Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27185 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2   Num. 27185  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1036/2019 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato  in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (DOMICILIAZIONE pec: EMAIL e EMAIL);
-ricorrente-
 contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, domiciliato elettivamente presso la PEC del secondo: EMAIL;
-controricorrente-
 nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE;
-intimata- avverso  la  SENTENZA  di  CORTE  D’APPELLO  BOLOGNA  n.  1358/2018 depositata il 22/05/2018.
Udita  la  relazione  svolta  nella  camera  di  consiglio  del  04/03/2025  dal  Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME aveva citato, avanti al Tribunale di Ravenna, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE per ottenere il ripristino dei profili dei prospetti architettonici delle facciate del RAGIONE_SOCIALE. A tal fine l’attore aveva ins istito per la condanna delle controparti alla demolizione del vano tecnico in muratura e dei pavimenti realizzati al lato est/ovest del condominio e alla rimozione del pergolato in legno e degli stendibiancheria, assumendo che gli interventi descritti fossero da qualificare come innovazioni in contrasto con il decoro architettonico dell’edificio e fossero stati realizzati contro il regolamento condominiale e senza autorizzazione dell’assemblea.
Costituitosi il contraddittorio, all’esito dell’istruttoria , il Tribunale di Ravenna aveva accolto la domanda dell’attore, ritenendo le opere incidenti sul decoro architettonico perché ‘ visibili ed apprezzabili dall’esterno, con evidente modifica della struttura e fisionomia  del  palazzo,  da  considerare  nella  sua  interezza  a  prescindere  dalla collocazione di dette opere in adiacenza alla facciata laterale o sul retro ‘.
L’impugnazione proposta da NOME COGNOME avanti alla Corte d’Appello di Bologna era stata respinta per le seguenti ragioni: l’incidenza delle opere, in sé non contestate, sul decoro architettonico è stata verificata sulle fotografie prodotte in atti, nel libero apprezzamento delle prove da parte del Giudice di primo grado che non aveva ritenuto necessaria una CTU; l’estetica del fabbricato è data dall’insieme delle strutture e delle linee che connotano il complesso unitariamente considerato e gli imprimono una determinata armonica fisionomia ed una specifica identità, a prescindere che si tratti o meno di edificio di particolare pregio storico-artistico; -ai sensi dell’art. 29 reg. cond. risulta che le innovazioni che alterino il decoro architettonico dell’edificio debbano essere preventivamente autorizzate all’unanimità dai condomini e non emerge che detto consenso unanime sia limitato, come vorrebbe l’appellante, ai soli interventi riguardanti la facciata; -quanto alla necessità o meno di una delibera assembleare, il fatto che mancasse una delibera di dissenso è irrilevante dato che il regolamento richiedeva una autorizzazione espressa all’unanimità; -l’art. 10 del regolamento non può essere letto come vorrebbe l’appellante, in modo tale da determinare il silenzio assenso in mancanza di risposta alla richiesta di autorizzazione all’innovazione da parte dell’assemblea; questo perché l’art. 10 pone
un divieto tassativo alle innovazioni, salvo l’esercizio dell’ espresso potere dell’assemblea di autorizzarle (l’assemblea dei condomini aveva autorizzato solo la posa di una tenda, non altre innovazioni).
Avverso  la  sentenza  della  Corte  d’Appello  di  Bologna  ha  proposto  ricorso  NOME COGNOME, affidandolo a quattro motivi.
NOME  COGNOME  ha  depositato  controricorso,  mentre  RAGIONE_SOCIALE  è  rimasta intimata.
Sia  il  ricorrente  che  il  controricorrente  hanno  depositato  memorie  illustrative  delle rispettive tesi difensive.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Con un primo motivo, rubricato ‘Violazione dell’art. 115 comma 1 c.p.c. ‘, il ricorrente lamenta che ‘in sede di appello, … aveva rilevato il mancato accertamento, da parte del Giudice di prime cure, dell’effettiva incidenza sul decoro architettonico dell’edificio delle innovazioni contestate ‘. La Corte d’Appello, come già il primo Giudice, avrebbe invece valutato nuovamente la lesione del decoro architettonico sulla base delle fotografie allegate dall’attore appellato, fotografie che, però, rappresenterebbero solo le opere contestate: avrebbero dovuto essere disposti accertamenti tecnici che invece sono mancati, e quindi non è stato accertato dai Giudici il fondamento della domanda, che era onere di NOME COGNOME supportare. La Corte di merito avrebbe quindi ‘ finito per incorrere nello stesso errore ‘ del Tribunale di Ravenna, ‘d ecidendo sulla base di supposizioni e dichiarazioni di parte in assenza di prove poste a fondamento della domanda e da porre a fondamento della propria decisione ‘ e, poichè i Giudici di merito non avrebbero potuto dare per scontata la circostanza della lesione del decoro ad opera degli interventi contestati, la sentenza si dovrebbe ritenere ingiusta.
Con  il  secondo motivo NOME COGNOME prospetta la ‘ Violazione e/o errata applicazione di norme di diritto e, in particolare, errata e/o parziale interpretazione dell’art. 29  del  regolamento  condominiale  e  mancata  applicazione  dell’art. 3  del regolamento stesso ‘.
La  Corte  di  merito  sarebbe  incorsa  nello  stesso  errore  di  interpretazione  già commesso dal primo Giudice, mal interpretando l’art. 29 del regolamento condominiale per omessa considerazione anche del suo art. 3, il quale limiterebbe i poteri  di  decisione  dell’assemblea  condominiale  ‘ esclusivamente  con  riferimento agli interventi nelle parti esclusive che siano poste sulla facciata del fabbricato e, in
ogni caso, solo ed esclusivamente limitatamente alle tipologie, colori o quant’altro e non certo sulla possibilità o meno di effettuare l’innovazione stessa all’interno della proprietà esclusiva ‘. In sostanza la Corte di merito, dopo ‘ aver ingiustamente dato per scontato che si tratta di innovazioni che incidono sul decoro architettonico della facciata del fabbricato, ha deciso ingiustamente ed erroneamente, nonostante la precisa disposizione di cui all’art.3 del regolamento condominiale, che il decoro architettonico va considerato con riferimento all’intero fabbricato e non limitatamente alla facciata ‘. Se la Corte d’Appello avesse considerato l’art. 3 del regolamento condominiale avrebbe dovuto correttamente concludere per la non necessità di autorizzazione assembleare.
Con un terzo motivo il ricorrente si duole che vi sarebbe stato ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. In particolare, la Corte d’Appello ha omesso o analizzato solo sommariamente la lamentata contraddittorietà della sentenza in merito alla necessità o meno di una delibera condominiale ‘ -così è rubricato il motivo nel ricorso proposto-. Secondo NOME COGNOME non sarebbe possibile, come ha fatto la Corte di merito, ‘ definire semplicemente irrilevante la valutazione in merito alla necessità di una delibera assembleare nel caso di specie, giacché è circostanza fondamentale al fine di determinare la legittimità e fondatezza stesse della domanda giudiziale, giacché la mancanza di una delibera nel caso in cui sia prevista e necessaria, svuota di fondamento ogni pretesa dell’COGNOME‘ .
4) Il quarto motivo evidenzia ‘ violazione o errata applicazione di norme di diritto e, in particolare, errata interpretazione dell’art. 10 del regolamento condominiale ‘. La Corte di merito avrebbe mal interpretato anche l’art. 10 cit. dimenticando di combinarlo con l’art. 3 dello stesso regolamento e partendo pertanto da ‘ un’analisi sbagliata, giacchè non considera di essere in presenza di innovazioni all’interno della proprietà esclusiva del COGNOME nient’affatto poste sulla facciata del fabbricato ‘: non sarebbe inoltre corretto il rilievo che il silenzio dell’assemblea condominiale non produrrebbe l’effetto di consentire l’intervento per il quale si richieda il parere perché, altrimenti, non avrebbe senso prevedere un termine per la sua manifestazione, come dispone l’art. 10 cit.
L’analisi  congiunta  dei  quattro  motivi  sopra  riassunti  evidenzia  l’inammissibilità del  ricorso  per  cassazione  proposto,  poiché  attraverso  di  essi  NOME  COGNOME  si  limita nella  sostanza  a  reiterare  le  tesi  difensive  già  svolte  con  i  motivi dell’appello rimettendo in discussione le valutazioni della Corte di merito in quanto conformi a
quelle del Giudice di primo grado, senza un reale apporto critico – inquadrabile nelle diverse ipotesi disciplinate dall’art. 360 c.p.c. all’impianto motivazionale della sentenza impugnata ma con reiterazione degli stessi argomenti già svolti con l’introduzione dell’appello in ordine alla completezza dell’istruttoria svolta, all’interpretazione delle disposizioni del regolamento condominiale affermate rilevanti per la decisione (artt. 3, 10 e 29) e, in generale, alla interpretazione e valutazione degli elementi di prova acquisiti – cfr. Cass. n. 22478/2018 e Cass. n. 31447/2024-.
La richiesta di una rivisitazione del merito della controversia, con sovrapposizione sostanziale del ricorso per cassazione all’impugnazione d’appello, emerge chiaramente dall’articolazione dei motivi sopra sintetizzati che sono volti, il primo, a contestare la valenza attribuita dal Tribunale, confermata dalla Corte di merito, agli elementi istruttori documentali acquisiti e la loro interpretazione, gli altri tre a mettere in discussione per vari profili l’interpretazione degli art t. 3, 10 e 29 del regolamento condominiale e della loro interazione offerta dal Tribunale di Ravenna e anch’essa condivisa dalla Corte d’Appello di Bologna: attraverso i quattro motivi proposti, infatti, il ricorrente non fa altro che reiterare nuovamente la sua interpretazione della valenza e sufficienza degli elementi di prova acquisiti e delle richiamate disposizioni del regolamento condominiale, prospettandola come unica corretta in contrapposizione a quella offerta in modo conforme dai Giudici di merito.
Il ricorso proposto deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, si pongono a carico di NOME COGNOME.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il  versamento  a  carico  del  ricorrente  di  un  ulteriore  importo  a  titolo  contributo unificato pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna NOME COGNOME al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità a favore di NOME COGNOME, liquidandole in € 6.200,00 oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge, inclusi iva e cassa avvocati.
Dichiara  la  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il  versamento,  da  parte  del ricorrente,  di  un  ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo  unificato  pari  a  quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 4 marzo 2025.
Il Presidente NOME COGNOME