Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8786 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 8786 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/04/2025
SENTENZA
sul ricorso 13777-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, in proprio e in qualità legale rappresentante pro tempore della RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
Oggetto
Sanzioni amministrative decadenza
R.G.N. 13777/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 10/12/2024
PU
avverso la sentenza n. 543/2023 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 07/12/2023 R.G.N. 437/2023; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Torino ha confermato la decisione di prime cure che aveva dichiarato estinta la sanzione amministrativa irrogata dall’INPS, in applicazione del regime decadenziale previsto dall’art. 14 della legge n.689 del 1981 in combinato disposto con gli artt. 6 e 9 del d.lgs. n.8 del 2016.
Decidendo sulle opposizioni ad ordinanze ingiunzioni con le quali l’INPS aveva ingiunto il pagamento di somme a titolo di sanzione amministrativa per il mancato versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali con riferimento all’art. 2, comma 1-bis d.l. n.463 del 1983, convertito in l.n.638 del 1983, come sostituito dall’art.3, co.6, d.lgs. n.8 del 2016 che aveva depenalizzato parzialmente la fattispecie dell’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, ha accolto l’eccepita decadenza per inosservanza del termine di 90 giorni per la contestazione (nelle date 5 aprile 2017 e 29 novembre 2017), computato detto termine dalla data di entrata in vigore della norma di depenalizzazione (6 febbraio 2016).
La Corte di merito ha motivato l’applicabilità dell’art. 14 legge n.689 cit., e l’effetto decadenziale estintivo,
sperimentando due diversi profili interpretativi: il primo, secondo cui il vuoto normativo in ordine all’ inosservanza del termine prescritto dall’art. 9 d.lgs. n.8 del 2016 di novanta giorni dalla ricezione degli atti penali entro il quale l’autorità ammi nistrativa è tenuta a notificare gli estremi della violazione, è agevolmente colmabile, a mente del rinvio dell’art. 6 d.lgs. n.8 cit., tramite il ricorso all’ultimo comma dell’art. 14 legge n.689 del 1981 conseguendo alla violazione l’estinzione dell’obb ligazione sanzionatoria; il secondo, in riferimento al doppio passaggio per la trasmissione degli atti dalla sede penale all’autorità amministrativa, prescritto dall’art. 9 del d.lgs. n.8 cit., con onere di allegazione di detto doppio passaggio a carico dell’INPS, con esito interpretativo, ove nulla sia detto, come nella specie, della ricezione all’autorità amministrativa degli atti trasmessi dalla sede penale e , dunque, detta tempistica sia inapplicabile, con piena applicabilità, mediante il rinvio dell ‘art. 6, dell’art. 14 legge n. 689 cit., con particolare riferimento alla fattispecie decadenziale ivi prevista.
La sentenza è impugnata dall’INPS, con ricorso affidato ad un unico motivo, avverso il quale ha resistito, con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria, COGNOME NOME, in proprio e quale e quale socio accomandatario della RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo rigettarsi il ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il motivo di ricorso l’INPS, ristretto l’ambito del devolutum in cassazione al periodo agosto 2015-gennaio 2026, recte 2016 (così a pag.2 del ric.), in sintesi,
propugna un’interpretazione del quadro legislativo nei termini che seguono: a) non applicazione dell’art. 14 della l. n. 689 del 1981 per tutte le fattispecie di reato divenute fattispecie di sanzione amministrativa in epoca antecedente al momento di entrata in vigore del d. lgs. n. 8 del 2016; b) applicazione dell’art. 14 della l. n. 689 del 1981, in forza dell’art. 6 del d. lgs. cit. per tutte le violazioni poste in essere dal momento di entrata in vigore di tale decreto delegato al 31.12.2023; c) applica zione dell’art. 23 del d.l. n. 48 del 2023 per tutte le violazioni che sorgeranno dal 1° gennaio 2023, quale regola generale per le sanzioni amministrative in tema di omissioni contributive, sostitutiva della regola fissata dall’art. 14 l. n. 689 del 1981.
7. Il motivo è infondato.
Va premesso che il d.lgs. n. 8/2016, nel prevedere, all’art. 8, comma 1, che ‘le disposizioni del presente decreto che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto stesso’, ha disciplinato, all’art. 9, le modalità con cui darvi concreta applicazione, stabilendo anzitutto che ‘l’autorità giudiziaria, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, dispone la trasmissione all’autorità amministrativa competente degli atti dei procedimenti penali relativi ai reati trasformati in illeciti amministrativi’ (comma 1), differenziando in secondo luogo i soggetti a ciò tenuti a seconda che l’azione penale sia già stata o meno esercitata (commi 2 e 3) e disponendo, da ultimo, che ‘l’autorità amministrativa notifica gli estremi della violazione agli interessati residenti nel territorio della
Repubblica entro il termine di novanta giorni dalla ricezione degli atti’ (comma 4).
Ciò posto, va rilevato che l’art. 6, d.lgs. n. 8/2016, stabilisce in forma assolutamente generale che ‘nel procedimento per l’applicazione delle sanzioni amministrative previste dal presente decreto si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni delle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689’; e se è indubitabile che la previsione valga anzitutto pro futuro, ossia per le violazioni commesse a far data dalla sua entrata in vigore, non è meno vero che tra le ‘sanzioni amministrativ e previste dal presente decreto’ debbono intendersi ricomprese anche quelle sanzioni che, a norma del successivo art. 8, ‘si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto stesso’: prova ne sia, ai fini ch e qui interessano, che l’art. 9, come s’è già visto, prevede che l’autorità amministrativa debba notificare ‘gli estremi della violazione agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni dalla ricezione degl i atti’, vale a dire entro il medesimo termine previsto dall’art. 14, comma 2°, l. n. 689/1981, che la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente interpretato come termine di decadenza dall’esercizio della potestà sanzionatoria (cfr., ex multis, Cass. n. 9456 del 2004 e, da ult., Cass. n. 4345 del 2024).
Si tratta, ad avviso del Collegio, di una soluzione costituzionalmente necessitata ove si consideri che, nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, l. n. 689/1981, nella parte in cui non prevede un termine per la conclusione del
procedimento sanzionatorio mediante l’emissione dell’ordinanza ingiunzione o dell’ordinanza di archiviazione degli atti, la Corte costituzionale ha nondimeno precisato che, in materia di sanzioni amministrative, il principio di legalità deve necessariament e modellare anche ‘la formazione procedimentale del provvedimento afflittivo con specifico riguardo alla scansione cronologica dell’esercizio del potere’, in quanto ‘la previsione di un preciso limite temporale per la irrogazione della sanzione costituisce un presupposto essenziale per il soddisfacimento dell’esigenza di certezza giuridica, in chiave di tutela dell’interesse soggettivo alla tempestiva definizione della propria situazione giuridica di fronte alla potestà sanzionatoria della pubblica amministrazione, nonché di prevenzione generale e speciale’, e la sua individuazione in un momento ‘non particolarmente distante dal momento dell’accertamento e della contestazione dell’illecito, consentendo all’incolpato di opporsi efficacemente al provvedimento sanzionatorio, garantisce un esercizio effettivo del diritto di difesa tutelato dall’art. 24 Cost. ed è coerente con il principio di buon andamento ed imparzialità della P.A. di cui all’art. 97 Cost.’ (Corte cost. n. 151 del 2021).
In altri termini, è il principio di legalità di cui all’art. 23 Cost., in combinato disposto con il diritto di difesa di cui all’art. 24 e il principio di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97, ad imporre all’interprete di ritenere che il termin e previsto all’art. 9, comma 4, d.lgs. n. 8/2016, sia un termine di decadenza: diversamente opinando, infatti, l’ ‘esigenza di contenere nel tempo lo stato di incertezza inevitabilmente connesso alla esplicazione di una speciale
prerogativa pubblicistica, quale è quella sanzionatoria, capace di incidere unilateralmente e significativamente sulla situazione giuridica soggettiva dell’incolpato’, resterebbe esclusivamente affidata alla previsione del termine di prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni amministrative (art. 28, l. n. 689/1981), che tuttavia, per ampiezza e suscettibilità di interruzione, deve considerarsi ‘inidoneo a garantire, di per sé solo, la certezza giuridica della posizione dell’inc olpato e l’effettività del suo diritto di difesa, che richiedono contiguità temporale tra l’accertamento dell’illecito e l’applicazione della sanzione’ (così ancora Corte cost. n. 151 del 2021, cit.).
Chiarito, pertanto, che la norma di cui all’art. 9, comma 4, d.lgs. n. 8/2016, deve leggersi alla stregua del precetto di cui all’art. 14, comma 2°, l. n. 689/1981, affatto correttamente, nel caso di specie, i giudici territoriali hanno ritenuto maturata la decadenza di cui trattasi: per principio generale, infatti, l’onere della prova dell’osservanza dei termini previsti a pena di decadenza per l’esercizio di un diritto incombe su chi intende esercitarlo (cfr., fra le tante, Cass. nn. 3796 del 1989, 10412 del 1997, 7093 del 2003) e l’INPS, onerato in tal senso, come si evince dalla sentenza impugnata non ha allegato se e quando gli atti, eventualmente trasmessi in sede penale, gli siano stati nuovamente inviati in sede amministrativa.
Il ricorso, pertanto, va rigettato.
La novità e complessità della questione trattata giustificano la compensazione delle spese del giudizio di legittimità, mentre, tenuto conto del rigetto del ricorso, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del