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Decreto di espulsione nullo senza traduzione: Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16411/2025, ha stabilito un principio fondamentale a tutela del diritto di difesa degli stranieri. Un decreto di espulsione non tradotto in una lingua comprensibile al destinatario è nullo. Di conseguenza, l’opposizione non può essere considerata tardiva se lo straniero non ha potuto comprendere il contenuto dell’atto e i rimedi a sua disposizione. La Corte ha cassato la decisione del Giudice di Pace che aveva dichiarato inammissibile il ricorso per decorrenza dei termini, senza prima verificare la fondatezza della lamentela sulla mancata traduzione.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Decreto di Espulsione Nullo se Non Tradotto: La Sentenza della Cassazione

Il diritto di difesa è un pilastro del nostro ordinamento e deve essere garantito a tutti, inclusi i cittadini stranieri. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con forza questo principio, soffermandosi sulla validità di un decreto di espulsione non tradotto in una lingua comprensibile per il destinatario. La decisione chiarisce che la mancata traduzione non è un mero vizio formale, ma un elemento che incide direttamente sulla validità dell’atto e sulla decorrenza dei termini per l’impugnazione.

I Fatti di Causa

Un cittadino straniero di lingua georgiana riceveva un decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Torino, con un conseguente ordine di allontanamento del Questore. Il provvedimento veniva tradotto unicamente in lingua inglese. L’interessato proponeva ricorso al Giudice di Pace per l’annullamento del decreto, ma il suo ricorso veniva dichiarato inammissibile perché depositato oltre i termini previsti dalla legge.

La Decisione del Giudice di Pace e il Ricorso in Cassazione

Il Giudice di Pace si era limitato a un calcolo meramente cronologico, ritenendo tardivo il deposito telematico del ricorso. Tuttavia, il cittadino straniero, attraverso il suo legale, proponeva ricorso in Cassazione, lamentando proprio questo punto. Nel suo motivo di ricorso, egli sosteneva che la mancata traduzione del decreto di espulsione nella sua lingua madre, il georgiano, gli aveva impedito di comprendere il contenuto del provvedimento e, di conseguenza, di proporre un’opposizione tempestiva. Questa circostanza, a suo dire, avrebbe dovuto portare il giudice a concedergli la restituzione in termini.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sul decreto di espulsione

La Corte di Cassazione ha ritenuto il motivo fondato, accogliendo il ricorso. Gli Ermellini hanno bacchettato il Giudice di Pace per non aver esaminato l’eccezione relativa alla mancata traduzione, che costituiva uno dei motivi principali del ricorso originario. La Corte ha riaffermato un principio consolidato nella sua giurisprudenza: la mancata traduzione del decreto di espulsione nella lingua propria del destinatario o, in subordine, in una lingua veicolare che egli dimostri di non comprendere, determina la nullità del provvedimento.

L’obbligo di traduzione a carico dell’autorità amministrativa è derogabile solo in casi eccezionali, come l’impossibilità di reperire un traduttore per una lingua molto rara, e l’onere della prova che lo straniero comprenda l’italiano o la lingua veicolare utilizzata grava sulla Pubblica Amministrazione. Di conseguenza, il termine per proporre opposizione non decorre dalla semplice notifica dell’atto, ma dal momento in cui lo straniero acquisisce una piena e adeguata conoscenza del contenuto del provvedimento e dei rimedi legali a sua disposizione. Il giudice di merito, quindi, non può fermarsi al mero computo dei giorni, ma deve accertare se la barriera linguistica abbia concretamente leso il diritto di difesa del ricorrente.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, rafforza le garanzie difensive per i cittadini stranieri, assicurando che le decisioni che incidono sulla loro libertà personale siano pienamente comprese. In secondo luogo, impone ai giudici di merito un’analisi più approfondita e meno formalistica quando viene sollevata una questione di mancata traduzione. Non basta verificare la data di notifica e quella di deposito del ricorso; è necessario valutare nel concreto se il diritto di agire in giudizio sia stato effettivamente garantito. La Corte ha quindi cassato la sentenza e rinviato il caso al Giudice di Pace di Torino, in persona di un altro magistrato, per un nuovo esame che tenga conto dei principi enunciati.

Un decreto di espulsione è valido se non è tradotto in una lingua comprensibile allo straniero?
No, la mancata traduzione del decreto di espulsione in una lingua conosciuta dal destinatario ne determina la nullità. L’onere di provare che lo straniero comprenda l’italiano o la lingua veicolare usata spetta all’amministrazione.

Quando inizia a decorrere il termine per impugnare un decreto di espulsione non tradotto?
Il termine per l’opposizione decorre non dalla data della notifica formale, ma dal momento in cui lo straniero ha avuto piena ed effettiva conoscenza della natura del provvedimento e dei rimedi legali per contestarlo.

Cosa deve fare il giudice se uno straniero lamenta la mancata traduzione di un decreto di espulsione?
Il giudice non può limitarsi a dichiarare il ricorso tardivo basandosi solo sulle date. Deve esaminare nel merito la questione della mancata traduzione per accertare se questa abbia effettivamente impedito allo straniero di esercitare il proprio diritto di difesa in modo tempestivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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