Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8077 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 8077 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/03/2025
SENTENZA
sul ricorso 10959-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
ricorrente incidentale nonché contro
RAGIONE_SOCIALE – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE;
Oggetto
Sanzioni amministrative, decadenza
R.G.N. 10959/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 10/12/2024
PU
– resistente con mandato al ricorso incidentale avverso la sentenza n. 215/2023 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 08/11/2023 R.G.N. 59/2023; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/12/2024 dalla Consigliera Dott. NOME COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e l’ inammissibilità del ricorso incidentale; udito l’avvocato NOME COGNOME udito l’avvocato NOME NOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Genova ha rigettato l ‘appello principale dell’INPS e parzialmente accolto quello incidentale della parte privata.
Per l’effetto, h a confermato la decisione di primo grado nella parte in cui aveva accolto l’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso due ordinanzeingiunzione con cui l’INPS gli aveva irrogato le sanzioni amministrative per mancato versamento delle ritenute previdenziali in relazione agli anni 2013 e 2014. Ha riformato, invece, la sentenza del Tribunale, in punto di spese, liquidando, per il primo grado di giudizio, un importo maggiore in favore della parte vittoriosa.
Per quanto qui solo di interesse, la Corte di appello ha ritenuto maturata la decadenza dalla potestà sanzionatoria di cui all’art. 14 della legge n. 689 del 1981, in virtù del richiamo contenuto nel l’art. 6 del d.lgs. 15 gennaio 2016 n. 8 .
In particolare, ha ritenuto che l’effetto estintivo si fosse prodotto in quanto erano decorsi, al momento della notifica delle violazioni, più di 90 giorni dalla trasmissione degli atti da parte dell’autorità giudiziaria . Nello specifico, la restituzione
degli atti all’INPS era avvenuta, rispettivamente, il 29 marzo 2016 e l’8.8.2016 mentre la notifica delle violazioni (relativa agli anni 2013 e del 2014) era stata effettuata il 17 novembre 2017 e il 7 aprile 2017.
I giudici territoriali escludevano che in relazione «alla specifica fattispecie oggetto di causa» vi fosse stata (un’ulteriore) attività di indagine (v. pag. 6, 2° cpv., della sentenza impugnata) da parte dell’I nps.
Ha proposto ricorso per cassazione l’INPS, articolato in un unico motivo di censura, illustrato con memoria. Ha resistito la parte privata con controricorso, del pari illustrato con memoria, contenente ricorso incidentale condizionato. Il Pubblico ministero ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di censura del ricorso principale, l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 14, comma 2°, della legge nr. 689 del 1981, degli artt. 8, comma 1, e 9 del d.lgs. nr. 8 del 2016, e dell’art. 2, comma 1 -bis , d.l. nr. 463 del 1983 (conv. con legge nr. 638 del 1983), per avere la Corte di merito ritenuto maturata la decadenza dall’esercizio del potere sanzionatorio di cui all’art. 14, legge nr. 689 del 1981, cit.: ad avviso dell’Istituto ricorrente, infatti, l a vicenda per cui è causa andrebbe disciplinata esclusivamente sulla scorta degli artt. 8, comma 1, e 9, d.lgs. nr. 8 del 2016, che nel prevedere la depenalizzazione dell’omesso versamento delle ritenute previdenziali, già qualificato come illecito penale dall’art. 2, comma 1 -bis , d.l. nr. 463 del 1983, cit.- hanno previsto, per le fattispecie verificatesi anteriormente alla sua entrata in vigore, la retroattività della sostituzione della sanzione amministrativa a quella penale e la conseguente
restituzione degli atti all’autorità amministrativa affinché quest’ultima proceda a notificare al responsabile gli estremi della violazione, ma senza in alcun modo comminare la decadenza per il caso in cui l’amministrazione non vi provveda entro il termine di novanta giorni dalla ricezione degli atti.
Il motivo è infondato.
Va premesso che il d.lgs. nr. 8 del 2016, nel prevedere, all’art. 8, comma 1, che «le disposizioni del presente decreto che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto stesso», ha disciplinato, all’art. 9, le modalità con cui darvi concreta applicazione, stabilendo anzitutto che «l’autorità giudiziaria, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, dispone la trasmi ssione all’autorità amministrativa competente degli atti dei procedimenti penali relativi ai reati trasformati in illeciti amministrativi» (comma 1), differenziando in secondo luogo i soggetti a ciò tenuti a seconda che l’azione penale sia già stata o meno esercitata (commi 2 e 3) e disponendo, da ultimo, che «l’autorità amministrativa notifica gli estremi della violazione agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni dalla ricezione degli atti»(comma 4).
Ciò posto, va rilevato che l’art. 6, d.lgs. nr. 8 del 2016, stabilisce in forma assolutamente generale che «nel procedimento per l’applicazione delle sanzioni amministrative previste dal presente decreto si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni delle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689»; e se è indubitabile che la previsione valga anzitutto pro futuro , ossia per le violazioni commesse a far data dalla sua entrata in vigore, non è meno
vero che tra le «sanzioni amministrative previste dal presente decreto» debbono intendersi ricomprese anche quelle sanzioni che, a norma del successivo art. 8, «si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto stesso»: prova ne sia, ai fini che qui interessano, che l’art. 9, come s’è già visto, prevede che l’autorità amministrativa debba notificare «gli estremi della violazione agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni dalla ricezione degli atti», vale a dire entro il medesimo termine previsto dall’art. 14, comma 2°, legge nr. 689 del 1981, che la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente interpretato come termine di decadenza dall’esercizio dell a potestà sanzionatoria (cfr. ex multis Cass. nr. 9456 del 2004 e, da ult., Cass. nr. 4345 del 2024).
9. Si tratta, ad avviso del Collegio, di una soluzione costituzionalmente necessitata ove si consideri che, nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, legge nr. 689 del 1981, nella parte in cui non prevede un termine per la conclusione del procedimento sanzionatorio mediante l’emissione dell’ordinanza ingiunzione o dell’ordinanza di archiviazione degli atti, la Corte costituzionale ha nondimeno precisato che, in materia di sanzioni amministrative, il principio di legalità deve necessariamente modellare anche «la formazione procedimentale del provvedimento afflittivo con specifico riguardo alla scansione cronologica dell’esercizio del potere», in quanto «la previsione di un preciso limite temporale per la irrogazione della sanzione costituisce un presupposto essenziale per il soddisfacimento dell’esigenza di certezza giuridica, in chiave di tutela dell’interesse soggettivo alla
tempestiva definizione della propria situazione giuridica di fronte alla potestà sanzionatoria della pubblica amministrazione, nonché di prevenzione generale e speciale», e la sua individuazione in un momento «non particolarmente distante dal momento dell’ accertamento e della contestazione dell’illecito, consentendo all’incolpato di opporsi efficacemente al provvedimento sanzionatorio, garantisce un esercizio effettivo del diritto di difesa tutelato dall’art. 24 Cost. ed è coerente con il principio di buon andamento ed imparzialità della P.A. di cui all’art. 97 Cost.» (Corte cost. nr. 151 del 2021).
10. In altri termini, è il principio di legalità di cui all’art. 23 Cost., in combinato disposto con il diritto di difesa di cui all’art. 24 e il principio di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97, ad imporre all’interprete di ritenere che il termin e previsto all’art. 9, comma 4, d.lgs. nr. 8 del 2016, sia un termine di decadenza: diversamente opinando, infatti, l’«esigenza di contenere nel tempo lo stato di incertezza inevitabilmente connesso alla esplicazione di una speciale prerogativa pubblicistica, quale è quella sanzionatoria, capace di incidere unilateralmente e significativamente sulla situazione giuridica soggettiva dell’incolpato», resterebbe esclusivamente affidata alla previsione del termine di prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni amministrative (art. 28, l. nr. 689 del 1981), che tuttavia, per ampiezza e suscettibilità di interruzione, deve considerarsi «inidoneo a garantire, di per sé solo, la certezza giuridica della posizione dell’incolpato e l’effetti vità del suo diritto di difesa, che richiedono contiguità temporale tra l’accertamento dell’illecito e l’applicazione della sanzione» (così ancora Corte cost. nr. 151 del 2021, cit.).
11. Chiarito, pertanto, che la norma di cui all’art. 9, comma 4, d.lgs. n. 8 del 2016, deve leggersi alla stregua del precetto
di cui all’art. 14, comma 2°, l. n. 689/1981, il caso di specie non presenta profili di particolare interesse: la Corte di appello ha accertato il momento in cui gli atti erano stati trasmessi dall’autorità giudiziaria all’INPS e da tale momento ha calcolato il termine decadenziale di novanta giorni, ampiamente decorso al momento di notifica delle violazioni amministrative.
Per quanto innanzi, il ricorso principale va rigettato.
Segue l’assorbimento di quello incidentale, proposto solo in via condizionata.
La novità della questione trattata giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità. Tuttavia, tenuto conto del rigetto del ricorso principale, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale. Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del