Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9539 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9539 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 11/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2830/2023 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE rappresentata da RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME ,
– controricorrenti – nonché contro
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME
– intimati –
avverso il decreto del Tribunale di Trani n. cron. 5581/2022, depositato il 2.12.2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26.2.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE propose domanda di partecipazione alla liquidazione del patrimonio di NOME COGNOME ex lege n. 3 del 2012, vantando un credito ipotecario sulla base di un decreto ingiuntivo a suo tempo ottenuto da Intesa Sanpaolo S.p.A., che poi le aveva ceduto il diritto.
Il liquidatore predispose il progetto di stato passivo escludendo il credito della ricorrente, siccome non provato, in particolare, ri levando l’in opponibilità del decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo ai sensi de ll’art. 647 c.p.c. , ma solo dopo l’apertura della liquidazione.
A fronte delle osservazioni della ricorrente il giudice delegato confermò l’esclusione del credito nella definitiva formazione dello stato passivo ai sensi dell’art. 1 4 -octies , comma 4, legge n. 3 del 2012.
RAGIONE_SOCIALE propose quindi reclamo (anche contestando l’ammissione al passivo dei crediti vantati da altri soggetti), che venne tuttavia respinta dal Tribunale di Trani in composizione collegiale.
Contro il decreto del Tribunale RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione articolato in sei motivi.
La creditrice concorrente NOME COGNOME si è difesa con controricorso.
Gli altri intimati, tra i quali la debitrice, non hanno svolto difese.
La ricorrente ha depositato memoria nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell ‘ art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE denuncia «Violazione e falsa applicazione al procedimento di liquidazione del patrimonio ex art. 14 -ter legge n. 3 del 2012, in particolare alla domanda di partecipazione alla liquidazione (art. 14 -septies ) ed alla formazione del passivo (art. 14 -opties ), degli artt. 43 e 52 legge f all., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.».
La ricorrente contesta l’applicabilità, nella liquidazione del patrimonio del sovraindebitato, della regola, comunemente applicata in sede fallimentare ( ex multis , Cass. nn. 8260/2024; 5279/2024; 34474/2022), secondo cui il decreto ingiuntivo non è opponibile, ai fini dell’ammissione al passivo del credito, se prima dell’apertura della procedura non è stato emesso anche il decreto di esecutorietà di cui all’art. 647 c.p.c . Secondo quanto sostenuto nel ricorso, tale regola sarebbe un effetto, nella sede concorsuale maggiore, degli artt. 43 e 52 legge fall., che non trovano un corrispondente nella disciplina della legge n. 3 del 2012 e, quindi, nella liquidazione del patrimonio.
1.1. Il motivo è infondato.
Occorre chiarire che ciò che qui viene in gioco è l’utilizzabilità del decreto ingiuntivo come titolo idoneo di per sé a determinare la partecipazione della ricorrente alla procedura di liquidazione del patrimonio.
In questi termini è corretta l’affermazione del Tribunale di Trani secondo cui costituisce un principio generale delle procedure concorsuali nelle quali è prevista la «formazione del passivo» (art. 14 -octies legge n. 3 del 2012) la cristallizzazione
della situazione debitoria al momento dell’apertura della procedura. Ed è questo il principio in forza del quale il decreto di esecutività ai sensi dell’art. 647 c.p.c. che la ricorrente ha ritenuto di richiedere , ma solo dopo l’apertura della liquidazione del patrimonio -non può avere alcuna rilevanza ai fini della decisione sulla formazione del passivo, la quale, a sua volta, è funzionale solo a regolare la ripartizione delle risorse disponibili all’esito della liquidazione.
La circostanza che nella legge n. 3 del 2012 non ci sia una disposizione di contenuto conforme a quella dell’art. 52 , comma 2, legge fall. («Ogni credito … deve essere accertato secondo le norme stabilite dal Capo V, salvo diverse disposizioni della legge») non è decisiva, perché la disciplina di un subprocedimento per la formazione del passivo come quello in esame, unita al canone di cristallizzazione, è sufficiente a individuare il fondamento applicativo della norma; un subprocedimento nel quale i richiedenti l’ammissione possono fare osservazioni -da sottoporre al giudice, se non condivise dal liquidatore -e possono proporre reclamo al collegio contro la decisione del giudice monocratico, nella forma del procedimento in camera di consiglio (art. 739 c.p.c.). Né vi può essere analogia col concordato preventivo, nel quale la fase di formazione dello stato passivo propriamente non ricorre, onde non è possibile ravvisare un argomento contrario nell’art. 176 legge fall.
Non vi sono pertanto ragioni per non applicare anche nella liquidazione del patrimonio di cui alla legge n. 3 del 2012 la medesima rigorosa regola in punto opponibilità alla procedura del decreto ingiuntivo che è stata costantemente affermata dalla giurisprudenza di legittimità con riguardo al l’ammissione al passivo del fallimento.
Con il secondo motivo, la ricorrente censura «Violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.».
La ricorrente afferma che «il Tribunale non ha risposto o ha risposto in modo errato e contraddittorio» alle sue doglianze incentrate sulla circostanza che, prima dell’apertura della liquidazione del patrimonio, era stata pronunciata sentenza di rigetto dell’opposizione proposta dalla debitrice contro l’esecuzione avviata proprio utilizzando quel decreto ingiuntivo. Si ravvisa, inoltre, una contraddizione tra il rigore formale con cui è stata valutata la domanda della ricorrente e il ben diverso atteggiamento tenuto nei confronti della controricorrente NOME COGNOME.
2.1. Il motivo è inammissibile.
È ben noto che -dopo la modifica apportata a ll’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. dall ‘ art. 54 del d.l. n. 83 del 2012 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134/2012) -l’anomalia motivazionale si traduce in un vizio censurabile con il ricorso per cassazione soltanto in caso di violazione del «minimo costituzionale», ovverosia allorché l ‘ anomalia motivazionale si tramuti in una violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all ‘ esistenza della motivazione in sé, per «mancanza assoluta di motivi sotto l ‘ aspetto materiale e grafico», per «motivazione apparente», per «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e per «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. S.u. n. 8053/2014, cui si sono costantemente adeguate le successive decisioni di questa Corte).
Ciò premesso, già il fatto che la ricorrente ipotizzi che il Tribunale abbia «risposto in modo errato e contraddittorio» ad una doglianza svolta nel reclamo sembra prospettare una insufficienza o una inadeguatezza della motivazione piuttosto che una «mancanza assoluta» della stessa.
In ogni caso, non si ravvisa alcuna contraddizione per avere il Tribunale escluso che ci fosse «preclusione alcuna sul piano della prova» del credito vantato dalla ricorrente e, allo stesso tempo, negato rilevanza, sul piano probatorio, alla sentenza di rigetto dell’opposizione all’esecuzione proposta dalla debitrice. Il giudice del merito ha correttamente osservato che quella sentenza non conteneva un accertamento del credito, ma soltanto una statuizione sulla mancanza di opposizione al decreto ingiuntivo, la quale, però, non può surrogare -sul diverso piano della forma e de ll’opponibilità del titolo l’assenza del decreto di esecutorietà ai sensi dell’art. 647 c.p.c. Occorre precisare che il decreto ingiuntivo, in quanto tale, non è e non può essere considerato alla stregua di una prova del credito, essendo invece un provvedimento che può essere opponibile o non opponibile alla procedura concorsuale. Qualora non sia opponibile, la diversa questione della prova del credito rimane impregiudicata e, per risolverla, possono essere ripresentate e valutate anche le medesime prove documentali già utilizzate per ottenere il decreto ingiuntivo.
È infine evidente che non può essere considerato un vizio di motivazione rilevante in questa sede per «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» l’accoglimento della domanda di partecipazione alla liquidazione proposta da NOME COGNOME dal momento che il vizio motivazionale, per essere censurabile in sede di legittimità, deve risultare dal testo della decisione impugnata (Cass. S.u. n. 8053/2014), mentre il
Tribunale di Trani non si è pronunciato sull’ammissione al passivo di NOME COGNOME avendo considerato assorbita, per carenza di interesse, la relativa contestazione della ricorrente.
Il terzo motivo di ricorso censura il provvedimento impugnato per «Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c.».
Secondo RAGIONE_SOCIALE il Tribunale avrebbe violato il principio di non contestazione non considerando che la stessa debitrice , nell’istanza di apertura della liquidazione del patrimonio, aveva riconosciuto l’opponibilità del decreto ingiuntivo e che il liquidatore aveva ammesso al passivo altra creditrice sulla base del medesimo decreto ingiuntivo.
3.1. Il motivo è infondato.
Il principio di non contestazione non può operare in una procedura concorsuale in cui sono coinvolti i diritti e gli interessi di tutti i creditori e non soltanto il singolo rapporto tra il debitore e un creditore. Inoltre, per quanto riguarda il liquidatore, nemmeno sussiste il presupposto oggettivo della non contestazione dal momento che la controversia trae origine proprio dalla predisposizione di un «progetto di stato passivo» (art. 14 -octies , comma 1, legge n. 3 del 2012) in cui il liquidatore aveva proposto l’esclusione del credito di RAGIONE_SOCIALE
Il quarto motivo di ricorso è rubricato «Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 14 -septies e 14 -octies legge n. 3 del 2012 ed artt. 115 e 116 c.p.c. , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.».
La ricorrente prospetta una violazione della norma generale sul prudente apprezzamento delle prove da parte del giudice del merito, anche riproponendo la questione della
rilevanza del decreto ingiuntivo e del principio di non contestazione ai fini del riconoscimento del credito.
4.1. Il motivo è inammissibile, perché -a parte quanto si è già scritto sopra in merito all’inopponibilità del decreto ingiuntivo (che di per sé non è una prova) e al principio di non contestazione -si richiede alla Corte di legittimità un riesame della valutazione delle prove che compete al giudice del merito e non è censurabile con il ricorso per cassazione, salvo il caso di violazione delle norme che pongono limiti legali al principio generale del prudente apprezzamento.
Segue il quinto motivo, secondo cui il decreto impugnato sarebbe viziato da «Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 -ter , comma 3, lett. e , e comma 5, dell’art. 14 -quinquies , e dell’art. 14 -sexies , legge n. 3 del 2012, in riferimento all’art. 360 , comma 1, n. 3, c.p.c.».
La ricorrente si duole che non sia stata accolta -perché ritenuta non pertinente all’oggetto del procedimento la sua richiesta subordinata di dichiarare inammissibile la domanda di apertura della liquidazione giudiziale, per avere la debitrice dichiarato passività insussistenti e, comunque, una situazione patrimoniale inattendibile.
5.1. Il motivo è inammissibile, perché non coglie la ratio decidendi adottata dal Tribunale di Trani che si è limitato a rilevare che oggetto del procedimento instaurato davanti a lui era -e poteva essere solo -la definitiva formazione dello stato passivo, non essendo stato impugnato il decreto di apertura della liquidazione del patrimonio con il reclamo previsto e consentito dall’art. 14 -quinquies , comma 1, ultimo periodo, della legge n. 3 del 2012, che rinvia al precedente art. 10, comma 6.
Non è quindi pertinente il mero richiamo a ll’asserita inesistenza dei presupposti per l’apertura della procedura , privo di censure rispetto alla rilevata improponibilità in quella sede processuale della richiesta di dichiarazione di inammissibilità della liquidazione del patrimonio.
Infine, il sesto motivo denuncia «Violazione e falsa applicazione dell’art. 83 c .p.c. , in riferimento all’art. 360 , comma 1, n. 4, c.p.c.».
Si prospetta un conflitto di interessi in capo all’intimato avv. NOME COGNOME per avere egli assunto la difesa di due creditrici oltre a essere il difensore della debitrice, dal che viene fatta derivare «la nullità della procura ad litem conferita dalle tre parti allo stesso avvocato».
6.1. Il motivo è inammissibile per l’assorbente ragione che non viene specificato in che modo dalla prospettata nullità delle procure alle liti rilas ciate all’avv. COGNOME dovrebbe scaturire un vizio del decreto impugnato sussumibile tra quelli censurabili con il ricorso per cassazione.
La ricorrente invoca genericamente « l’adozione dei provvedimenti conseguenziali» alla prospettata nullità delle procure alle liti, senza una «chiara e sintetica esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione» (art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c.).
Rigettato il ricorso, si ravvisano gravi ed eccezionali ragioni per compensare le spese del presente giudizio di legittimità nei confronti dell’unica intimata che si è difesa con controricorso, in quanto si tratta di soggetto la cui posizione di creditore ammesso al passivo non era immediatamente e in modo diretto coinvolta dall’eventuale a ccoglimento del ricorso.
Non occorre provvedere sulle spese di lite con riguardo alle controparti rimaste intimate.
Si dà atto che, in base al l’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio di legittimità;
dà atto, ai sensi dell ‘ art.13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del