Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2582 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2582 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15698/2021 R.G. proposto da : COGNOME con diritto di ricevere le notificazioni presso la PEC dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME unitamente agli avvocati COGNOME
-controricorrente-
nonchè contro
DI NOME COGNOME nella qualità di eredi di NOME COGNOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BARI n. 321/2021 pubblicata il 22/02/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Bari, con la sentenza n. 321/2021 pubblicata il 22/02/2021 ha rigettato il gravame proposto da NOME COGNOME nella controversia con l’I.N.P.S., NOME COGNOME e NOME COGNOME nella qualità in epigrafe indicata.
La controversia ha per oggetto l’accertamento della prestazione di attività lavorativa bracciantile alle dipendenze della ditta «RAGIONE_SOCIALE», con la condanna dell’I.N.P.S. al riconoscimento della regolarità dei versamenti contributivi effettuati dal datore di lavoro, l’annullamento dei provvedimenti di cancellazione dagli elenchi bracciantili ed il riconoscimento della legittimità della percezione della indennità di disoccupazione ricevuta per il periodo dedotto in giudizio.
Il Tribunale di Bari rigettava tutte le domande proposte dal COGNOME accogliendo l’eccezione di decadenza ex art.22 d.l. n.7/1970 (convertito con modificazione dalla legge n.83/1970).
La Corte territoriale ha ritenuto che il dies a quo del termine di decadenza dovesse individuarsi nel trentunesimo giorno successivo alla data della richiesta dell’Istituto previdenziale di restituzione delle prestazioni indebitamente erogate, con contestuale comunicazione dell ‘ avvenuta cancellazione dagli elenchi nominativi, ossia il 25/02/2016 (comunicazione del 21/01/2016); che il ricorso
amministrativo era stato presentato l ‘ 8/03/2016, quando il termine per la sua proposizione era già spirato; e che la domanda giudiziale era stata proposta il 3/10/2016, quando il termine previsto a pena di decadenza era già compiuto.
Per la cassazione della sentenza ricorre COGNOME con ricorso affidato a cinque motivi. RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione dell’art.8 legge n.533/1973 in relazione all’art.360 comma primo «n.2» (c osì nel ricorso) cod. proc. civ. Sostiene che la Corte territoriale ha errato nell’attribuire rilevanza al deposito del ricorso amministrativo oltre il termine ex art.17 d.l. n.7/1970, trovando applicazione la sanatoria prevista dall’art.8 legge n.533/1973.
Con il secondo motivo lamenta la violazione dell’art.46 , commi 5 e 6 della legge n.88/1989, in relazione all’art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ. Sostiene che il termine per proporre il ricorso amministrativo era di giorni novanta, e non di giorni trenta.
Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art.17 d.l. n.7/1970 in relazione all’art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ. Sostiene che il provvedimento di cancellazione dagli elenchi nominativi dei braccianti agricoli non gli è mai stato notificato, né prodotto durante il giudizio di merito.
Con il quarto motivo lamenta la violazione ed erronea applicazione dell’art.38 comma 12 -bis del d.l. n.98/2011 in relazione all’art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ.
Con il quinto motivo lamenta l ‘ «omesso esame di quanto addotto dall’INPS nel merito della controversia ed oggetto di discussione tra le parti, a sostegno della estraneità dell’appellante alle vicende ispettive che coinvolgevano il datore di lavoro» in relazione all’art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ.
Il primo motivo è inammissibile, ex art.360 bis n.1 cod. proc. civ. La Corte territoriale ha fatto applicazione del costante
orientamento di questa Corte, al quale si intende dare continuità, nei termini di seguito riportati: «la giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che il termine di 120 giorni previsto dall’art. 22 legge citata ha natura di decadenza sostanziale (in quanto relativo al compimento di un atto di esercizio di un diritto soggettivo), così da non essere suscettibile di sanatoria ai sensi della L. n. 533 del 1973, art. 8 (fra tante, Cass. 1 ottobre 1997 n. 9595; Cass., 21 aprile 2001 n. 5942; Cass., 8 novembre 2003 n. 16803; Cass., 10 agosto 2004 n. 15460, 18 maggio 2005 n. 10393; Cass., 5 giugno 2009, n. 13092)» (Cass. Sez. Lav. 31/3/2017 n.8457).
Il secondo motivo è infondato. Con riferimento alla materia controversa (cancellazione dagli elenchi nominativi dei lavoratori dipendenti della agricoltura), per la proposizione del ricorso amministrativo trova applicazione il termine di giorni trenta previsto dall’art.17 d.l. n.7/1970, così come ritenuto dalla Corte territoriale; disposizione che ha natura di norma speciale rispetto a quella prevista, in via generale, dall’art.46 , commi 5 e 6 della legge n.88/1989 sulla definizione del contenzioso in sede amministrativa da parte del comitato provinciale RAGIONE_SOCIALE
8. Il terzo motivo è infondato. Con riferimento alla determinazione del dies a quo della decadenza, ex art.22 d.l. n.7/1970, la Corte territoriale non ha fondato la propria decisione sulla base della data di pubblicazione della cancellazione sul sito internet dell’IRAGIONE_SOCIALE, ma sulla data di comunicazione della richiesta di restituzione delle prestazioni indebitamente erogate, richiesta che secondo l’accertamento in fatto compiuto dalla Corte – insindacabile in questa sede se non nei limiti del c.d. minimo costituzionale di motivazione -recava «altresì la comunicazione dell’avvenuta cancellazione dagli elenchi nominativi». La Corte ha dunque ritenuto che a far tempo da tale comunicazione, ossia dal 21/01/2016, l’odierno ricorrente avesse conoscenza della sua
cancellazione dagli elenchi nominativi, e pertanto da quella data decorressero i termini per la proposizione del ricorso in via amministrativa e poi per la domanda giudiziale. Il motivo è, pertanto, infondato.
Il quarto motivo è inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi della Corte territoriale che – si veda il motivo precedente – non ha inteso attribuire alcuna rilevanza giuridica alla data di pubblicazione della cancellazione sul sito internet RAGIONE_SOCIALE ma ha deciso l’eccezione di decadenza dando rilievo alla data di effettiva conoscenza del provvedimento di cancellazione.
10. Il quinto motivo è inammissibile per una pluralità di ragioni concorrenti. In primo luogo, ex art.348-ter comma quinto cod. proc. civ., perché la decisione della Corte territoriale ha confermato quella del giudice di primo grado, e la parte ricorrente non ha specificamente dedotto la sussistenza di una diversità nell’iter logico argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa tale da determinare l’inapplicabilità della causa di inammissibilità. Il motivo è, poi, inammissibile in quanto il preteso omesso esame ha per oggetto la valutazione degli elementi di prova da parte del giudice del merito, attività a questi riservata ed in questa sede non sindacabile.
11. Per tutti questi motivi il ricorso dev ‘ essere rigettato. Il ricorrente dev ‘ essere condannato al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in
Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 17/01/2025.