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Decadenza negoziale: clausole nulle nei contratti

Un autista ha citato in giudizio la sua azienda per ottenere il pagamento di differenze retributive. L’azienda si è difesa invocando una clausola di decadenza negoziale di sei mesi prevista da un accordo aziendale. La Corte di Cassazione ha confermato la nullità di tale clausola, in quanto in contrasto con la norma imperativa dell’art. 2113 c.c., che tutela i diritti inderogabili del lavoratore. La Corte ha stabilito che tali clausole, anche se contenute in contratti collettivi, non possono derogare a disposizioni di legge poste a protezione del lavoratore, rigettando così il ricorso dell’azienda.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Decadenza negoziale e crediti di lavoro: la Cassazione stabilisce i limiti

L’ordinanza in esame affronta un tema cruciale nel diritto del lavoro: la validità delle clausole di decadenza negoziale inserite nei contratti collettivi aziendali. Un autista, dopo aver richiesto differenze retributive per straordinari e trasferte, si è visto opporre dall’azienda un termine di sei mesi per far valere i propri diritti. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha ribadito la nullità di tali pattuizioni quando ledono diritti inderogabili del lavoratore, fornendo importanti chiarimenti sull’interpretazione dell’art. 2113 del codice civile.

I fatti del caso: la controversia tra autista e azienda

Un lavoratore, impiegato come autista presso una società di trasporti, si è rivolto al Tribunale per ottenere il pagamento di somme a titolo di lavoro straordinario, indennità di trasferta e una festività non goduta. Il Tribunale di primo grado ha accolto parzialmente le sue richieste. La Corte d’Appello, in seguito ai ricorsi di entrambe le parti, ha riformato in parte la decisione, rideterminando l’importo dovuto al lavoratore.
Il punto centrale della difesa dell’azienda, sia in appello che in Cassazione, si basava sull’esistenza di una clausola, prevista da un accordo integrativo aziendale, che imponeva un termine di decadenza di sei mesi per rivendicare i crediti di lavoro.

La questione della decadenza negoziale e la tutela del lavoratore

L’azienda sosteneva che la clausola di decadenza negoziale fosse pienamente valida perché inserita in un contratto collettivo e non frutto di una rinuncia individuale del singolo lavoratore. Secondo questa tesi, l’art. 2113 c.c., che sancisce l’invalidità delle rinunce e transazioni aventi ad oggetto diritti inderogabili del lavoratore, non si applicherebbe agli accordi collettivi.
La Corte d’Appello aveva già respinto questa argomentazione, ritenendo la clausola nulla per contrasto con la norma imperativa dell’art. 2113 c.c. Inoltre, i giudici di secondo grado avevano evidenziato che l’accordo aziendale contenente tale clausola non era stato sottoscritto né dal lavoratore né dalla sua organizzazione sindacale, rendendolo inapplicabile al suo rapporto di lavoro.

L’applicazione dei contratti collettivi aziendali

Un altro motivo di ricorso dell’azienda riguardava l’applicabilità di un nuovo accordo aziendale del 2011, che avrebbe dovuto sostituire integralmente il precedente del 2001. La Corte d’Appello aveva escluso tale automatica sostituzione proprio perché il nuovo accordo non era stato firmato dal lavoratore o dal suo sindacato. L’azienda, invece, sosteneva che un mero rinnovo della contrattazione di secondo grado dovesse applicarsi a tutti i dipendenti.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso principale presentato dalla società di trasporti, confermando la decisione della Corte d’Appello e dichiarando assorbito il ricorso incidentale del lavoratore.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto il ricorso dell’azienda in parte inammissibile e in parte infondato.

In primo luogo, ha dichiarato l’inammissibilità delle censure relative alla clausola di decadenza per difetto di specificità. L’azienda, infatti, non aveva prodotto in giudizio il testo integrale del CCNL e degli accordi aziendali su cui basava le proprie argomentazioni, impedendo alla Corte di valutarne compiutamente la portata.

Nel merito, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: una clausola di decadenza negoziale prevista dalla contrattazione collettiva che limiti l’esercizio di diritti inderogabili del lavoratore (come quello alla retribuzione) è nulla perché in contrasto con la norma imperativa dell’art. 2113 c.c. Questo articolo è posto a presidio di diritti fondamentali e non può essere aggirato, neppure tramite accordi collettivi.

La Corte ha inoltre confermato la corretta interpretazione dei giudici di merito riguardo alla decorrenza della prescrizione. Richiamando un recente orientamento, ha specificato che per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato non assistiti da un regime di stabilità reale (come quelli post-riforma Fornero), il termine di prescrizione dei crediti retributivi decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro, e non in costanza di esso. Questo perché il lavoratore potrebbe essere indotto a non esercitare i propri diritti per timore di ritorsioni.

Infine, riguardo all’applicabilità del contratto aziendale del 2011, la Corte ha confermato che, pur essendo i contratti collettivi aziendali applicabili a tutti i lavoratori, ciò non vale per coloro che, aderendo a un’organizzazione sindacale diversa da quella firmataria, esprimono un esplicito dissenso. Nel caso di specie, era pacifico che il lavoratore e il suo sindacato non avessero aderito all’accordo del 2011, chiedendo invece l’applicazione del contratto collettivo nazionale.

Le conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela dei diritti dei lavoratori, stabilendo chiaramente che la contrattazione collettiva non può introdurre termini di decadenza che di fatto vanifichino diritti protetti da norme imperative. La decisione sottolinea l’importanza del principio di inderogabilità dei diritti del lavoratore, come il diritto alla retribuzione, e conferma che qualsiasi rinuncia o transazione su tali diritti deve avvenire nelle sedi protette previste dalla legge. Per i datori di lavoro, emerge la necessità di prestare la massima attenzione nella redazione degli accordi aziendali, evitando clausole che possano essere considerate nulle per contrasto con la legge.

Una clausola di decadenza negoziale inserita in un contratto collettivo aziendale è sempre valida?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una clausola di decadenza negoziale è nulla se contrasta con norme imperative, come l’art. 2113 c.c., che protegge i diritti inderogabili del lavoratore, quale il diritto alla retribuzione. Tali diritti non possono essere limitati o annullati da accordi collettivi.

Quando inizia a decorrere la prescrizione per i crediti di lavoro in un rapporto a tempo indeterminato non assistito da tutela reale?
Per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato che non godono di un regime di stabilità reale (come quelli disciplinati dopo la Legge n. 92/2012), il termine di prescrizione dei crediti di lavoro decorre dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, e non mentre il rapporto è ancora in corso. Questo per tutelare il lavoratore dal timore di ritorsioni.

Un contratto collettivo aziendale si applica automaticamente a tutti i lavoratori, anche se non iscritti al sindacato firmatario?
In linea di principio sì, ma con un’eccezione importante. Non si applica a quei lavoratori che, aderendo a un’organizzazione sindacale diversa da quelle firmatarie, manifestano un esplicito dissenso nei confronti dell’accordo. In tal caso, il lavoratore non è vincolato da quell’accordo aziendale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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