avvalendosi a tale fine della Commissione Ispettiva Permanente (CIP), così come espressamente previsto dall’art. 6 del contratto. Pur non essendo presenti in atti i verbali della CIP, la Asl aveva prodotto due note con cui FIRA -Finanziaria regionale abruzzese -delegata al pagamento, aveva inviato alla Casa di Cura i prospetti riepilogativi delle decurtazioni applicate per gli anni 2006 e 2007 e, a fronte di una siffatta produzione documentale, cui erano allegati i conteggi relativi alle decurtazioni, la Asl aveva ampiamente assolto alla prova del fatto estintivo, in quanto la Casa di cura aveva avuto contezza dei rilievi ed era stata in grado di controdedurre.
Per contro, nessun rilievo avevano i tre verbali della CIP del 15 luglio 2007, del 13 marzo 2008 e del 23 maggio 2008), prodotti dalla Casa di cura, in quanto riferibili a prestazioni diverse da quelle oggetto di causa (riguardanti solo pazienti dell’Asl dell’Aquila).
3 .-Ricorre per cassazione la struttura privata, affidando l’impugnazione a due mezzi.
Resiste l’Asl che conclude per la reiezione del ricorso.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.
Entrambi i litiganti hanno depositato una memoria ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo motivo -intitolato ‘ Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, c.p.c.; nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360, n. 4, c.p.c., in relazione agli artt. 2967 c.c. e 115 c.p.c. con riferimento alla ritenuta rilevanza probatoria delle note della Fira del 30 ottobre 2009 e 05 febbraio 2010 depositate dalla resistente Asl, nonché l’irrilevanza probatoria dei verbali della CIP del 15 luglio 2007, del 13 marzo 2008 e del 23 maggio 2008 depositati dalla ricorrente ‘ -l’Asl lamenta che la Corte abbia ritenuto sufficienti alla dimostrazione delle decurtazioni le note della Finanziaria, così violando l’art. 2697 cod. civ.
Con un secondo profilo la ricorrente assume, inoltre, di aver dedotto sin dal primo grado che le verifiche ispettive erano state riassunte nel verbale del 15 luglio 2007, quanto alle prestazioni del 2006, e nei verbali del 13 marzo e 23 maggio 2008, quanto a quelle del 2007.
Questi verbali conterrebbero gli unici controlli eseguiti e tale circostanza sarebbe stata incontestata dall’Asl, con la conseguenza che la Corte avrebbe erroneamente escluso rilievo probatorio a tali documenti.
5 .- Il mezzo è inammissibile.
È fin troppo noto che la violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ. si configura solo nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’ onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni, ma non anche laddove si contesti il concreto apprezzamento delle risultanze istruttorie, assumendosi che le stesse non avrebbero dovuto portare al convincimento raggiunto dal giudice di merito ( ex multis : Cass. sez. un. 6 aprile 2023, n° 9507, con menzione di altri precedenti).
Ora, la Corte territoriale è giunta alla conclusione che l’Asl avesse dimostrato il diritto di procedere alle decurtazioni, osservando che, pur in mancanza dei verbali della CIP, le note della Fi.R.A. erano comunque sufficienti a comprovare le ragioni delle deduzioni, essendo allegati alle note predette i conteggi relativi alle detrazioni pretese dall’Asl, alle quali la Casa di cura avrebbe potuto replicare nel merito.
Tale conclusione è il frutto della valutazione della prova e del prudente apprezzamento del giudice, condotto ai sensi dell’art. 116, primo comma, cod. proc. civ., e non è, pertanto, sindacabile nella presente sede, a meno che non si deduca la mancanza di motiva-
zione, la sua contraddittorietà o la sua apparenza (ipotesi che qui non ricorre, perché la Casa di cura non si lamenta di ciò).
Quanto al secondo profilo, esso appare inammissibile per più ragioni.
Anzitutto, ove con il ricorso per cassazione si ascriva al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto che si assume essere stata pacifica tra le parti, il principio di autosufficienza del ricorso impone al ricorrente di indicare in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o ritenuta pacifica (Cass., sez. VI-3, 4 aprile 2022 n° 10761): onere che non è stato minimamente assolto dalla ricorrente, dato che in nessun punto del motivo è spiegato dove e quando nei precedenti gradi di giudizio si sarebbe verificata la dedotta ‘ non contestazione ‘ dei verbali.
In ogni modo, il motivo non aggredisce la ratio decidendi del giudice d’appello, il quale ha ritenuto irrilevanti i tre verbali prodotti dalla RAGIONE_SOCIALE sul rilievo che essi riguardassero prestazioni diverse da quelle oggetto di causa.
È vero che nella memoria illustrativa ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. la ricorrente riconduce tale asserzione della Corte territoriale ad un errore di percezione del significato probatorio di tali documenti; ma è anche noto che tale vizio doveva essere fatto valere mediante la revocazione della sentenza ai sensi dell’art. 395 n° 4 cod. proc. civ. e non col ricorso per cassazione ex art. 360 n° 3 e/o n° 4 del predetto codice (per tutte, da ultimo: Cass. sez. un., 5 marzo 2024, n° 5792).
Da ultimo, giova anche osservare che il mezzo non spiega che rilievo abbiano in causa i verbali in parola sulle riduzioni pretese dall’Asl, posto che dei predetti documenti non è dato conoscere nemmeno il contenuto.
6 .- Col secondo mezzo -rubricato ‘ Violazione e falsa applicazione, ex art. 360, n. 3, c.p.c., dell’art. 1355 c.c., in relazione agli
artt. 6, comma 3, e 10, commi 5 e 6, del contratto stipulato il 14 marzo 2005 tra la RAGIONE_SOCIALE e la Regione Abruzzo – Ufficio Unico degli Acquisti, con riferimento al termine ultimo entro il quale devono intervenire le contestazioni della Commissione Ispettiva Permanente al fine di rendere esigibile con certezza la prestazione effettuata dalla RAGIONE_SOCIALE ‘ -la ricorrente lamenta che la Corte abbia erroneamente interpretato il contratto, predicando la possibilità per l’Asl di procedere a verifiche ispettive anche dopo la scadenza del termine pattiziamente previsto: conclusione, peraltro, contraria al precedente di questa Corte n° 11933/2018, reso tra le medesime odierne parti in causa.
7 .- Il motivo è infondato.
Com’è noto, l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata, traducendosi nella ricerca della comune intenzione dei contraenti, costituisce un’indagine riservata al giudice di merito, il cui risultato è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizio di motivazione, configurabile quando la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione.
Ai fini della censura di violazione di legge, non è peraltro sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria, in ossequio al principio di specificità del ricorso, l’indicazione dei canoni rimasti in concreto inosservati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice di merito se ne è discostato.
La denuncia del vizio di motivazione richiede invece la precisa indicazione delle lacune argomentative del ragionamento seguito dal giudice di merito, ovvero delle incongruenze dello stesso, consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, o ancora dei punti inficiati da mancanza di coerenza, cioè connotati da un’assoluta incompatibilità razionale
degli argomenti, sempre che questi vizi emergano appunto dalla sentenza.
In ogni caso, le predette censure devono essere accompagnate dalla trascrizione del testo integrale della regolamentazione pattizia del rapporto o della parte in contestazione, in modo da consentire a questa Corte di verificare la pertinenza delle critiche sollevate e d’individuare la diversa portata che il ricorrente pretende di attribuire alla clausola in questione, ancor prima di valutare la sussistenza dei vizi lamentati (per tutte: Cass., sez. I, 12 ottobre 2018, n° 25554).
Ora, la ricorrente, lungi dallo spiegare le ragioni della violazione dei singoli canoni ermeneutici, assume che l’interpretazione data dalla Corte territoriale finirebbe per attribuire alle clausole contrattuali il valore di una condizione meramente potestativa: questione non solo mai posta in precedenza, ma del tutto infondata, dacché le valutazioni assunte dalla PA hanno lo stesso valore di quelle della controparte contrattuale (trattandosi di un rapporto paritetico) e sono sindacabili in sede giudiziale.
Questa Corte, infatti, con precedenti resi in fattispecie del tutto analoga alla presente, ha chiarito che, quando la struttura sanitaria chiede il pagamento o resiste alla pretesa di pagamento di somme da parte dell’amministrazione sanitaria nella fase esecutiva del rapporto, la giurisdizione ordinaria in tema di « indennità, canoni ed altri corrispettivi » (art. 133, primo comma, lettere b] e c] del d.lgs. n° 104/2010) si estende alle questioni inerenti all’adempimento ed all’inadempimento della concessione di beni pubblici e pubblici servizi, nonché alle conseguenze indennitarie, vertendosi nell’ambito di un rapporto paritetico tra le parti, ferma restando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nei casi in cui siano impugnati atti di esercizio di poteri autoritativi tipizzati dalla legge, quali sono quelli immediatamente costitutivi, modificativi ed estintivi del rapporto concessorio (Cass., sez. III, 26 gennaio 2024, n° 2577 e
Cass., sez. I, 2 maggio 2024, n° 11719, con menzione di altre pregresse decisioni).
Dunque, secondo i precedenti citati, l’accertamento dell’adempimento o dell’inadempimento delle obbligazioni assunte e, quindi, dell’effettiva debenza dei corrispettivi in favore del concessionario è, per definizione, vicenda estranea al controllo delle modalità di esercizio del potere amministrativo discrezionale, venendo in rilievo il profilo paritario e meramente patrimoniale del rapporto concessorio, nella contrapposizione delle situazioni giuridiche soggettive obbligo/pretesa.
Infine, il precedente di Cass. 11933/18, citato dalla ricorrente, non appare invocabile a favore della Casa di cura, in quanto in quel giudizio la perentorietà (ritenuta dalla Corte d’appello) del termine del 30 aprile, previsto per comunicare l’esito delle verifiche, non ha costituito oggetto di contestazione in cassazione.
L’oggetto del contendere consisteva, invece, nello stabilire se la RAGIONE_SOCIALE, oltre alle prestazioni indicate nei verbali della CIP (contestate, ma riconosciute proprio perché indicate in tali atti), avesse dato prova anche delle prestazioni non indicate nei verbali della Commissione.
A tale quesito questa Corte ha dato risposta positiva, sul rilievo che ‘ anche le prestazioni non certificate dovessero ritenersi probatoriamente non contestate ‘, conformemente al decisum della Corte d’appello.
È, dunque, di tutta evidenza che Cass. 11933/18 non si è affatto pronunciata sulla tassatività del termine del 30 aprile per la comunicazione delle verifiche sull’appropriatezza delle prestazioni e che il precedente non è invocabile.
8 .- Alla reiezione del ricorso segue la condanna della RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio in favore della controparte, per la cui liquidazione -fatta in base al d.m. n°
55 del 2014, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore della lite (euro 74,3 mila) -si rimanda al dispositivo che segue. Va, inoltre, dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte dichiara inammissibile il primo motivo e rigetta il secondo. Condanna la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a rifondere alla Azienda sanitaria locale n. 1 Avezzano -Sulmona -L’Aquila le spese del presente giudizio, che liquida in euro 5.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 6 febbraio 2025, nella camera di consi-