Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12359 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12359 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20182/2024 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE DI ROMA, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende
-resistente- avverso la SENTENZA del GIUDICE COGNOME di ROMA n. 8578/2024 depositata il 30/08/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
1. –NOME COGNOME proveniente dalla Georgia, presentava ricorso al Giudice di pace di Roma proponendo opposizione avverso il decreto di espulsione emesso e contestualmente notificato dal locale Prefetto in data 12 febbraio 2024 per essersi il cittadino straniero trattenuto nel territorio nazionale in violazione dell’art.1, comma 3, della legge n.68/2007 (art.13, comma 2, lett. b) del d.lgs. n.286/1998 (TUI) e succ. mod.).
Il Giudice di Pace, con sentenza depositata in data 30 agosto 2024, rigettava l’opposizione e confermava il decreto opposto.
Il cittadino straniero ha proposto ricorso per la cassazione prospettando tre motivi di doglianza illustrati con memoria.
La Prefettura si è costituita al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.
È stata disposta la trattazione camerale.
CONSIDERATO CHE:
2. -Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 13, comma 3, TUI e 3, comma 1, della legge 241 del 1990 per omessa motivazione del provvedimento di espulsione; il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 13, comma 7, TUI, la violazione del diritto di difesa ex. art. 24 Cost. ed art. 3 della legge 25 ottobre 1977 n. 881 (ratifica Patto internazionale sui diritti civili e politici) per omessa traduzione del decreto di espulsione, oltre che per illogicità ed erroneità della motivazione; il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 2, del TUI e dell’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990 per mancata sottoscrizione del decreto di espulsione da parte del Prefetto, nonché per inesistenza della prova in atti della delega.
3. -Il primo motivo è inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi atteso che, con giudizio di merito di cui in questa
sede non può sollecitarsi la revisione, il Giudice di pace ha ravvisato la sufficiente motivazione del decreto prefettizio impugnato affermando «Risulta riportato chiaramente nel decreto de quo l’art. 1, comma 3, della legge 68/ 2007 che prevede espressamente, anche per i gli stranieri che non necessitano di visto di ingresso come i cittadini georgiani, l’obbligo di dichiarazione di presenza entro 8 giorni dall’ingresso, obbligo che nella fattispecie non risulta soddisfatto.», senza che di ciò la censura si sia fatta carico sotto alcun profilo. Va, in proposito rammentato che «Lo straniero che entri in Italia da un paese dell’area Schengen è tenuto a dichiarare la sua presenza al questore della provincia entro otto giorni dall’ingresso e, in difetto, può essere espulso, non perché entrato clandestinamente ex art. 13 del d.lgs. n. 286 del 1998, ma solo perché “irregolare”, non avendo presentato tempestiva dichiarazione di presenza, che per i soggiorni di breve durata (90 giorni) esonera dalla richiesta del permesso di soggiorno, spettando comunque allo straniero l’onere di provare la data di ingresso nel territorio nazionale.» (Cass. n. 700 del 12/01/2018).
4. -Il secondo motivo è inammissibile.
Come già affermato da questa Corte, «In tema di espulsione amministrativa del cittadino straniero, è nullo il provvedimento di espulsione tradotto in lingua veicolare, per l’affermata irreperibilità immediata di un traduttore nella lingua conosciuta dallo straniero, salvo che l’amministrazione non affermi, ed il giudice ritenga plausibile, l’impossibilità di predisporre un testo in detta lingua per la sua rarità ovvero l’inidoneità di tale testo alla comunicazione della decisione in concreto assunta.» (Cass. n. 5837 del 22/02/2022), con la precisazione che grava sulla P.A. l’onere di provare l’eventuale conoscenza della lingua italiana o di una delle lingue veicolari da parte del destinatario del provvedimento, quale elemento costitutivo della facoltà di notificargli l’atto in una di dette
lingue e che l’accertamento in concreto se la persona conosca la lingua nella quale il provvedimento espulsivo sia stato tradotto compete al giudice di merito, il quale, a tal fine, deve valutare gli elementi probatori acquisiti al processo, tra cui assumono rilievo anche le dichiarazioni rese dall’interessato nel cd. foglio -notizie, ove egli abbia dichiarato di conoscere una determinata lingua nella quale il provvedimento sia stato tradotto (Cass. n. 24015 del 30/10/2020).
Occorre, invero, ribadire il principio secondo cui la nullità del decreto di espulsione -ravvisabile, in linea di principio, per l’omessa traduzione in una lingua conosciuta dall’interessato o in quella veicolare -non sussiste quando lo straniero conosca la lingua italiana o quella in cui il decreto è stato tradotto, circostanza accertabile anche in via presuntiva e costituente accertamento di fatto censurabile nei ristretti limiti dell’attuale disposto dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. (cfr. Cass. n. 5790/2024; Cass. n.17852/2022; Cass. 24015/2020, Cass. 2018/31224, Cass. 2018/25414, Cass. 2018/17851 e Cass. 2018/11887). Secondo la nuova formulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., è consentito denunciare in Cassazione solo il vizio specifico relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, ed abbia carattere decisivo.
Nel caso in esame il Giudice di pace ha ritenuto plausibile che la Questura, non disponendo di un interprete di lingua madre, si sia trovata nell’impossibilità di reperirlo al momento ed ha disatteso la censura rimarcando che « il decreto è stato tradotto nella lingua scelta dallo straniero tra quelle veicolari; peraltro il ricorrente ha rilasciato in lingua italiana la procura ad litem al proprio difensore ed ha esplicato nei termini di legge il proprio diritto di difesa» (fol.2): in questi sensi, ha accertato in via presuntiva la
conoscenza sia della lingua inglese, in quanto scelta come lingua veicolare dallo stesso straniero, sia dell’italiano, quale lingua utilizzata per il rilascio della procura ad litem .
Questo complessivo accertamento non risulta contestato validamente ai sensi dell’art.360, primo comma, n.5, cod.proc.civ.: nella specie il provvedimento espulsivo, non tradotto in georgiano per ragioni ritenute plausibili dal giudicante di merito, risulta tuttavia traslato nella lingua veicolare (inglese) indicata a tal fine dallo stesso straniero – e questo specifico accertamento, che di per sé fonda autonomamente la decisione, non risulta oggetto di censura.
Ne consegue che l’esame della critica svolta in relazione all’accertamento presuntivo circa la comprensione della lingua italiana diviene ininfluente, posto che la ratio decidendi ad essa collegata, anche ove ritenuta autonoma, è ulteriore rispetto a quella della avvenuta traduzione del decreto espulsivo in lingua comprensibile al cittadino straniero, giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata ed il motivo non risulterebbe in nessun caso idoneo a determinare l’annullamento della sentenza impugnata, risultando comunque consolidata l’autonoma motivazione oggetto della prima censura dichiarata inammissibile (Cass. n. 15399 del 13/06/2018; Cass. n. 15350 del 21/06/2017; Cass. n. 21490 del 07/11/2005).
5. -Il terzo motivo, sul quale il ricorrente insiste nella memoria, è inammissibile.
Ora, è orientamento interpretativo di legittimità consolidato quello secondo cui ‘È legittimo il decreto di espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, ai sensi dell’art. 13, comma 2, lett. b), del d.lgs. n. 286 del 1998, che sia stato emesso e sottoscritto dal vice prefetto vicario, anziché dal prefetto, a nulla rilevando la mancanza dell’espressa menzione delle ragioni di assenza o impedimento del prefetto, in quanto questi può, di
diritto, essere sostituito dal vicario in tutte le sue funzioni ed attribuzioni’ -così Cass. n.25308/2020, in linea con la giurisprudenza di legittimità precedente -. Nell’ordinanza n.38717/2021 la Corte di Cassazione, muovendosi nello stesso solco interpretativo, ha altresì sottolineato, in motivazione, che ‘Il ‘Viceprefetto Aggiunto’ è qualifica dirigenziale equivalente a quello di Primo dirigente legittimato al compimento degli atti, a differenza del ‘Viceprefetto Vicario’ la cui investitura deriva direttamente dalla legge (vd. Tabella B allegata al d.lgs. n. 139 del 2000 contenente Disposizioni in materia di rapporto di impiego del personale della carriera prefettizia, a norma dell’articolo 10 della legge 28 luglio 1999, n. 266) (Cass. n. 3031 del 1987; Cass. n. 464 del 1976; Cass. 1522 del 1974; Cass. 2085 del 2005), dietro delega espressa rilasciatagli dal Prefetto in data anteriore al provvedimento’, al momento del conferimento dell’incarico. È invece ‘illegittimo e, quindi, suscettibile di annullamento, il decreto di espulsione dello straniero dallo Stato, emesso dal vice prefetto aggiunto in assenza di delega del prefetto’, assenza rilevabile anche d’ufficio. Nella motivazione dell’ordinanza n.19689/2017, della quale si è richiamata la parte di massima significativa per la valutazione del motivo sub iudice , la Corte di Cassazione evidenzia, in particolare, quanto segue: ‘Questa Corte ha affermato che la previsione di tre distinte figure professionali della carriera prefettizia’, e cioè prefetto, viceprefetto vicario e viceprefetto aggiunto, ‘ciascuna titolare di proprie attribuzioni, non esclude la facoltà di delega al compimento di singoli atti, rientranti nelle attribuzioni del delegante, al funzionario delegato, mentre è del tutto irrilevante che tale funzione non sia ricompresa nelle attribuzioni proprie del delegato (Cass. 30 marzo 2009, n. 7698). Ha tuttavia precisato che è illegittimo e va pertanto annullato il decreto di espulsione dello straniero dal territorio dello Stato emesso dal vice prefetto
aggiunto in assenza di delega del prefetto (Cass. 20 luglio 2015, n. 15190)’.
Ricostruendo il quadro di riferimento sulla base degli orientamenti interpretativi esposti si rileva quindi che, mentre il Vice Prefetto Vicario, tra i compiti del quale rientra quello di generale sostituzione del Prefetto in tutte le sue funzioni e attribuzioni sulla base di una delega rilasciata a monte, al momento del conferimento della funzione, può operare in vece del Prefetto senza necessità di giustificare l’intervenuta sostituzione -nemmeno in relazione ad una eventuale impossibilità di intervento diretto del Prefetto -, il Vice Prefetto aggiunto (o altri soggetti eventualmente indicati per la sostituzione del Prefetto per specifici atti) deve (debbono) essere muniti di apposita delega (risultante dall’atto o esibita in caso di richiesta di giustificazione dei poteri esercitati).
Nel caso in esame il Giudice di pace ha accertato, con giudizio di merito di cui in questa sede non può sollecitarsi la revisione, che la delega era stata conferita anteriormente come da annotazione apposta sul decreto di espulsione «p. IL PREFETTO – il Funzionario delegato -Il presente provvedimento è firmato dal Funzionario Delegato, come da disposizione del Prefetto della Provincia di Roma Prot. n.0201614 del 24/05/2023 – Firmato digitalmente – NOME COGNOME» e la censura si limita a porre in dubbio l’accertamento in questione, senza nemmeno indicare alcun elemento decisivo, oggetto del giudizio di cui sia stato omesso l’esame, da cui l’ipotesi dubitativa sia supporta.
6. -In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non si provvede sulle spese, in assenza di attività difensiva degli intimati.
Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
-Dichiara inammissibile il ricorso;
-Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima