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Declinatoria arbitrato: nomina arbitro non è rinuncia

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 208/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di appalti pubblici e arbitrato. Nel caso di una controversia tra un’impresa di costruzioni e un ente pubblico, la Corte ha chiarito che se la clausola arbitrale deriva dalla legge e non da un accordo tra le parti, la successiva declinatoria arbitrato da parte dell’ente è un diritto potestativo. La nomina del proprio arbitro, effettuata dopo la declinatoria e al solo fine di eccepire l’incompetenza, non costituisce una rinuncia alla scelta di adire la giurisdizione ordinaria. Di conseguenza, la sentenza della Corte d’Appello è stata cassata con rinvio.

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Pubblicato il 16 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Declinatoria Arbitrato: Nominare un Arbitro non Significa Rinunciare alla Giurisdizione Ordinaria

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale negli appalti pubblici: il valore della declinatoria arbitrato e le modalità del suo esercizio. La Suprema Corte ha chiarito che, quando la clausola compromissoria ha fonte legale e non pattizia, la parte che ha manifestato la volontà di rivolgersi al giudice ordinario non rinuncia a tale scelta nominando un proprio arbitro al solo fine di contestare la competenza del collegio arbitrale. Si tratta di un principio che rafforza il diritto di una parte, in particolare di un ente pubblico, di scegliere la giurisdizione statale anche in presenza di clausole arbitrali previste dalla legge.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un contratto d’appalto del 2001 per la realizzazione di opere stradali, stipulato tra un importante ente pubblico S.p.A. e una società di costruzioni S.r.l. A seguito di una controversia, veniva costituito un collegio arbitrale che, nel 2011, condannava l’ente pubblico al pagamento di cospicue somme per risarcimento danni, saldo lavori e rimborsi.

L’ente impugnava il lodo arbitrale dinanzi alla Corte d’Appello, eccependo l’incompetenza degli arbitri. Sosteneva che la clausola arbitrale, pur richiamata nel contratto, derivasse da una norma di legge che, per effetto di una sentenza della Corte Costituzionale, era divenuta facoltativa, consentendo quindi a ciascuna parte di optare per il giudice ordinario. La Corte d’Appello rigettava l’impugnazione, ritenendo che l’ente avesse rinunciato alla sua eccezione nominando il proprio arbitro, manifestando così la volontà di accettare la procedura arbitrale.

Contro questa decisione, l’ente pubblico proponeva ricorso per Cassazione.

La questione della Declinatoria Arbitrato e della Fonte della Clausola

Il nodo centrale della questione era duplice. In primo luogo, bisognava stabilire se la clausola arbitrale avesse origine dalla volontà delle parti (fonte pattizia) o direttamente dalla legge (fonte legale). In secondo luogo, si doveva chiarire se la nomina di un arbitro, successiva a una formale dichiarazione di voler adire il giudice ordinario (la cosiddetta declinatoria arbitrato), potesse essere interpretata come una rinuncia a quest’ultima.

L’ente ricorrente sosteneva che il richiamo nel contratto a specifiche norme di legge in materia di opere pubbliche non trasformava l’obbligo di arbitrato in una scelta volontaria, ma si limitava a riconoscere una disciplina imposta per legge. Poiché la legge era cambiata rendendo l’arbitrato facoltativo, l’ente aveva il diritto di scegliere la via giudiziaria. La nomina dell’arbitro era stata una mera mossa difensiva per poter sollevare l’eccezione di incompetenza all’interno della stessa procedura arbitrale.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto i primi due motivi di ricorso, ritenendoli fondati. Ha innanzitutto chiarito che per gli appalti stipulati da quello specifico ente pubblico, una precisa norma di legge (art. 32, L. 59/1961) imponeva l’applicazione della disciplina vigente per l’Amministrazione dei lavori pubblici. Di conseguenza, la fonte della clausola arbitrale era legale e non pattizia. Il richiamo a tale disciplina nel contratto aveva una portata meramente ricognitiva, cioè si limitava a prendere atto di una norma già vincolante.

Questa distinzione è fondamentale: se la fonte è la legge, la clausola è soggetta a tutte le modifiche legislative successive, inclusa la sentenza della Corte Costituzionale (n. 152/1996) che ha reso l’arbitrato obbligatorio non più cogente, ma facoltativo. Questo conferisce a ciascuna parte un diritto potestativo di declinare la competenza arbitrale con un atto unilaterale.

Su questo presupposto, la Corte ha affermato che la declinatoria arbitrato è un negozio unilaterale con effetti sostanziali e processuali. Una volta manifestata in modo chiaro e inequivocabile la volontà di ricondurre la controversia alla giurisdizione ordinaria, questa scelta non può essere annullata da successive mosse difensive. La nomina del proprio arbitro, avvenuta dopo la comunicazione della declinatoria, non è una rinuncia, ma un’azione strumentale e necessaria per poter eccepire l’incompetenza direttamente davanti al collegio arbitrale, come previsto dal codice di procedura civile.

Conclusioni

La sentenza impugnata è stata quindi cassata, e la causa rinviata alla Corte d’Appello. Il principio stabilito è di grande importanza pratica: la parte che esercita il proprio diritto di rifiutare l’arbitrato previsto per legge non perde tale diritto se, per difendersi, partecipa al procedimento arbitrale al solo scopo di ribadirne l’illegittimità. Viene così tutelata la coerenza delle scelte processuali, impedendo che un’attività difensiva venga interpretata come una rinuncia a un diritto potestativo già esercitato.

In appalti pubblici, la nomina del proprio arbitro costituisce una rinuncia alla precedente declinatoria arbitrato?
No. Se la clausola arbitrale ha fonte legale e l’arbitrato è divenuto facoltativo, la nomina del proprio arbitro effettuata dopo aver comunicato la volontà di adire il giudice ordinario non costituisce rinuncia. È considerata una mera attività difensiva per poter eccepire l’incompetenza all’interno del procedimento arbitrale.

Qual è la differenza tra una clausola arbitrale di fonte legale e una di fonte pattizia?
Una clausola di fonte legale deriva direttamente da una norma di legge che la impone per un determinato tipo di contratto, e si applica indipendentemente dalla volontà delle parti. Una clausola di fonte pattizia, invece, nasce dall’accordo volontario delle parti che decidono di inserirla nel loro contratto per devolvere le future controversie ad arbitri.

La competenza arbitrale prevista dalla legge può essere derogata unilateralmente?
Sì. Secondo la Corte, quando una norma che prevedeva l’arbitrato obbligatorio viene modificata (ad esempio da una sentenza della Corte Costituzionale) rendendolo facoltativo, ciascuna delle parti acquisisce il diritto potestativo di derogare alla competenza arbitrale attraverso un atto unilaterale, noto come declinatoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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