Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2401 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2401 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2697-2020 proposto da:
COGNOME DA COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
R.G.N. 2697/2020
COGNOME
Rep.
Ud.14/11/2024
CC
avverso la sentenza n. 83/2019 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 05/08/2019 R.G.N. 20/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
COGNOME NOME, NOME COGNOME NOME, Plancher COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME impugnano la sentenza n. 83/2019 della Corte d’appello di Trento che, in accoglimento del gravame dell’INPS, ha riformato la pronuncia del Tribunale della medesima sede che aveva accolto il loro ricorso volto alla condanna dell’Istituto alla corresponsione degli assegni Aspi.
Resiste INPS con controricorso.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 14 novembre 2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
I ricorrenti propongono un unico motivo di ricorso per ‘vizio ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e di circolare di settore applicabili, per avere la Corte fondato la decisione omettendo la c orretta valutazione dell’art. 2, commi 1, 12 e 13, della legge n.
92/2012 e della circolare INPS n. 142 del 18.12.2012 punti n. 2.6 e 2.7 e dell’art. 47 d.P.R. n. 639/1970′.
Hanno così esposto i fatti: -dopo essere stati posti in aspettativa non retribuita dalla datrice di lavoro dal 1 settembre 2013 al 31 ottobre 2013, si erano dimessi con lettere del 9 settembre 2013 e avevano chiesto all’INPS l’Aspi il successivo 18 settemb re 2013; l’Istituto aveva respinto per invalidità della causa di cessazione del rapporto di lavoro ai fini della provvidenza richiesta (rigetti notificati tra il 17 ottobre 2013 e il 19 febbraio 2014); – avevano, quindi, adito il Giudice del lavoro per ottenere differenze retributive e le indennità dipendenti dalla cessazione del rapporto, avvenuta per dimissioni ritenute per giusta causa; – con sentenza n. 11/2016, passata in giudicato, il Tribunale di Trento aveva accolto il ricorso; – sulla base di detta sentenza, in data 8 settembre 2016, avevano chiesto nuovamente all’INPS la Naspi, rispettando il termine di due mesi di cui all’art. 2.6 circolare INPS n. 142/2012.
Poiché l’Istituto, con provvedimento dell’11 novembre 2016, aveva respinto la domanda per intervenuta decadenza ex art. 47 del d.P.R. n. 639/1970, ne è nata la seconda vertenza: il Tribunale ha accolto il ricorso e la Corte d’appello ha riformato con la sentenza qui impugnata, ritenendo maturata la decadenza.
Le censure sono infondate.
Va, in primis , evidenziato che il ricorso affronta un profilo, quello relativo al rispetto del termine di due mesi di cui al punto 2.6 della circolare INPS n. 142/2012, che non è inerente al decisum perché la corte trentina accoglie il gravame dell’Istituto ritenendo maturata la decadenza ex art.47 del d.P.R. n. 639/1970 in forza del quale, ‘esauriti i ricorsi in via
amministrativa, può essere proposta l’azione dinanzi l’autorità giudiziaria ai sensi degli articoli 459 e seguenti cpc. Per le controversie in materia di trattamenti pensionistici l’azione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data di comunicazione della decisione del ricorso pronunziata dai competenti organi dell’Istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della predetta decisione, ovvero dalla data di scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione.
Per le controversie in materia di prestazioni della gestione di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88, l’azione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di un anno dalle date di cui al precedente comma’.
Il suddetto termine nulla ha a che vedere con il termine di due mesi invocato in ricorso: quindi le censure che, richiamando anche circolari INPS, si appuntano su tale profilo sono inammissibili.
Il motivo si confronta con il decisum con gli argomenti esposti a partire dalla conclusione di pag. 11 del ricorso, laddove i ricorrenti lamentano che la Corte avrebbe erroneamente concluso che la domanda amministrativa presentata l’8 settembre 2016 non potesse considerarsi domanda nuova, così ancorando la decadenza alla precedente domanda del 2013 (e ritenendola, pertanto, maturata).
Ad avviso dei ricorrenti, la seconda domanda non sarebbe mera riproposizione della prima essendo, nel frattempo, intervenuto il provvedimento giudiziale di accertamento della giusta causa delle dimissioni, che costituisce il fondamento della nuova istanza.
Di conseguenza, la domanda avanzata con il ricorso depositato in data 7 gennaio 2018 non sarebbe inammissibile perché nessuna decadenza sarebbe maturata.
La lettura fornita dalla Corte territoriale è conforme a diritto, posto che la domanda del 2016 non può essere considerata domanda nuova, diversa dalla precedente del 2013, essendo diretta ad ottenere il medesimo beneficio sostanziale e considerato che la sentenza, che in tesi attorea costituirebbe l’elemento di stintivo tra le due domande, è stata resa in un giudizio in cui l’Istituto previdenziale non era parte.
Per giurisprudenza consolidata di questa Corte, posto che «la funzione della decadenza sostanziale è quella di tutelare la certezza delle determinazioni concernenti erogazioni di spese gravanti sui bilanci pubblici… e tale funzione (e la concreta utilità della predisposizione di un meccanismo decadenziale) verrebbe irrimediabilmente frustrata ove sì ritenesse che la semplice riproposizione della domanda consentisse il venir meno degli effetti decadenziali già verificatisi» (Cass. n. 21039/2018, n. 26760/2016 ex multis), la proposizione, in epoca posteriore alla maturazione della decadenza, di una nuova domanda diretta ad ottenere il medesimo beneficio previdenziale è irrilevante ai fini del riconoscimento della prestazione (cfr., ex plurimis , Cass. SU, n. 12718/2009, che qualifica la decadenza sostanziale di cui si discute come di ordine pubblico, in quanto dettata a protezione dell’interesse alla definitività e certezza delle determinazioni concernenti erogazioni di spese gravanti su bilanci pubblici, ed è pertanto rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, con il solo limite del giudicato).
Dunque, «il dies a quo è ancorato alla data di presentazione dell’originaria domanda in sede amministrativa risultando
irrilevante, a tal fine, una eventuale riproposizione della domanda o una richiesta dell’assicurato di chiarimenti» (tra le recenti, Cass. n. 17792 del 2020; v. anche Cass. n. 8926 del 2011; …n. 2613 del 2023)» (Cass. n. 4735/2024).
La sentenza impugnata si è uniformata ai suddetti principi di diritto ed è, pertanto, immune da censure.
Il ricorso va, quindi, rigettato con condanna dei ricorrenti alla rifusione ad INPS delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.
Si dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115/2002.
PQM
La Corte rigetta il ricorso, condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 2000,00 per compensi ed € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 14 novembre