Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25689 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25689 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data RAGIONE_SOCIALEzione: 25/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15750/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE , domiciliata presso l’indirizzo PEC indicato dal difensore
-ricorrente-
contro
TORSELLINI VINICIO
-intimato- avverso la sentenza della CORTE D ‘ APPELLO di L ‘ AQUILA n. 1743/2020 depositata il 10/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME convenne in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE, davanti al Tribunale della stessa città, chiedendo che fosse sospesa l’efficacia esecutiva del
R.G. 15750/2021
COGNOME.
Rep.
C.C. 18/6/2024
C.C. 14/4/2022
RILASCIO ALLOGGIO A.T.E.R. OCCUPATO ABUSIVAMENTE
decreto di rilascio di un alloggio notificatogli dalla parte convenuta in data 28 settembre 2017 e del relativo atto di precetto notificato il successivo 1° dicembre 2018.
A sostegno della domanda espose, tra l’altro, che l’efficacia esecutiva dei due citati provvedimenti doveva essere sospesa in attesa dell’esito della domanda di assegnazione in sanatoria da lui presentata nell’ottobre 2014 in relazione allo stesso alloggio, ai sensi dell’art. 36 della legge della Regione Abruzzo 25 ottobre 1996, n. 96.
Si costituì in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE, chiedendo il rigetto della domanda.
Il Tribunale, dopo aver in un primo tempo accolto la richiesta di sospensiva e disposto il mutamento nel rito locatizio, rigettò poi la domanda, rilevando, tra l’altro, che l’attore era pacificamente un occupante abusivo dell’immobile e che non aveva ottenuto, in sede amministrativa, l’assegnazione in sanatoria dello stesso.
La pronuncia è stata appellata dalla parte soccombente e la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza del 10 dicembre 2020, ha accolto il gravame e, in riforma dell’impugnata decisione, ha annullato il decreto di rilascio emesso dalla parte convenuta in relazione all’alloggio occupato dall’appellante e ha posto a carico dell’RAGIONE_SOCIALE le spese dei due gradi di giudizio.
Ha osservato la Corte territoriale che dagli atti risultava che il COGNOME, sottoposto a processo penale per il reato di occupazione arbitraria dell’immobile in questione, era stato assolto con applicazione dell’esimente dello stato di bisogno. La RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE aveva dato parere negativo all’assegnazione in sanatoria non per ragioni di morosità, bensì perché erano stati emessi a carico del COGNOME la diffida al rilascio dell’immobile e il successivo decreto di rilascio. L’assoluzione intervenuta nel processo penale in conseguenza dell’applicazione dell’esimente non poteva, secondo la Corte di merito, avere
efficacia solo in sede penale, dato che l’art. 36 della legge reg. cit. non consentiva simile interpretazione.
Il decreto di rilascio emesso dall’RAGIONE_SOCIALE, tuttavia, era stato motivato in ragione della morosità e non per il fatto che era stata respinta la richiesta di assegnazione in sanatoria, ma tale morosità non era stata effettivamente dimostrata dall’RAGIONE_SOCIALE. D’altra parte, la RAGIONE_SOCIALE aveva espresso parere non favorevole «riportandosi, tautologicamente, alla diffida di rilascio ed al successivo decreto di rilascio emesso dall’RAGIONE_SOCIALE», mentre il parere della RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto essere espresso con riferimento alla presenza o meno dei requisiti richiesti dall’art. 36 per l’assegnazione in sanatoria.
In definitiva, la procedura non era stata correttamente eseguita, per cui il decreto di rilascio doveva essere annullato.
Contro la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila ricorre l’RAGIONE_SOCIALE con atto affidato a sette motivi.
NOME COGNOME non ha svolto attività difensiva in questa sede.
L’RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 36, commi 13 -bis e 13ter , della legge reg. Abruzzo n. 96 del 1996.
Il ricorrente osserva che, a norma dei citati commi 13bis e 13ter , in caso di occupazione senza titolo di un alloggio, l’Ente è tenuto ad intimarne all’occupante il rilascio. Sarebbe errata, quindi, l’affermazione della Corte d’appello secondo cui il parere della RAGIONE_SOCIALE era propedeutico al rilascio, perché la sussistenza dell’occupazione abusiva era stata accertata ben prima della domanda di sanatoria e la situazione di morosità dell’occupante era priva di rilievo. La sentenza avrebbe confuso le
fattispecie, non considerando che il rilascio dell’alloggio all’esito del rigetto dell’istanza di sanatoria è una fattispecie diversa, disciplinata dai commi 9, 10 e 11 del medesimo art. 36.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per asserita ultrapetizione.
Secondo la parte ricorrente, la Corte d’appello si sarebbe pronunciata sui vizi del parere emesso dalla RAGIONE_SOCIALE «senza che alcuna delle parti avesse sollevato eccezioni a tal riguardo». E comunque, gli eventuali vizi di quel parere non potevano essere sindacati dal giudice ordinario, bensì solo dal giudice amministrativo. La sentenza impugnata non avrebbe considerato che il rigetto della sanatoria non poteva inficiare la validità del decreto di rilascio, per cui vi sarebbe anche una «vistosa violazione di legge».
Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 36, commi 2, 4 e 7, della legge reg. Abruzzo n. 96 del 1996, oltre a carenza di legittimazione passiva dell’RAGIONE_SOCIALE per la contestazione del diniego di assegnazione in sanatoria e sopravvenuta carenza di interesse.
La ricorrente lamenta la violazione delle norme che regolano il procedimento di assegnazione in sanatoria degli alloggi di RAGIONE_SOCIALE popolare, rilevando che la Corte d’appello avrebbe omesso di pronunciarsi su di una domanda avanzata dal COGNOME (quella di assegnazione in sanatoria dell’alloggio), non considerando che l’RAGIONE_SOCIALE è del tutto estraneo rispetto alla valutazione dei motivi che danno titolo all’assegnazione di un alloggio del genere, trattandosi di un compito che la legge affida ai Comuni. A norma dei citati commi dell’art. 36, la domanda di assegnazione in sanatoria va
proposta al Comune, che è l’unico che può accertare se il richiedente abbia o meno i requisiti di legge per l’assegnazione.
Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 4, della legge reg. Abruzzo n. 96 del 1996, oltre a violazione della normativa in materia di morosità nel procedimento di assegnazione in sanatoria di un alloggio di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Secondo la ricorrente, la Corte d’appello non avrebbe considerato che la morosità del COGNOME derivava da un prospetto contabile che dimostrava il mancato pagamento sia dell’indennità di occupazione che degli oneri condominiali. In ogni caso, il decreto di rilascio non era stato motivato per la sussistenza di una condizione di morosità, «bensì con riferimento ad un’occupazione senza titolo dell’alloggio».
Con il quinto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 5, della legge reg. Abruzzo n. 96 del 1996, in relazione al profilo della illegittimità ed inattendibilità della documentazione prodotta solo ed esclusivamente in appello dalla controparte e inerente al calcolo della morosità.
Secondo la ricorrente, la sentenza avrebbe omesso ogni decisione sul punto, non considerando che il COGNOME aveva prodotto un prospetto di canone riferito ad altro immobile assegnato ad un terzo soggetto. Vi sarebbe, nella sentenza, un errore di fondo, consistente nel non aver considerato che non può esistere un canone da pagare quando l’occupante è abusivo. In altri termini, poiché nella specie si tratta di un’occupazione abusiva, l’occupante è tenuto al pagamento della relativa indennità, corrispondente al risarcimento del danno derivante dall’abuso.
Con il sesto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa
applicazione dell’art. 36, comma 6, della legge reg. Abruzzo n. 96 del 1996.
La parte ricorrente ricorda che, a norma dell’art. 36, comma 6, cit., non sono sanabili le occupazioni senza titolo relative agli alloggi ERP ottenute con violenza o in violazione della legge penale. Ne consegue che sarebbe errata l’affermazione della sentenza impugnata, secondo cui l’esimente dello stato di bisogno riconosciuta in sede penale non poteva avere valore solo a quei fini. Lo stato di necessità, infatti, non solo è inefficace per escludere l’illecito civile, ma non può essere invocato per scriminare un comportamento finalizzato a risolvere in via definitiva un’esigenza come quella abitativa. In altri termini, lo stato di necessità potrebbe sussistere in relazione ad un pregiudizio attuale; e anche la giurisprudenza di legittimità ha affermato che esso non può essere invocato a proposito dell’illecita occupazione di un alloggio popolare.
Con il settimo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3) e n. 5), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., in relazione alla condanna alle spese dei due gradi di giudizio.
La ricorrente sostiene che la condanna alle spese inflitta all’RAGIONE_SOCIALE in relazione a entrambi i gradi di giudizio sarebbe errata, per mancanza di una motivazione e per non aver ritenuto la Corte d’appello di disporre la compensazione delle stesse, in considerazione della complessità della vicenda.
La Corte osserva che il primo motivo di ricorso è inammissibile, per la semplice ragione che invoca l’applicazione di due disposizioni che non erano ancora entrate in vigore nel momento in cui la presente vicenda si svolse. Ed infatti i commi 13bis e 13ter dell’art. 36 della legge reg. Abruzzo n. 96 del 1996 sono stati introdotti nel testo ad opera dell’art. 9, comma 1, della legge della Regione Abruzzo 31 ottobre 2019, n. 34, con norme
efficaci a decorrere dal 9 novembre 2019 (v. l’art. 14, comma 1, della legge reg. medesima); per cui è evidente che non sono invocabili nella vicenda odierna, in cui tanto il decreto di rilascio quanto il relativo atto di precetto si collocano in un momento antecedente.
Fondato è, invece, il secondo motivo.
Ed invero è la stessa Corte d’appello ad indicare, alla fine della p. 1 e all’inizio della p. 2 della motivazione, che l’appello del COGNOME era affidato a due motivi, il primo dei quali lamentava l’omessa pronuncia, da parte del Tribunale, sulla ritenuta illegittimità del decreto di rilascio, «in quanto adottato il 4 luglio 2017, prima del parere contrario alla richiesta di sanatoria espresso dalla RAGIONE_SOCIALE in data 12 febbraio 2018». Da tale motivo di appello il COGNOME aveva tratto la conclusione per cui il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare la carenza del titolo esecutivo.
Ciò premesso, il Collegio osserva che la Corte aquilana, invece, benché chiamata a rispondere al motivo di appello suindicato, ha affrontato in pieno un profilo che non era affatto in discussione, cioè quello della legittimità in sé del parere emesso dalla RAGIONE_SOCIALE; con evidente violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. L’esame della legittimità di quel provvedimento, infatti, dipendeva da una serie di profili di fatto -ivi compreso il rapporto tra il giudicato assolutorio penale e la portata dei suoi effetti in sede civile -che esulavano dai limiti del giudizio.
Ne consegue che l’approdo finale della sentenza impugnata passa, per così dire, attraverso una motivazione -di per sé, peraltro, non del tutto comprensibile -che si fonda sull’accertamento della sostanziale illegittimità del parere citato, non richiesto dall’appellante.
Toccherà dunque al giudice di rinvio, nel rispetto delle regole processuali e attenendosi ai motivi di appello, tornare ad esaminare
la vicenda, in particolare interrogandosi anche sul rapporto esistente tra la pendenza della richiesta di sanatoria avanzata dall’occupante abusivo e l’emissione del decreto di rilascio da parte dell’RAGIONE_SOCIALE.
Tutti gli altri motivi di ricorso rimangono assorbiti.
10. In conclusione, è dichiarato inammissibile il primo motivo di ricorso ed è accolto il secondo, con assorbimento degli altri.
La sentenza impugnata è cassata e il giudizio è rinviato alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione personale, la quale provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione, in base all’esito della pronuncia definitiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, con assorbimento degli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di L’Aquila, in diversa composizione personale, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza