Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9519 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9519 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/04/2025
R.G.N. 25285/20
C.C. 26/03/2025
Vendita – Macchinario – Garanzia per i vizi – Denuncia – Decadenza
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 25285/2020) proposto da: RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (P.IVA: P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore ; RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore ; RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA, già Banca per il Leasing delle Banche di Credito Cooperativo / Casse rurali ed artigiane S.p.A. e successivamente Banca Agrileasing S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro -tempore ;
-intimati –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 637/2020, pubblicata l’11 febbraio 2020, notificata a mezzo PEC il 26 giugno 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26 marzo 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Esperito il procedimento di accertamento tecnico preventivo ante causam -in ordine all’accertamento della funzionalità ed idoneità del Bio Trituratore serie Seco Costellation TARGA_VEICOLO, acquistato, con contratto di locazione finanziaria stipulato il 30 settembre 2003 con Banca Agrileasing S.p.A., dal rivenditore autorizzato RAGIONE_SOCIALE e realizzato da RAGIONE_SOCIALE -la RAGIONE_SOCIALE conveniva, davanti al Tribunale di Ravenna, la RAGIONE_SOCIALE e la Banca Agrileasing S.p.A., al fine di sentire pronunciare la risoluzione del contratto di vendita relativo al RAGIONE_SOCIALE, in ragione dei difetti e vizi da cui era affetto, con la condanna della venditrice alla restituzione della somma corrisposta in favore della Banca all’epoca della domanda, pari ad euro 96.527,56, nonché per quanto ancora dovuto in dipendenza del contratto di leasing, e al risarcimento dei danni subiti.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, la quale contestava la fondatezza delle pretese avversarie, sostenendo che il macchinario era stato inizialmente consegnato in prova dalla produttrice alla Lolli il 2 luglio 2003 e che, prima di determinarsi
all’acquisto, la COGNOME aveva richiesto, sempre direttamente alla produttrice COGNOME, delle modifiche al suddetto macchinario.
Eccepiva, quindi, la decadenza dell’azione di risoluzione per difetti e vizi del macchinario venduto, deducendo che l’acquirente non aveva denunciato direttamente al venditore i vizi emersi entro il termine di 8 giorni previsto dall’art. 1495 c.c., avendo essa venditrice appreso dell’esistenza dei vizi solo a seguito della notifica del ricorso introduttivo del procedimento di A.T.P. il 5 agosto 2004, ossia oltre dieci mesi dopo la consegna della macchina da parte della Seko, che era avvenuta il 3 ottobre 2003.
Chiedeva, poi, la chiamata in manleva della produttrice COGNOME.
Si costituiva, quindi, la RAGIONE_SOCIALE, la quale aderiva all’eccezione di decadenza formulata dalla venditrice, declinava ogni rapporto di garanzia come dedotto dalla chiamante RAGIONE_SOCIALE e negava ogni ipotesi di responsabilità diretta nei confronti della RAGIONE_SOCIALE.
La Banca Agrileasing S.p.A. rimaneva contumace.
Nel corso del giudizio era assunta la prova orale ammessa.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 244/2011, depositata il 22 febbraio 2011, in accoglimento delle domande spiegate, pronunciava la risoluzione del contratto di fornitura del macchinario, con la conseguente declaratoria della risoluzione del finanziamento intervenuto tra la Lolli e la Banca Agrileasing, ritenuto collegato, sulla base del riconosciuto inadempimento del fornitore del bene utilizzato; condannava la Rent alla restituzione, in favore della COGNOME, di quanto già pagato alla Banca finanziatrice, pari ad euro 130.000,00, nonché al risarcimento del danno derivatone ex art. 1494 c.c., liquidato in euro 100.000,00, oltre
interessi legali dalla domanda al saldo, intimando parte attrice alla restituzione del bene al fornitore.
2. –RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la pronuncia di prime cure, lamentando: 1) l’omessa indicazione delle conclusioni delle parti e l’omessa concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, con la carenza motivazionale della pronuncia; 2) l’erroneità della pronuncia impugnata, relativamente ai punti decisivi del giudizio e quanto all’eccepita decadenza dell’azione, con la totale omissione di ogni pronuncia con riferimento alla spiegata domanda di manleva.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, la quale instava per il rigetto dell’impugnazione, con la conseguente conferma della sentenza impugnata, asserendo che aveva prontamente denunciato anche alla Rent i vizi insorti e persistenti, anche all’esito di ben tre interventi di manutenzione richiesti al produttore, sulla scorta della verifica oggettiva compiuta nell’espletato accertamento tecnico preventivo e delle deposizioni testimoniali assunte.
Si costituiva in sede di gravame anche la RAGIONE_SOCIALE la quale proponeva appello incidentale, chiedendo che fosse dichiarata la nullità e/o l’inesistenza della sentenza impugnata per le medesime ragioni riportate dall’appellante principale, con la dichiarazione di inammissibilità o comunque con il rigetto dell’azione proposta dalla COGNOME nei confronti della ditta RAGIONE_SOCIALE
Si costituiva altresì la Banca Agrileasing S.p.A., proponendo appello incidentale, con cui chiedeva che fosse riformata la sentenza impugnata, quantomeno nella parte in cui aveva esteso la risoluzione del contratto tra il fornitore e l’utilizzatore anche al
contratto di leasing tra quest’ultimo e la Banca, per palese vizio di ultrapetizione.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Bologna, con la sentenza di cui in epigrafe, in accoglimento dell’appello principale e in totale riforma della pronuncia di primo grado, rigettava la domanda di risoluzione del contratto di fornitura e conseguentemente respingeva altresì la domanda di condanna della RAGIONE_SOCIALE alla restituzione, in favore della COGNOME, di quanto corrisposto e da corrispondere alla Banca, condannando la COGNOME alla refusione delle spese di entrambi i gradi del giudizio in favore della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE e alla refusione delle spese del solo grado di appello in favore della Banca Agrileasing.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che la deduzione circa l’informazione tempestiva anche al venditore Rent dei difetti e dei vizi del macchinario era rimasta un’affermazione meramente strumentale, sfornita di riscontri probatori, anzi la documentazione prodotta in primo grado suffragava la conclusione contraria; b ) che, infatti, la COGNOME aveva sottoscritto il verbale di collaudo e aveva saldato la fattura al momento della consegna definitiva del macchinario del 3 ottobre 2003, dopo che aveva tenuto in prova il bene dal 2 luglio 2003, con la consegna avvenuta direttamente a cura della produttrice COGNOME; c ) che, anche nell’ipotesi in cui i difetti lamentati fossero insorti successivamente, occorreva rilevare che gli interventi effettuati dalla produttrice il 9 ottobre 2003, il 5 febbraio 2004 e il 19 aprile 2004 avevano lo scopo, non già di riparare difetti originari di costruzione, bensì di ottenere modifiche alla struttura della
macchina ed un potenziamento degli strumenti di taglio e triturazione, come richiesti direttamente dalla COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE, sicché solo a seguito di queste ultime modifiche si procedeva alla conferma dell’acquisto; d ) che la richiesta di A.T.P. risaliva al luglio 2004, quasi tre mesi dopo l’ultimo intervento del 19 aprile 2004 -consacrato nello schema tecnico consegnato alla COGNOME e controfirmato da quest’ultima per accettazione , e dopo quasi dieci mesi dalla consegna; e ) che non era credibile che, durante tutti i mesi in cui la COGNOME aveva avuto a disposizione, per la propria attività lavorativa, il macchinario modificato, non avesse avuto contezza e percezione dell’incapacità della macchina di lavorare, né era plausibile che, ai fini della rilevazione dei vizi, si fosse reso necessario l’A.T.P. proposto mesi dopo, ove era stata per la prima volta coinvolta formalmente la venditrice RAGIONE_SOCIALE; f ) che, a suffragio della tesi dell’appellante, militavano anche le dichiarazioni testimoniali assunte in primo grado con i testi COGNOME, COGNOME e COGNOME, di parte COGNOME e COGNOME, ma indifferenti e spontanei nelle affermazioni espresse, i quali avevano concordemente sostenuto che la venditrice COGNOME non era mai stata coinvolta o formalmente informata dalla COGNOME; g ) che la COGNOME, a sostegno dell’effettuata denuntiatio anche nei confronti di COGNOME, aveva invocato l’unica testimonianza a sé favorevole, ovvero quella di COGNOME NOME, moglie in comunione dei beni del COGNOME e socio accomandatario ( recte accomandante) della RAGIONE_SOCIALE, sulla quale le parti avevano eccepito l’incapacità a deporre; h ) che, a prescindere dal superabile profilo di incapacità formale, il contenuto delle circostanze riferite dalla teste era vago, generico e privo di un riferimento specifico ad un preciso momento temporale, sia in
ordine al momento dell’effettiva scoperta o della completa scoperta del vizio, sia in ordine alla tempestiva denuncia entro 8 giorni dalla scoperta; i ) che, per l’effetto, la RAGIONE_SOCIALE doveva essere dichiarata decaduta da ogni diritto di garanzia, con l’assorbimento di ogni altro profilo; l ) che, con riferimento alla posizione di Banca Agrileasing, nel giudizio di primo grado, in cui la Banca era rimasta contumace, era stata pronunciata la risoluzione del contratto di finanziamento, in mancanza di una specifica domanda in tal senso, in virtù di un ermetico ‘collegamento’ tra i due negozi, quello di vendita e quello di finanziamento, senza riportare la statuizione nel dispositivo; m ) che da ciò derivava l’interesse della Banca a proporre l’appello incidentale, con la costituzione nel giudizio di gravame, con l’effetto che l’accoglimento dell’impugnazione principale travolgeva ogni consequenziale statuizione, diretta o indiretta, riconducibile al diritto contestato, anche con riferimento al negozio di finanziamento, in sé perfetto e non contestato geneticamente da alcuna delle parti; n ) che, avendo comunque la Banca aderito al motivo di impugnazione principale, anche con riferimento alla conseguente restituzione del macchinario, la COGNOME -che aveva dato luogo, con la sua domanda, alla necessità dell’intervento in giudizio dell’Istituto era tenuta alla refusione delle spese anche nei suoi confronti.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, la RAGIONE_SOCIALE
Sono rimaste intimate la RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALEp.ARAGIONE_SOCIALE e la Banca Agrileasing S.p.A.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1495 c.c. e dell’art. 116 c.p.c., per avere la Corte di merito accolto l’eccezione di decadenza sollevata da Rent, nonostante vi fosse la prova in atti della denuntiatio dei vizi, come emergente dal ricorso per accertamento tecnico preventivo, dalla comparsa di costituzione di Rent nel suddetto procedimento e dalle relazioni di servizio di Seko.
Obietta l’istante che dalle relazioni di servizio sarebbe emersa una specifica voce ‘descrizione delle anomalie riscontrate’, il che avrebbe escluso che si fosse trattato di mere modifiche, bensì di veri e propri difetti e vizi di funzionamento. E ciò a fronte della consegna avvenuta il 3 ottobre 2003, con l’utilizzo immediato e con la successiva emersione dei problemi relativi ai sistemi di taglio (per la perdita di coltelli e la mancata produttività nei parametri assicurati), con il conseguente successivo intervento di Seko già il 9 ottobre 2003, non solo per l’esecuzione di una unilaterale modifica, ma anche per il controllo rispetto a quanto lamentato e con il fine di porvi rimedio.
Espone altresì la ricorrente che, secondo la disposizione della COGNOME, il legale rappresentante della COGNOME aveva immediatamente telefonato alla Rent per contestare i vizi, cui era seguito l’invito ad interpellare direttamente la Seko, né d’altro canto la COGNOME aveva eccepito la decadenza costituendosi nel procedimento di A.T.P.
Quanto all’incapacità a testimoniare della COGNOME ex art. 246 c.p.c., la sua qualità di socio accomandante escludeva tale incapacità.
1.1. -Il motivo è infondato.
Infatti, la censura si traduce in una richiesta di rivalutazione dei compiuti accertamenti in fatto, in ordine alla prospettata tempestiva denuncia dei difetti e vizi verso la venditrice RAGIONE_SOCIALE, rivalutazione che non può essere svolta in questa sede (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021; Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Sez. 6-5, Ordinanza n. 9097 del 07/04/2017; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
Alla luce della disamina delle prove acquisite (con precipuo riguardo alle testimonianze rese dai testi richiesti da COGNOME e COGNOME), la Corte d’appello ha, invero, escluso che, entro il termine di 8 giorni dalla scoperta dei difetti, in ragione dell’avvenuta consegna del macchinario sin dal 3 ottobre 2003, fosse avvenuta alcuna denuncia dei vizi verso la Rent.
E anche qualora si fosse reputato che l’insorgenza dei vizi fosse risalente ad un periodo successivo agli interventi di Seko del 9 ottobre 2003, del 5 febbraio 2004 e del 19 aprile 2004 -che avevano lo scopo, non già di riparare difetti originari di costruzione, bensì di ottenere modifiche alla struttura della macchina ed un potenziamento degli strumenti di taglio e triturazione -, comunque sarebbe stata carente la tempestiva denuncia nel termine indicato verso la venditrice.
Né il mero fatto che la RAGIONE_SOCIALE avesse sollevato l’eccezione di decadenza non già nel procedimento di accertamento tecnico
preventivo, bensì nel solo giudizio di cognizione, vale a negare la sua ritualità, atteso che la sede deputata alla sua verifica era proprio quella relativa al giudizio in cui era stata fatta valere la domanda di risoluzione, in ragione dei vizi dedotti.
Quanto alla deposizione di NOME COGNOME la sua mancata utilizzazione non è dipesa dalla ponderata incapacità a deporre, quale socia accomandante priva di poteri di amministrazione (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 32229 del 21/11/2023; Sez. 2, Sentenza n. 1444 del 16/03/1981), né dal suo rapporto di coniugio, incapacità che anzi è stata espressamente esclusa, bensì alla stregua della valutazione della sua inattendibilità e della genericità delle dichiarazioni rese.
Segnatamente si è rilevato che il contenuto delle circostanze riferite dalla teste era vago, generico e privo di un riferimento specifico ad un preciso frangente temporale, sia in ordine al momento dell’effettiva scoperta o della completa scoperta del vizio, sia in ordine alla tempestiva denuncia entro 8 giorni dalla scoperta.
Ora, il giudizio di inattendibilità di un teste, debitamente argomentato, non è sindacabile in sede di legittimità.
2. -Con il secondo motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 112 c.p.c., per avere la Corte territoriale condannato la RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese anche in favore dell’appellante incidentale Banca RAGIONE_SOCIALE in ragione del fatto che essa si fosse associata al motivo di impugnazione principale spiegato dall’appellante RAGIONE_SOCIALE
Osserva l’istante che la sentenza impugnata non si sarebbe pronunciata sul dedotto vizio di ultrapetizione, dichiarando la nullità della sentenza in parte qua , sicché non vi sarebbero state le condizioni per disporre tale condanna alle spese.
2.1. -Il motivo è infondato.
Questo perché la Corte d’appello, con riferimento alla posizione di Banca Agrileasing, ha evidenziato che, nel giudizio di primo grado, in cui la Banca era rimasta contumace, era stata pronunciata la risoluzione del contratto di finanziamento, in mancanza di una specifica domanda in tal senso, in virtù di un ermetico ‘collegamento’ tra i due negozi, quello di vendita e quello di finanziamento, senza riportare la statuizione nel dispositivo. Sicché vi era un interesse qualificato della Banca a proporre l’appello incidentale, con la costituzione nel giudizio di gravame, in ragione della pronuncia ultra-petita della risoluzione anche del contratto di finanziamento.
Tanto chiarito, la Corte del gravame ha altresì precisato che, una volta accolto l’appello principale, rigettando anche l’invocata declaratoria di risoluzione della fornitura, a cui il finanziamento era accessorio, era travolta ogni consequenziale statuizione, diretta o indiretta, riconducibile al diritto contestato, anche con riferimento al negozio di finanziamento, in sé perfetto e non contestato geneticamente da alcuna delle parti.
In aggiunta la Corte di merito ha evidenziato che la Banca aveva aderito al motivo di impugnazione principale, anche con riferimento alla conseguente restituzione del macchinario, sicché la COGNOME -che aveva dato luogo, con la sua domanda, alla
necessità dell’intervento in giudizio dell’Istituto era tenuta alla refusione delle spese anche nei suoi confronti.
Per l’effetto, la condanna alle spese di lite della COGNOME, anche in favore della Banca Agrileasing, è stata ampiamente giustificata dal principio di causalità, avendo la Corte territoriale puntualizzato che il vizio di ultrapetizione della sentenza di prime cure non ha costituito oggetto di pronuncia, sulla scorta del travolgimento che il rigetto della domanda di risoluzione del contratto di vendita aveva determinato sulla declaratoria di risoluzione del contratto accessorio di finanziamento.
3. -Con il terzo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., del d.m. n. 127/2004, dell’art. 11 preleggi, dell’art. 2233, secondo comma, c.c., dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., dell’art. 118, primo comma, disp. att. c.p.c. nonché dell’art. 111, sesto comma, Cost., per avere la Corte distrettuale omesso di specificare e di indicare in sentenza l’ammontare delle spese, delle competenze e degli onorari di lite in ordine al primo grado di giudizio, davanti al Tribunale di Ravenna, posti a carico della COGNOME e in favore di COGNOME e di COGNOME, in ossequio al d.m. n. 127/2004, concretizzando così l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti.
Espone l’istante che, essendo il giudizio di primo grado terminato prima dell’entrata in vigore del d.m. n. 140/2012, la liquidazione delle spese del giudizio di primo grado avrebbe dovuto essere regolata dal d.m. n. 127/2004.
3.1. -Il motivo è infondato.
Infatti, in tema di spese processuali, i parametri introdotti dal d.m. n. 55/2014 (e la conclusione vale anche per i d.m. precedenti e per quelli successivi), cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti, trovano applicazione ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto, ancorché la prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta nella vigenza della pregressa regolamentazione, purché a tale data la prestazione professionale non sia stata ancora completata. Ne consegue che, qualora il giudizio di primo grado si sia concluso con sentenza prima della entrata in vigore del detto d.m., non operano i nuovi parametri di liquidazione, dovendo le prestazioni professionali ritenersi esaurite con la sentenza, sia pure limitatamente a quel grado.
Nondimeno, in caso di riforma della decisione (come nel caso di specie), il giudice dell’impugnazione, investito ai sensi dell’art. 336 c.p.c. anche della liquidazione delle spese del grado precedente, deve applicare la disciplina vigente al momento della sentenza d’appello, atteso che l’accezione omnicomprensiva di ‘compenso’ evoca la nozione di un corrispettivo unitario per l’opera prestata nella sua interezza (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 19989 del 13/07/2021; Sez. 6-L, Ordinanza n. 31884 del 10/12/2018).
4. -In conseguenza delle argomentazioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese e compensi di lite, poiché le controparti della ricorrente sono rimaste intimate.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda