Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12012 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12012 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8931/2024 proposto da:
NOME COGNOME elett.te domic. pr esso l’avv. NOME COGNOME dal quale è rappres. e difeso, per procura speciale in atti;
-ricorrente –
-contro-
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.; PREFETTURA DI AGRIGENTO, in persona del Prefetto p.t., rappres. e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato ;
-resistenti- a vverso l’ordinanza emessa dal g iudice di Pace di Agrigento, depositata il 26.03.2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4.02.2025 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con ricorso in data 08.03.2024, NOME proponeva opposizione avverso il decreto di espulsione n. 29/2024, emesso dal Prefetto di Agrigento in data 28.02.2024 e notificato in pari data.
Con ordinanza depositata il 26.3.2024, il giudice di Pace rigettava il ricorso, osservando che: il ricorrente era stato già in precedenza destinatario di un precedente decreto di espulsione, emesso dal Prefetto di Agrigento in data 05.01.2024, a seguito del quale il Questore aveva disposto l’ordine di lasciare l’Italia entro 7 giorni dalla notifica dell’atto , ma lo stesso invece si era trattenuto senza giustificato motivo; non vi era stata una carente attività istruttoria, ritenuto che dall’esame della doc umentazione in atti emergeva che la posizione del ricorrente era stata attentamente vagliata dalla pubblica amministrazione, in quanto nei suoi confronti erano stati eseguiti accertamenti atti a verificare la sua identità e nazionalità, tant’è vero che era stata appurata l’esistenza di un precedent e decreto di espulsione, e gli era stata prospettata la possibilità di avanzare richiesta di protezione internazionale, senza che lo stesso se ne fosse avvalso ; poiché al momento dell’emissione del decreto di espulsione opposto, il ricorrente non risultava essere titolare di permesso di soggiorno, il provvedimento impugnato era stato legittimamente emesso, redatto in lingua italiana e tradotto in lingua inglese, nonostante lo straniero non comprendesse nessuna delle due lingue; inoltre, non era fondata la doglianza relativa alla mancata traduzione del decreto impugnato nella lingua da lui conosciuta, in quanto (a norma dell’art. 13 co.7 T.U. ), il decreto di
espulsione e ogni altro atto concernente l’ingresso, il soggiorno e l’espulsione, sono comunicati all’interessato, unitamente all’indicazione delle modalità di impugnazione, in una lingua da lui conosciuta ed ove non sia possibile in lingua francese, inglese o spagnola, una volta che l’autorità amministrativa ha assolto l’onere di specificazione in ordine alla ragione della difficoltà tecnicoorganizzativa che ha impedito la traduzione nella lingua dello straniero.
COGNOME James ricorre in cassazione avverso la suddetta ordinanza con due motivi . L’Avvocatura Generale dello Stato si è costituita al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 19, commi 1 e 1.1,del d. Lgs.n. 286/1998 ed omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, nonché nullità del provvedimento impugnato, a norma dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c..
Al riguardo, il ricorrente assume che: l’ordinanza impugnata è in contraddizione rispetto al testo dell’art. 19, laddove il giudice di primo grado ha richiamato, in maniera acritica ma senza conoscerne i contenuti, gli ” accertamenti atti a verificare la sua identità e nazionalità, tant’è vero che è stata appurata l’esistenza di un precedente decreto di espulsione” condotti in sede di emissione dell’impugnato decreto di espulsione da parte dell’autorità amministrativa, mentre aveva l’obbligo di procedere ad un autonomo e positivo vaglio della posizione del ricorrente risultante dagli atti di giudizio; dalla motivazione emergeva, infatti, l’errore in cui era incorso l’adito giudice di Pace nell’ avere
totalmente omesso di istruire il procedimento, ritenendo legittimo il decreto impugnato- non prodotto dalla controparte- nonostante la Prefettura di Agrigento, ritualmente citata in giudizio, sia rimasta contumace e non abbia prodotto alcuna documentazione a sostegno della correttezza della disposta espulsione; il giudice di Pace, nel convalidare l’espulsione , si era limitato a richiamare per relationem il giudizio già espresso in sede amministrativa dalla Prefettura di Agrigento, senza nemmeno verificarne la sua correttezza sostanziale; pertanto, la motivazione del provvedimento impugnato era apparente, del tutto assente ed in contraddizione con le risultanze degli atti di causa.
Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 13, comma 7, D.lgs. 286/1998, 24 Cost., per violazione del diritto di difesa, 3 Cost., per violazione del principio di uguaglianza, e nullità del decreto di espulsione per omessa traduzione nella lingua del paese di provenienza dello straniero, a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. ;
Al riguardo, il ricorrente lamenta che il decreto di espulsione era stato redatto in lingua italiana e sommariamente tradotto nella lingua veicolare inglese, da lui non scelta.
Il primo motivo è infondato.
In tema di ricorso per cassazione, è nulla, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., la motivazione solo apparente, che non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, attraverso una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo
giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame (Cass., n. 27112/2018). La sentenza d’appello può essere motivata “per relationem”, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente (Cass., n. 28139/2018, SU, n. 7074/2017).
Nella specie, non ha pregio la doglianza relativa all’asserita carenza dell’istruttoria da parte del giudice di Pace il quale , nel decidere i vari motivi di gravame, non ha fondato il provvedimento emesso acriticamente su dati richiamati per relationemin ordine al precedente decreto d’espulsione emesso dal Prefetto di Agrigento in data 05.01.2024, e alla mancanza del permesso di soggiornoma li ha vagliati e ritenuti correttamente valutati da parte del Prefetto.
Infatti, giova rilevare che il giudice di Pace ha evidenziato che il ricorrente, privo del permesso di soggiorno, era stato oggetto di accertamenti accurati dai quali era emerso il precedente decreto d’espulsione.
Né il ricorrente ha indicato quali fatti o situazioni avrebbe dovuto accertare il giudice di Pace, allegandone la rilevanza ai fini della decisione.
Il secondo motivo è fondato.
Secondo l’orientamento di questa Corte – cui il collegio intende dare continuità- in tema di espulsione amministrativa dello straniero, grava sulla P.A. l’onere di provare l’eventuale conoscenza della
lingua italiana o di una delle lingue veicolari da parte del destinatario del provvedimento, quale elemento costitutivo della facoltà di notificargli l’atto in una di dette lingue. L’accertamento in concreto se la persona conosca la lingua nella quale il provvedimento espulsivo sia stato tradotto compete al giudice di merito, il quale, a tal fine, deve valutare gli elementi probatori acquisiti al processo, tra cui assumono rilievo anche le dichiarazioni rese dall’interessato nel cd. foglio-notizie, ove egli abbia dichiarato di conoscere una determinata lingua nella quale il provvedimento sia stato tradotto (Cass., n. 243015/2020; n. 11877/2018).
È stato altresì affermato che, in tema di espulsione amministrativa del cittadino straniero, è nullo il provvedimento di espulsione tradotto in lingua veicolare, per l’affermata irreperibilità immediata di un traduttore nella lingua conosciuta dallo straniero, salvo che l’amministrazione non affermi, ed il giudice ritenga plausibile, l’impossibilità di predisporre un testo in detta lingua per la sua rarità ovvero l’inidoneità di tale testo alla comunicazione della decisione in concreto assunta (Cass., n. 5837/2022: nel caso di specie, la SRAGIONE_SOCIALE. ha dichiarato nullo il provvedimento di espulsione redatto in lingua inglese, non tradotto in lingua bengali, in assenza di valutazioni in merito all’impossibilità di predisporre un testo nella lingua conosciuta dal destinatario dell’atto).
Ora, nella caso concreto, il giudice di Pace, pur dando atto dell’obbligo di accertare che l’autorità amministrativa abbia assolto l’onere di specificazione in ordine alla ragione della difficoltà tecnico-organizzativa che ha impedito la traduzione nella lingua dello straniero, non ha motivato sulla questione, come se avesse
implicitamente dato per scontato che fosse stata accertata una specifica ragione della mancata traduzione nella lingua d’origine del ricorrente, e senza l’assenso dell’istante circa l’uso della lingua inglese.
Invero, l’opposto decreto di espulsione è stato redatto in lingua italiana e tradotto in lingua inglese, senza consentire all’interessato, come emerge dagli atti , di esprimere la preferenza per la lingua del paese d’origine, oppure per una lingua veicolare. Per quanto esposto, in accoglimento del secondo motivo, il provvedimento impugnato va cassato, con rinvio della causa al giudice di Pace, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo, nei limiti di cui in motivazione, e rigetta il primo motivo. Cassa l’ordinanza impugnata , e rinvia la causa al giudice di Pace di Agrigento, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del giudizio di Cassazione.
Così deciso nella camera di consiglio del 4 febbraio 2025.