Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13011 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13011 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 26547/2020 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME con domicilio digitale presso l’indirizzo pec del difensore;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
-controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE
-intimata-
avverso la sentenza n. 166/2020 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 21/07/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
NOME COGNOME avendo acquistato un immobile espropriato esecutivamente a NOME COGNOME adì il Tribunale, chiedendo accertarsi l’avvenuto acquisto anche dell’autorimessa, asservita all’abitazione.
Il Tribunale di Trento, attribuita prevalenza al decreto di trasferimento immobiliare del Giudice dell’esecuzione, comprensivo dell’autorimessa, rispetto all’atto di pignoramento e affermando, inoltre, che l’anzidetto decreto era impugnabile solo con l’opposizione agli atti esecutivi, accolse la domanda.
La Corte d’appello di Trento rigettò l’impugnazione di NOME COGNOME
3.1. Per quel che qui rileva deve, in sintesi, ricordarsi che la Corte locale giunge all’anticipato epilogo attraverso i passaggi argomentativi di cui appresso:
-il locale ‘cantina/garage’ era collegato esclusivamente alla casa d’abitazione identificata con la particella 318 C.C. Ville del Monte, <>;
-l’appellante aveva, a suo tempo, chiesto al Comune il rilascio dei titoli abilitativi per la edificazione di un garage posto a servizio della p. ed. 318 e solo nel 2017 (quindi dopo l’intervenuta espropriazione e assegnazione) di poter frazionare il locale di cui si discute, che risultava parzialmente insistere sulle pp. ff. 1756/1, 1756/2, 1756/3 di proprietà dell’esponente, accatastato e identificato con la p. ed. 318;
la stima del perito aveva avuto a oggetto <>;
il decreto di trasferimento aveva fatto espresso riferimento alla descrizione di cui alla perizia di stima;
-il locale accessorio era legato dal vincolo pertinenziale impresso dall’originario proprietario, <>; di conseguenza trovava applicazione il principio secondo il quale ‘l’identificazione dei beni trasferiti a conclusione di un’espropriazione immobiliare deve essere compiuta in base alle indicazioni del decreto di trasferimento di cui all’art. 586 cod. proc. civ., cui vanno aggiunti quei beni ai quali gli effetti del pignoramento si estendono automaticamente, ai sensi dell’art. 2912 cod. civ., come accessori, pertinenze, frutti ed anche i miglioramenti o le addizioni, ancorché non espressamente menzionati nel predetto decreto’ (la decisione cita Cass. n. 17041/2018);
-non vi era stato alcun errore nell’identificazione del bene, in quanto che il decreto di trasferimento non aveva inglobato immobili diversi e distinti rispetto a quello pignorato, poiché del fabbricato faceva parte la pertinenza, <>;
-inoltre, a voler accedere alla tesi dell’appellante, costui avrebbe dovuto tempestivamente impugnare con l’opposizione agli atti esecutivi il decreto di trasferimento.
NOME COGNOME propone ricorso sulla base di cinque motivi.
L’intimata COGNOME resiste con controricorso; la Banca non ha svolto difese. Entrambe le parti costituite hanno depositato memorie.
Con il primo motivo viene denunciata violazione degli artt. 342 e 346 cod. proc. civ.
Si assume che il Tribunale, a differenza della Corte d’appello, aveva escluso che l’autorimessa costituisse pertinenza e aveva accolto la domanda attorea sulla base di diverso ragionamento. Quindi, la controparte avrebbe dovuto proporre appello incidentale sul punto
5.1. La doglianza è palesemente inammissibile.
A prescindere da ogni altra considerazione, è bastevole ricordare che la COGNOME, totalmente vincitrice, nessun appello avrebbe dovuto e, tantomeno, potuto proporre.
Con il secondo motivo viene denunciata violazione degli artt. 32 e 98 r.d. 499/1929 (Legge tavolare).
Il ricorrente sostiene: <> e, di conseguenza, era da escludersi che la COGNOME, avendo acquistato la casa con terreno identificata dalla particella ed. 318, avesse anche acquistato un diverso immobile.
6.1. La censura è infondata.
Nel sistema tavolare l’efficacia costitutiva dell’iscrizione è limitata agli atti negoziali tra vivi (art. 2 del r.d. 28 marzo 1929, n. 499) e non si estende ai trasferimenti attuati per autorità del giudice, quale è quello che si realizza attraverso il decreto di trasferimento all’aggiudicatario del bene espropriato ai sensi dell’art. 586 cod. proc. civ., cui consegue immediatamente l’effetto traslativo della proprietà. Sono, pertanto, inefficaci i pignoramenti immobiliari successivi al decreto di trasferimento, anche se annotati sui libri fondiari prima del decreto stesso, ed in tal caso gli aggiudicatari sono legittimati a proporre opposizione di terzo in virtù dell’art. 619 cod. proc. civ., vantando un proprio ed autonomo titolo di proprietà che non ha bisogno dell’effetto costitutivo dell’intavolazione (Sez. 3, n. 9881, 15/04/2008, Rv. 602538 -01).
Sotto altro profilo, in materia di esecuzione forzata, i beni trasferiti a conclusione di un’espropriazione immobiliare sono quelli di cui alle indicazioni del decreto di trasferimento emesso ex art. 586 cod. proc. civ., cui vanno aggiunti quei beni ai quali gli effetti del pignoramento si estendono automaticamente, ai sensi dell’art. 2912 cod. civ., come accessori, pertinenze, frutti, miglioramenti ed addizioni, e quei beni che, pur non espressamente menzionati nel predetto decreto, siano uniti fisicamente alla cosa principale, sì da costituirne parte integrante, come le accessioni propriamente dette (Sez. 3, n. 17041, 28/06/2018, Rv. 649444).
7. Con il terzo motivo viene denunciata violazione dell’art. 818 cod. civ.
Il ricorrente esclude, nel merito che l’autorimessa costituisse pertinenza.
7.1. La critica censoria non supera lo scrutinio d’ammissibilità.
La denuncia di violazione di legge sostanziale non determina nel giudizio di legittimità lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, essendo, all’evidenza, occorrente che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente (ex multis, S.U. n. 25573, 12/11/2020). E ancora, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, n. 3340, 05/02/2019).
Con il quarto motivo viene denunciata violazione dell’art. 586 cod. proc. civ.
Assume il ricorrente che la norma evocata prescrive che il giudice dell’esecuzione, con il decreto di trasferimento, deve riportare la descrizione contenuta nell’ordinanza che dispone la vendita e quest’ultima ordinanza, nel caso in esame, riportava l’immobile di cui alla sola particella 318.
Con il quinto motivo viene denunciata falsa applicazione dell’art. 617 e segg. cod. proc. civ., poiché, si sostiene, a differenza di quale che aveva affermato la sentenza il decreto di trasferimento non avrebbe potuto essere impugnato con l’opposizione agli atti
esecutivi, stante che il decreto in parola limitava il trasfumano alla sola particella 318.
Entrambe le doglianze, intimamente collegate, risultano inammissibili.
Per vero il ricorrente evita di confrontarsi con la ricostruzione fattuale operata dalla sentenza.
Il decreto di trasferimento non escluse alcuna parte dell’immobile espropriato, mentre la nascita di una nuova particella scaturì dal frazionamento operato dall’espropriato successivamente all’anzidetto decreto, al chiaro scopo di sottrarre all’aggiudicataria una parte del compendio legittimamente acquistato.
Pertanto, risulta in termini il principio di diritto secondo il quale, in materia di esecuzione forzata, il decreto di trasferimento di cui all’art. 586 cod. proc. civ., ancorché abbia avuto ad oggetto un bene in tutto o in parte diverso da quello pignorato, non è inesistente, ma solo affetto da invalidità, da far valere con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi nei termini di cui all’art. 617 c.p.c. (Sez. 2, n. 25687, 15/10/2018 (Rv. 650833 -01).
Nel solo caso in cui il decreto di trasferimento abbia incluso beni in tutto o in parte diversi da quelli pignorati lo (il solo) strumento di tutela è costituito dall’opposizione all’esecuzione. Ma qui il ricorrente pretende di contestare il trasferimento dei beni corrispondenti al compendio pignorato (il decreto di trasferimento, come riporta la sentenza, ha fatto propria la relazione del consulente, dalla quale risultava l’esistenza della pertinenza di cui si discute e, il frazionamento a cui fa affidamento il COGNOME è stato da quest’ultimo effettuato successivamente).
Di conseguenza, se, per un verso, avrebbe avuto torto ad opporsi all’esecuzione, per altro verso, ha del pari torto a contestare in questa sede la titolarità, in capo all’acquirente dalla
procedura, della dipendenza pignorata, unitamente al bene principale cui accede.
Rigettato il ricorso nel suo complesso, il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle svolte attività, siccome in dispositivo, in favore del controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 febbraio