Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18966 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 18966 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13537-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 4393/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/12/2021 R.G.N. 4240/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
R.G. 13537/22
Rilevato che:
Oggetto
R.G.N. 13537/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 12/06/2025
CC
Con sentenza del giorno 6.12.2021 n. 4393, la Corte d’appello di Roma accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Inps avverso la sentenza del Tribunale di Roma che aveva accolto il ricorso promosso da COGNOME NOMECOGNOME volto a chiedere la rideterminaz ione dei supplementi di pensione erogati dall’Inps, gestione ex Enpals, con le decorrenze meglio indicate in ricorso.
La Corte d’appello, in via preliminare, riteneva che la novella dell’art. 47 u.c. del DPR n. 639/70, come modificato dall’art. 38 comma 1 lettera d) del DL n. 98/21, che aveva reso applicabile il termine triennale di decadenza previsto per le controversie in tema di prestazioni pensionistiche anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito, si applicasse anche alle prestazioni pensionistiche oggetto di causa, ric onosciute prima della novella dell’art. 47 intervenuta con il DL 98/11, e ciò, attraverso l’istituto della decadenza cd. mobile, per i ratei pensionistici maturati fino al triennio precedente alla domanda giudiziale, per cui il pensionato era decaduto dal diritto a richiedere tali ratei pensionistici maturati, come detto, fino al triennio precedente all’azione intrapresa.
Nel merito, la Corte d’appello, con riguardo all’individuazione del criterio di calcolo della cd. quota B della pensione e conseguentemente, dell’ammontare del rateo pensionistico, ha ritenuto non più sussistente il limite di retribuzione giornaliera pensionabile di lire 315.000, sia pure rivalutato a partire dal gennaio 1998, in quanto il rinvio operato dall’art. 1 del d.lgs. n. 182/97 all’art. 12 comma 7 del DPR n. 1420/71 non impone, diversamente da quanto affermato dall’Inps, di tenere in ogni caso fermo tale limite in riferimento alla cd. quota B.
Avverso la sentenza della Corte d’appello, l’Inps ricorre per cassazione, sulla base di un motivo, illustrato da memoria, mentre COGNOME NOME ha resistito con controricorso e ricorso incidentale.
Il collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il motivo di ricorso principale, l’istituto previdenziale deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 12 del DPR
n. 1420 del 1971 e dell’art. 4 del d.lgs. n. 182/97, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente la Corte d’appello aveva ritenuto che il calcolo della quota di pensione dei lavoratori dello spettacolo riferita ad anzianità maturate dopo il 31.12.1992 (cd. quota B) pur se soggetta a un massimale, tuttavia tale massimale non sarebbe quello specificamente previsto per i trattamenti dell’ENPALS dall’art. 12 del DPR n. 1420/71 come modificato dall’art. 1 comma 10 del d.lgs. n. 182/97 (e pari a € 315.000), ma piuttosto quello generalmente previsto tempo per tempo (diviso per il coefficiente 312), ai sensi dell’art. 4 comma 8 del d.lgs. n. 182/97, che prevede che ai fini del calcolo della parte B della pensione, si applica l’aliquota di rendimento del 2%, sino alla quota di retribuzione giornaliera pensionabile corrispondente al limite massimo della retribuzione annua pensionabile, in vigore tempo per tempo, nell’assicurazione generale obbligatoria.
Con il motivo di ricorso incidentale, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 47 del DPR n. 639/70, come modificato dall’art. 38 comma 4° lett. d) del DL n. 98/11, convertito in legge n. 111/11 e dell’art. 252 c.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente, la Corte d’appello aveva ritenuto che la nuova fattispecie di decadenza, introdotta dall’art. 38 comma 4, lett. d) del DL n. 98711, entrata in vigore in data 6.7.11 si applicasse non solo alle prestazioni liquidate dopo tale data, ma anche a quelle liquidata prima e per l’effetto ha limitato al triennio antecedente l’iscrizione a ruolo del ricorso di primo grado, il diritto del Morosi all’importo differenzile mensile dovuto a seguito dell’errore dell’Istituto.
