Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5938 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5938 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 05/03/2024
ORDINANZA
su ricorso rg 9379-2023, presentato da:
NOME COGNOME, nato in Cina il DATA_NASCITA, C.U.I. 02ORV1X, cod. fisc. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce al ricorso dall’AVV_NOTAIO del Foro di Torino, elettivamente domiciliato presso il predetto difensore con studio in Torino, INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
Prefetto della Provincia di Torino, in persona del Prefetto pro tempore;
intimato –
avverso l ‘ordinanza del Giudice di Pace di Torino, depositata in cancelleria il 21.3.2023, in pari data comunicata a mezzo pec al domicilio eletto, nell’am -bito del procedimento n. 3149/2022 R.G. con cui era stato respinto il ricorso proposto avverso il decreto di espulsione (prot. n. 119/2022);
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/11/2023 dal AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE
1.Con decreto n. 119/2022, notificato il 22.2.2022, il Prefetto di Torino disponeva l’espulsione del ricorrente ai sensi dell’art. 14, co. 5 ter, d.lgs. 286/98 e ss. mod. perché inottemperante a pregresso ordine di allontanamento – disposto dal AVV_NOTAIO Roma in data 17.6.2019. Il Prefetto di Torino disponeva che, nel caso di specie, ‘non sussist (evano) le condizioni affinché allo straniero po(tesse) essere rilasciato un permesso di soggiorno in quanto non ricorr(evano) in capo al cittadino straniero i motivi previsti dalla normativa vigente o risultanti da obblighi internazionali dello Stato italiano nè ricorr(evano) i presupposti di cui all’art. 19 del T.U.I. e successive modificazioni’.
Avverso tale decisione proponeva tempestivo ricorso COGNOME, ricorso con il quale, in sintesi, si evidenziava che era in Italia già da diciotti anni, poi ricongiunto con la moglie ed il figlio che, a sua volta, aveva formato una famiglia autonoma composta da moglie e due figli, tutti residenti a Torino, sicché evidenziava la sussistenza di solidi legami familiari in Italia e, per contro, l’assenza di legami familiari e sociali in Cina. Il ricorso era, pertanto, fondato su due motivi di gravame: (i) la v iolazione dell’art. 13, co. 2 bis, d.lgs. 286/98, così come interpretato alla luce della sentenza n. 202/2013 della Corte Costituzionale, e (ii) la violazione degli artt. 5, co. 6 e 19, co. 1.1 d.lgs. 286/98, come novellati dal d.l. 130/2020, convertito nella l. 173/2020, con particolare riferimento alla protezione speciale, poi effettivamente richiesta. In vista dell’udienza di trattazione fissata per l’11.11.2022, la difesa del ricorrente produceva note scritte con cui tra l’altro – insisteva per la sos pensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato , onde consentire al ricorrente la presentazione della domanda di protezione speciale alla Questura di Torino.
4.In data 10.3.2023, la difesa di parte ricorrente produceva ‘Nota di deposito di document azione sopravvenuta’ con cui dava atto: – di avere impugnato innanzi la Sezione specializzata per l’immigrazione del Tribunale di Torino il decreto questorile di rigetto della domanda di permesso di soggiorno per
protezione speciale (di cui aveva preso conoscenza nel contempo); – che la causa era stata iscritta al n. 5207/23 R.G. della IX sez. civile; – e che il Giudice, con provvedimento reso il 9.3.2023, aveva sospeso l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, fissando udienza al 26.9.2024.
Il Giudice di pace, con ordinanza depositata il 21.3.2023, respingeva il ricorso, rilevando che: (a) la misura di espulsione discendeva, con carattere di automaticità, dalla ricorrenza delle ipotesi di entrata clandestina e di trattenimento illegale; (b) dagli atti risultava che il ricorrente era stato titolare di permesso di soggiorno dal 1999 al 2007, nonché il rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno sul presupposto che il ricorrente era stato attinto da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Milano ad anni 10 e 4 mesi di reclusione per la violazione dell’art. 74, co. 1, d.P.R. 309/90 , rideterminata dalla Corte d’appello alla pena di anni 6 e mesi 6 con sentenza 1.6.2012; (c) oggetto del ricorso era dunque il decreto di espulsione conseguente alla predetta reie zione dell’istanza di permesso di soggiorno, non avendo lo straniero lasciato il territorio nazionale entro il termine di sette giorni dalla notifica del provvedimento; (d) il provvedimento di espulsione rappresentava provvedimento obbligatorio e a carattere vincolato sicché il giudice ordinario era tenuto unicamente a con trollare l’esistenza, al momento dell’espulsione, dei requisiti di legge che ne impon evano l’emanazione , non essendo consentito al giudice investito dall’impugnazione del provvedimento di espulsione alcuna valutazione sulla legittimità del provvedimento del questore che avesse rifiutato, revocato o annullato il permesso di soggiorno poiché tale sindacato spettava al giudice amministrativo; (e) neanche poteva dirsi violato l’art. 19 del T.U. 286/98 , in quanto dalle allegazioni in fatto e dalla documentazione allegata non risultava che il ricorrente rientrasse in alcuna delle ipotesi che vietano l’espulsione ex art. 19 T.U. I; (f) il disposto normativo di cui all’art. 13, co. 2 bis, T.U. cit. rivestiva rilevanza solo in caso di provvedimento adottato, ai sensi dell’art. 13, co. 2, lett. a) e b), ladd ove non aveva invece alcun rilievo nel caso di espulsione ai sensi dell’art. 14, co. 5 ter.
Il provvedimento, pubblicato il 21.3.2023, è stato impugnato da COGNOME con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’amministrazione intimata non ha svolto difese.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo co violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5, co. 6 e 19, co. 1.1, d.lgs. 286/98 (nella versione vigente ratione temporis ) con riferimento all’erronea applicazione e/o interpretazione delle norme richiamate e all’omessa considerazione degli effetti della domanda di protezione complementare pr oposta dopo l’adozione di un de creto espulsivo prefettizio.
1.1 Ricorda il ricorrente che il decreto questorile di espulsione impugnato aveva avuto cura di precisare che ‘ non sussistono le condizioni affinché allo straniero possa essere rilasciato un permesso di soggiorno in quanto non ricorrono in capo al cittadino straniero i motivi previsti dalla normativa vigente o risultanti da obblighi internazionali dello Stato italiano nè ricorrono i presupposti di cui all’art. 19 del T.U.I. e successive modificazioni ‘.
1.2 Tuttavia nel secondo motivo del ricorso introduttivo aveva evidenziato come sussistessero, in suo favore, tutti i requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno per pro tezione speciale previsti all’art. 19, co. 1.1, d.lgs. 286/98 nella versione all’epoca vigente (anteriormente alle modifiche apportate dal D.L. 20/2023 che, comunque, all’art. 7, co. 2, sancisce l’irretroattività della novella), segnalando, in particolare, come la sua espulsione comportasse una violazione del diritto alla tutela della sua vita privata e familiare, rilevante anche ai sensi dell’art. 5, co. 6 T.U.I. Precisava il ricorrente che, non solo era in Italia da 18 anni (avendo fatto ingresso in data 8.1.2004), ma aveva maturato solidi legami familiari, convivendo qui con la moglie, titolare di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, ed essendo presenti il figlio, la di lui moglie e due nipotini e non avendo più alcun legame con il Paese di origine, elementi peraltro non contestati nel corso del giudizio, nemmeno ostandovi ragioni di ordine e sicurezza pubblica, peraltro neppure indicate nel decreto espulsivo, ed essendo stata revocata, fin dal 2015, la misura di sicurezza della libertà vigilata per cessata pericolosità sociale.
1.3 Ma ciò che più rilevava -aggiunge sempre il ricorrente -era la pendenza del giudizio avverso il decreto di espulsione, avendo effettivamente
presentato al AVV_NOTAIO di Torino istanza di rilascio di permesso di soggiorno per protezione speciale, ai sensi del citato art. 19, co. 1.1 terzo e quarto periodo (ora abrogati dal D.L. 20/23) e, avvedutosi del rigetto, aveva proposto immediata impugnazione alla competente sezione specializzata del Tribunale di Torino che aveva subito dispo sto la sospensione dell’efficaci a esecutiva di quel provvedimento, peraltro segnalata al Giudice di pace dalla difesa, prima del deposito della sua decisione. Ciò implicando che, sia pure nei limiti propri della tutela cautelare, quella domanda di permesso di soggiorno per protezione complementare non risultava infondata.
1.4 Ciò nonostante il Giudice di pace aveva ritenuto di trincerarsi dietro la risalente giurisprudenza dettata Cass. SSUU civ. 16.10.2006, n. 22217, con ciò tuttavia dimenticando che tale approdo era conseguente al riparto di giurisdizione, e che la giurisprudenza di legittimità -dopo un’oscillazione interpretativa -aveva statuito che al giudice ordinario non spettava alcuna valutazione relativa al permesso di soggiorno, poiché tale sindacato spetta al giudice amministrativo, sicché la disapplicazione inc identale dell’atto amministrativo comporterebbe una usurpazione di attribuzioni da parte del giudice ordinario rispetto a quello amministrativo. Tuttavia, secondo il ricorrente, tale arresto sarebbe inconferente rispetto al caso di specie, posto che alcun riparto di giurisdizione sussisterebbe, atteso che sia il Giudice di pace che il Tribunale sono entrambi giudici ordinari ed alcuna cognizione è attribuita al giudice amministrativo, sia in materia di espulsioni prefettizie, che in materia di protezione speciale. Ma, soprattutto, il Giudice di pace non avrebbe fatto buon governo dei prin cipi che regolano i rapporti tra l’espulsione amministrativa disposta dal prefetto e la domanda successiva di protezione. Ricorda infatti il ricorrente che l’istituto della protezione speciale, siccome introdotto dal D.L. 130/2020, convertito, con modificazioni, nella L. 173/2020, conferiva piena attuazione al diritto di asilo costituzionale, e, pur essendo una protezione complementare rispetto alle protezioni tipiche del rifugio e della protezione sussidiaria, era stata inserita a pieno titolo nelle cause di inespellibilità di cui all’art. 1 9, co. 1, d.lgs. 286/98 e, dunque, la protezione complementare sarebbe una species del genus protezione internazionale. Il giudice di prime cure non avrebbe dunque tenuto in
considerazione i principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità in ordine agli effetti della domanda di protezione presentata successivamente all’adozione di un decreto espulsivo e, più in particolare, l’insegnamento giurisprudenziale secondo cui, ove la domanda di protezione internazionale dello straniero sia proposta dopo l’adozione del decreto di espulsione del medesimo, detto decreto non è colpito da sopravvenuta invalidità, restandone soltanto sospesa l’efficacia, sicché non si può, in ragione della sola proposizione della menzionata domanda, pronunciarsene l’annullamento. Ne consegue che avrebbe pertanto errato il Giudice di pace che, nel caso in esame, aveva ritenuto ininfluente la domanda di protezione internazionale rispetto alla validità ed efficacia del decreto espulsivo.
Il primo motivo è fondato ed il suo accoglimento determina anche l’assorbimento del secondo motivo di ricorso.
2.1 Osserva il Collegio che, all’udienza fissata per la discussione dell’opposizione avverso il decreto di espulsione del 22 febbraio 2022, il giudicante aveva concesso termine alle parti fino al 18 febbraio 2023 per il deposito di note difensive e documenti. Con nota depositata il 10 marzo 2023, l’istante produceva documentazione dalla quale si rilevava che aveva presentato, dopo il decreto di espulsione, domanda di protezione complementare, ex art. 19, comma 1.1., d.lgs n. 286/1998, nel testo applicabile ratione temporis . Avverso il provvedimento di rigetto della Commissione, lo straniero aveva, altresì, proposto ricorso al Tribunale, che aveva sospeso l’efficacia esecutiva del diniego di protezione complementare, aprendo – in tal modo – la strada alla costituzione, in c apo al richiedente, di un titolo di permanenza sul territorio nazionale. Senonchè, l’opposizione al decreto di espulsione veniva disattesa dal Giudice di pace, con decreto del 21 marzo 2023, senza tenere in alcun conto tale documentazione.
2.2 Orbene, va rilevato che ai sensi dell’art. 13, comma 8, del d.lgs n. 286/1998 le controversie in materia di opposizione all’espulsione sono disciplinate dall’art. 18 del D.lgs. n. 150/2011 , che – a sua volta dispone che tali controversie «sono regolate dal rito sommario di cognizione», applicabile ratione temporis . Va detto che il rito in parola non prevede preclusioni di sorta, quanto alle produzioni documentali. In tema di
procedimento sommario di cognizione, l’art. 702-bis, commi 1 e 4, c.p.c., non contempla – per vero – alcuna sanzione processuale in relazione al mancato rispetto del requisito di specifica indicazione dei mezzi di prova e dei documenti di cui il ricorrente ed il resistente intendano, rispettivamente, avvalersi, né alla mancata allegazione di detti documenti, al ricorso o alla comparsa di risposta; ne consegue l’ammissibilità della produzione documentale successiva al deposito del primo atto difensivo e fino alla pronuncia dell’ordinanza di cui all’art. 702-ter c.p.c. (Cass. 46/2021).
2.3 Ne discende che, nella specie, il Giudice di pace avrebbe dovuto prendere in esame la documentazione dalla quale si desumeva la presentazione della protezione civile, dopo il decreto di espulsione, e la sospensione del provvedimento negativo della Commissione.
Sul punto, giova infatti ricordare che, in tema di immigrazione, nel caso in cui la domanda di protezione internazionale dello straniero sia proposta dopo l’adozione del decreto di espulsione del medesimo, detto decreto non è colpito da sopravvenuta invalidità, restandone soltanto sospesa l’efficacia, con la conseguenza che il giudice di pace adito a norma dell’art. 13, comma 8, del d.lgs. n. 286 del 1998 non può, in ragione della proposizione della menzionata domanda, pronunciarne l’annullamento (Cass. 5437/2020; Cass. 32137/2022). Ne consegue ancora -come ulteriore corollario -che il Giudice di pace avrebbe dovuto , tuttavia, dichiarare la sospensione dell’efficacia del decreto, fino alla decisione definitiva sulla domanda di protezione internazionale.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo, dichiara assorbito il secondo; cassa il provvedimento impugnato con rinvio al Giudice di pace di Torino che, in persona di diverso giudice, dovrà decidere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 14.11.2023