Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33265 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33265 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 14207-2020 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 306/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 01/10/2019 R.G.N. 563/2018;
Oggetto
R.G.N. 14207/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 27/09/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/09/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1. L’impugnata sentenza, dichiarativa, in sede di giudizio di rinvio da questa Corte pronunciatasi con ordinanza n.13425/18, della inammissibilità per decadenza ex art. 47 DPR 639/1970 della domanda giudiziale proposta da RAGIONE_SOCIALE in data 4/3/2013 per il riconoscimento della maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto -originariamente esclusa nel primo giudizio di appello sul rilievo che si trattasse di azione di mero accertamento del diritto alla rivalutazione, in riforma della pronuncia del tribunale che aveva invece rilevato la decorrenza del termine triennale da una domanda amministrativa esitata dal Comitato Provinciale INPS del 14/4/2006 piuttosto che da una seconda domanda amministrativa del 7/5/2009-, ha ritenuto che la prima istanza, presentata tramite patronato, non fosse riferibile all’assicurato mancandone la sottoscrizione ed il mandato di assistenza e non fosse rituale poiché afferente ad un rigetto di INAIL del 15/2/2006, mentre la seconda istanza non integrasse una vera domanda di rivalutazione contributiva bensì un’istanza per il rilascio del certificato di riconoscimento del periodi lavorativi di esposizione ad amianto; la Corte territoriale ha reputato, allora, che la prima istanza, quella del 12/4/2006, ancorché diretta al Comitato provinciale, recasse ex se il contenuto minimo di una domanda amministrativa rivolta ad INPS per ottenere la maggiorazione contributiva, e che sebbene non sottoscritta dal Gucci fosse a questi riferibile dovendosi ragionevolmente ritenere che il patronato avesse legittimamente agito in nome e per conto dell’interessato. Pertanto, alla data di presentazione del ricorso giudiziale del 4/3/13 era già compiutamente scaduto il termine triennale di
decadenza decorrente dalla data di presentazione del ricorso amministrativo del 14/4/2006.
Avverso tale pronuncia propone ricorso COGNOME affidandosi ad un unico motivo, inerente alla violazione delle disposizioni in tema di decadenza delle domande giudiziali per le prestazioni previdenziali e di regime legale delle presunzioni; nelle memorie ex art. 380-bis.1 cpc si riporta alle difese illustrate nell’atto introduttivo.
L’INPS si costituisce con controricorso.
All’udienza camerale del 27 settembre 2024 la Corte si è riservata di decidere nel termine di rito.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo, il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, co.1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 47 dpr 639/70 e degli artt. 2727 e 2729 c.c., ed il travisamento della prova, sostenendo, previa trascrizione integrale dei due documenti, che il primo, quello del 14/4/2006, diretto al Comitato Provinciale di INPS, non presenti i requisiti soggettivi ed oggettivi della domanda amministrativa per i benefici contributivi derivanti dall’esposizione ad amianto, dovendosi escludere la presunzione operata dalla Corte territoriale che l’istanza si riferisca al Gucci ancorché da lui non sottoscritta, diversamente da tutti gli altri atti del procedimento amministrativo, e dovendosi escludere che l’istanza al Comitato Provinciale, organ o non deputato all’erogazione della prestazione, contenga una domanda di prestazione previdenziale stante il richiamo al rigetto della certificazione ad INAIL del 15/2/2006; e sostenendo altresì che il secondo documento, quello datato 7/5/2009, contenga la domanda ad
INPS di riconoscimento dell’esposizione ad amianto ai fini della concessione dei benefici previdenziali, ancorché menzioni la richiesta di certificato di riconoscimento dei periodi lavorativi di esposizione ad amianto. In sostanza, sulla prima istanza la Corte territoriale aveva ipotizzato che il Gucci già avesse in precedenza presentato all’INPS una domanda di riconoscimento della prestazione de qua, la cui esistenza, tuttavia, neppure era stata dedotta dall’istituto previdenziale, mentre sulla seconda, di retta anche ad INAIL, non v’era dubbio che potesse essere qualificata come l’unica vera domanda amministrativa; e soltanto rispetto alla seconda, e non già alla prima, dovrebbe ritenersi proposto il ricorso giudiziale, nel rispetto del termine decadenziale di cui all’art. 47 dpr 639/70.
Il ricorso è inammissibile per le ragioni che seguono.
Nei motivi illustrati il ricorrente non denuncia una violazione di norme disciplinatrici di canoni ermeneutici, bensì lamenta la violazione di norme di regolamentazione del regime speciale di decadenza e di applicazione delle prove presuntive attraverso una prospettata interpretazione alternativa del contenuto di documenti decisivi. L’individuazione di un inequivoco contenuto dell’una o dell’altra domanda si risolve in una questio facti non prospettabile in questa sede, e di fondo, non ricorre una violazione di legge nella applicazione della disciplina della decadenza della domanda giudiziale e della decorrenza del termine ex art. 47 dpr 639/70 dalla domanda amministrativa. La doglianza sull’analisi compiuta dal giudice di merito in ordine al contenuto delle due domande si risolve, invero, in una questione interpretativa sulla quale il ricorrente non prospetta una violazione del criterio ermeneutico prescelto (letterale, sistematico, finalistico), ma offre una lettura diversa del
materiale probatorio, diretta ad individuare nel contenuto di quei documenti un atto rilevante per la decorrenza del termine decadenziale, ossia la domanda amministrativa ad INPS per il riconoscimento della rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto ex lege 257/92, che verosimilmente abbia preceduto il ricorso al Comitato Provinciale INPS del 14/4/2006, e che in modo ambiguo si introduce sotto forma di « riesame della domanda di riconoscimento dell’esposizione » nella domanda del 7/5/2009 con la quale, però, si chiede « il rilascio del certificato di riconoscimento dei periodi lavorativi di esposizione all’amianto ». E non basterebbe sollevare genericamente la violazione di canoni ermeneutici ma occorrerebbe comunque specificare i singoli canoni violati con riferimento alle parti della motivazione della sentenza censurate, non con riferimento al contenuto della prova documentale valutata.
Qualora poi si voglia intendere la denunciata violazione come un ‘ erronea qualificazione giuridica del fatto, dovrebbe rinvenirsi nei motivi di ricorso una doglianza sul c.d. vizio di sussunzione, ossia sulla riconduzione del fatto materiale alla fattispecie legale che si assume violata; tuttavia, la deduzione del vizio di violazione di legge, consistente nella erronea riconduzione del fatto materiale nella fattispecie legale deputata a dettare la disciplina, postula che l’accertamento in fatto operato da l giudice di merito sia considerato fermo ed indiscusso, sicché è estranea alla denuncia del vizio di sussunzione ogni critica che investa la ricostruzione del fatto materiale, esclusivamente riservata al potere del giudice di merito. È stato anche osservato (Cass. 6035/2018) che è estranea alla denuncia del vizio di sussunzione ogni critica che investe la ricostruzione e l’accertamento del fatto materiale, da cui, invece, nella sua portata, come giudizialmente definita, deve muovere la censura
di erronea riconduzione di esso alla norma di riferimento; ed in questa prospettiva si rammentino anche, tra le altre, Cass. n.18715/2016 e n.3965/17.
Le critiche riguardanti il contenuto del documento e la sua ricostruzione storica attengono ad un giudizio di fatto, sottratto al sindacato di legittimità, ove non si denunci, nel diverso paradigma censorio di cui al vigente art. 360 n.5 cpc, l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (cfr. sent. 5212/17), vizio, questo, che, nella specie, non viene affatto dedotto (e non avrebbe potuto esserlo in ragione del fatto che ne mancherebbe la specificità e che in entrambi i gradi di merito era stata dichiarata la decadenza ex art. 47 l.cit.).
In definitiva, ciò che lamenta il ricorrente è un diverso apprezzamento delle risultanze processuali, ed in particolare una diversa lettura del documento da cui la Corte territoriale ha fatto discendere la decorrenza del termine decadenziale; ma questa spinta rivalutativa finirebbe con il trasmodare nella revisione della quaestio facti e, dunque, indurrebbe il giudice di legittimità ad esercitare poteri di cognizione esclusivamente riservati al giudice di merito. Pertinente, al riguardo, è quanto osservato nella pronuncia resa da questa Corte con ord. n.20421/20: «il motivo sollecita a questa Corte un diverso apprezzamento del contenuto degli atti acquisiti al processo, trascurando che il vizio di violazione di legge può prospettarsi nel caso di erronea ricognizione – da parte del giudice – della fattispecie astratta oggetto di una specifica norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della norma o un’errata sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta, mentre l’erronea ricostruzione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta
interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo con riguardo alla motivazione (Cass. 24054/2017; Cass. 16698/2010; Cass. 4178/2007). »
Non essendo il vizio denunciato compatibile con la violazione di legge, involgendo la questione interpretativa del documento in una questione di fatto, discende l’inammissibilità del ricorso con conseguente condanna al pagamento delle spese, liquidate come da dispositivo. Sussistono, infine, i presupposti per il versamento del doppio del contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile di ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente grado, liquidate in euro 3.000,00 oltre accessori.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 27 settembre 2024.