Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23992 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23992 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/08/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 13062/2024
promosso da
COGNOME , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
ricorrente contro
M INISTERO DELL’INTERNO , in persona del Ministro pro tempore , e PREFETTURA DI PALERMO , in persona del Prefetto pro tempore ;
intimati con atto di costituzione
avverso la sentenza del Giudice di pace di Palermo n. 1288/2024, pubblicata il 22/04/2024;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
letti gli atti e i documenti del procedimento;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Giudice di pace di Palermo, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’impugnazione proposta dal cittadino straniero contro il decreto di espulsione amministrativa, notificato il 05/03/2024, a seguito del rigetto della domanda di protezione internazionale
reiterata, che però era stato notificato al richiedente asilo il 18/03/2024 e, dunque, successivamente al decreto di espulsione.
Il cittadino straniero ha proposto ricorso per cassazione avverso tale provvedimento, affidato a tre motivi di doglianza.
Gli intimati non si sono difesi con controricorso, depositando, tuttavia, un atto di costituzione ai fini della partecipazione della eventuale udienza pubblica.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la nullità della decisione impugnata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Il ricorrente ha affermato di avere formulato, quale primo motivo di impugnazione del decreto di espulsione davanti al Giudice di pace, la mancanza di una regolare notifica del provvedimento con cui la Commissione Territoriale aveva dichiarato inammissibile la domanda reiterata di protezione internazionale, di cui aveva appreso la notizia dall’esame de l decreto di espulsione, notificato il 05/03/2024, evidenziando che il Giudice di pace, anziché affrontare la questione, si era limitato a ritenere che il rilievo poteva ritenersi superato a fronte del fatto che, avendo, poi, avuto la comunicazione del mancato accoglimento della domanda reiterata di protezione, il richiedente asilo non si era attivato per presentare ricorso contro tale provvedimento unitamente alla richiesta di rimessione in termini.
Il ricorrente ha precisato che, solo dopo una regolare notifica del rigetto della sua domanda reiterata di protezione internazionale, egli avrebbe potuto esperire il rimedio di cui all’art. 35 d.lgs. cit. e, in seno al medesimo, avanzare istanza di rimessione in termini, con la conseguenza che era doveroso per il Giudice di pace esaminare preliminarmente la questione posta dal ricorrente, per verificare se il decreto di espulsione fosse stato emesso legittimamente.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la nullità della decisione impugnata , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per motivazione illogica e/o insanabilmente contraddittoria.
Il ricorrente ha riferito di avere rappresentato, con il secondo motivo di impugnazione del provvedimento di espulsione davanti al Giudice di pace, la nullità del decreto prefettizio di espulsione, per mancata assegnazione del termine per l’allontanamento volontario ai sensi dell’art. 7 par. 4 Direttiva CEE n. 2008/115, ma il Giudice adito aveva respinto la censura, ritenendo che il decreto prefettizio di espulsione, che aveva fede privilegiata, recava l’attestazione che era stato lo stesso straniero a dichiarare di non voler tornare nel Paese di origine e di non voler richiedere un termine per la partenza volontaria.
Secondo il cittadino straniero, a prescindere da ogni valutazione sulla rilevanza delle dedotte dichiarazioni, nessuna norma attribuiva fede privilegiata al provvedimento di espulsione, aggiungendo che non vi era alcuna prova che lo straniero avesse mai rilasciato dette dichiarazioni. Il Giudice di pace avrebbe, quindi, dovuto valutare che, ai sensi dell’art. 7, par. 4, della direttiva CEE n. 2008/115, è consentito agli Stati membri dell’Unione di astenersi dal concedere un periodo per l’allontanamento volontario solo nell ‘ ipotesi in cui sia ravvisato, e risulti dalla motivazione del provvedimento, un rischio di fuga o la domanda di soggiorno sia respinta per essere manifestamente infondata o fraudolenta, ovvero l’interessato costituisca un pericolo per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la nullità della decisione impugnata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per avere il Giudice di pace adottato una motivazione non pertinente in ordine alle allegazioni in ordine ai presupposti per l’ottenimento di un permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 19 d.lgs. n. 286 del 1998.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
Il Giudice di pace sul punto ha statuito come segue: «letto il primo motivo di ricorso con il quale il ricorrente ‘eccepisce la nullità dell’impugnato decreto di espulsione stante la mancata regolare notifica del provvedimento di diniego della domanda di protezione in reitera a suo tempo avanzata alla Commissione Territoriale di Trapani, riservandosi il deposito del ricorso ex art. 35 D. Lgs. 25/2008 avverso il predetto provvedimento di diniego della protezione, nell’ambito del quale il Ricorrente farà preliminarmente valere il suo diritto ad essere rimesso in termini … omissis … rilevato che in riscontro alla nota del 19.02.2024 inviata dal procuratore del ricorrente, veniva comunicato in data 18.03.2024 il decreto di inammissibilità della reiterata domanda di protezione internazionale reso in data 20.07.2023 dalla Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Trapani; ritenuto, pertanto, che il motivo di gravame in esame debba essere valutato alla luce del disposto di cui al comma 5 dell’art. 35 bis del Decreto Legislativo n. 25/2008, sopra richiamato che esclude, in ipotesi di proposizione di ricorso, la sospensione della efficacia esecutiva del provvedimento che dichiara inammissibile una domanda reiterata di protezione internazionale; osservato, peraltro, che in atti non risulta che ad oggi il ricorrente, a seguito della lamentata nullità della notifica del provvedimento in esame, abbia presentato, avuta conoscenza del decreto di inammissibilità in data 18.03.2024, la istanza di rimessione in termini di cui fa cenno in seno al ricorso;»
Il menzionato Giudice ha, dunque, dato rilievo al fatto che il cittadino straniero ha, poi, ricevuto la comunicazione del provvedimento della Commissione Territoriale in data 18/03/2024 e che, ciò nonostante, non ha proposto il ricorso contro detto provvedimento richiedendo la remissione in termini.
È tuttavia evidente che ciò che è stato dedotto come rilevante è la mancanza di una valida notifica del provvedimento che ha dichiarato inammissibile la domanda reiterata di protezione internazionale al momento della notifica del decreto di espulsione.
Com’è noto, in applicazione dell’art. 7 d.lgs. n. 25 del 2008, nel testo vigente ratione temporis , il richiedente asilo è autorizzato ex lege a rimanere nel territorio dello Stato fino alla decisione della Commissione territoriale, anche se tale previsione non si applica, tra gli altri, a coloro che … «d) hanno presentato una prima domanda reiterata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione di una decisione che ne comporterebbe l’imminente allontanamento dal territorio nazionale; e) manifestano la volontà di presentare un’altra domanda reiterata a seguito di una decisione definitiva che considera inammissibile una prima domanda reiterata ai sensi dell’articolo 29, comma 1, o dopo una decisione definitiva che respinge la prima domanda reiterata ai sensi dell’articolo 32, comma 1, lettere b) e bbis).»
Nel caso di specie dalla lettura della sentenza del Giudice di pace, ed anche dalle allegazioni del ricorrente, non risulta che fosse integrata alcuna di queste ipotesi, risultando soltanto la presentazione di una domanda reiterata dichiarata inammissibile (art. 29 d.lgs. n. 25 del 2008).
Ai sensi dell’art. 32, comma 4, d.lgs. n. 25 del 2008, la dichiarazione di inammissibilità della domanda reiterata di protezione internazionale comporta «alla scadenza del termine per l’impugnazione, l’obbligo per il richiedente di lasciare il territorio nazionale, salvo che gli sia stato rilasciato un permesso di soggiorno ad altro titolo e salvo che la Commissione territoriale rilevi la sussistenza di una delle condizioni di cui ai commi 3.2 e 3-bis del presente articolo o di una delle cause impeditive di cui all’articolo 19, commi 1-bis e 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Nei casi di cui al periodo precedente, la decisione reca anche l’attestazione dell’obbligo di rimpatrio e del divieto di reingresso di cui all’articolo 13, commi 13 e 14, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. L’attestazione tiene luogo e produce gli effetti del provvedimento di espulsione amministrativa di cui all’articolo 13 del decreto legislativo
25 luglio 1998, n. 286, e il questore procede ai sensi del medesimo articolo 13, commi 4 e 5, salvi gli effetti di cui all’articolo 35-bis, commi 3 e 4, del presente decreto. Il provvedimento recante l’attestazione dell’obbligo di rimpatrio in conformità al presente comma è impugnabile con ricorso unitario ai sensi dell’articolo 35, comma 1, del presente decreto.
Il successivo art. 35 bis , comma 2, d.lgs. cit. stabilisce che il ricorso è proposto, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento, ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente si trova in un Paese terzo al momento della proposizione del ricorso.
È pertanto evidente che, fino a che non è notificato il provvedimento della Commissione territoriale, non decorre il termine per proporre ricorso contro la decisione della Commissione territoriale e, dunque, il cittadino straniero conserva il diritto di restare nel territorio italiano, con la conseguenza che il decreto di espulsione non può essere validamente adottato.
Nella specie, il Giudice di pace avrebbe dovuto tenere conto, ai fini della decisione, della circostanza dedotta dal ricorrente, e pure acquisita al processo, data dal fatto che quest’ultimo aveva ricevuto la notifica del decreto di espulsione senza che avesse prima ricevuto la notifica del diniego di protezione, circostanza che è sicuramente decisiva, perché, in mancanza delle eccezioni come sopra previste dall’art. 7, comma 2, d.lgs. n. 25 del 2008, il cittadino straniero aveva ancora diritto di restare nel territorio italiano.
L’accoglimento del primo motivo di ricorso rende superfluo l’esame degli altri, da ritenersi assorbiti.
In conclusione, deve essere accolto il primo motivo di ricorso e, dichiarati assorbiti gli altri, deve essere cassata la decisione impugnata.
La causa può essere decisa nel merito, non essendo necessario alcun ulteriore accertamento in fatto, tenuto conto che lo stesso Giudice di pace ha dato atto che il decreto di espulsione è stato adottato
quando ancora non era stato notificato il provvedimento di diniego della protezione internazionale, pur senza rilevare le conseguenze e, cioè, che, non risultando integrate le previste eccezioni, al momento della notifica del decreto di espulsione il cittadino straniero aveva ancora il diritto di restare nel territorio italiano.
Le spese processuali di tutti i gradi devono essere liquidate dal giudice del merito, trattandosi di difensore ammesso ex lege al patrocinio a spese dello Stato (art. 142 d.P.R. n. 115 del 2002).
P.Q.M.
la Corte
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla il decreto di espulsione notificato al ricorrente il 05/03/2024.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile