Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16473 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16473 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 15250 del ruolo generale dell’anno 20 22, proposto
da
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, giusta procura speciale su foglio separato allegato al ricorso, dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliatosi presso lo studio del primo in Napoli, alla INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del controricorso, dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, presso lo studio dei quali in Pozzuoli, alla INDIRIZZO, elettivamente si domicilia
-controricorrente-
Oggetto: Decisione secondo equità del giudice di paceLimiti di appellabilità.
per la cassazione della sentenza n. 3329/22 resa in grado d’appello dal Tribunale di Napoli, depositata in data 4 aprile 2022 e notificata il successivo 5 aprile;
udita la relazione sulla causa svolta nell’adunanza camerale del 9 maggio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE chiese e ottenne dal giudice di pace di Pozzuoli l’emissione nei confronti di NOME COGNOME di un decreto ingiuntivo per il pagamento della somma di euro 994,22, corrispondente alla quota posta a suo carico in base a delibera di riparto, per far fronte agli impegni assunti con atto di transazione intervenuto col Comune di Bacoli.
Il giudice di pace successivamente respinse l’opposizione al decreto ingiuntivo proposta dall’ingiunto .
Il Tribunale di Napoli ha quindi dichiarato inammissibile l’appello proposto da NOME COGNOME, sostenendo che con l’appello non fossero state indicate le norme sul procedimento che sarebbero state violate, né tantomeno i principi regolatori della materia che sarebbero stati disattesi con la sentenza, pronunciata dal giudice di pace secondo equità.
E comunque, ha aggiunto, anche a voler riportare la censura riferita alla mancata sospensione del giudizio alla violazione delle norme sul procedimento, essa era infondata, non sussistendo alcuna necessità di sospensione; laddove i rilievi concernenti l’esistenza dei presupposti per l’emissione del decreto ingiuntivo e per la successiva conferma di questo si risolvevano in una contestazione della valutazione della prova operata dal giudice di pace.
Contro questa sentenza NOME COGNOME propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi e illustra con memoria, cui la RAGIONE_SOCIALE risponde con controricorso, pure corredato di memoria.
Ragioni della decisione
1.Infondata è l’eccezione di carenza sopravvenuta d’interesse ad agire proposta in memoria dalla RAGIONE_SOCIALE soprattutto perché il ricorrente ha agito in giudizio per ottenere la restituzione delle somme oggetto del decreto ingiuntivo e il giudice di pace, con la sentenza allegata alla memoria, ha dato atto della restituzione.
1.1.L’accertamento dell’interesse ad agire, difatti, inteso quale esigenza di provocare l’intervento degli organi giurisdizionali per conseguire la tutela di un diritto o di una situazione giuridica, va compiuto con riguardo all’utilità del provvedimento giudi ziale richiesto rispetto alla lesione denunziata, prescindendo da ogni indagine sul merito della controversia e dal suo prevedibile esito (Cass., sez. un., n. 34388/22; conf., n. 3147/23).
E nel caso in esame l’interesse sussiste, in rapporto alla lesione denunciata, che è quella dell’affermata inammissibilità dell’appello, di là dalla sorte delle somme oggetto del decreto ingiuntivo.
2.- Col primo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 339 e 113, comma 2, c.p.c., perché il tribunale ha dichiarato inammissibile l’appello benché il giudice di pace avesse deciso la controversia non secondo equità, ma secondo diritto, ha omesso di valutare e di decidere il motivo di appello concernente la violazione delle regole sulla competenza funzionale del tribunale delle imprese, ha trascurato che il l’appellante aveva chiesto la sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. e ha erroneamente applicato le norme sui principi regolatori della materia in ordine alla nullità del decreto ingiuntivo dovuta all’inesistenza dello stato di ripartizione delle spese in allegato al ricorso monitorio.
Il motivo è fondato nei limiti di seguito indicati.
Indubbiamente, come sostenuto in sentenza, e contrariamente a quanto ritenuto in ricorso, le sentenze rese dal giudice di pace in cause, come quella in esame, di valore non eccedente i millecento euro, salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti
conclusi mediante moduli o formulari di cui all’art. 1342 c.c., sono da considerare sempre pronunciate secondo equità, ai sensi dell’art. 113, comma 2, c.p.c. (Cass. n. 769/21).
Ne consegue che il tribunale, in sede di appello avverso sentenza del giudice di pace, pronunciata in controversia di valore inferiore al suddetto limite, è tenuto a verificare, in base all’art. 339, comma 3, c.p.c., come sostituito dall’art. 1 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, soltanto l’inosservanza delle norme sul procedimento, di quelle costituzionali e unionali e dei principi regolatori della materia, che non possono essere violati nemmeno in un giudizio di equità.
2.1.Avuto riguardo al modo di esplicarsi nel nostro ordinamento del giudizio di equità (che opera in funzione correttiva o integrativa, allo scopo di r invenire l’eventuale regola di giudizio non scritta che consente una soluzione della lite più adeguata alle caratteristiche del caso concreto) e ai limiti che positivamente connotano tale giudizio, le «norme sul procedimento» vanno identificate unicamente con le regole del processo che presidiano lo svolgimento del giudizio di cognizione innanzi il giudice di pace (disciplinando le attività delle parti e del giudice all’interno di quel giudizio).
Ne sono, invece, escluse le regole di altri procedimenti che siano assunte dal giudicante (quali norme aventi natura processuale ma svolgenti funzione di regole di diritto sostanziale interposte) ai fini della decisione sul merito, cioè a dire per formulare il giudizio di fondatezza o di infondatezza della domanda (Cass. n. 27384/22).
3.- Ma tra le norme sul procedimento rientrano anche quelle sulla competenza, posto che dalla disciplina delle sentenze appellabili e delle sentenze ricorribili per cassazione emerge che l’appello a motivi limitati previsto dal comma 3 dell’art. 339 c.p.c. è l’unico rimedio impugnatorio ordinario ammesso, anche, appunto, in
relazione a motivi attinenti alla giurisdizione, alla violazione di norme sulla competenza e al difetto di radicale assenza della motivazione.
Ed è per questa ragione che si è ritenuto manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale dell’art. 339, comma 3, c.p.c., nel testo novellato dal d.lgs. n. 40 del 2006, per violazione dell’art. 111, comma 7, Cost., prospettato sotto il profilo che tra i motivi di appello avverso le sentenze secondo equità del giudice di pace non rientrerebbero quelli anzidetti, giacché esso si fonda su un erroneo presupposto interpretativo, dovendosi ritenere tali motivi ricompresi nella formula generale della violazione di norme sul procedimento, con conseguente sottrazione della sentenza al ricorso straordinario, in quanto sentenza altrimenti impugnabile (Cass., sez. un., n. 27339/08; conf., n. 27356/17; n. 34524/21; n. 24898/23).
3.1.- Il motivo si rivela, allora fondato, perché, come lo stesso tribunale riferisce in narrativa, l’appellante aveva chiesto di dichiarare incompetente il giudice di pace per essere competente il tribunale delle imprese e aveva censurato la sentenza di primo grado perché il giudice di pace non aveva sospeso il giudizio in attesa della decisione del tribunale in ordine all’impugnazione della delibera di ripartizione fra i soci dei costi dei costi della transazione raggiunta con Comune RAGIONE_SOCIALE Bacoli (dovendosi al riguardo ritenere le argomentazioni spese al riguardo dal tribunale puramente ipotetiche e virtuali, essendosi egli privato della potestas iudicandi dopo aver rilevato l’inammissibilità del gravame: così, da ultimo, Cass. 29529/22).
4.Il motivo va per conseguenza accolto e l’accoglimento comporta l’assorbimento del secondo motivo, col quale si denuncia l’omesso esame o la motivazione apparente concernente l’affermata contestazione da parte dell’appellante delle prove della pretesa monitoria.
5.1.- La sentenza va quindi cassata in relazione al profilo accolto, con rinvio, anche per le spese, al Tribunale di Napoli in diversa composizione.
Per questi motivi
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al profilo accolto e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Napoli in diversa composizione. Così deciso in Roma, il 9 maggio 2024.