Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23648 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23648 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 30271-2020 proposto da
PRONESTÌ NOME COGNOME rappresentata e difesa, in virtù di procura conferita in calce a l ricorso per cassazione, dall’avvocat o NOME COGNOME ITALIANO, con domicilio eletto presso l’indirizzo PEC del difensore
-ricorrente –
contro
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita in calce al controricorso, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, ed elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 828 del 2019 della CORTE D’APPELLO DI REGGIO CALABRIA, depositata il 3 giugno 2020 (R.G.N. 190/2017).
R.G.N. 30271/2020
COGNOME
Rep.
C.C. 27/5/2025
giurisdizione Cancellazione dall’elenco dei lavoratori agricoli. Decadenza. Dies a quo .
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 27 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Con sentenza n. 828 del 2019, depositata il 3 giugno 2020, la Corte d’appello di Reggio Calabria ha respinto il gravame della signora NOME COGNOME e ha confermato la pronuncia del Tribunale di Palmi, che aveva rigettato, per l’intervenuta decaden za, le domande volte a contestare il provvedimento di cancellazione dagli elenchi dei lavoratori agricoli per gli anni 2008 e 2009 e le pretese restitutorie dell’Istituto per l’indennità di disoccupazione agricola erogata in quegli anni.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha argomentato che le presta zioni previdenziali richieste dall’appellante presuppongono l’iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli e che, nel caso di specie, il provvedimento di cancellazione dagli elenchi è stato impugnato tardivamente.
In particolare, il termine di trenta giorni per proporre ricorso non decorre dal 31 dicembre 2013, ultimo giorno della pubblicazione telematica, ma dal novembre 2013, data in cui la lavoratrice ha ammesso di aver avuto cognizione del rigetto della domanda d’indennità di disoccupazione agricola. Il provvedimento, dunque, è divenuto definitivo il 30 dicembre 2013 e, da tale data, decorre il termine di centoventi giorni per agire in giudizio. Ne consegue che è tardivo il ricorso depositato il 21 maggio 2014.
-La signora NOME COGNOME ricorre per cassazione contro la sentenza d’appello, formulando tre motivi di censura.
-L’INPS resiste con controricorso.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 32 della legge 29 aprile 1949, n. 264, come modificato dall’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 3 dicembre 1970, n. 1049, dell’art. 12 del regio decreto 24 settembre 1940, n. 1949, della legge 20 marzo 1865, n. 2248, e dell’art. 2697 cod. civ.
Avrebbe errato la Corte di merito nel considerare l’iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli «presupposto sostanziale per richiedere l’indennità di disoccupazione» (pagina 5 del ricorso per cassazione) e nel disconoscere il dovere del giudice di verificare sul piano sostanziale i requisiti della prestazione, eventualmente disapplicando, anche incidenter tantum , il provvedimento di cancellazione.
1.1. -La censura è infondata.
1.2. -Questa Corte è costante nell’affermare che l’iscrizione negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli costituisce presupposto per l’attribuzione della prestazione previdenziale. Tale prestazione , pertanto, non può essere riconosciuta in difetto d’impugnazione del provvedimento amministrativo di esclusione dagli elenchi nel termine di decadenza previsto dalla legge (Cass., sez. lav., 25 marzo 2024, n. 7967; nel medesimo senso, Cass., sez. VI-L, 4 marzo 2019, n. 6229).
A tali princìpi si è uniformata la sentenza d’appello.
La tesi della ricorrente, che propugna la disapplicazione, anche incidenter tantum , del provvedimento di cancellazione, confligge con il regime di decadenza prefigurato dal legislatore, allo scopo di «accertare nel più breve tempo possibile la sussistenza del diritto all’iscrizione ed alle conseguenti prestazioni, avuto riguardo alla circostanza che l’atto di iscrizione negli elenchi costituisce presupposto per l’accesso alle prestazioni previdenzia li collegate al solo requisito assicurativo, quali la indennità di malattia o di maternità, e titolo per l’accredito, per ciascun anno, dei contributi corrispondenti al numero
di giornate di iscrizione negli elenchi stessi» (Corte costituzionale, sentenza n. 192 del 2005, punto 2.3. del Considerato in diritto ).
-Con il secondo mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 22 del decreto-legge 3 febbraio 1970, n. 7, convertito, con modificazioni, nella legge 11 marzo 1970, n. 83, e dell’art. 1 1 del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375, e lamenta il vizio di «palese errata motivazione e/o difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia» (pagina 9 del ricorso per cassazione).
La sentenza d’appello, inoltre, meriterebbe censura per aver fatto decorrere il termine di centoventi giorni dalla comunicazione d’indebito, intervenuta allorché la ricorrente era ancora iscritta negli elenchi dei lavoratori agricoli. Il provvedimento definitivo di cancellazione, confluito nel terzo elenco trimestrale, sarebbe stato pubblicato dall’Istituto sul sito internet dal 15 dicembre 2013 al 31 dicembre 2013 e il termine di trenta giorni per impugnarlo dovrebbe essere computato dal 31 dicembre 2013. Pertanto, solo dal 31 gennaio 2014 decorrerebbe il termine di centoventi giorni per instaurare il giudizio. La comu nicazione d’indebito non potrebbe essere ritenuta equipollente al provvedimento definitivo di cancellazione.
2.1. -Il motivo non incorre nei profili d’inammissibilità eccepiti nel controricorso.
Lungi dal sollecitare una diversa, più appagante, valutazione delle risultanze probatorie, la critica si appunta sulla violazione di legge e, a tale riguardo, formula considerazioni puntuali.
2.2. -La doglianza è fondata.
2.3. -L’art. 22 del d.l. n. 7 del 1970 prevede, a pena di decadenza, un termine di centoventi giorni per proporre azione giudiziaria contro i provvedimenti definitivi d’iscrizione o di mancata iscrizione o di cancellazione dagli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.
L’inosservanza di tale termine, in quanto concerne il compimento di un atto di esercizio di un diritto soggettivo, implica la decadenza sostanziale del privato, insanabile e sottratta alla disponibilità delle parti (Cass., sez. VI-L, 25 agosto 2020, n. 17653; da ultimo, nello stesso senso, Cass., sez. lav., 25 marzo 2024, n. 7986).
Questa Corte ha puntualizzato che il termine di decadenza « dev’essere parametrato a una definitività che consegua all’integrale osservanza dei requisiti sanciti dalla legge, così da consentire all’interessato di avere oggettiva cognizione di tale carattere, secondo parametri prevedibili e non arbitrari. Solo per questa via, si contemperano le esigenze di sollecita definizione dei rapporti inerenti al lavoro agricolo con l’indefettibile tutela del legittimo affidamento dei consociati e si stabilisce, per l’i nizio del termine di decadenza, un ancoraggio sicuro e univoco, agevolmente riscontrabile 11. -In una disciplina che, ratione temporis , impone quale forma di comunicazione, anche per le annualità pregresse, la pubblicazione telematica, la definitività del provvedimento per mancata impugnazione e il conseguente esordio della decadenza non possono che essere vagliati in rapporto alla forma di comunicazione tipizzata dalla legge. Nel disegno del legislatore, è solo tale comunicazione che offre un crisma formale al provvedimento di cancellazione dagli elenchi e ne garantisce, ad ogni effetto, la pubblicità con efficacia erga omnes , rafforzata dall’affidabilità che conferisce la scelta del sito istituzionale » (Cass., sez. lav., 16 aprile 2024, n. 10220, punti 10 e 11 delle Ragioni della decisione ).
2.4. -È solo con la pubblicazione sul sito internet che il provvedimento di cancellazione, ratione temporis , acquista veste formale ed è solo dalla pubblicazione sul sito che può decorrere il termine di trenta giorni per proporre l’impugnazione prevista dall’art. 11, comma 1, del d.lgs. n. 375 del 1993.
2.5. -La disciplina della decadenza non può che essere oggetto di stretta interpretazione, proprio per le conseguenze radicali che implica.
In questa prospettiva, nessun rilievo riveste la diversa comunicazione d’indebito concernente l’indennità di disoccupazione agricola, comunicazione che non può surrogare il provvedimento di cancellazione tipizzato dalla legge, anche nelle forme di comunicazione idonee ad assicurarne la conoscibilità in vista delle successive impugnazioni e della sua definitività e delle ulteriori conseguenze che a tale definitività si correlano.
La decadenza dev’essere valutata in rapporto alla definitività di questo specifico provvedimento e a una definitività che scaturisca dall’osservanza della sequenza delineata dalla legge.
2.6. -Ne deriva che, nel conferire rilievo alla comunicazione d’indebito, ai fini dell’inoppugnabilità del diverso provvedimento di cancellazione e del conseguente decorso del termine per proporre l’azione giudiziaria, la Corte di merito è incorsa nell’ error in iudicando censurato dalla ricorrente.
-Con la terza critica (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente prospetta, infine, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ.
Ad avviso della ricorrente, l’accoglimento del gravame avrebbe dovuto condurre la Corte di merito a condannare l’Istituto alla rifusione delle spese di entrambi i gradi.
3.1. -L’esame della censura, inerente al profilo consequenziale del riparto delle spese, rimane assorbito.
-In ultima analisi, è accolto il secondo motivo, laddove il primo è respinto e il terzo è assorbito.
-La sentenza d’appello è cassata in relazione alla censura accolta.
La causa è rinviata alla Corte d’appello di Reggio Calabria, che, in diversa composizione, rinnoverà l’esame della questione preliminare
della decadenza alla luce dei princìpi ribaditi nella presente ordinanza, pronunciando sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo; respinge il primo mezzo; dichiara assorbita la terza critica; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta; rinvia la causa, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Regg io Calabria, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione