Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12854 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 12854 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4752/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE DI COGNOME, COGNOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrenti- contro
NOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE ed elettivamente domiciliati agli indirizzi PEC dei difensori iscritti nel REGINDE;
-controricorrenti-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore;
-intimata-
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 5355/2018 depositata il 03/12/2018.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 06/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udite le conclusioni del P.M., nella persona del Sostituto P.G. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Uditi l’ avvocato NOME COGNOME per la parte ricorrente, e gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per la controricorrente RAGIONE_SOCIALE
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE ha acquistato nel 2010 un immobile di circa 370 mq sito in Milano, occupante l’intero primo piano di un edificio risalente ai primi del ‘900, privo di impianti e da ristrutturare. Nel 2013 la società ha avviato trattative per vendere l’immobile, frazionandolo in tre appartamenti. A tal fine, ha elaborato progetti per dotare gli appartamenti di impianti autonomi di riscaldamento, acqua calda e gas, prevedendo l’installazione di canne fumarie e contatori sulla facciata interna dell’edificio affacciata sul cortile, divenuto nel frattempo di proprietà della sig.ra COGNOME I proprietari di altre unità immobiliari nello stesso edificio (COGNOME, COGNOMERAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) hanno
citato in giudizio RAGIONE_SOCIALE, chiedendo al Tribunale di Milano di dichiarare illegittime le opere programmate in quanto lesive del decoro architettonico dell’edificio, in violazione del regolamento condominiale e dell’art. 1120 c.c., e di vietarne la realizzazione previo accertamento dell’inesistenza del diritto di accesso al cortile. La convenuta si è costituita chiedendo il rigetto delle domande e proponendo domanda riconvenzionale per far dichiarare illegittime alcune opere già realizzate dagli attori. Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 7184/2017, ha parzialmente accolto le domande, dichiarando legittime alcune opere programmate da NOME e illegittime altre, nonché lesiva del decoro solo una delle opere contestate agli attori. Ha inoltre dichiarato la sig.ra COGNOME tenuta a consentire l’accesso al cortile per l’esecuzione delle opere legittime. In virtù di appello degli originari attori contro la sentenza, con cui ne chiedevano la riforma, la Corte di appello di Milano, nella resistenza dell’appellata, che proponeva anche appello incidentale, con sentenza n. 5355/2018, ha rigettato sia l’appello principale che quello incidentale proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE confermando la sentenza impugnata. La Corte ha ritenuto corretta la decisione del Tribunale, basata sugli esiti della c.t.u., circa la legittimità o meno delle varie opere contestate. Ha confermato che la sostituzione di una canna fumaria con u n’altra di diametro maggiore non lede il decoro architettonico, già compromesso da precedenti modifiche del cortile. Ha invece ritenuto illegittima l’installazione di una nuova canna fumaria adiacente al pluviale, per l’impatto visivo stonato. Ha confermato l’illegittimità dell’imbotte nel vano scala per i contatori, ma la legittimità della loro installazione in una nicchia sulla facciata del cortile. Ha ritenuto non lesive del decoro le modifiche alle finestre realizzate dagli attori. Ha confermato l’obbligo della sig.ra COGNOME di consentire l’accesso al cortile per le opere legittime, ex art. 843 c.c. La Corte ha respinto le eccezioni procedurali sollevate, ritenendo ammissibile la domanda degli attori relativa alle opere già
esistenti, in quanto connessa alla vicenda dedotta in giudizio, e non compromettente le potenzialità difensive della controparte, in applicazione del principio affermato da Cass. SU n. 12310/2015. Ha confermato la compensazione per metà delle spese di primo grado e la condanna degli attori al pagamento della restante metà, nonché delle spese di c.t.u., in ragione della loro prevalente soccombenza.
Ricorre in cassazione la medesima originaria parte attrice con sette motivi, illustrati da memoria. Resiste la NOME con controricorso, illustrato da memoria. Resistono COGNOME ed altri con distinto controricorso. Il Sostituto P.G. ha depositato osservazioni. Rimane intimata la parte già contumace in appello.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 1120 c.c. in relazione al raddoppio del diametro della canna fumaria. Si censura la decisione della Corte d’appello di considerare legittima l’opera, nonostante il peggioramento dello stato dei luoghi, attribuendo erroneamente rilevanza alla precedente compromissione del decoro architettonico.
Nella parte censurata la sentenza afferma: « Nel contesto di fatto del cortile, la sostituzione della canna fumaria con una canna allo stesso modo installata ma di diametro superiore – per consentire il passaggio di due tubature al posto dell’unica passante – ma comunque pari a quello dell’altra adiacente già esistente (…), sfugge all’immediato impatto visivo e neppure incide peggiorativamente, non potendosi ritenere, stante la compromissione già avvenuta dell’aspetto originario di tale parte di edificio, che possa tradursi in alcun significativo risvolto causativo di deprezzamento estetico ed economico ».
Il primo motivo è infondato.
La Corte di appello ha applicato correttamente i principi di questa Corte in tema di decoro architettonico, correttezza che si può misurare alla luce di una delle più recenti espressioni di questo indirizzo (Cass. n. 5722/2024), che la parte ricorrente ha pur invocato (in
modo non condivisibile) a sostegno della propria posizione, secondo cui « nel valutare l’impatto di un’opera modificativa sul decoro architettonico bisogna adottare un criterio di reciproco temperamento tra l’unitarietà originaria di linee e di stile, le menomazioni intervenute successivamente e l’alterazione prodotta dall’opera modificativa sottoposta a giudizio, senza che possa conferirsi rilevanza da sola decisiva, al fine di escludere un’attuale lesione del decoro architettonico, al degrado estetico prodotto da precedenti alterazioni ovvero alla visibilità delle alterazioni» (così Cass. 5722/2024, ma anche Cass. 16518/2023) .
La Corte territoriale ha adottato un tale criterio, poiché infatti non ha conferito rilevanza da sola decisiva, al fine di escludere un’attuale lesione del decoro architettonico, rispettivamente al degrado estetico prodotto dalle precedenti alterazioni oppure alla visibilità delle modificazioni attuali. Infatti, ha considerato il degrado estetico prodotto dalle precedenti alterazioni congiuntamente all’assenza di immediata visibilità delle modificazioni attuali.
Inoltre, l’attribuzione di valore giuridico a una massima giurisprudenziale è sempre sorretta dallo sguardo vigile dell’interprete che deve oscillare costantemente tra formulazione della regola di diritto espressa dalla massima e la contemplazione del caso di specie che ne ha occasionato la formulazione: sotteso a Cass. 5722/2024 era il caso della trasformazione in portefinestre di due delle finestre delle quali era d otato l’edifico, a sinistra e a destra del pianterreno. Nel caso attuale si tratta (più modestamente) della sostituzione della canna fumaria con una di diametro maggiore. Nei limiti così delineati, l’appr ezzamento del giudice di merito non si espone a rilievi in sede di giudizio di legittimità.
Il primo motivo è rigettato.
Il secondo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo costituito dalle risultanze della c.t.u. relative al carattere
peggiorativo del raddoppio della canna fumaria. Si afferma che la Corte d’appello non ha adeguatamente considerato tali elementi probatori.
Il terzo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’installazione dei contatori del gas. Si contesta la mancata valutazione dell’impatto lesivo delle opere sul decoro architettonico, come emergente dalla c.t.u., e l’assenza di mot ivazione sulla questione.
Il secondo e il terzo motivo sono inammissibili.
Sul punto, ci troviamo dinanzi ad una doppia pronuncia conforme in primo e secondo grado. In tale ipotesi, ai sensi dell’art. 348 -ter, co. 5 c.p.c. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, co. 2 d.l. 83/2012, conv. in l. 134/2012, ai giudizi d’appello introdot ti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), la parte ricorrente in cassazione, per evitare che il motivo ex art. 360, n. 5 c.p.c. sia dichiarato inammissibile (cfr. art. 348-ter, co. 5 c.p.c., nel suo richiamo al comma precedente), deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse, onere non assolto nel caso di specie (cfr. Cass. 7724/2022).
– Il quarto motivo denuncia la nullità della sentenza per difetto di interesse ad agire rispetto alla domanda di accesso al fondo ex art. 843 c.c. Si contesta la mancata specificazione dei tempi e dei modi di realizzazione delle opere, al fine di attestare la necessità del l’accesso.
Il quarto motivo è infondato.
Esso si basa sull’erronea mancata distinzione tra l’interesse ex art. 100 c.p.c., che è un requisito soggettivo di ordine processuale, che in questo caso ricorre per il semplice fatto che la controparte ha opposto un diniego alla richiesta di accesso al co rtile, e l’interesse sostanziale protetto dall’art. 843 c.c. che presuppone un accertamento
nel merito della fondatezza della pretesa di accesso ex art. 843 c.c. (tema oggetto dei successivi motivi di ricorso).
Il quarto motivo è rigettato.
Il quinto motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo relativo alla mancata allegazione e individuazione delle specifiche opere di ristrutturazione per le quali è stato concesso l’accesso. Si afferma che tale omissione inficia la valutazione della necessità dell’accesso.
Il quinto motivo è inammissibile per le stesse ragioni poste a fondamento dell’inammissibilità del secondo e del terzo motivo (v. paragrafo n. 2).
Il sesto motivo denuncia la violazione dell’art. 843 c.c. per assenza del requisito della necessità dell’accesso al fondo privato. Si sostiene che esistevano soluzioni alternative, come l’utilizzo di ponteggi, non adeguatamente considerate.
Il sesto motivo è infondato.
La necessità, a cui l’art. 843 c.c. subordina il diritto del vicino di accedere al fondo altrui per costruire o riparare un muro o altra opera propria del vicino o comune, non è da intendere rigidamente, nel senso di impossibilità materiale assoluta di costruire o riparare se non accedendo al fondo altrui, ma si espone a un giudizio di valutazione comparativa ispirata da un canone di proporzionalità tra la limitazione temporanea della proprietà prodotta dall’applicazione dell’art. 843 c.c. e le difficoltà che si frappongono all’impiego di vie o metodi di accesso alternativi.
Nel caso di specie, « l’alternativa di occupare la via pubblica antistante il palazzo (peraltro via centrale e molto stretta) avrebbe potuto realizzarsi solo in presenza di autorizzazione degli organi comunali, alla quale era necessariamente subordinata. Trattandosi di soluzione del tutto incerta e neppure con sicurezza realizzabile, ed oltretutto certamente più scomoda ed onerosa per l’angusto spazio della strada e per il raggiungimento dei punti ove le opere legittime
andavano posizionate trova spazio l’applicazione dell’art.843 c.c. »
Così motivata, la decisione della Corte di appello non si espone a censure in sede di giudizio di legittimità, alla stregua del canone appena delineato (nel penultimo capoverso).
Il sesto motivo è rigettato.
Il settimo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo relativo alla possibilità di eseguire i lavori mediante l’installazione di ponteggi in INDIRIZZO rendendo non indispensabile l’accesso al fondo privato.
Il settimo motivo è inammissibile per le stesse ragioni poste a fondamento dell’inammissibilità del secondo, del terzo e del quinto motivo (cfr. paragrafo n. 2).
– Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rimborsare le spese del presente giudizio, che liquida in € 6.100,00, oltre a € 200 ,00 per esborsi, in favore della controricorrente NOME e in € 4.300 , 00, oltre a € 200 ,00 per esborsi, in favore dei ricorrenti COGNOME, COGNOME e COGNOME, nonchè -per entrambi – alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 06/02/2025.
L’
Estensore La Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME