Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25027 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25027 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso R.G. n. 02087/2019
promosso da
RAGIONE_SOCIALE (P_IVAv.a P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO in virtù di procura speciale in calce al ricorso per cassazione (PEC: EMAIL);
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME (c.f. CODICE_FISCALE) , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL) in virtù di procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
proposto avverso la sentenza della Corte d’appello di Potenza n. 674/2017, pubblicata il 14/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME; letti gli atti del procedimento in epigrafe;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 23/05/2005, NOME COGNOME conveniva in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE , proponendo un’azione di opposizione alla stima in relazione alla procedura espropriativa di una porzione di fondo sito in agro di Scanzano Jonico, censito in catasto al figlio 67, particelle 345 e 98, ai fini della realizzazione di lavori di adeguamento della Strada Statale Jonica.
L’attore ded u ceva che l’ente era stato immesso nel possesso del suolo a seguito del decreto di occupazione di urgenza, ma nella determinazione dell’indennità provvisoria di esproprio e di occupazione il suolo era stato valutato in maniera risibile, senza neppure considerare la presenza di 6.500 piante di fico in serra.
Chiedeva, quindi, che fosse determinato il giusto indennizzo spettante.
Nel costituirsi, l’RAGIONE_SOCIALE deduceva in via preliminare l’inammissibilità e l’improcedibilità della domanda attorea, perché formulata senza che fosse ancora emesso il decreto di esproprio, chiedendo comunque il rigetto nel merito della pretesa avversaria.
In pendenza del presente procedimento veniva poi adottato il decreto di esproprio (decreto n. 2042 dell’11/01/2010).
Espletata la c.t.u., poi rinnovata, e depositati documenti, la Corte di Potenza con sentenza n. 674/2017 rigettava la domanda di liquidazione dell’indennità di esproprio e condannava l’RAGIONE_SOCIALE a pagare a NOME COGNOME, a titolo di indennità di occupazione legittima, l’importo di euro 4.879,84, oltre interessi legali.
La Corte dava rilievo al fatto che il periodo di occupazione legittima era stato prorogato fino al 15/06/2008 e che l’ irreversibile trasformazione del suolo (con la realizzazione dell’opera) era intervenuta ad aprile o a gennaio del 2007, con la conseguenza che, al momento della cessazione dell’occupazione legittima, e cioè alla data del 15/06/2008, si era perfezionato l’illecito permanente , non essendo ancora intervenuto il decreto di esproprio, nonostante l’esecuzione dell’opera .
Secondo la Corte non aveva rilievo il fatto che il decreto di esproprio fosse stato adottato l’11 /01/2010, nel rispetto del termine (prorogato) per il completamento della procedura espropriativa, poiché tale termine non aveva più alcun rilievo con l’entrata in vigore del d.P.R. n. 327 del 2001. Ciò che importava era che, una volta scaduto il termine per l’occupazione legittima, si era verificata l’irreversibile trasformazione del bene e , dunque, si era perfezionato l’illecito aquiliano di natura permanente sopra menzionato.
Conseguentemente, secondo la Corte di merito, non poteva essere accolta la domanda volta ad ottenere la liquidazione dell’indennità di esproprio , ma solo quella volta ad ottenere l’indennità di occupazione legittima dall’immissione in possesso (16/01/2004) alla scadenza della relativa proroga (15/06/2008).
Avverso detta sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’intimato si è difeso con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis .1 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., dell’art. 34 d.lgs. n. 80 del 1998, come modificato dall’art. 7 l. n. 205 del 2000, dell’art. 53 d.P.R. n. 327 del 2001 e dell’ art. 133 d.lgs. n. 104 del 2010, per essersi la Corte d’appello impropriamente, e senza poteri, pronunciata sull’attività posta in essere dall’RAGIONE_SOCIALE nell’ambito della procedura espropriativa, violando le norme sul riparto di giurisdizione dettate in materia espropriativa, essendo la materia devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione ex art. 360 comma 1, n. 3, c.p.c., degli artt. 13 e 23, comma 1, d.P.R. n. 327 del 2001, per avere la Corte d’appello ritenuto irrilevante l’intervenuta emanazione del decreto di esproprio nei termini previsti dall’art. 13 d.P.R. n. 327 del 2001, giungendo
alla errata statuizione relativa alla mancata acquisizione del bene da parte dell’RAGIONE_SOCIALE e al conseguente diritto alla restituzione o al risarcimento da parte del controricorrente.
Occorre preliminarmente rilevare la sussistenza dell’interesse della ricorrente a proporre il ricorso per cassazione.
2.1. Com’è noto, i l principio contenuto nell’art. 100 c.p.c., secondo il quale per proporre una domanda o per resistere ad essa è necessario avervi interesse, si applica anche al giudizio di impugnazione, in cui l’interesse ad impugnare una data sentenza o un capo di essa va desunto dall’utilità giuridica che dall’eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla parte che lo propone, non potendo consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione giuridica della questione, che non abbia riflessi sulla decisione adottata e che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte. Da quanto esposto deriva che l’interesse all’impugnazione va ritenuto sussistente qualora la pronuncia contenga una statuizione contraria all’interesse della parte medesima, che sia suscettibile di formare il giudicato (così, da ultimo, Cass., Sez. 2, Sentenza n. 28307 del 11/12/2020, ove la S.C., cassando la pronuncia gravata, ha ritenuto sussistente in capo all’appellante l’interesse ad impugnare la pronuncia di primo grado che, con statuizione suscettibile di passare in giudicato, gli aveva riconosciuto la posizione di mero detentore dell’immobile controverso, anziché di possessore , così rigettando l’azione possessoria promossa nei suoi confronti).
Questa Corte ha, poi, evidenziato che il giudicato si forma, oltre che sull’affermazione o negazione del bene della vita controverso, sugli accertamenti logicamente preliminari e indispensabili ai fini del decisum , mentre non comprende le enunciazioni puramente incidentali e in genere le considerazioni estranee alla controversia, che, in quanto eccedenti la necessità logico giuridica della decisione, devono considerarsi obiter dicta , come tali non vincolanti (Cass.,
Sez. 1, Ordinanza n. 3793 dell’ 08/02/2019, n.3793; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 1815 dell’0 8/02/2012).
2.2. Nel caso di specie, l’esclusione della spettanza dell’indennità di esproprio, ritenuta dalla Corte d’appello , trova fondamento nell’accertamento, operato dalla stessa Corte di merito, in ordine alla invalidità o comunque inefficacia del decreto di esproprio, ritenuto non in grado di determinare il passaggio di proprietà dei beni occupati.
È pertanto evidente che l’accertamento della invalidità o inefficacia del decreto di esproprio costituisce il presupposto della mancata determinazione dell’indennità di esproprio e che la ricorrente ha interesse ad eliminare proprio tale accertamento, che non risulta avere richiesto, il quale la esporrebbe alle azioni restitutorie e/o risarcitorie ad esso conseguenti.
Il primo motivo di ricorso può essere deciso dalla Sezione semplice, ai sensi dell’art. 374, comma 1, c.p.c. , riguardando una questione su cui più volte si sono pronunciate le Sezioni Unite di questa Corte, e si rivela infondato.
3.1. Com’è noto, l a regola di riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo non si basa sul criterio del petitum formale, individuato in base all’oggetto del dispositivo che si invoca, bensì su quello del petitum sostanziale, da individuarsi con riguardo alla causa petendi ed al rapporto dedotto in giudizio, oggetto di accertamento giurisdizionale (Cass., Sez. U., Ordinanza n. 2368 del 24/01/2024).
Nel caso di specie, il proprietario del bene assoggettato a procedura espropriativa ha agito in giudizio per sentire accertare la giusta indennità a lui spettante per l’ occupazione legittima del bene e per l’esproprio dello stesso , dopo aver ricevuto il provvedimento di liquidazione provvisoria, che ha ritenuto del tutto inadeguato.
3.2. Il presente giudizio è stato avviato in primo grado nel mese di maggio 2005 (v. p. 1 della sentenza), quando ancora non era
entrato in vigore il d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (cd. Testo Unico sul processo amministrativo).
L’ art. 53 d.P.R. n. 327 del 2001, nel testo vigente ratione temporis , stabilisce quanto segue: «1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparati, conseguenti all’applica zione delle disposizioni del testo unico. 2. …omissis… 3. Resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa».
L’ articolo è stato dichiarato incostituzionale (Corte cost., Sentenza n. 191 dell’11/05/ 2006), con riferimento a statuizioni che non attengono alle controversie da ultimo menzionate.
Allo stesso modo, l ‘ art. 34, commi 1 e 2, d.lgs. n. 80 del 1998, nel testo vigente ratione temporis , devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti ed i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparati in materia urbanistica ed edilizia, con la precisazione che, agli effetti del d.lgs. cit., la materia urbanistica comprende tutti gli aspetti dell’uso del territorio, aggiungendo, al comma 3, che «Nulla è innovato in ordine: …omissis… b) alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa» .
Anche in relazione a tale articolo è intervenuta la dichiarazione di illegittimità costituzionale di disposizioni che non attengono alle controversie riguardanti le menzionate indennità (Corte cost., Sentenza n. 204 del 06/07/2004 e Corte cost., Sentenza n. 281 del 28/07/2004).
3.3. L’art. 53 d.P.R. cit. si riferisce alle controversie disciplinate dal medesimo d.P.R.
Com’è noto tale provvedimento normativo è entrato in vigore il 30/06/2003 (art. 59 d.P.R. cit.) ma, ai sensi dell’art. 57, comma 1, d.P.R. cit., le relative disposizioni «non si applicano ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, sia intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza» , continuando ad applicarsi le norme previgenti.
Nel caso di specie, entrambe le parti hanno ricondotto la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità dei lavori ad una data anteriore al 30/06/2003 – menzionando la deliberazione del RAGIONE_SOCIALE di amministrazione dell’RAGIONE_SOCIALE , che in data 17/04/2003 ha approvato il progetto esecutivo dei lavori, dichiarando la pubblica utilità degli stessi (fisando anche i termini per l’inizio e l a conclusione dei lavori e dell ‘espropriazione ), seguita dalla disposizione n. 1660 del 16/06/2003 (v. p. 1 del ricorso e p. 3 del controricorso, nonché il doc. 4 allegato al ricorso) – sicché, in base alla disciplina transitoria, deve ritenersi applicabile la normativa previgente al d.P.R. n. 327 del 2001 (v. anche p. 3 della sentenza impugnata).
Tale precisazione si sostanzia nella corretta individuazione delle norme applicabili, suscettibile di essere operata anche d’ufficio in base al principio iura novit curia , applicabile anche in sede di legittimità, ove non riguardi accertamenti passati in giudicato (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 4272 del 18/02/2021). Tale evenienza è senza dubbio escludersi, tenuto conto che la censura formulata attiene alla individuazione delle norme di riparto di giurisdizione, che il giudice di legittimità è tenuto a compiere in base alle norme applicabili ratione temporis .
3.4. In conclusione, ai sensi del menzionato art. 34 d.lgs. n. 80 del 1998, deve ritenersi sussistente la giurisdizione del giudice ordinario in relazione alla presente controversia, riguardante la
determinazione delle indennità di occupazione legittima e di esproprio, con azione promossa a seguito della determinazione di tali indennità in via provvisoria (v. già Cass., Sez. U, Sentenza n. 5894 del 01/07/1997; più in generale, v. Cass., Sez. U, Ordinanza n. 23235 del 14/12/2004; cfr. in motivazione Cass., Sez. U, Sentenza n. 24687 del 06/12/2010;Cass., Sez. U, Sentenza n. 3041 del 13/02/2007).
L a Corte d’appello non ha , infatti, annullato il decreto di esproprio ma ha respinto la richiesta di determinazione della giusta indennità, formulata dal proprietario del fondo, considerando tamquam non esset il decreto di esproprio.
Ciò significa che la menzionata Corte non ha applicato -e, dunque, ha disapplicato – il decreto di esproprio.
Come pure affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, ogni censura riferita all’ operata disapplicazione di un atto amministrativo non involge una questione di giurisdizione, riguardando piuttosto l’esercizio di un potere interno alla giurisdizione, censurabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. (cfr., per quanto di interesse, Cass., Sez. U., Sentenza n. 9543 del 12/04/2021).
3.5. Per completezza, deve rilevarsi che, tenuto conto dell’equipollenza delle disposizioni normative sul punto, sopra evidenziata, a identico risultato si perviene anche in applicazione dell’ art. 53 d.P.R. n. 327 del 2001 (cfr. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 13405 del 28/04/2022; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 5518 del 06/03/2017).
3.6. In sintesi, il primo motivo di ricorso deve essere respinto, in applicazione del seguente principio:
«In tema di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, il giudice ordinario adito per la determinazione della giusta indennità di esproprio può valutare la validità e l’efficacia del decreto di esproprio, senza con ciò invadere la giurisdizione del giudice amministrativo, poiché non procede all’annullamento del
provvedimento ablativo, ma si limita a disapplicarlo, ove lo ritenga invalido o inefficace, per escludere la debenza dell’indennità, e la disapplicazione di un atto amministrativo non involge una questione di giurisdizione, ma riguarda l’esercizio di un potere interno alla giurisdizione del giudice ordinario, eventualmente censurabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.»
Il secondo motivo di ricorso è fondato, sia pure nei termini di seguito evidenziati.
4.1. Occorre subito precisare che il ricorrente ha prospettato la violazione del disposto dell’art. 13 d.P.R. n. 327 del 2001, menzionato anche nella decisione impugnata ma, come sopra evidenziato, nella specie sono ancora applicabili le disposizioni previgenti al d.P.R. cit., in applicazione della disciplina transitoria.
Ai fini della ammissibilità del ricorso per cassazione, non è necessaria l’esatta indicazione delle norme di legge delle quali si lamenta l’inosservanza, né la corretta menzione dell’ipotesi appropriata, tra quelle in cui è consentito adire il giudice di legittimità, essendo necessario, invece, che si faccia valere un vizio astrattamente idoneo ad inficiare la pronuncia (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 12690 del 23/05/2018).
In tale prospettiva, l’erronea indicazione della norma violata nella rubrica del motivo non determina ex se l’inammissibilità di questo se la Corte può agevolmente procedere alla corretta qualificazione giuridica del vizio denunciato, sulla base delle argomentazioni giuridiche ed in fatto svolte dal ricorrente, in quanto la configurazione formale della rubrica del motivo non ha contenuto vincolante, ma è solo l’esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14026 del 03/08/2012).
Tale impostazione ermeneutica è stata autorevolmente avallata dalle stesse Sezioni Unite di questa Corte, ove si è precisato che
l ‘ onere della specificità ex art. 366, n. 4, c.p.c. (testo previgente al d.lgs. n. 149 del 2022, applicabile ratione temporis ), secondo cui il ricorso deve indicare i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano, non deve essere inteso quale assoluta necessità di formale ed esatta indicazione della ipotesi, tra quelle elencate nell’art. 360, comma 1, c.p.c., cui si ritenga di ascrivere il vizio, né di precisa individuazione, nei casi di deduzione di violazione o falsa applicazione di norme sostanziali o processuali, degli articoli, codicistici o di altri testi normativi, comportando, invece, l’esigenza di una chiara esposizione, nell’ambito del motivo, delle ragioni per le quali la censura sia stata formulata e del tenore della pronunzia caducatoria richiesta, che consentano al giudice di legittimità di individuare la volontà dell’impugnante e stabilire se la stessa, così come esposta nel mezzo di impugnazione, abbia dedotto un vizio di legittimità sostanzialmente, ma inequivocamente riconducibile ad alcuna delle tassative ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c.
