Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34623 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 34623 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17599/2019 R.G. proposto da : COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 2753/2018 depositata il 27/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La controversia concerne un contratto d’appalto avente ad oggetto la realizzazione di una recinzione e regimazione delle acque. Nel
2008 l’appaltatrice RAGIONE_SOCIALE otteneva dal Tribunale di Grosseto nei conforti del committente NOME COGNOME un decreto ingiuntivo di pagamento di € 70.749,60 su alcune fatture di corrispettivo per lavori eseguiti. In sede di opposizione, il committente proponeva domanda riconvenzionale, chiedendo il risarcimento dei danni derivanti dai vizi e difformità delle opere. A tal fine, sosteneva che i lavori erano stati eseguiti per eliminare difetti di una precedente opera e l’appaltatrice si era impegnata a svolgerli gratuitamente, ma la loro qualità non era conforme alle regole dell’arte. Nel 2013 il Tribunale accoglieva la domanda riconvenzionale e revocava il decreto ingiuntivo, operando una compensazione tra le somme dovute all’appaltatrice e i danni riconosciuti, e condannando quest’ultima al pagamento di € 29.250. La decisione si basav a sulla c.t.u., secondo cui i lavori di recinzione non erano stati eseguiti a regola d’arte e presentavano difetti. Il giudice di primo grado respingeva anche l’eccezione di decadenza dall’azione di garanzia sollevata dall’appaltatrice, in quanto i vizi erano stati tempestivamente denunciati. L’appaltatrice impugnava la sentenza di primo grado, contestando: 1) il rigetto dell’eccezione di decadenza, sostenendo che il committente avrebbe dovuto denunciare i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta, ma lo aveva fatto oltre il termine; 2) la manc ata considerazione dell’accettazione tacita dell’opera, ritenendo che l’opera fosse stata accettata senza riserve, secondo l’art. 1665 c.c.; 3) l’omissione di pronuncia sull’eccezione di prescrizione biennale dell’azio ne; 4) in subordine, faceva valere l’infondatezza della responsabilità per carenze progettuali e la mancanza di motivazione riguardo alla quantificazione dei danni. Il committente proponeva appello incidentale, chiedendo il riconoscimento della somma di € 27.000 per riparazioni. La Corte distrettuale ha osservato che COGNOME aveva ottenuto un attestato di regolare esecuzione dei lavori, con certificato di completamento e di conformità dell’opera al progetto. La Corte distrettuale ha accertato quindi che l’opera era stata consegnata il 28 aprile 2006 senza
riserve e che la prima denuncia di vizi era avvenuta tardivamente solo con l’atto di citazione del 5 dicembre 2008. Applicando l’art. 1667 c.c., la Corte ha accolto l’appello principale dell’appaltatrice, rigettato l’opposizione, confermato il decreto ingi untivo, rigettato l’appello incidentale del committente.
Ricorre in cassazione il committente con tre motivi, illustrati da memoria. Rimane intimata l’appaltatrice.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo, p. 8, contesta che sia stata ritenuta necessaria la denuncia dei vizi dell’opera in mancanza di una consegna e accettazione giuridicamente rilevanti e in presenza di un riconoscimento implicito dei vizi da parte dell’appaltatore. Si deduce violazione degli artt. 1665 co. 4 e 1667 co. 2 ultimo periodo c.c., nella parte in cui le norme stabiliscono che la denuncia dei vizi non è necessaria se non vi è stata accettazione senza riserve dell’opera o vi è stato riconoscimento dei vizi da par te dell’appaltatore. Si critica la decisione della Corte di appello che, ritenendo accettata l’opera, ha dichiarato tardiva la denuncia effettuata con l’atto di opposizione a decreto ingiuntivo notificato il 5/12/2008. A supporto, si dettagliano alcuni profili fattuali: l’appaltatrice aveva completato i lavori il 28 aprile 2006, eseguendo, a partire dal maggio 2006 e fino a febbraio 2007, ulteriori