SENTENZA CORTE DI APPELLO DI CAGLIARI N. 386 2025 – N. R.G. 00000077 2023 DEPOSITO MINUTA 10 10 2025 PUBBLICAZIONE 10 10 2025
LA CORTE DI APPELLO DI CAGLIARI
Sezione Civile
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composta dai magistrati:
NOME COGNOME Presidente
NOME COGNOME Consigliere
NOME COGNOME Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE artt. 350 bis e 281 sexies c.p.c.
nella causa iscritta al numero 77 del RAGIONE_SOCIALE per l’anno 2023 promossa da
(C.F.
), elettivamente domiciliata in Cagliari, via
INDIRIZZO, presso lo studio legale dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta, assiste e difende giusta procura speciale rilasciata su foglio separato allegato all’atto di appello
APPELLANTE
contro
P.I. ), in persona dei suoi procuratori pro tempore, e (giusta procura notarile del 10 febbraio 2022, redatta innanzi al notaio dott. , avente num. rep. 176.240 e num. racc. 33.627) rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso il suo Studio in INDIRIZZO, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta in appello P.
APPELLATA
e contro
(C.F. ), in persona del suo amministratore unico Signora , rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, presso il cui studio, sito in Cagliari, INDIRIZZO, ha eletto domicilio P.
C.F.
All’udienza del 26/09/2025, fatte precisare le conclusioni, la causa è stata tenuta a decisione, ai sensi del disposto RAGIONE_SOCIALE artt. 350 bis e 281 sexies c.p.c. sulle seguenti
CONCLUSIONI
NELL’INTERESSE DELL’APPELLANTE:
‘ Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello, disattesa ogni contraria istanza, eccezione o deduzione: in via preliminare: 1) accogliere l’appello proposto dalla sig.ra , con ogni conseguente pronuncia; e, per l’effetto, 2) dichiarare la nullità della sentenza impugnata e per l’effetto: 3) rimettere la causa in lettura, e per l’effetto: In via principale: 4) Accertata, poiché documentale, la messa in mora del fornitore ( e la sussistenza rispetto al contratto di fornitura e istallazione sottoscritto il 20 novembre 2012 delle condizioni di cui all’art.1453 e 1455 c.c., dichiarare risolto il contratto medesimo per grave inadempimento di 5) Accertato, poiché documentale, che il contratto di credito sottoscritto in data 20 novembre 2012 era finalizzato a finanziare la fornitura del bene oggetto del contratto principale (di fornitura e istallazione) e, che veniva sottoposto alla firma dei signori e (garante) da un procacciatore di dichiarare la risoluzione del contratto di credito collegato ai sensi dell’art.125 quinquies D.lgs. n.141del 13/08/2010;
In tutti i casi: 6) Condannare a rimborsare alla signora le rate già pagate pari a 11.866,40€, nonché quelle che la medesima dovrà eventualmente versare sino alla conclusione del presente giudizio, oltre le spese di assicurazione, quota interessi e costi connessi come dettagliati nel contratto; 7) Condannare al risarcimento del danno che il Giudice riterrà di giustizia, se del caso facendo ricorso alla valutazione equitativa; 8) Con vittoria di spese, diritti e onorari di causa, rifusione delle spese generali, RAGIONE_SOCIALE Avvocati come per legge ‘.
NELL’INTERESSE DELL’APPELLATA
‘ Voglia, l’Ecc.ma Corte d’Appello adita, ogni contraria domanda, istanza eccezione e deduzione disattesa, così giudicare:
in via preliminare: accertare e dichiarare l’inammissibilità delle domande svolte nei confronti di per i motivi esposti in atto;
nel merito: rigettare in quanto inammissibili ed infondati, per le ragioni tutte dedotte in atti, l’appello e le relative domande proposte con l’atto di citazione notificato il 28 febbraio 2023 e, per l’effetto, confermare integralmente la sentenza di primo grado;
in via istruttoria: rigettare l’istanza di ammissione della CTU, avendo finalità esplorative.
In ogni caso: con vittoria di spese e compensi di lite di entrambi i gradi di giudizio’.
NELL’INTERESSE DELL’APPELLATA
‘ In via principale Rigettare, nel merito il gravame proposto avverso il provvedimento impugnato, in quanto infondato in fatto e in diritto, confermando integralmente la sentenza n. 338/2023 emessa dal Tribunale di Cagliari.
In subordine
Qualora l’Ecc.ma Corte dovesse ritenere nulla la sentenza di primo grado, rigettare, nel merito, la domanda di parte attrice, in quanto infondata in fatto e in diritto, accogliendo le seguenti conclusioni: in via preliminare, dichiarare la improcedibilità e/o inammissibilità della domanda per decadenza dall’azione per avere l’attore denunciato i vizi e /o difetti oltre il termine di cui all’art. 132 D. Lgs. 206/2005. in via subordinata, rigettare integralmente la domanda in quanto infondata ovvero, in subordine, nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda attorea di risoluzione del contratto, ordinare all’attore la restituzione dell’impianto a favore della
In ogni caso, con vittoria di spese e compensi, oltre rimborso forfettario per spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge. ‘.
IN FATTO E IN DIRITTO
Con atto di citazione datato 22 luglio 2016, convenne in giudizio la e la al fine di ottenere la risoluzione per inadempimento del contratto avente ad oggetto la fornitura e l’installazione di un impianto fotovoltaico concluso con la prima e la conseguente risoluzione del collegato contratto di finanziamento concluso con la seconda.
L’attrice dopo aver premesso che nel mese di dicembre 2012 aveva concluso con la un contratto per la fornitura e l’istallazione di un impianto fotovoltaico “RAGIONE_SOCIALE Power 90″, che avrebbe dovuto avere una produzione annua di 9.000 10.500 KWh, sostenne che, vista l’entrata in esercizio in data 19/3/2013, l’impianto sarebbe ricaduto nel meccanismo di incentivazione del DM 5 luglio 2012 ( V Conto Energia).
La stessa attrice affermò, poi, che le condizioni prospettate nel contratto e nella brochure proponevano un impianto autonomo in cui gli incentivi ed il risparmio energetico avrebbero ripagato, tendenzialmente, le rate della finanziaria, precisando che in data 28/01/2013 essa attrice, in occasione della visita presso la sua abitazione del signor aveva sottoscritto il contratto di finanziamento denominato “Prestito Finalizzato Prestitempo” da erogarsi da parte di per l’importo quota capitale di Euro 29.000,00 (corrispondente al costo dell’impianto fotovoltaico e della relativa messa in opera), e aggiunse, poi, che dal confronto tra i valori stimati e i dati registrati operato dal consulente di parte attrice, ing. il controvalore ipotetico dell’impianto sarebbe stato di euro 1.420,00 da tariffa onnicomprensiva sulla vendita, euro 210,00 annui da tariffa premio sull’autoconsumo ed euro 340,00 da risparmio in bolletta – per un totale di benefici economici pari ad euro 1.970,00 annui circa – che in ragione del contratto di finanziamento aveva rimborsato a una rata mensile pari ad euro 316,00, cioè un importo annuo di euro 3.972,00.
quindi, chiese al Tribunale di dichiarare risolto il contratto di fornitura per grave
inadempimento di nonché di dichiarare la risoluzione del contratto di credito collegato ai sensi dell’art.125 quinquies d.lgs. n.141del 13/08/2010.
In subordine, l’attrice, sostenendo che dovesse ritenersi palese che era stata indotta alla stipulazione del contratto di fornitura ed al conseguente contratto di credito collegato (necessario al fine di acquisire il capitale per remunerare il contraente del negozio “principale”) nell’erronea e determinante convinzione che la valorizzazione dell’energia elettrica prodotta dall’impianto fotovoltaico unitamente agli incentivi statali riconosciuti avrebbero coperto integralmente le rate del finanziamento richiesto per acquistarlo, chiese di dichiarare che il consenso espresso dall’attore alla stipula del contratto di credito era stato dato sia per errore essenziale, sia per dolo determinante e, per l’effetto, di annullare il medesimo contratto ai sensi RAGIONE_SOCIALE artt. 1427, 1428, 1429 e 1439 c.c.
infine, chiese la condanna della alla restituzione delle somme pagate, pari a complessivi euro 11.866,40.
La e la si costituirono in giudizio e resistettero.
La prima eccepì, anzitutto, la decadenza dall’azione per avere l’attrice denunciato i presunti difetti oltre il termine di cui all’art. 132 del Codice del Consumo, ovvero per decorrenza dei termini di cui all’art. 1490 c.c., sottolineando che la prima lamentela giunta per conto dell’attrice risalisse al 3/09/2014, trascorsi, quindi, ben 18 mesi dall’entrata in funzione dell’impianto.
La nel merito, sostenne che l’impianto era assolutamente in grado di fornire vantaggi economici tali da ripagarne il relativo costo, negando di avere promesso e garantito il ripagamento della rata del finanziamento mensilmente con gli incentivi e precisando che la proposta contrattuale faceva riferimento al ‘tendenziale’ ripagamento del costo dell’impianto attraverso il percepimento RAGIONE_SOCIALE incentivi derivanti dalla tariffa premio e dalla tariffa omnicomprensiva, oltre al risparmio in bolletta che, tendenzialmente (e quindi non totalmente) avrebbero aiutato a ripagare l’impianto.
La , dal canto proprio, eccepì l’intervenuta decadenza dall’azione attesa la denuncia dei presunti difetti oltre il termine di cui all’art. 132 n. 2 del Codice del Consumo e contestò, nel merito, sia l’inadempimento del fornitore, sia il collegamento tra il contratto di fornitura ed il contratto di finanziamento.
*
La causa, istruita con produzioni documentali e prova testimoniale, venne decisa dal Tribunale di Cagliari con sentenza n. 338/2023, pubblicata in data 21/02/2023, nei seguenti termini: ‘ 1) rigetta le domande attrici; 2) compensa integralmente le spese di lite ‘.
Si riporta, in sintesi, l’iter logico giuridico posto a fondamento della decisione.
Precisato che la stessa attrice avesse riconosciuto che l’impianto era entrato in esercizio in data 19/03/2013, il Tribunale, richiamata la normativa del Codice del Consumo, applicabile a tutti i contratti di vendita e di fornitura di beni di consumo, ha accertato che nel caso in esame l’attrice aveva denunciato per la prima volta la mancanza delle qualità dell’impianto solo con la nota del 4 settembre 2014 e, conseguentemente, che fosse incorsa nella decadenza di cui all’art. 132 del Codice del Consumo. Rilevato, infatti, che la sig.ra non aveva indicato quando avrebbe assunto coscienza dei difetti lamentati, i quali, ragionevolmente, si erano manifestati entro alcuni mesi dalla consegna e messa in funzione RAGIONE_SOCIALE impianti, e evidenziato che -per mero scrupolo -si sarebbe potuto indicare in 12 mesi il lasso di tempo ragionevole per osservarne il funzionamento, anche al fine di tenere conto di tutte le condizioni climatiche, il Giudice di primo grado ha, quindi, accertato che l’attrice avrebbe potut o/dovuto certamente verificare quali fossero gli importi accreditati dal G.S.E. e quale il risparmio assicurato dal c.d. auto-consumo, raffrontando la relativa somma con le rate del finanziamento che era tenuta a pagare mensilmente, e, conseguentemente,
avrebbe dovuto denunciare i vizi entro sessanta giorni dal 19 marzo 2014 (termine, tuttavia, non rispettato).
Con particolare riferimento all’assunto di parte attrice circa la presunta infondatezza dell’eccezione di decadenza sollevata dalle convenute in ragione della garanzia ‘ di ben 300 mesi riconosciuta dalla stessa , il Tribunale ha osservato come questo non apparisse convincente, atteso che la richiamata previsione contrattuale, in difetto di altre specificazioni, si sarebbe potuta imputare ad un’estensione della durata della garanzia prevista dall’art. 132, comma 1 del Codice del Consumo, ma non, invece, ad un esonero del consumatore dall’onere della tempestiva denuncia contemplato dal successivo comma 2. In conclusione, ha ritenuto l’eccezione di decadenza fondata.
Nell’esaminare, poi, le domande proposte dall’attrice in via subordinata, e in particolare, quella di risoluzione del contratto di finanziamento ai sensi RAGIONE_SOCIALE artt. 1453 e 1455 c.c. per grave inadempimento, il Giudice ha osservato che la non avesse neppure indicato quali concreti principi di diligenza, correttezza e trasparenza fossero stati violati dalla , con la conseguenza che la domanda non potesse che ritenersi infondata. Per mera completezza, il Tribunale ha aggiunto che il prestito legato all’acquisto di un determinato bene o servizio può essere legittimamente richiesto anche direttamente presso il venditore, che può avere una convenzione con una o più banche o società finanziarie, così come, del resto, era accaduto nel caso in esame.
Quanto, infine, alla domanda di accertamento ‘ che il consenso espresso dall’attore alla stipula del contratto di credito fu dato sia per errore essenziale, sia per dolo determinante ‘ e di conseguente annullamento del contratto, il Tribunale ha osservato che nelle ipotesi in cui l’alienante non rispetti l’impegno assunto, non sussisterebbe un errore dell’acquirente quale causa di invalidità del contratto, ma, al più, ricorrerebbe un’ipotesi di inadempimento: per tale ragione e poiché l’attrice non aveva dimostrato che la sua volontà negoziale era stata manifestata in presenza -o in costanza
-di una falsa rappresentazione, spontanea o provocata dalla realtà, il Giudice ha ritenuto anche detta domanda infondata.
Tutte le domande formulate dall’attrice sono state, pertanto, rigettate.
Avverso la sentenza ha proposto appello al fine di ottenere, in sua riforma, quanto domandato nelle conclusioni trascritte in epigrafe.
Si è costituita in giudizio la resistendo all’appello e domandandone il rigetto. Si è altresì costituita in giudizio la domandando, a sua volta, il rigetto dell’avverso
appello e la conferma della sentenza impugnata.
Con primo motivo di gravame censura la sentenza di primo grado, deducendone la sua nullità, per avere il Giudice depositato il provvedimento senza concedere alle parti, che ne avevano fatto espressa richiesta, i termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica: precisa, infatti, l’appellante, che sulla scorta del principio indicato dalle Sezioni Unite n. 36596/2021, la sentenza di primo grado dovrebbe considerarsi nulla e la causa dovrebbe essere rimessa in lettura.
Con secondo motivo censura il provvedimento di primo grado nella parte in cui il Giudice avrebbe erroneamente interpretato la volontà delle parti, come consacrata nel contratto, e, in particolare, la clausola con la quale ‘ viene inoltre riconosciuta una garanzia di ben 300 mesi sul rendimento, garantendolo fino al 90% per i primi dieci anni e l’80% per i successivi 10 anni ‘, da intendersi pienamente legittima, in quanto a vantaggio del consumatore. In particolare, l’appellante contesta che il Tribunale abbia individuato il momento in cui la sig.ra avrebbe assunto coscienza dei difetti lamentati trascorsi dodici mesi dalla messa in esercizio dell’impianto (anche al fine di tenere conto di tutte le condizioni climatiche), osservando che, data la natura
dell’investimento, tale momento si sarebbe dovuto individuare in almeno due anni dalla messa in esercizio, in modo tale da permettere di maturare la certezza che l’impianto non avesse le qualità promesse.
Con terzo e ultimo motivo di gravame l’appellante censura la sentenza di primo grado nella parte in cui il Tribunale avrebbe omesso di pronunziarsi su alcune circostanze poste a fondamento della domanda di risarcimento del danno formulata nei confronti di e, in particolare, sotto il profilo dell’inadempimento, sulla lamentata circostanza che l’impianto compravenduto non presentasse, in termini di resa e di produzione, le caratteristiche promesse nel contratto (secondo il consulente di parte l’antieconomicità del contratto potrebbe, infatti, quantificarsi in € 6.736,00 al 20° anno di esercizio).