Nel caso di specie, come sopra evidenziato, il motivo censura la decisione impugnata, nella parte in cui ha ritenuto irrilevante l’intervenuta emanazione del decreto di esproprio nei termini reiteratamente prorogati, giungendo alla errata statuizione relativa alla mancata acquisizione del bene da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, mentre invece avrebbe dovuto ritenere che il provvedimento ablativo era stato adottato nel termine prorogato, quando la dichiarazione di pubblica utilità era ancora efficace, ed era pertanto del tutto valido ed efficace.
La critica è chiara e deduce la violazione dell’art. 13 d.P.R. n. 327 del 2001, il quale ha sostituito l’art. 13 l. n. 2359 del 1865 , nella specie applicabile ratione temporis .
L’art. 13 d.P.R. cit. stabilisce quanto segue: « Omissis… 3. Nel provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera può essere stabilito il termine entro il quale il decreto di
esproprio va emanato. 4. Se manca l’espressa determinazione del termine di cui al comma 3, il decreto di esproprio può essere emanato entro il termine di cinque anni, decorrente dalla data in cui diventa efficace l’atto che dichiara la pubblica utilità dell’opera. 5. L’autorità che ha dichiarato la pubblica utilità dell’opera può disporre proroghe dei termini previsti dai commi 3 e 4 per casi di forza maggiore o per altre giustificate ragioni. Le proroghe possono essere disposte, anche d’ufficio, prima della scadenza del termine e per un periodo di tempo complessivo non superiore a quattro anni. 6. La scadenza del termine entro il quale può essere emanato il decreto di esproprio determina l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità. …Omissis »
Prima dell’entrata in vigo re del d.P.R. cit. l ‘art. 13 l. n. 2359 del 1865 stabiliva quanto segue: «Nell’atto che si dichiara un’opera di pubblica utilità saranno stabiliti i termini, entro i quali dovranno cominciarsi e compiersi le espropriazioni ed i lavori. L’Autorità che stabilì i suddetti termini li può prorogare per casi di forza maggiore o per altre cagioni indipendenti dalla volontà dei concessionari, ma sempre con determinata prefissione di tempo. Trascorsi i termini, la dichiarazione di pubblica utilità diventa inefficace e non potrà procedersi alle espropriazioni se non in forza di una nuova dichiarazione ottenuta nelle forme prescritte dalla presente Legge.»
4.2. Proprio con riferimento a quest’ultima disposizione, q uesta Corte, con orientamento in questa sede condiviso, ha ritenuto che, qualora il termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità di un’opera sia stato prorogato tempestivamente dall’autorità espropriante prima della scadenza, anche ripetutamente, la dichiarazione resta efficace e il decreto di esproprio è valido, se emesso prima dell’ultima scadenza, con la conseguenza che, non essendo configurabile alcuna carenza del potere amministrativo (né in astratto, né in concreto), è legittima l’attività manipolativa del bene del privato compiuta nel complessivo periodo di efficacia della
dichiarazione (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 19469 del 18/07/2019; v. anche Cass., Sez. U, Sentenza n. 9543 del 12/04/2021).
4.3. Nel caso di specie, come sopra evidenziato, il giudice di merito non si è adeguato a tale principio, dal momento che ha ritenuto irrilevante la deduzione del l’RAGIONE_SOCIALE in ordine alla adozione nei termini prorogati del provvedimento di esproprio.
In conclusione, respinto il primo motivo di ricorso, deve essere accolto il secondo motivo, in applicazione del seguente principio:
«In materia di espropriazione, qualora il termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità di un’opera sia stato prorogato tempestivamente dall’autorità espropriante prima della scadenza, anche ripetutamente, la dichiarazione resta efficace e il decreto di esproprio è valido, se emesso prima dell’ultima scadenza, con la conseguenza che, non essendo configurabile alcuna carenza del potere amministrativo (né in astratto, né in concreto), è legittima l’attività manipolativa del bene del privato compiuta nel complessivo periodo di efficacia della dichiarazione.»
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata in accoglimento del motivo indicato, con rinvio alla Corte di appello di Potenza, in diversa composizione, chiamata a statuire anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il secondo motivo di ricorso e, respinto il primo, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Potenza, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione