Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8303 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8303 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3051/2021 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE -controricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 2050/2020 depositata il 15/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione a decreto ingiuntivo dell’importo di € 381. 407,64, emesso dal Tribunale di Forlì a favore del CREDITO RAGIONE_SOCIALE ROMAGNA RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE per uno scoperto di conto corrente, nonché a seguito di dell’inadempimento di un mutuo chirografario di originari trecentomila euro. Ha dedotto l’opponente che gli affidamenti dovevano ritenersi compensati con i crediti da provvigione maturati dal l’amministratore della società opponente per avere procurato, in virtù di un rapporto di collaborazione, afflusso di clientela alla banca; l’opponente ha successivamente dedotto che gli affidamenti sarebbero stati simulati, che i crediti azionati in via monitoria sarebbero risultati insussistenti in fatto e ha, poi, spiegato domanda riconvenzionale per il pagamento delle provvigioni e per i danni causatile dalla revoca degli affidamenti e dalla segnalazione del passaggio a sofferenza alla Centrale Rischi.
Il Tribunale di Forlì ha rigettato l’opposizione, rilevando la novità di diverse domande formulate con la memoria ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., ritenendo sussistenti i crediti azionati dalla banca e, invece, infondato il dedotto rapporto di collaborazione tra l’amministratore dell’opponente e la banca opposta.
La Corte di Appello di Bologna, con sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello dell’opponente. Ha ritenuto il giudice di appello che il mutuo chirografario non fosse estinto in quanto oggetto di rinnovo. Ha, poi, ritenuto irrilevanti due sentenze penali del Tribunale di Forlì inerenti gli organi di amministrazione e di controllo della banca appellata . E’, poi, stata confermata l’inammissibilità per novità di domande quali la nullità e la simulazione dei rapporti bancari, l’indebita applicazione di interessi passivi, anche anatocistici, la duplicazione del rapporto di mutuo chirografario,
nonché l’ inammissibilità delle istanze istruttorie. Ha, poi, ritenuto legittima la segnalazione della società appellante alla Centrale Rischi, stante l’inadempimento al rapporto obbligatorio per cui è causa. Ha, infine, ritenuto che la costituzione del nuovo difensore della banca opposta, conseguente al decesso del precedente difensore, ha comportato la rinnovazione degli atti successivi al decesso del difensore.
Propone ricorso la società, affidato a cinque motivi, ulteriormente illustrato da memoria, cui resiste la banca con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza, nella parte in cui la Corte di Appello ha ritenuto di rimettere sul ruolo la causa e consentire alla banca appellata di depositare la comparsa conclusionale. Osserva parte ricorrente che il precedente difensore della banca era deceduto, ma che nessuno aveva comunicato l’evento interruttivo . Osserva il ricorrente che per effetto del decesso la banca sarebbe incorsa in una « sopravvenuta contumacia» , che la rimessione della causa sul ruolo violerebbe il giusto processo, così come non sarebbe consentita la rimessione in termini dell’appellato ai fini del deposito della comparsa conclusionale.
Il motivo è infondato. La Corte di Appello ha dato atto dell’evento della morte del difensore dell’appellata, avvenuta subito dopo la notificazione dell’atto di appello , evento reso noto con la comparsa di costituzione di nuovo difensore , all’esito della quale il giudice di appello ha doverosamente rinnovato le fasi processuali alle quali l’appellata non aveva preso parte, con particolare riferimento alla precisazione delle conclusioni e al deposito della successiva comparsa conclusionale. Al riguardo si evidenzia -come
n. 3051/2021 R.G.
correttamente osservato dal controricorrente (ma anche dal ricorrente stesso in memoria) che la morte, radiazione e sospensione dall’albo dell’unico difensore a mezzo del quale la parte è costituita nel giudizio di merito determinano l’automatica interruzione del processo, anche se (diversamente da quanto sostiene il ricorrente) il giudice e le altri parti non ne abbiano conoscenza, con preclusione di ogni ulteriore attività processuale che, ove compiuta, è causa di nullità degli atti successivi e della sentenza, la quale può essere impugnata per tale motivo dalla parte colpita dagli eventi sopra descritti (Cass., n. 23486/2021; Cass., n. 790/2018). Per rimediare a tale grave vulnus processuale si è resa necessaria la regressione del procedimento a una fase immediatamente precedente il verificarsi di tale nullità, con conseguente rinnovazione delle attività processuali alle quali la parte appellata non aveva potuto presenziare, come correttamente operato dal giudice di appello.
3. Con il secondo motivo si deducono cumulativamente diverse censure e, precisamente, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatto decisivo costituito dall’esame di due sentenze emesse dal GUP del Tribunale di Forlì a carico di funzionari della banca nonché, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., motivazione assente, apparente, perplessa o contraddittoria in violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., circa l’esame di divers i motivi dell’atto di appello (nullità della sentenza di primo grado per omessa risposta alle questioni poste in comparsa conclusionale e in memoria di replica), nonché -in violazione dell’art. 111, sesto comma, Cost. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., circa l’inutilizzabilità della documentazione prodotta dall’opponente in primo grado in sede di precisazione delle conclusioni nonché ancora, in relazione all’art.
360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 183, sesto comma, n. 2, cod. proc. civ. Sotto questo profilo, parte ricorrente deduce che a un consumatore dovrebbe essere consentito di usufruire della nullità di protezione delle norme relative alla sottoscrizione dei contratti sottoscritti fuori dai locali commerciali ex art. 30 d. lgs. n. 58/1998, per cui il giudice avrebbe dovuto rilevare la nullità dei contratti di ufficio.
Tutti i profili del secondo motivo sono inammissibili a vario titolo e ciò in disparte l’inammissibilità del motivo nel suo complesso, che affastella censure eterogenee non autonomamente enucleabili (Cass., n. 26790/2018). Quanto alla denunciata omessa valutazione di fatto decisivo costituito dalle sentenze del GIP del Tribunale di Forlì -in disparte l’applicazione del principio di cui all’art. 348 -ter cod. proc. civ. e la non ricorrenza di un omesso esame di fatto storico nel caso di specie, trattandosi di omesso esame di elementi di prova -le sentenze in oggetto sono state espressamente esaminate dal giudice di appello, che le ha ritenute irrilevanti (« le sentenze penali qui riprodotte in parte non apportano alcun ulteriore elemento utile »).
Parimenti inammissibile è il dedotto vizio di motivazione, non essendo lo stesso più deducibile in sede di legittimità, tranne che esso trasmodi in assoluta incomprensibilità del percorso logico seguito dal giudice ai fini della decisione (Cass., Sez. U., n. 8053/2014), incomprensibilità qui assente, trattandosi di percorso motivazionale sintetico e comprensibile, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che « il giudice non è tenuto a rispondere sulle singole questioni poste negli scritti conclusivi, ma a motivare la decisione presa fornendo le spiegazioni del suoi convincimento» (pag. 7 sent. imp.).
Quanto, poi, all’inutilizzabilità della documentazione prodotta in sede di precisazione delle conclusioni, già rilevata dal giudice di primo grado, il motivo è inammissibile per aspecificità a termini dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ., non risultando che su tale questione sia stato proposto uno specifico motivo di impugnazione. Parimenti inammissibile è l’ulteriore deduzione relativa alla rilevabilità di ufficio della nullità dei contratti stipulati fuori dai contratti commerciali, perché il ricorrente non ha correttamente censurato la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha ritenuto che tale censura si riferisse ai contratti finanziari fatti stipulati dall’amministratore della ricorrente « ai propri clienti onde farli confluire al Credito di Romagna» ( loc. cit. sent. imp.) , questione ritenuta priva di incidenza sui rapporti bancari tra banca e cliente.
Con il terzo motivo si deducono, anche in questo caso cumulandosi più profili di censura, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., motivazione assente, apparentemente, perplessa o contraddittoria in violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., nella parte in cui è stata ritenuta erroneamente provata la pretesa della banca con violazione degli artt. 2697, 1832 cod. civ., 50 d. lgs. n. 385/1993 e 115 cod. proc. civ., nonché, sempre in relazione al medesimo parametro, erroneo esercizio del prudente apprezzamento delle prove, nonché -in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 115, primo comma, cod. proc. civ. e 2697, primo comma, cod. civ., non avendo la banca prodotto tutta la documentazione necessaria ad accertare l’esistenza dei crediti azionati in via monitoria.
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., motivazione assente o perplessa in relazione alla statuizione del giudice di appello, secondo cui il giudice
n. 3051/2021 R.G.
avrebbe erroneamente valutato la CTP di parte, elemento di prova fondamentale al fine di ritenere fondata la domanda riconvenzionale risarcitoria e la domanda di pagamento delle provvigioni, riproposte in appello.
Il terzo e il quarto motivo sono inammissibili in quanto censure che mirano a giungere a un diverso apprezzamento delle prove, che ha portato il giudice di appello, conformemente alle conclusioni del giudice di primo grado, a ritenere fondata la pretesa creditizia della banca e infondata la domanda riconvenzionale.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in € 7.000,00 per compensi, oltre € 200,00 per anticipazioni, 15% per rimborso forfetario, oltre accessori di legge; a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13 .
Così deciso in Roma, il 27/03/2025.