Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30851 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 30851 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 16171-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di Ente succeduto ex lege all’RAGIONE_SOCIALE in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
ricorrente incidentale contro
RAGIONE_SOCIALE – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE ;
Oggetto
R.G.N. 16171/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 10/07/2024
CC
– ricorrente principale – controricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 2682/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA R.G.N. 2406/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/07/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
R.G. 16171/21
Rilevato che:
Con sentenza del giorno 10.12.2020 n. 2682, la Corte d’appello di Roma accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Inps avverso la sentenza del Tribunale di Roma che aveva accolto il ricorso promosso da COGNOME COGNOME volto a chiedere l’accertamento dell’illegittimità del provvedimento di liquidazione della pensione nella parte in cui aveva determinato il supplemento della quota B della prestazione in base alla media delle retribuzioni, ridotta entro un limite massimo, anziché in base alla media effettiva di esse: il pensionato ha chiesto che fosse dichiarato il suo diritto al ricalcolo della base di computo della quota B del trattamento di quiescenza, con condanna dell’Istituto previdenziale a liquidare i supplementi di pensione secondo l’importo lord o mensile, meglio indicato in ricorso.
Il tribunale ha accolto la domanda, dopo aver disatteso l’eccezione di decadenza e prescrizione, valutando ai fini del trattamento pensionistico e in particolare della quantificazione della quota B della pensione, l’importo mensile lordo secondo i trattamenti economici effettivamente percepiti.
La Corte d’appello, per quanto ancora d’interesse nel presente giudizio, ha ritenuto il pensionato decaduto dal contestare la liquidazione dei supplementi pensionistici, operata il 20.9.2011, con decorrenza 1.8.2011, in quanto la liquidazione ricadeva interamente sotto il regime disegnato dal DL n. 98/11, ed egli
aveva reagito soltanto con la comunicazione del 19.10.2015 (seguita dal ricorso depositato il 18.11.16), dunque oltre il triennio; la medesima Corte del merito riteneva prescritto il diritto al ricalcolo del supplemento di pensione liquidato con decorrenza 1.6.2000, in relazione ai ratei maturati anteriormente al mese di ottobre 2005, perché il pensionato ne aveva contestato la liquidazione solo con comunicazione del 19.10.2015. Nel merito, per il calcolo del trattamento pensionistico, ad avviso della Corte territoriale, in riferimento alla quota A, ai sensi dell’art. 4 comma 8 del d.lgs. n. 182/97, l’aliquota del 2% si doveva applicare sulla media delle 540 migliori giornate, fino al limite della retribuzione massima pensionabile Enpals, come fissato dal DPR 1420/71 (£ 315.000, rivalutate dal 1.1.98), mentre in riferimento alla quota B, l’aliquota si doveva applicare fino alla quota della retribuzione giornaliera pensionabile, corrispondente al limite massimo della retribuzione annua pensionabile, in vigore tempo per tempo, nell’assicurazione generale obbligatoria diviso per 312.
Avverso la sentenza della Corte d’appello, l’Inps ricorre per cassazione, sulla base di due motivi, mentre COGNOME COGNOME ha resistito con controricorso, e ricorso incidentale sulla base di un motivo.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, l’istituto previdenziale deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 47 del DPR n. 639/70, come modificato dall’art. 38 comma 4 lett. d) del DL n. 98/11, convertito in legge n. 111/11, in relazione all’ art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente la Corte d’appello non aveva ritenuto maturata la decadenza dall’azione giudiziaria, anche nelle ipotesi, come nella specie, di pensioni
liquidate prima dell’entrata in vigore delle norme di cui in rubrica.
Con il secondo motivo di ricorso, l’istituto previdenziale deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 12 del DPR n. 1420 del 1971 e dell’art. 4 del d.lgs. n. 182/97, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente la Corte d’appello aveva ritenuto che il calcolo della quota di pensione dei lavoratori dello spettacolo riferita ad anzianità maturate dopo il 31.12.1992 (cd. quota B) pur se soggetta a un massimale, tuttavia tale massimale non sarebbe quello specificamente previsto per i trattamenti dell’ENPALS dall’art. 12 del DPR n. 1420/71 come modificato dall’art. 1 comma 10 del d.lgs. n. 182/97 (e pari a € 315.000), ma piuttosto quello generalmente previsto tempo per tempo (diviso per il coefficiente 312), ai sensi dell’art. 4 comma 8 del d.lgs. n. 182/97, che prevede che ai fini del calcolo della parte B della pensione, si applica l’aliquota di rendimento del 2%, sino alla quota di retribuzione giornaliera pensionabile corrispondente al limite massimo della retribuzione annua pensionabile, in vigore tempo per tempo, nell’assicurazione generale obbligatoria.
Con il primo motivo di ricorso incidentale, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 47 del DPR n. 639/70, come modificato dall’art. 38 comma 4° lett. d) del DL n. 98/11, convertito in legge n. 111/11 e dell’art. 6 del DL n. 103/91, convertito in legge n. 166/91, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente, la Corte d’appello aveva ritenuto il ricorrente decaduto dalla domanda di riliquidazione del 15.7.2011, e ciò in quanto, tale domanda ricadeva interamente sotto il vigore del DL n.98/11 che prevede la decadenza dal diritto alla riliquidazione solo per il periodo antecedente al triennio, dalla proposizione dell’azione giudiziaria e, nella
specie, rispetto alla liquidazione operata il 20.9.2011, l’azione giudiziaria era stata proposta il 18.11.2016, mentre, per la Corte d’appello, il diritto alla riliquidazione della pensione si era estinto totalmente.
In subordine, il ricorrente solleva questione di legittimità costituzionale per violazione degli artt 3, 36, 38 e 97 Cost. della novella di cui al DL n. 98/11 in tema di decadenza, se interpretata nel senso che la decorrenza del termine triennale comporta la estinzione totale del diritto alla liquidazione dei ratei e non solo degli importi differenziali antecedenti il triennio rispetto all’iscrizione del ricorso.
Il primo motivo di ricorso principale è fondato, nei termini che seguono.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘n riferimento alla richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni pensionistiche parzialmente già riconosciute, la decadenza triennale di cui all’art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970, come modificato dall’art. 38, comma 1, lett. d), del d.l. n. 98 del 2011, conv., con modif., dalla l. n. 111 del 2011, si applica solo alle differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale’ (Cass. n. 17430/21) .
Più in particolare, alla fattispecie di ricalcolo del trattamento pensionistico, già riconosciuto alla data di entrata in vigore dell’art. 38 cit., va applicato il termine decadenziale previsto da tale disposizione a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima disposizione (Cass. n. 123 del 2022; Cass. n. 17430 del 2021; Cass. n. 28416 del 2020; cfr. Cass. nn. 3580 del 2019 e 29754 del 2019; 16661 del 2018; Cass. n. 7756 del 2016), con ciò ribadendosi i principi e le ragioni enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 15352 del 2015 (in tema di emotrasfusioni, in relazione ai termini introdotti dalla L.
n. 238 del 1997, art. 1, comma 9, per la domanda volta al conseguimento dell’indennizzo da vaccinazioni o di epatiti post trasfusionali e pensioni da HIV).
Il termine di decadenza, introdotto dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 1, lett. d), n. 1), convertito in L. n. 111 del 2011, con riguardo “alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito”, decorrente “dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte”, trova applicazione anche con riguardo a prestazioni già liquidate, ma solo a decorrere dall’entrata in vigore della citata disposizione. La questione, di diritto transitorio, ha riguardato l’incidenza su una situazione ancora pendente della legge sopravvenuta, che ha introdotto ex novo un termine di decadenza.
Si è escluso che la nuova previsione di un termine di decadenza possa avere effetto retroattivo, facendo decorrere il termine prima dell’entrata in vigore della legge che l’abbia istituito, e si è affermato, conformemente ai principi generali dell’ordinamento in materia di termini, che, ove una modifica normativa introduca un termine di decadenza prima non previsto, la nuova disciplina si applichi anche alle situazioni soggettive già in essere, ma la decorrenza del termine viene fissata con riferimento all’entrata in vigore della modifica legislativa.
Si è precisato che tale soluzione realizza il bilanciamento tra il fine sollecitatorio perseguito dal legislatore con l’introduzione del termine decadenziale, ed il fine di tutelare l’interesse del privato, onerato della decadenza, a non vedersi addebitare un comportamento inerte allo stesso non imputabile (Cass. n. 13355 del 2014).
Inoltre, la decadenza è evitata dalla proposizione dell’azione giudiziaria, stante il tenore letterale della norma ed essendo questo l’atto il cui compimento va effettuato nel termine e dunque – secondo i principi generali in materia di decadenza – il solo atto che possa impedire la decadenza.
Il D.L. n. 98 del 2011, art. 38 ha modificato la disciplina del 1970, sia aggiungendo all’art. 47 il comma 2 per cui le decadenza si applica alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito, sia aggiungendo dopo l’art. 47 un art. 47 bis, a norma del quale “si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati, ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronuncia giudiziale dichiarativa del relativo diritto, dei trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui alla L. 9 marzo 1988, n. 88, art. 24, o delle relative differenze dovute a seguito di riliquidazioni”.
L’intento del legislatore, anche in tema di ricalcoli pensionistici, è dunque quello di continuare a incidere unicamente sui ratei pregressi e tale interpretazione trae conferma anche dai lavori preparatori e dalla relazione che accompagna l’art. 38, dove si afferma che a differenza del diritto al trattamento pensionistico di per sé imprescrittibile, il diritto ai singoli reati è considerato soggetto a prescrizione in quanto considerato dalla giurisprudenza di contenuto esclusivamente patrimoniale, periodicamente risorgente e limitatamente disponibile; l’applicazione della decadenza della domanda di riliquidazione ai soli ratei pregressi oltre il triennio e non all’intera pretesa del privato attua del resto un giusto equilibrio tra il diritto alla pensione e l’obiettivo decorso del tempo assicurato dalla decadenza mobile, che comunque sanziona il pensionato in modo significativo con la perdita dell’integrazione dei ratei ultra-
triennali rispetto alla domanda giudiziale. Per converso alcun bilanciamento tra gli opposti interessi sarebbe assicurato dall’accoglimento della tesi opposta, che produrrebbe una pensione decurtata per sempre in modo contra legem , con effetto completamente ablativo del diritto alle differenze (a fronte di una situazione di ignoranza del pensionato all’esatto importo della prestazione, che potrebbe protrarsi per anni) e con incidenza normale rilevante su una situazione soggettiva costituzionalmente protetta; può dunque affermarsi che, in riferimento alla richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni pensionistiche parzialmente già riconosciute, la decadenza riguardi, in considerazione della natura della prestazione, solo le differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale, cd. decadenza mobile (Cass. 17430 del 17/06/2021).
Il secondo motivo di ricorso principale è fondato.
Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘In tema di pensioni di anzianità in favore dei lavoratori dello spettacolo, nella determinazione della “quota B” della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dall’art. 12, comma 7, del d.P.R. n. 1420 del 1971, così come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 10, del d.lgs. n. 182 del 1997; tale limite, infatti, non è stato abrogato né espressamente dai successivi interventi legislativi, né per incompatibilità dall’art. 4, comma 8, del medesimo d.lgs., dovendosi ritenere che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a
comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, in quanto si colloca in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS’ (Cass. n. 36056/22) .
A tale orientamento va data necessaria continuità, tenendo conto delle condizioni di maggior favore di cui usufruisce il pensionato, rispetto alla generalità degli assicurati presso l’Inps. Il primo motivo di ricorso incidentale è fondato, con assorbimento della questione di legittimità costituzionale.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘in riferimento alla richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni pensionistiche parzialmente già riconosciute, la decadenza triennale di cui all’art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970, come modificato dall’art. 38, comma 1, lett. d), del d.l. n. 98 del 2011, conv., con modif., dalla l. n. 111 del 2011, si applica solo alle differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale’ (Cass. n. 17430/21) .
Nella specie, il ricorrente doveva essere dichiarato decaduto dai soli ratei antecedenti al 19.12.2012 (cd. decadenza mobile), visto che l’azione giudiziaria l’aveva proposta in data 19.10.2015.
In accoglimento del ricorso principale e del ricorso incidentale, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Roma, affinché, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Accoglie il ricorso principale e il ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma, in