Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6366 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6366 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/03/2025
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2731/2021 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
ENTE DI RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 915/2020 depositata il 17/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
–
interessi
–
decorrenza
Ud.11/02/2025 CC
A seguito d ell’ opposizione a decreto ingiuntivo notificato in data 30 gennaio 2002, il Tribunale di Palermo ha revocato il provvedimento monitorio emesso a favore di RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE dichiarando cessata la materia del contendere per il pagamento della sorte capitale , pari a € 102.733,26 e rigettando la domanda per gli accessori (interessi e rivalutazione), con sentenza confermata dalla Corte di Appello di Palermo, la quale ha rigettato l’appello propo sto dal creditore opposto.
La pronuncia del giudice di appello è stata cassata da questa Corte con sentenza n. 20009/2016, con la quale -stante il pagamento della sorte capitale in corso di causa -ha statuito che il giudice distrettuale avrebbe dovuto considerare come dies a quo di decorrenza degli accessori « quanto meno» dalla messa in mora per effetto della domanda giudiziale e come dies ad quem la cessazione della materia del contendere.
La Corte di Appello di Palermo, adita in sede di rinvio, ha parzialmente accolto l’appello del creditore opposto, condannando il debitore opponente -per quanto qui ancora rileva – al pagamento in favore del creditore opposto degli interessi legali sulla sorte capitale dal 30 gennaio 2002 al 25 dicembre 2003, data del l’ultimo pagamento del debitore opponente.
L’appellante opposto p ropone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi e ulteriormente illustrato da memoria, cui resiste con controricorso il debitore opponente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo (indicato come A) si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n n. 3 e 4, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione del principio di diritto e dell’art. 384 cod. proc. civ., nella parte in cui il giudice del rinvio ha individuato il dies a quo nella data di proposizione della domanda e non in una data anteriore.
Il primo motivo -in disparte la sua inammissibilità quanto agli elementi di fatto in base ai quali ancorare una diversa data di decorrenza degli interessi – è infondato. La sentenza rescindente, a fronte del secondo motivo di ricorso con cui si chiedeva accertarsi la liquidità e l’esigibilit à in epoca anteriore alla notificazione del decreto ingiuntivo, ha accolto il motivo di ricorso (unitamente agli altri) per quanto di ragione, ritenendo doversi riconoscere che la domanda giudiziale aveva avuto l’effett o di costituire in mora il debitore (« a prescindere dall’esistenza di elementi più precisi circa la data di esigibilità dei crediti azionati, non pare dubitabile che la domanda giudiziale sia valsa a porre in mora il debitore (cfr. Cass. n. 6545/2016) per l’intero importo capitale ingiunto, cosicché, in difetto di prova che il debito sia divenuto esigibile in data successiva a detta domanda, la Corte avrebbe dovuto -quanto meno- considerare tale domanda come dies a quo di decorrenza degli interessi »: Cass., n. 20009/2016). La sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto che gli interessi maturassero dalla domanda, non essendo stata raggiunta la prova del diverso momento anteriore in cui la prestazione oggetto della pretesa azionata fosse divenuta esigibile (avendo particolarmente riguardo al « perfezionamento delle varie fasi di collaudo previste nel contratto ») non si è discostata da tale principio.
3. Con il secondo motivo (indicato come B) si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, consistente nell’omesso rilievo che le somme dovut e al ricorrente erano già liquide ed esigibili. Osserva parte ricorrente che i crediti nascevano da un contratto di fornitura di tubazioni in cui il pagamento avveniva a stati di avanzamento e per le quali i collaudi avvenivano in periodi diversi. Osserva che i pagamenti sarebbero dovuti avvenire allo spirare del 90° giorno data fattura come previsto contrattualmente.
Il secondo motivo è inammissibile . Fermo l’accertamento in fatto compiuto dal giudice del rinvio circa la liquidità del credito dalla messa in mora e dalla mancata prova delle fasi del collaudo ai fini della decorrenza degli interessi, non è stata illustrata la decisività di tali fatti.
5 . Con il terzo motivo (indicato come C) si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha omesso di considerare esigibili i crediti oggetto del procedimento monitorio, la cui omissione rileva anche in termini di violazione del principio di non contestazione e di omessa valutazione degli elementi di prova.
Il terzo motivo è ulteriormente inammissibile, risultando generica e priva di specificità la deduzione secondo cui non sarebbe mai stata contestata dalla committente la mancata effettuazione dei collaudi, non avendo parte ricorrente chiarito se e in quali termini l’esistenza del collaudo fosse stata specificamente dedotta con indicazione della relativa datazione, sempre al fine di farne discendere una diversa decorrenza degli interessi.
7 . Con il quarto motivo (indicato come D) si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4 cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., dell’art. 167 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ., nella pa rte in cui la sentenza impugnata ha omesso di considerare che le fatture non erano oggetto di contestazione, così da retrodatare il momento di esigibilità dei crediti e di decorrenza degli accessori.
Il quarto motivo è inammissibile in quanto la disciplina sulla contestazione non può avere ad oggetto la valutazione di documenti (Cass., n. 14399/2024; Cass., n. 35037/2021), la cui valutazione spetta -al pari degli altri mezzi di prova – al giudice del merito e il cui esame non può essere assimilato all’omesso esame di fatto storico; circostanza che deve, peraltro, ritenersi assorbente dei
concorrenti profili di inammissibilità della censura per difetto di specificità.
9 . Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 6.000,00, oltre € 200,00 per esborsi, 15% di rimborso forfetario e accessori di legge; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, nonché a parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 11/02/2025.