Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8785 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L   Num. 8785  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/04/2025
SENTENZA
sul ricorso 13780-2024 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE,  in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato  in  ROMA,  INDIRIZZO,  presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati  NOME  COGNOME,  NOME  COGNOME,  NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, NOME in proprio e in qualità legale rappresentante pro tempore della RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, domiciliati in ROMA, INDIRIZZO,  presso la  CANCELLERIA  DELLA  CORTE
Oggetto
Sanzioni
amministrative decadenza
R.G.N. 13780/NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 10/12/2024
PU
SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difeso dall’avvocato
NOME COGNOME;
– controricorrenti –
avverso  la  sentenza  n.  549/2023  della  CORTE  D’APPELLO  di TORINO, depositata il 07/12/2023 R.G.N. 450/2023; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/12/2024 dal Consigliere AVV_NOTAIO. NOME COGNOME; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME; udito  l’avvocato  NOME  COGNOME  per  delega  verbale avvocato AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Torino ha confermato la decisione di prime  cure che, in accoglimento delle opposizioni ad ordinanze ingiunzione, aveva annullato le ordinanze irrogative  di  sanzione  amministrativa,  in  applicazione  del regime decadenziale previsto dall’art. 14 della legge n.689 del 1981 in combinato disposto con gli artt. 6 e 9 del d.lgs. n.8 del 2016.
La Corte di merito ha statuito la decadenza in capo all’ente previdenziale del potere di irrogare le sanzioni amministrative per mancata contestazione  della violazione nel termine di novanta giorni  dall’accertamento della stessa (in data 18 aprile 2017), computato detto termine dalla data di  entrata  in  vigore  della  norma  di  depenalizzazione  (6 febbraio 2016).
La  Corte  di  merito  ha  motivato  l’applicabilità  dell’art.  14 legge n.689 cit., e l’effetto decadenziale estintivo, sperimentando  due  diversi  profili  interpretativi:  il  primo, secondo cui il vuoto normativo in ordine all’ inosservanza del
termine prescritto dall’art. 9 d.lgs. n.8 del 2016 di novanta giorni dalla ricezione degli atti penali entro il quale l’autorità amministrativa è tenuta a notificare gli estremi della violazione, è agevolmente colmabile, a mente del rinvio dell’art. 6 d.lg s. n.8 cit., tramite il ricorso all’ultimo comma dell’art. 14 legge n.689 del 1981 conseguendo alla violazione l’estinzione dell’obbligazione sanzionatoria; il secondo, in riferimento al doppio passaggio per la trasmissione degli atti dalla sede penale al l’autorità amministrativa, prescritto dall’art. 9 del d.lgs. n.8 cit., con onere di allegazione di detto doppio passaggio a carico dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, con esito interpretativo, ove nulla sia detto, come nella specie, della ricezione all’autorità amministrativa degl i atti trasmessi dalla sede penale e, dunque, detta tempistica sia inapplicabile, con piena applicabilità, mediante il rinvio dell’art. 6, dell’art. 14 legge n. 689 cit., con particolare riferimento alla fattispecie decadenziale ivi prevista.
La sentenza è impugnata dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, con ricorso affidato ad un  unico  motivo,  avverso  il  quale  hanno  resistito,  con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria, COGNOME NOME e COGNOME NOME, quest’ultimo anche in qualità di legale rappresentante della RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE
Il  Procuratore  AVV_NOTAIO  ha  rassegnato  conclusioni  scritte chiedendo rigettarsi il ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con  il motivo di ricorso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in sintesi,  propugna un’interpretazione  del  quadro  legislativo  nei  termini  che seguono: a) non applicazione dell’art. 14 della l. n. 689 del 1981 per tutte le fattispecie di reato divenute fattispecie di sanzione amministrativa in epoca antecedente al momento
di entrata in vigore del d. lgs. n. 8 del 2016; b) applicazione dell’art. 14 della l. n. 689 del 1981, in forza dell’art. 6 del d. lgs. cit. per tutte le violazioni poste in essere dal momento di entrata in vigore di tale decreto delegato al 31.12.2023; c) applicazione dell’art. 23 del d.l. n. 48 del 2023 per tutte le violazioni che sorgeranno dal 1° gennaio 2023, quale regola generale per le sanzioni amministrative in tema di omissioni contributive, sostitutiva della regola fissata dall’art. 14 l. n. 689 d el DATA_NASCITA.
7. Il motivo è infondato.
Va premesso che il d.lgs. n. 8/2016, nel prevedere, all’art. 8, comma 1, che ‘le disposizioni del presente decreto che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto stesso’, ha disciplinato, all’art. 9, le modalità con cui darvi concreta applicazione, stabilendo anzitutto che ‘l’autorità giudiziaria, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, dispone la trasmissione all’autorità amministrativa competente degli atti dei procedimenti penali relativi ai reati trasformati in illeciti amministrativi’ (comma 1), differenziando in secondo luogo i soggetti a ciò tenuti a seconda che l’azione penale sia già stata o meno esercitata (commi 2 e 3) e disponendo, da ultimo, che ‘l’autorità amministrativa notifica gli estremi della violazione agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni […] dalla ricezione degli atti’ (comma 4).
Ciò posto, va rilevato che l’art. 6, d.lgs. n. 8/2016, stabilisce in forma assolutamente generale che ‘nel procedimento per l’applicazione  delle  sanzioni  amministrative  previste  dal
presente decreto si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni delle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689′; e se è indubitabile che la previsione valga anzitutto pro futuro, ossia per le violazioni commesse a far data dalla sua entrata in vigore, non è meno vero che tra le ‘sanzioni amministrative previste dal presente decreto’ debbono intendersi ricomprese anche quelle sanzioni che, a norma del successivo art. 8, ‘si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto stesso’: prova ne sia, ai fini che qui interessano, che l’art. 9, come s’è già visto, prevede che l’autorità amministrativa debba notificare ‘gli estremi della violazione agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni […] dalla ricezione degli atti’, vale a dire entro il medesimo termine previsto dall’art. 14, comma 2°, l. n. 689/1981, che la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente interpretato come termine di de cadenza dall’esercizio della potestà sanzionatoria (cfr., ex multis, Cass. n. 9456 del 2004 e, da ult., Cass. n. 4345 del 2024).
Si tratta, ad avviso del Collegio, di una soluzione costituzionalmente necessitata ove si consideri che, nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, l. n. 689/1981, nella parte in cui non prevede un termine per la conclusione del procedimento sanzionatorio mediante l’emissione dell’ordinanza ingiunzione o dell’ordinanza di archiviazione degli atti, la Corte costituzionale ha nondimeno precisato che, in materia di sanzioni amministrative, il principio di legalità deve necessariamente modellare anche ‘la formazione procedimentale del provvedimento afflittivo con specifico
riguardo alla scansione cronologica dell’esercizio del potere’, in quanto ‘la previsione di un preciso limite temporale per la irrogazione della sanzione costituisce un presupposto essenziale per il soddisfacimento dell’esigenza di certezza giuridica, in c hiave di tutela dell’interesse soggettivo alla tempestiva definizione della propria situazione giuridica di fronte alla potestà sanzionatoria della pubblica amministrazione, nonché di prevenzione generale e speciale’, e la sua individuazione in un momento ‘non particolarmente distante dal momento dell’accertamento e della contestazione dell’illecito, consentendo all’incolpato di opporsi efficacemente al provvedimento sanzionatorio, garantisce un esercizio effettivo del diritto di difesa tutelato dall’art. 2 4 Cost. ed è coerente con il principio di buon andamento ed imparzialità della P.A. di cui all’art. 97 Cost.’ (Corte cost. n. 151 del 2021).
In altri termini, è il principio di legalità di cui all’art. 23 Cost., in combinato disposto con il diritto di difesa di cui all’art. 24 e il principio di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97, ad imporre all’interprete di ritenere che il termin e previsto all’art. 9, comma 4, d.lgs. n. 8/2016, sia un termine di decadenza: diversamente opinando, infatti, l’ ‘esigenza di contenere nel tempo lo stato di incertezza inevitabilmente connesso alla esplicazione di una speciale prerogativa pubblicistica, quale è quella sanzionatoria, capace di incidere unilateralmente e significativamente sulla situazione giuridica soggettiva dell’incolpato’, resterebbe esclusivamente affidata alla previsione del termine di prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni amministrative (art. 28, l. n. 689/1981), che tuttavia, per ampiezza e suscettibilità di interruzione, deve
considerarsi ‘inidoneo a garantire, di per sé solo, la certezza giuridica della posizione dell’incolpato e l’effettività del suo diritto  di  difesa,  che  richiedono  contiguità  temporale  tra l’accertamento  dell’illecito  e  l’applicazione  della  sanzione’ (così ancora Corte cost. n. 151 del 2021, cit.).
Chiarito, pertanto, che la norma di cui all’art. 9, comma 4, d.lgs. n. 8/2016, deve leggersi alla stregua del precetto di cui all’art. 14, comma 2°, l. n. 689/1981, affatto correttamente, nel caso di specie, i giudici territoriali hanno ritenuto maturata la decadenza di cui trattasi: per principio generale, infatti, l’onere della prova dell’osservanza dei termini previsti a pena di decadenza per l’esercizio di un diritto incombe su chi intende esercitarlo (cfr., fra le tante, Cass. nn. 3796 del 1989, 10412 del 1997, 7093 del 2003) e l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, onerato in tal senso, come si evince dalla sentenza impugnata non ha allegato se e quando gli atti, eventualmente trasmessi in sede penale, gli siano stati nuovamente inviati in sede amministrativa.
Il ricorso, pertanto, va rigettato.
La novità e complessità della questione trattata giustificano la  compensazione  delle  spese  del  giudizio  di  legittimità, mentre, tenuto conto del rigetto del ricorso, va dichiarata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da  parte  del  r icorrente,  dell’ulteriore  importo  a  titolo  di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  del