Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18304 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18304 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/07/2024
Oggetto: Proprietà
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 11368/2020 R.G. proposto da
NOME, NOME NOME COGNOME e NOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, presso il cui studio in Alghero, INDIRIZZO, sono elettivamente domiciliati.
-ricorrenti -COMUNE DI ALGHERO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con studio in Sassari, INDIRIZZO, ed elettivamente domiciliati in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione.
-controricorrente e ricorrente incidentale –
Avverso la sentenza n. 576/2019, resa dalla Corte d’Appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, pubblicata il 20/12/2019 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23 maggio 2024 dalla AVV_NOTAIO.ssa NOME COGNOME;
Rilevato che:
1. Con atto di citazione depositato il 10 novembre 2006, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, premesso che, in forza di successione da COGNOME NOME, deceduta il 19 luglio 1984, erano divenuti proprietari, per eguali quote tra loro, di un appezzamento di terreno coltivato a uliveto, sito in Comune di Alghero, che quest’ultimo Comune aveva contestato il proprio diritto attraverso l’emissione, in data 8 Febbraio 1986, di decreto di esproprio e che il predetto provvedimento era inefficace o comunque nullo, convennero in giudizio il predetto ente, affinché venissero dichiarati unici ed esclusivi proprietari del terreno in questione, con condanna della controparte alla cancellazione della trascrizione e delle volture catastali operate in loro danno, nonché al risarcimento dei danni. Costituitosi in giudizio, il Comune di Alghero eccepì il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e, in via subordinata, chiese l’accertamento del diritto di proprietà sul bene in capo ad esso per effetto dell’irreversibile trasformazione del fondo o anche, in via ulteriormente subordinata, per usucapione ventennale ex art. 1158 cod. civ., eccependo in ogni caso l’intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno con decorrenza dall’avvenuta irreversibile trasformazione del fondo.
Gli attori integrarono la domanda con la memoria ex art. 183, comma sesto, n. 1, cod. proc. civ., chiedendo, in via subordinata per l’ipotesi di ritenuto acquisto del bene al patrimonio, la condanna del Comune di Sassari al risarcimento dei danni per la perdita del diritto dominicale sul terreno, secondo stima rapportata al valore venale del bene, mentre il Comune, con
memoria ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., chiese, in via alternativa o subordinata, di essere dichiarato proprietario del mappale di causa in virtù del decreto di esproprio del 1986.
Il giudice adito, dichiarata, con ordinanza del 9 giugno 2011, non impugnata, la giurisdizione del giudice ordinario per non essere il bene interessato da procedimento ablatorio, stante la sua mancata irreversibile trasformazione e l’omessa produzione del decreto di esproprio, ritenne che non fosse configurabile alcuna occupazione appropriativa e che il bene non fosse stato trasformato ai fini dell’accessione invertita e rigettò, pertanto, le domande attoree con sentenza n. 90/2016, dando atto della rinuncia abdicativa del diritto controverso da parte di NOME.
Il giudizio di gravame, incardinato su iniziativa di NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e nella resistenza del Comune di Alghero, che propose, a sua volta, appello incidentale in merito al difetto di legittimazione attiva degli attori, all’accertamento e alla declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice ordinario e all’accertamento dell’acquisto del predetto fondo in capo al Comune di Alghero per intervenuta usucapione ventennale, si concluse con la sentenza n. 576/2019, pubblicata il 20 dicembre 2019, con la quale la Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, rigettò gli appelli principale e incidentale e le due eccezioni sollevate dal Comune, aventi ad oggetto la mancata dimostrazione dell’accettazione dell’eredità, la prescrizione del relativo diritto e il difetto di giurisdizione, sostenendo, rispettivamente, che l’ente non avesse sollevato in primo grado e nei termini le relative questioni e che l’ordinanza di affermazione della giurisdizione del giudice ordinario, pur avendo natura sostanziale di sentenza, non fosse stata impugnata nei termini, né fosse stata fatta riserva d’appello. Nel
merito, i giudici di secondo grado evidenziarono, innanzitutto, come il decreto di esproprio, ancorché emesso dopo la scadenza del termine decorrente dalla dichiarazione di pubblica utilità, non fosse affetto da nullità o inesistenza, ma da vizio di legittimità, con conseguente sua idoneità a spiegare gli effetti in assenza di tempestiva sua impugnazione, nella specie mancata, e, quindi, come la domanda di accertamento della proprietà in forza del decreto di esproprio, avanzata dal Comune, non fosse tardiva, essendo il relativo diritto autodeterminato, e come il risarcimento fosse possibile solo in caso di mancata dichiarazione di pubblica utilità o di occupazione di urgenza non seguiti da decreto di esproprio e non per la perdita della proprietà.
Contro la predetta sentenza, propongono ricorso NOME, NOME e NOME, affidato a tre motivi. Il Comune di Alghero ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale condizionato, affidato a cinque motivi.
Considerato che :
Con il primo motivo di ricorso principale, si lamenta la nullità della sentenza e dell’intero procedimento per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 111, sesto comma, Cost., 2909-1362 e ss. cod. civ., e 112, 113, 132 cod. proc. civ., e 118 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., perché i giudici di merito, nell’analizzare l’ordinanza del 9/6/2011, con la quale il giudice di primo grado aveva rigettato l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, avevano escluso che il giudicato formatosi contemplasse anche le circostanze in essa analizzate e afferenti al fatto che il fondo, trovandosi in stato di abbandono, non fosse stato irreversibilmente trasformato, che il decreto di esproprio non fosse stato proAVV_NOTAIOo e che non fosse perciò ipotizzabile una
lesione della proprietà riconducibile a provvedimenti ablatori, sostenendo la natura interinale e non suscettibile di giudicato delle predette affermazioni, siccome funzionali ad accertare il petitum sostanziale onde individuare il giudice avente giurisdizione. Ad avviso dei ricorrenti, tale affermazione si poneva in contrasto non solo con il giudicato, che copre il deAVV_NOTAIOo e il deducibile, ma anche con la parte della motivazione che aveva attribuito all’ordinanza in questione natura sostanziale di sentenza, tale da non poter più essere messa in discussione, se non con la sua tempestiva impugnazione, nella specie mancata. Inoltre, i giudici d’appello avevano sostenuto che le affermazioni contenute nell’ordinanza rimettessero al prosieguo dell’istruttoria l’accertamento della irreversibile trasformazione del fondo, senza valutare che, nell’ordinanza stessa, la nomina del c.t.u. aveva avuto, invece, di mira la sola individuazione della parte di fondo contesa, che non riguardava l’intero mappale, ma una parte, ciò che contribuiva a confermare la definitività delle circostanze in fatto accertate con il predetto provvedimento, sicché la motivazione era anche sotto questo profilo contraddittoria, in quanto descriveva l’ordinanza come decisoria, per poi attribuirle un significato diverso, oltre a porsi in contrasto con la stessa domanda che non aveva ad oggetto l’intero mappale, come pareva arguirsi dalla parte della motivazione che descriveva l’oggetto del decreto di esproprio, ma solo una parte.
2. Col secondo motivo di ricorso principale, si lamenta la nullità della sentenza e dell’intero procedimento per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115,116,183, sesto comma, cod. proc. civ., 74 e 87 disp. att. cod. proc. civ., nonché dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito travisato la prova, allorché avevano ritenuto depositato nei termini il decreto di esproprio, che, peraltro, risultava emesso un anno e mezzo prima della delazione
testamentaria che aveva reso i ricorrenti proprietari del bene, senza considerare che tale documento non risultava nell’elenco vidimato dalla cancelleria e vi era stato inserito abusivamente dopo il 9/6/2011, a termini per le deduzioni istruttorie ormai decorsi, e che la questione era emersa soltanto dopo il deposito della sentenza di primo grado, sicché non era stata sollevata in quella sede, con la conseguenza che detto documento non avrebbe potuto essere posto a fondamento della decisione, come invece avvenuto, profilandosi in tal caso un travisamento della prova. Peraltro, i giudici avevano frainteso il motivo d’appello proposto, col quale si intendeva censurare la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva posto a fondamento della decisione il decreto di esproprio, senza porsi il problema della sua tempestiva produzione, sostenendo che non fosse nuova la domanda di accertamento della proprietà fondata sul predetto decreto in ragione della natura autodeterminata della stessa.
3. Col terzo motivo di ricorso principale, infine, si lamenta la violazione dell’art. 13, l. 25 giugno 1865, n. 2359, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., e la violazione degli artt. 111 Cost., 115 e 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito affermato che il decreto di esproprio non era inesistente o nullo, essendo stato emesso dopo la dichiarazione di pubblica utilità e il decreto di occupazione di urgenza, che aveva individuato i ricorrenti come eredi, che i vizi di legittimità non potevano essere valutati dal giudice ordinario, che la sua emissione tardiva non costituiva carenza di potere e che questo lo rendeva idoneo a degradare la posizione soggettiva del destinatario in assenza di una sua impugnazione. Ad avviso dei ricorrenti, i giudici, nel confermare l’effetto ablativo del decreto di esproprio, avevano, per un verso, omesso di considerare le doglianze degli appellanti, che avevano lamentato il fatto che il decreto di esproprio fosse stato emesso
l’8/2/1986, ben oltre il termine fissato dal decreto del Presidente della Giunta del 27/12/1977, in conformità all’art. 13 della predetta disposizione, che lo stesso fosse stato emesso a nome di COGNOME NOME, ancorché questa fosse deceduta da ben due anni, ossia il 19/7/1984, e non nei confronti dei suoi eredi, che la sua notifica, peraltro non proAVV_NOTAIOa, fosse dunque irregolare e che dovesse perciò essere considerato inesistente e frutto di una conAVV_NOTAIOa abusiva, e avevano, per altro verso, reso una motivazione in violazione della l. n. 2359 del 1865, avendo escluso che il decreto fosse stato emesso in carenza assoluta di potere, in contrasto con gli arresti della giurisprudenza di legittimità sul punto. Infine, i giudici avevano affermato che il terreno era asservito al complesso di edilizia residenziale realizzato nelle aree ad esso confinanti, senza che tali circostanze potessero trarsi dalla c.t.u., che, invece, aveva individuato solo due confini con gli immobili di edilizia residenziale pubblica e aveva accertato la presenza di un uliveto e di muretti, dei quali non risultava l’autore.
4. Col primo motivo di ricorso incidentale subordinato, si lamenta la nullità della sentenza e/o del procedimento e la violazione degli artt. 81, 99, 100, 115 cod. proc. civ., 457, 459, 475, 476, 480, 565, 586, 677, 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito affermato che, con riferimento all’eccepito difetto di legittimazione attiva, il Comune non avesse mosso alcuna contestazione in ordine all’accettazione dell’eredità da parte dei ricorrenti, mentre il decreto di esproprio individuava i predetti come eredi, e che, con riferimento alla prescrizione del diritto di accettare, la relativa eccezione non era stata sollevata nei termini, senza considerare che la questione dell’accettazione della eredità, in quanto involgente la legittimazione attiva, non costituisce eccezione in senso stretto, ma elemento costitutivo del diritto fatto valere in giudizio, con
conseguente sua proponibilità in ogni momento e rilevabilità d’ufficio.
Col secondo motivo di ricorso incidentale subordinato, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e, segnatamente, degli artt. 457, 459, 475, 476, 480, 565, 586, 677, 2697 cod. civ., 81, 99, 100 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., perché la Corte d’Appello non aveva considerato che la qualità di erede si acquista solo con l’accettazione da esercitare entro dieci anni dall’apertura della successione e che, nella specie, detta volontà era stata manifestata dopo oltre venti anni dall’apertura della successione, avvenuta il 19/7/1984, essendo il presente processo stato incardinato con la notifica del 7/11/2006.
Col terzo motivo di ricorso incidentale subordinato, si lamenta l’omesso in esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e la violazione degli artt. 457, 459, 475, 476, 480, 565, 586, 677, 2697 cod. civ., 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., perché i giudici di merito, sempre con riguardo al difetto di legittimazione attiva degli attori, avevano omesso di rilevare l’assenza in atti di qualsivoglia documento attestante l’accettazione dell’eredità da parte degli attori e l’impossibilità di considerare accettazione tacita l’instaurazione del presente giudizio, siccome sopravvenuto a distanza superiore ai dieci anni dall’accettazione dell’eredità, limitandosi ad affermare che era stato proAVV_NOTAIOo il testamento pubblico, l’atto di registrazione e il certificato di morte e che il decreto di esproprio indicava i ricorrenti come eredi, benché tali atti fossero inidonei ad attestare l’avvenuta accettazione dell’eredità.
Col quarto motivo di ricorso incidentale subordinato, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, degli artt. 934, 936 cod. civ., 1158 cod. civ., in
relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., perché i giudici di merito non avevano considerato che l’irreversibile trasformazione del fondo costituiva una forma di accessione invertita e che l’occupazione e il successivo possesso ultraventennale avevano provocato l’acquisizione di diritto della proprietà in capo al Comune, posto che erano risultati presenti nel fondo un giardino pubblico, uno spazio verde alberato e un camminamento di collegamento delle varie costruzioni, attestanti l’irreversibile trasformazione, con conseguente inaccoglibilità della domanda di riconoscimento del diritto di proprietà dei ricorrenti e di risarcimento del danno.
8. Col quinto motivo di ricorso incidentale subordinato, infine, si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e la violazione degli artt. 1158 e 1164 cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., per avere la Corte d’Appello omesso di verificare le risultanze probatorie e la relazione di c.t.u. in ordine alla occupazione e irreversibile trasformazione del fondo e al possesso ultraventennale dello stesso da parte del Comune, il quale si era immesso nel possesso il 12/12/1974 e aveva emesso il decreto di esproprio il 6/2/1986, sicché aveva posseduto in buona fede per oltre venti anni. Peraltro, se anche l’immissione in possesso del 1976 non fosse stata considerata come possesso di buona fede, comunque vi sarebbe stata interversione per effetto della emissione del decreto di esproprio. 9. Preliminarmente, osserva il Collegio come il ricorso ponga questioni che meritano approfondimento anche di natura nomofilattica, sì da dover essere trattato in pubblica udienza.
P.Q.M.
Rinvia la causa a nuovo ruolo, disponendo la trattazione in pubblica udienza.