interventi di riparazione della recinzione danneggiata da eventi atmosferici e fauna selvatica, confermando così la consapevolezza dei difetti, sebbene attribuiti a cause esterne. La Corte di appello non ha considerato tale contegno di ammissione del problema, che, pur senza accettare responsabilità diretta, implicava la consapevolezza dei difetti, rendendo superflua ogni formale denuncia da parte del committente, in applicazione del principio di diritto ex art. 1667 co. 2, ultimo periodo, c.c. La sentenza impugnata ha riconosciuto la necessità di una denuncia formale, considerando che l’opera era stata consegnata senza riserve ai sensi dell’art. 1665 co. 4 c.c., mentre il Tribunale di primo grado aveva ritenuto superflua la
denuncia, in quanto l’appaltatrice aveva ammesso il problema, pur senza riconoscerne la propria responsabilità, accettando di eseguire riparazioni. Secondo il Tribunale, tale ammissione rendeva non necessaria la denuncia dei vizi ai sensi dell’art. 1667 co. 2 ultimo periodo c.c. Si contesta, quindi, che la Corte di appello, riformando la decisione del Tribunale, abbia affermato che la mancata denuncia tempestiva comportasse la decadenza dalla garanzia dei vizi ex art. 1667 c.c. Il Tribunale, con una motivazione giudicata congrua, aveva ritenuto che la presa in carico dell’opera non configurasse un’accettazione senza riserve e che la denuncia fosse superflua in presenza del riconoscimento da parte dell’appaltatore delle problematiche riscontrate, che erano state evidenziate successivamente anche dalla c.t.u. La Corte di appello, invece, affermava erroneamente che l’opera era stata consegnata il 28 aprile 2006 senza riserve e che i vizi erano stati denunciati solo con l’atto di opposizione del dicembre 2008, ol tre il termine stabilito dall’art. 1667 c.c., giudicando pertanto tardiva l’azione del committente e applicando la prescrizione biennale prevista dalla stessa norma.
Il primo motivo è da disattendere.
La Corte di appello argomenta, p. 7: « l’opera era stata consegnata senza riserve il 28.4.2006 (art. 1665 co. 4 c.c.) e la prima denunzia dei vizi risultava essere stata effettuata il 5.12.2008 in occasione della notifica dell’atto di citazione in opposizione, oltre il termine previsto dall’art. 1667 c.c. Inoltre, l’azione intrapresa in data 5.12.2008 era da considerarsi prescritta essendo decorso il termine previsto dall’art. 1667 co. 3 c.c. In conseguenza questo Giudice rileva che era mancata la denunzia tempestiva dei vizi, in quanto la stessa era stata tardiva e non era stato altresì offerta alcuna prova che la società avesse riconosciuto i vizi e/o difetti; pertanto, nel caso in esame trova applicazione la disposizione normativa prevista dall’art. 1667 c.c., ed in mancanza di tempestiva denunzia dei vizi COGNOME era incorso nella decadenza sancita dalla menzionata norma ».
Al cospetto della motivazione appena riportata, si palesa che la parte ricorrente prospetta come questioni di diritto censure mosse alla ricostruzione della situazione di fatto rilevante compiuta dal giudice di merito. Dinanzi a tali censure, il compito di questa Corte è di verificare che il giudice di merito manifesti di aver fatto un governo del proprio potere di apprezzamento che non si espone a censure in sede di giudizio di legittimità, come in effetti è accaduto nel caso attuale. Infatti, il giudice di merito che fondi il proprio apprezzamento su alcune prove piuttosto che su altre non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento in una motivazione effettiva, resoluta e coerente (che rispetti quindi i canoni dettati da Cass. SU 8053/2014). Nel far ciò, il giudice di merito non è tenuto a discutere esplicitamente ogni singolo elemento probatorio o a confutare ogni singola deduzione che aspiri ad una diversa ricostruzione della situazione di fatto rilevante. Sarebbe superfluo ricordare che l’esito positivo della verifica compi uta dalla Corte di cassazione non implica logicamente che essa faccia proprio tale apprezzamento: esso è e rimane del giudice di merito.
2. – Il secondo motivo, p. 11, denuncia violazione degli artt1667 e 1665 c.c., oltre che dell’art. 141 d.lgs. n. 163/2006 e dell’art. 237 d.p.r. 207/2010. La decisione della Corte di appello è errata nella parte in cui, richiamando l’art. 141 d.lgs. n. 163/2006 e l’art. 237 d.p.r. 207/2010, considera l’attestato di regolare esecuzione dei lavori, rilasciato dal progettista direttore dei lavori il 28-30 aprile 2006, come equipollente a una dichiarazione di accettazione delle opere senza riserve da parte del committente, ai sensi dell’art. 1665 c.c. La sentenza impugnata afferma quindi erroneamente che, dalla data di rilascio dell’attestato, decorressero il termine decadenziale di sessanta giorni per la denuncia dei vizi ex art. 1667 c.c., e il termine prescri zionale biennale per l’azione contro l’appaltatore. In particolare, s i evidenzia in primo luogo che l’art. 141 d.lgs. n. 163/2006, invocato dalla Corte, era stato abrogato nel 2016. L’interpretazione
della Corte si pone altresì in contrasto con il testo della norma, che non stabilisce che il rilascio del certificato di collaudo o dell’attestato di regolare esecuzione equivalga all’accettazione senza riserve dell’opera ai sensi dell’art. 1665 c.c., né p reclude la possibilità di contestare vizi, a meno che non siano sopravvenuti o al momento non riconoscibili. La norma, applicabile solo a lavori pubblici e non alla presente fattispecie, fa comunque salva la facoltà per il committente pubblico di denunciare difformità e vizi fino al momento in cui il collaudo non sia divenuto definitivo, fatto che occorre due anni dopo il rilascio del certificato provvisorio. Pertanto, l’attestato di regolare esecuzione, nel caso di specie, non comporta il decorso di termini decadenziali o prescrizionali, non costituendo atto idoneo a implicare accettazione espressa o tacita dell’opera senza riserve, in deroga a quanto disposto dall’art. 1665 co. 4 c.c. Si ritiene quindi erronea la decisione della Corte di appello nella parte in cui ritiene che l’attestato di regolare esecuzione valga come accettazione senza riserve dell’opera, escludendo così le garanzie e gli obblighi contrattuali in capo all’appaltatore secondo quanto previsto dall’art. 1667 c.c.
Il secondo motivo è inammissibile.
Esso si appunta su un passaggio della motivazione ( relativo all’attestato di regolare esecuzione ex art. 141 d.lgs. 163/2006, richiamato ratione temporis) che non rientra nella ratio decidendi. Quest’ultima è da cogliere nell ‘accertamento ( cfr. il brano già riportato nel precedente paragrafo n. 1) che « l’opera era stata consegnata senza riserve il 28.4.2006 (art. 1665 co. 4 c.c.) e la prima denunzia dei vizi risultava essere stata effettuata il 5.12.2008 in occasione della notifica dell’atto di citazione in opposizione» . La Corte di appello ha considerato come determinante della decorrenza del termine di prescrizione la data della consegna senza riserve in sé e per sé e non il rilascio del menzionato attestato. Il motivo è quindi privo del carattere della decisività.
– Il terzo motivo, p. 13, lamenta ex art. 360 n. 5 c.p.c. l’omessa pronuncia sull’appello incidentale con cui il committente censurava la decisione del giudice di primo grado che aveva computato nell’importo dovuto dal committente – poi entrato in compensazione con l’importo del risarcimento del danno dovuto dall’appaltatrice – anche la cifra di € 27.000 a titolo di corrispettivo dei lavori di riparazione compiuti dall’appaltatrice. In altri termini, la somma dovuta dall’appaltatrice avrebbe dovuto essere calcolata sottraendo dal totale ingiunto di € 70.749,60 l’importo di € 27.000, rimanendo così € 43.749,60 da compensare con il risarcimento riconosciuto. Pertanto, l’appaltatrice avrebbe dovuto essere condannata a corrispondere al committente la differenza residua di € 56.250,40.
Il terzo motivo è inammissibile in conseguenza del rigetto del primo motivo. Infatti, la conferma dell’accertamento della prescrizione dell’azione esclude qualsiasi rilevanza del preteso errore di computo fatto valere con questo motivo di ricorso.
– Il ricorso è rigettato, senza necessità di provvedere sulle spese poiché la controparte non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo uni ficato a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 27/11/2024.