In via preliminare, deve essere disattesa la eccezione di giudicato interno sollevata dalla difesa del controricorrente (pp. 16-19 del controricorso), volta alla dichiarazione dell’intervenuto passaggio in giudicato del capo di sentenza con il quale i giudici di merito hanno accertato, in ordine alla quota B dei supplementi di pensione (per cui è causa), che le quote di retribuzione giornaliera pensionabile eccedenti il limite di £ 315.000 sono computate secondo le aliquote di rendimento previste dall’art. 12 del d.lgs. n. 503/92, che l’Ente ha errato anche nella parte in cui ha conteggiato un numero di contributi giornalieri inferiore a quello effettivo. Come già affermato nei precedenti resi da questa Corte in cause sovrapponibili (Cass.
31/12/2024, n.35136; Cass. n. 23988/2024), il motivo di ricorso contesta in radice le argomentazioni della Corte d’Appello in ordine all’abrogazione del «massimale pensionabile» per la «quota B». Ne consegue che la perdurante vigenza, anche per tale quota, del limite previsto dall’art. 12, co. 7 D.P.R. n. 1420/71 rappresenta un tema ancora controverso e che nessun giudicato interno può precluderne l’esame.
Il giudicato non si forma, difatti, sulle singole affermazioni in diritto della pronuncia gravata, ma sull’unità minima di decisione, che è quella che ricollega ad un fatto, qualificato da una norma, un determinato effetto; in tal senso si è anche parlato di «unità minima suscettibile di passaggio in giudicato». In sostanza, ove la impugnazione investa anche uno solo degli elementi della «sequenza minima» fatto/norma/effetto nessun giudicato interno può dirsi formato (fra le molte, di recente, Cass., sez. lav., 3 ottobre 2022, n. 28565; idem, ord. n. 24249/24).
Il motivo di ricorso è fondato.
Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘In tema di pensioni di anzianità in favore dei lavoratori dello spettacolo, nella determinazione della “quota B” della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dall’art. 12, comma 7, del d.P.R. n. 1420 del 1971, così come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 10, del d.lgs. n. 182 del 1997; tale limite, infatti, non è stato abrogato né espressamente dai successivi interventi legislativi, né per incompatibilità dall’art. 4, comma 8, del medesimo d.lgs., dovendosi ritenere che la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, contribuendo a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale, sia coessenziale alla disciplina, in quanto si colloca in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, in ordine all’entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della
generalità dei lavoratori assicurati presso l’INPS’ (Cass. n. 36056/22) .
A tale orientamento va data necessaria continuità, tenendo conto delle condizioni di maggior favore di cui usufruisce il pensionato, rispetto alla generalità degli assicurati presso l’Inps.
Il motivo di ricorso incidentale è infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘n riferimento alla richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni pensionistiche parzialmente già riconosciute, la decadenza triennale di cui all’art. 47 del d.P.R. n. 639 del 1970, come modificato dall’art. 38, comma 1, lett. d), del d.l. n. 98 del 2011, conv., con modif., dalla l. n. 111 del 2011, si applica solo alle differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale’ (Cass. n. 17430/21) .
Più in particolare, alla fattispecie di ricalcolo del trattamento pensionistico, già riconosciuto alla data di entrata in vigore dell’art. 38 cit., va applicato il termine decadenziale previsto da tale disposizione a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima disposizione (Cass. n. 123 del 2022; Cass. n. 17430 del 2021; Cass. n. 28416 del 2020; cfr. Cass. nn. 3580 del 2019 e 29754 del 2019; 16661 del 2018; Cass. n. 7756 del 2016), con ciò ribadendo i principi e le ragioni enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 15352 del 2015 (in tema di emotrasfusioni, in relazione ai termini introdotti dalla L. n. 238 del 1997, art. 1, comma 9, per la domanda volta al conseguimento dell’indennizzo da vaccinazioni o di epatiti post trasfusionali e pensioni da HIV).
Il termine di decadenza, introdotto dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 1, lett. d), n. 1), convertito in L. n. 111 del 2011, con riguardo “alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito”, decorrente “dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte”, trova applicazione anche con riguardo a prestazioni già liquidate, ma solo a decorrere dall’entrata in vigore della citata disposizione. La questione, di diritto transitorio, ha riguardato l’incidenza su una situazione ancora pendente della
legge sopravvenuta, che ha introdotto ex novo un termine di decadenza.
Si è escluso che la nuova previsione di un termine di decadenza possa avere effetto retroattivo, facendo decorrere il termine prima dell’entrata in vigore della legge che l’abbia istituito, e si è affermato, conformemente ai principi generali dell’ordinamento in materia di termini, che, ove una modifica normativa introduca un termine di decadenza prima non previsto, la nuova disciplina si applichi anche alle situazioni soggettive già in essere, ma la decorrenza del termine viene fissata con riferimento all’entrata in vigore della modifica legislativa.
Si è precisato che tale soluzione realizza il bilanciamento tra il fine sollecitatorio perseguito dal legislatore con l’introduzione del termine decadenziale, ed il fine di tutelare l’interesse del privato, onerato della decadenza, a non vedersi addebitare un comportamento inerte allo stesso non imputabile (Cass. n. 13355 del 2014).
Inoltre, la decadenza è evitata dalla proposizione dell’azione giudiziaria, stante il tenore letterale della norma ed essendo questo l’atto il cui compimento va effettuato nel termine e dunque – secondo i principi generali in materia di decadenza – il solo atto che possa impedire la decadenza.
Il D.L. n. 98 del 2011, art. 38 ha modificato la disciplina del 1970, sia aggiungendo all’art. 47 il comma 2 per cui le decadenza si applica alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito, sia aggiungendo dopo l’art. 47 un art. 47 bis, a norma del quale “si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati, ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronuncia giudiziale dichiarativa del relativo diritto, dei trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui alla L. 9 marzo 1988, n. 88, art. 24, o delle relative differenze dovute a seguito di riliquidazioni”.
L’intento del legislatore, anche in tema di ricalcoli pensionistici, è dunque quello di continuare a incidere unicamente sui ratei pregressi e tale interpretazione trova conferma anche dai lavori preparatori e dalla relazione che accompagna l’art. 38, dove si
afferma che a differenza del diritto al trattamento pensionistico di per sé imprescrittibile, il diritto ai singoli reati è considerato soggetto a prescrizione in quanto considerato dalla giurisprudenza di contenuto esclusivamente patrimoniale, periodicamente risorgente e limitatamente disponibile; l’applicazione della decadenza della domanda di riliquidazione ai soli ratei pregressi oltre il triennio e non all’intera pretesa del privato attua del resto un giusto equilibrio tra il diritto alla pensione e l’obiettivo decorso del tempo assicurato dalla decadenza mobile, che comunque sanziona il pensionato in modo significativo con la perdita dell’integrazione dei ratei ultratriennali rispetto alla domanda giudiziale. Per converso alcun bilanciamento tra gli opposti interessi sarebbe assicurato dall’accoglimento della tesi opposta, che produrrebbe una pensione decurtata per sempre in modo contra legem , con effetto completamente ablativo del diritto alle differenze (a fronte di una situazione di ignoranza del pensionato all’esatto importo della prestazione, che potrebbe protrarsi per anni) e con incidenza normale rilevante su una situazione soggettiva costituzionalmente protetta; può dunque affermarsi che, in riferimento alla richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni pensionistiche parzialmente già riconosciute, la decadenza riguardi, in considerazione della natura della prestazione, solo le differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale, cd. decadenza mobile (Cass. 17430 del 17/06/2021).
In accoglimento del ricorso principale, rigettato l’incidentale, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Roma, affinché, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12.6.25.
Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME