Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11436 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11436 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13050-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME
– intimata –
avverso il decreto del TRIBUNALE di FOGGIA, depositato il 18/02/2019 R.G.N. 5560/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/01/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
Oggetto
R.G.N. 13050/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 28/01/2025
CC
con il decreto in epigrafe indicato, il Tribunale di Foggia ha corretto precedente decreto del 16 luglio 2018 – con il quale si ritenevano insussistenti i requisisti sanitari – e ha ritenuto sussistenti i requisiti sanitari, così omologando le risultanze dell’accertamento tecnico preventivo favorevole all’assicurata , sul presupposto del mero errore materiale del precedente esito, con condanna dell’INPS alla rifusione delle spese di lite, laddove con il corrigendo decreto aveva ritenuto le spese non dovute;
avverso tale ultima statuizione l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura;
NOME è rimasta intimata;
CONSIDERATO CHE
con i motivi di censura l’INPS si duole di violazione degli artt. 91,92 cod.proc.civ., in relazione all’art. 445-bis, quinto comma, cod.proc.civ., e agli artt. 287 e 288 cod.proc.civ., nullità del decreto di omologa ai sensi dell’art. 360, n.4 cod.proc.civ., ed assume, in ragione della prevalenza delle conclusioni dell’esame peritale in caso di discrasia tra ctu e decreto di omologa, l ‘inutilità della correzione disposta dal giudice, impossibilitato ad aggiungere alcunché all’accertamento peritale favorevole all’assicurata e, infine, l’errore nell’aver provveduto a nuova regolazione delle spese, compensate nell’originario decreto di omologa, potendo la statuizione sulle spese essere gravata solo con ricorso straordinario ex art. 111 Cost;
il ricorso è da accogliere;
le conseguenze in rito dell’errore commesso dal Giudice al momento dell’omologazione delle conclusioni della relazione di consulenza tecnica resa in seno al procedimento di a.t.p.o. sono già state oggetto di consolidati precedenti espressi
dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità (v., per tutti, Cass. n. 4731 del 2022 e i precedenti ivi richiamati) secondo i quali il decreto di omologa reso ai sensi dell’art. 445-bis c.p.c., quinto comma, il quale, in assenza di contestazione delle parti, si discosti dalle conclusioni del consulente tecnico di ufficio, risulta viziato da una difformità che costituisce mero errore materiale emendabile con la procedura di correzione, a condizione, però, che la predetta difformità non sia frutto di consapevole attività valutativa del giudice, nel qual caso invece il provvedimento giudiziale, che risulti esorbitante dallo schema delineato per il procedimento a cognizione sommaria, assume natura decisoria, e quindi di sentenza, contro la quale è ammissibile il rimedio generale del ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., comma 7, a garanzia dell’esercizio del diritto di difesa della parte pregiudicata dalle conclusioni imprevedibilmente adottate dal giudice all’atto dell’emissione del decreto;
in sostanza, al fine di stabilire il regime dei rimedi esperibili in ipotesi di sviamento dall’iter previsto dalla legge, questa Corte di legittimità ha focalizzato l’attenzione sulla funzione di mero accertamento dello stato invalidante svolta dal Giudice nell’ambito del procedimento per a.t.p.o. che, a sua volta, mira all’ottenimento di un accertamento sanitario svolto sì in sede pienamente giudiziale, ma reso stabile per effetto della sostanziale accettazione delle parti;
a mente dell’art. 445-bis, quinto comma, c.p.c., infatti, in assenza di contestazione, il giudice, se non procede ai sensi dell’articolo 196, con decreto pronunciato fuori udienza, entro trenta giorni dalla scadenza del termine previsto dal comma precedente, omologa l’accertamento del requisito
sanitario secondo le risultanze probatorie indicate nella relazione del consulente tecnico dell’ufficio provvedendo sulle spese. Il decreto, non impugnabile né modificabile, è notificato agli enti competenti, che provvedono, subordinatamente alla verifica di tutti gli ulteriori requisiti previsti dalla normativa vigente, al pagamento delle relative prestazioni, entro 120 giorni;
ciò comporta che se il giudice ha il potere, a lui espressamente riconosciuto dall’art. 196 c.p.c., richiamato nella stessa norma, di disporre la rinnovazione delle indagini e, per gravi motivi, la sostituzione del consulente tecnico, non può tuttavia discostarsi nel decreto di omologa dalle conclusioni rassegnate dal consulente nell’elaborato peritale sottoposto alle parti e non fatto oggetto di contestazione;
al Giudice l’attività valutativa è preclusa nella fase finale del procedimento a cognizione sommaria, nella quale egli si limita a ratificare l’accettazione delle parti delle conclusioni della c.t.u. che ha costituito l’epilogo del dibattito processuale, oltre a provvedere in ordine alle spese;
peraltro, gli artt. 287 e 288 c.p.c. delineano il procedimento di correzione di errori materiali, finalizzato alla eliminazione di errori di redazione del provvedimento, senza incidere sul contenuto concettuale della decisione;
costituisce, dunque, errore materiale suscettibile di correzione, quello che non riguarda la sostanza, e cioè il contenuto concettuale del giudizio, ma la manifestazione del pensiero all’atto della formazione del provvedimento e si risolve in una fortuita divergenza fra il giudizio e la sua espressione letterale, ovvero tra l’ideazione e la sua rappresentazione documentale grafica, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione della sentenza e come
tale percepibile e rilevabile ictu oculi (Cass. Sez.Un., n. 5165/2004);
l’ordinanza di correzione, inoltre, in quanto priva di contenuto decisorio, non è impugnabile, neppure con il ricorso ex art. 111 Cost., tale rimanendo, invece, con lo specifico mezzo di volta in volta previsto, solo il provvedimento corretto (Cass. 4/09/2009, n. 19229; Cass. 27/06/2013, n. 16205; Cass. Sez. Un. 7/07/2010, n. 16037);
una diversa soluzione, invece, è stata apprestata dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità (Cass. 29096 del 2019) nell’ipotesi in cui il decreto di omologa si sia consapevolmente discostato dalle conclusioni del c.t.u., non contestate dalle parti, ciò in quanto non ritenere tale decreto impugnabile in cassazione ex art. 111 comma settimo Cost. violerebbe i diritti di difesa della parte pregiudicata dalle differenti conclusioni imprevedibilmente adottate dal giudice all’atto dell’emissione del decreto, parte che si troverebbe nella tecnica impossibilità di opporvisi perchè ormai intervenute in un momento in cui l’art. 445-bis cit., non prevede alcun rimedio endoprocedimentale;
non a caso l’art. 445-bis c.p.c., comma 5, esclude l’impugnabilità e modificabilità del decreto di omologa proprio sul presupposto del suo carattere meramente certificativo dell’accordo delle parti sulle conclusioni formulate dal c.t.u.;
il regime espresso di non impugnabilità e modificabilità del decreto impedisce, evidentemente, la revocabilità dello stesso;
ciò discende dal principio processuale generale, sotteso alla disciplina della irrevocabilità dei provvedimenti giudiziali che
trova disposizione espressa, in relazione alle ordinanze, nell’ art. 177 comma terzo c.p.c.; tale disposizione, infatti, dichiara non modificabili nè revocabili dal giudice che le ha pronunciate le ordinanze dichiarate espressamente non impugnabili dalla legge;
all’interno della categoria processuale dei provvedimenti espressamente dichiarati non impugnabili nè modificabili come s’è anticipato – va necessariamente fatta rientrare l’omologa pronunciata a norma dell’art. 445-bis, quinto comma, c.p.c. che risulta funzionale all’emissione di un atto di accertamento sullo stato di invalidità stabile e non suscettibile di contestazione;
ne segue che, la sussistenza del requisito sanitario, nei termini espressi dal ctu, era divenuta intangibile in difetto di contestazioni e il decreto, non certificativo dell’accordo delle parti, correttamente è stato emendato con la procedura di correzione dell’ errore materiale;
il provvedimento impugnato va invece dichiarato nullo nella parte in cui il giudice della correzione dell’errore materiale ha delibato la regolazione delle spese del procedimento in conseguenza della correzione dell’errore materiale, per essere l’unico rimedio apprestato dall’ordinamento , avverso la decisione sulle spese, l’impugnazione ex art. 111 cost.
in definitiva, per quanto detto, l’accoglimento dei motivi comporta la cassazione, senza rinvio, del decreto di omologa del 18 febbraio 2019 quanto alla regolazione delle spese;
l’assetto sistematico dei rimedi esperibili in ipotesi di sviamento dall’iter previsto dalla legge risalente ad epoca successiva al deposito del ricorso consiglia la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
La Corte accoglie il ricorso, cassa in parte qua il decreto impugnato nei sensi di cui in motivazione; spese compensate. Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 2 8.1.2025.