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E’ preliminarmente necessario osservare, con riguardo al primo motivo di appello, che la sentenza impugnata è stata, in effetti, pubblicata dal Tribunale in data 21 febbraio 2023, nonostante all’udienza di precisazione delle conclusioni del 31 gennaio 2023 (tenutasi nelle forme della trattazione scritta ex art. 127 ter c.p.c.) le parti avessero espressamente richiesto la concessione dei termini per il deposito delle memorie conclusionali e delle repliche di cui all’art. 190 c.p.c.
A tal proposito è bene precisare che, secondo quanto chiarito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con sentenza n. 36596 del 25/11/2021, ‘ la parte che proponga l’impugnazione della sentenza d’appello deducendo la nullità della medesima per non aver avuto la possibilità di esporre le proprie difese conclusive ovvero per replicare alla comparsa conclusionale avversaria non ha alcun onere di indicare in concreto quali argomentazioni sarebbe stato necessario addurre in prospettiva di una diversa soluzione del merito della controversia; la violazione determinata dall’avere il giudice deciso la controversia senza assegnare alle parti i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, ovvero senza attendere la loro scadenza, comporta di per sé la nullità della sentenza per impedimento frapposto alla possibilità dei difensori delle parti di svolgere con completezza il diritto di difesa, in quanto la violazione del principio del
contraddittorio, ai quale il diritto di difesa si associa, non è riferibile solo all’atto introduttivo del giudizio, ma implica che il contraddittorio e la difesa si realizzino in piena effettività durante tutto lo svolgimento del processo ‘.
A ciò le Sezioni Unite aggiungono che, non rientrando il caso in esame nelle fattispecie tassative previste dall’art. 354 c.p.c.: ‘ nell’ipotesi in cui la sentenza di primo grado sia stata deliberata anticipatamente rispetto alla scadenza dei termini dell’art. 190 c.p.c., non basta alla parte soccombente impugnare la sentenza denunziandone la nullità. Non le basta perché il giudice d’appello, una volta constatata tale nullità, non potrebbe rimettere la causa al primo giudice ai sensi dell’art. 354 c.p.c., essendo tenuto a deciderla invece egli stesso nel merito. Poiché ciò comporta che la decisione avvenga sempre nei limiti delle doglianze prospettate, è in questo caso da individuare, sotto pena di inammissibilità, l’onere della parte di impugnare la sentenza di primo grado anche in rapporto alle statuizioni di merito ‘.
Tanto premesso, appare pertanto doveroso esaminare le statuizioni della sentenza impugnata, nei limiti, come si è visto, delle censure prospettate e sopra indicate.
Con prioritario riguardo alla doglianza avente ad oggetto l’accertata decadenza dalla garanzia per i vizi di cui all’art. 130, comma 2, codice del consumo, deve evidenziarsi che al fine di determinare la tempistica normalmente occorrente dal momento della messa in esercizio di un impianto fotovoltaico per acquisire consapevolezza obiettiva dei difetti lamentati, questa Corte ha nominato, consulente tecnico d’ufficio l’ing. esperto termotecnico, il quale, in risposta al quesito formulato, ha così accertato: ‘ I dati di progetto e riferimento per impianti fotovoltaici sono rapportati all’anno in quanto il ciclo solare non è costante, variando la produzione a seconda delle stagioni. Qualsiasi valutazione deve essere quindi riferita ad almeno un ciclo di funzionamento corrispondente ad un anno. Pertanto, si ritiene congruo un arco temporale di almeno dodici mesi per acquisire consapevolezza obiettiva dei difetti lamentati, con particolare riferimento all’unica lamentela sollevata dall’attrice riguardante la mancata copertura dei costi del finanziamento da parte RAGIONE_SOCIALE incentivi riconosciuti dal V° conto energia ‘ (cfr. ctu pag. 16, par. 1.7).
Nel caso in esame è pacifico, perché espressamente dichiarato dall’appellante in primo grado (cfr. atto di citazione, pag. 3) che l’impianto in oggetto sia stato messo in funzione in data 19/03/2013, cosicché deve ritenersi ragionevole che la consapevolezza obiettiva dei difetti lamentati sia maturata ampiamente entro il 19/03/2014, ovverosia dopo un ciclo completo di funzionamento, corrispondente ad un anno.
Altra conseguenza imprescindibile è che l’acquirente decade dai diritti previsti dall’art. 130, comma 2, codice del consumo se non denuncia al venditore il difetto di conformità entro il termine di due mesi dalla data in cui ha scoperto il difetto (art. 132 codice del consumo): ebbene, nella fattispecie in esame la sig.ra ha denunciato per la prima volta i vizi lamentati con raccomandata del 4 settembre 2014 (doc. 7 fascicolo di parte attrice primo grado); inevitabilmente deve, quindi, ritenersi che la stessa sia incorsa nella decadenza poc’anzi richiamata. Non coglie nel segno, del resto, l’assunto di parte appellante che sostiene che per la natura dell’investimento la convenienza economica si sarebbe potuta valutare solo in un lasso di tempo ben superiore ai dodici mesi: la circostanza è rimasta infatti sfornita di qualsivoglia prova e, in ogni caso, è stata motivatamente smentita dalle risultanze peritali, cui deve aderirsi per la ragionevolezza e logicità RAGIONE_SOCIALE argomenti posti a supporto.
Deve, allo stesso modo, escludersi che l’eccezione di decadenza risulti priva di pregio ‘ in ragione della garanzia di ‘ben 300 mesi’ riconosciuta dalla stessa : come già argomentato dal Giudice di primo grado, la previsione contrattuale che garantisce ‘ ben 300 mesi sul rendimento, garantendolo fino al 90% per i primi dieci anni e l’80% per i successivi 10 anni ‘, verosimilmente appare volta, in difetto di altre indicazioni specifiche, solo ad estendere la durata della garanzia prevista dall’art. 132, comma 1, codice del consumo (che stabilisce che il venditore è responsabile quando il difetto di conformità si manifesta entro il termine di due anni), ma non, di certo, a dispensare l’acquirente dall’onere della tempestiva denuncia contemplato dal successivo comma 2.
La confermata fondatezza dell’eccezione di decadenza sollevata dalle convenute in primo grado comporta che le ulteriori questioni, oggetto del terzo motivo di gravame, debbano ritenersi assorbite.
L’appello proposto da deve essere, in conclusione, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate secondo i parametri del DM 147/2022 e succ. mod., applicando i valori minimi -attesa la definizione sulla base della eccezione preliminaresullo scaglione di valore compreso tra € 5.201,00 ed € 26.000,00.
Le spese della consulenza tecnica d’ufficio, stante la funzione svolta e le sue risultanze, vanno poste interamente a carico dell’appellante.
Sussistono, inoltre, i presupposti previsti dall’art. 13 DPR 115/2002, come modificato dall’art. 1, comma 17, L. n 228/2012, per il pagamento, da parte dell’appellante, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte d’Appello, disattesa ogni contraria domanda, istanza ed eccezione, definitivamente decidendo:
1)
rigetta l’appello proposto da
pone interamente a carico della parte appellante le spese di c.t.u.;
condanna al pagamento, in favore della delle spese processuali del presente grado di giudizio, che liquida in € 2.906,00 per compensi di avvocato, oltre spese forfettarie e accessori di legge;
3)
condanna al pagamento, in favore della delle spese 2.906,00 per compensi di
processuali del presente grado di giudizio, che liquida in € avvocato, oltre spese forfettarie e accessori di legge;
d ichiara che sussistono i presupposti previsti dall’art. 13 DPR 115/2002, come modificato
dall’art. 1, comma 17, L. n 228/2012 per il pagamento, da parte di
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
Così deciso in Cagliari, il 8 ottobre 2025
Il Cons. estensore
Dott.ssa NOME COGNOMENOME COGNOME
Il Presidente
Dott.ssa NOME COGNOME