Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25538 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 25538 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 334/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rapp. pro tempore elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOMECOGNOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO GENOVA n. 229/2018 depositata il 29/06/2018, RG NUMERO_DOCUMENTO2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Genova, con la sentenza n. 229 del 2018, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Genova n. 817 del 2017, ha condannato l’RAGIONE_SOCIALE ad inserire NOME COGNOME, dirigente medico di primo livello, nella graduatoria per il conferimento di incarichi quinquennali di dirigente di secondo livello, confermando nel resto le restanti statuizioni.
Nella vicenda in esame si sono succedute due diverse procedure selettive, una a base regionale, indetta nel novembre 2009, per il conferimento di cinque incarichi, e una deliberata nel marzo 2014 a base nazionale per la copertura di ulteriori sedici posti resisi vacanti.
La lavoratrice non ha assunto servizio presso la sede assegnatale sulla base della graduatoria relativa alla prima selezione e ciò ha determinato la dichiarazione della decadenza da parte dell’Istituto dalla graduatoria regionale.
La decadenza dalla graduatoria regionale ha poi determinato, da parte dell’Istituto, la declaratoria di decadenza anche dalla graduatoria generale nazionale, nella quale la dipendente si era qualificata con possibilità di scelta di una sede diversa.
Tali declaratorie di decadenza dalle graduatorie sono state impugnata dalla lavoratrice.
Il Tribunale ha rigettato la domanda.
La Corte d’Appello ha accolto in parte la domanda , quanto alla graduatoria nazionale, nei sensi sopra riportati.
Per la cassazione della sentenza di appello ricorre l’RAGIONE_SOCIALE , prospettando tre motivi di ricorso.
Resiste con controricorso la lavoratrice.
RAGIONI DELLA DECISONE
Con il primo motivo di ricorso è prospettata la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., in relazione a motivazione perplessa, obiettivamente incomprensibile ed alla manifesta contraddittorietà della sentenza della Corte d’Appello (art. 360, n.3, cod. proc. civ.).
Assume il ricorrente che non vi erano due graduatorie distinte, ma vi è stata un’unica selezione per il conferimento di cinque incarichi, in esito al quale erano state stilate quattro graduatorie regionali (approvate con determina n. 577/2011) e una graduatoria nazionale (approvata con determina n. 277/2017) costituita nel momento in cui si era reso necessario procedere allo scorrimento della stessa per la copertura dei posti che si erano successivamente resi vacanti.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione dei criteri generali di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375, cod. civ.) applicabili alla stregua dei principi di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 , Cost., nello svolgimento delle procedure per l’assunzione agli impieghi pubblici. Violazione degli artt. 9 e 127 del dPR n. 3 del 1957; violazione art. 17, comma 4, del dPR n. 487 del 1994, a nche in relazione all’art. 10, comma 7, del bando che ne ha fatto applicazione quale lex specialis .
Il ricorrente nel richiamare giurisprudenza amministrativa, deduce che la mancata assunzione del servizio determina decadenza e non consente all’interessato di rimanere in graduatoria .
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione degli artt. 1362 e ssg. , in relazione all’art. 10, comm i 7, 8, 9 e 10 del bando n. 247 del 2009 (art. 360, n.3, cod. proc. civ.).
È censurata la statuizione che ha affermato che nella specie non era intervenuta decadenza ma rinuncia ad accettare l’incarico per motivi familiari, con riguardo alla sola graduatoria regionale.
In tal modo, la Corte d’Appello aveva errato nell’intrepretare le clausole del bando, non essendo state disciplinate due diverse fattispecie produttive di differenti conseguenze giuridiche.
Ed infatti, i commi 7 e 8 dell’art. 10 che il ricorrente trascrive nel ricorso, hanno previsto:
‘7. i vincitori che senza giustificato motivo o per motivo che l’istituto non ritenga idoneo e sufficiente, non assumono servizio presso la sede di assegnazione, saranno dichiarati decaduti;
Nel caso di rinuncia o di decadenza di vincitori, l’istituto può procedere ad altrettante chiamate in servizio, secondo l’ordine di posizione occupata nella graduatoria regionale definitiva di riferimento’.
I suddetti motivi devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione.
4.1. La censura proposta con il primo motivo di ricorso è inammissibile.
In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111, sesto comma, Cost. e, nel processo civile, dall’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla
funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. (cfr. ex aliis , Cass., n. 22598 del 2018).
Nella specie la sentenza d’appello non presenta i vizi dedotti , in quanto la ratio decidendi della stessa con argomentazione lineare e consequenziale nello sviluppo si incentra sulla presenza di due distinte graduatorie stilate sulla base di distinti provvedimenti (la determina 5.3.2014 per la selezione a base nazionale).
Ha affermato la Corte d’Appello che al momento della rinuncia a prendere servizio presso la sede di Como, la lavoratrice era già inserita nella graduatoria nazionale. Non era intervenuta decadenza, ma rinuncia ad accettare la prima sede assegnata per motivi familiari con richiesta di essere mantenuta nella graduatoria generale nazionale.
Pur contestando la sussistenza di due graduatorie lo stesso ricorrente dà atto che con distinte determine venivano approvate, da un lato, le graduatorie regionali, dall’altro la graduatoria nazionale (v. pagg. 3-5 dello svolgimento del processo del ricorso), e che prima di comunicare la rinuncia la lavoratrice era inserita sia nella graduatoria regionale che nella graduatoria nazionale, atteso che, richiamando le di fese già svolte nei gradi di merito, l’RAGIONE_SOCIALE espone che:
con determina 17.11.2009 veniva indetta selezione pubblica per 5 posti di dirigente medico di secondo livello, cui partecipava la lavoratrice, ripartiti tra quattro Regioni;
con determina n. 577 del 2011 venivano approvate le graduatorie di merito regionali in cui la lavoratrice risultava idonea non vincitrice;
atteso che successivamente emergevano nuove carenze di personale, l’Istituto si determinava a coprirle sia mediante scorrimento delle singole graduatorie regionali, sia della graduatoria nazionale degli idonei già a suo tempo elaborata (risultante dall’acc orpamento delle quattro graduatorie regionali) e veniva attivato un piano di mobilità straordinario con provvedimento del 20 dicembre 2013;
esaurita la relativa procedura, con determina n. 77 del 5 marzo 2014, veniva approvata la graduatoria nazionale relativa alla selezione pubblica per i 5 posti del bando 17.11.2009, tendo conto, tuttavia, degli effetti prodotti dall’attuazione delle graduatorie regionali di merito, ovvero dell’affidamento dei 5 incarichi mes si a concorso, nonché delle rinunce e/o decadenze;
con nota 2 aprile 2014 veniva comunicato alla lavoratrice che si sarebbe proceduto sia allo scorrimento delle graduatorie regionali, approvate con determina n. 577/2011, da cui risultava che la stessa era idonea alla posizione n. 3 della graduatoria Regione Lombardia, sia allo scorrimento della graduatoria generale definitiva di merito, approvata con la determina n. 77 del 5 marzo 2014, nella quale la lavoratrice era idonea alla posizione n.7.
Seguiva la rinuncia della lavoratrice alla sede di Como e la dichiarazione di decadenza dalla graduatoria nazionale da parte dell’RAGIONE_SOCIALE che ha dato causa al contenzioso in esame.
Con nota RAGIONE_SOCIALE del 7 giugno 2016 e 20 settembre 2016 veniva precisato che la rinuncia all’incarico aveva comportato decadenza della lavoratrice dalla graduatoria e di tutti i diritti a partecipare alla procedura concorsuale.
4.2. I restanti motivi secondo e terzo non sono fondati. Correttamente la Corte d’Appello ha distinto gli effetti della rinuncia comunicata dalla lavoratrice rispetto alle due graduatorie.
La rinuncia intervenuta in merito alla graduatoria regionale formata con determina n. 577 del 2011, conseguente al bando del 2009, ha prodotto l’effetto delle decadenza come previsto dal bando stesso, ma tale effetto ha operato solo per la suddetta graduatoria, proprio in ragione dell’ambito di applicazione del bando .
In ragione della previsione dell’art. 10, comma 7 (‘I vincitori che, senza giustificato motivo o per motivo che l’Istituto non ritenga idoneo e sufficiente, non assumono servizio presso la sede di assegnazione, saranno dichiarati decaduti’), lex specialis della selezione indetta con il bando, la rinuncia intervenuta rispetto alla graduatoria regionale non si può estendere alla graduatoria nazionale.
La graduatoria generale unica nazionale – rispetto alla quale la Corte d’Appello ha accertato che non è intervenuta specifica rinuncia – ha avuto fondamento nel piano di mobilità straordinario attivato, successivamente al bando, con provvedimento del 20 dicembre 2013, in esito al quale la medesima graduatoria nazionale veniva approvata con la determina 77 del 2014, come ricorda lo stesso ricorrente (pagg. 3-5 del ricorso).
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass., n. 31422 del 2021) in tema di pubblico impiego privatizzato, nell’interpretazione del bando di indizione della procedura concorsuale o selettiva e, cioè, della ‘ lex specialis ‘ della procedura stessa – assume una particolare valenza il canone ermeneutico del senso letterale delle parole ex art. 1362, comma 1, c.c., in quanto il criterio letterale, se privo di equivocità, corrisponde alla funzione dell’atto di fissare regole certe e chiare alle quali devono attenersi l ‘A mministrazione e i candidati.
Nella specie, il criterio letterale depone a favore dell’interpretazione dell’art. 10, comma 7, come effettuata della Corte d’Appello, né il comma 8 del medesimo bando del 2009, richiamato dal ricorrente
può estendere l’ambito di applicazione della decadenza prevista dal comma 7 alle future procedure di selezione.
Il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro 5.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione