Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34916 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 34916 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 15739-2021 proposto da:
NOME COGNOME, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME;
Oggetto
Previdenza altro
R.G.N. 15739/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 26/11/2024
CC
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 553/2020 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 22/12/2020 R.G.N. 673/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
Con sentenza del giorno 22.12.20 n. 553, la Corte d’appello di Firenze, accoglieva il gravame proposto dall’Inps, avverso la sentenza del Tribunale di Firenze che aveva accolto il ricorso di NOME fruitrice del trattamento di integrazione salariale straordinaria e del trattamento integrativo del fondo speciale trasporto aereo, volto a impugnare i provvedimenti Inps di decadenza da detti trattamenti, per il periodo dal 16.4.12 al 31.12.13, dai quali era scaturita la richiesta di ripetizione di indeb ito, nella misura di € 23.246,98.
Il tribunale, nell’accogliere il ricorso, ha valorizzato la circolare Inps n. 94 del 2011 che, in considerazione della necessità dei piloti di svolgere attività di addestramento per mantenere la validità delle abilitazioni di volo, ha previsto un periodo ‘neutro’ nel quale il pilota può svolgere attività lavorativa remunerata finalizzata esclusivamente al mantenimento di dette abilitazioni, restando esonerato dal presentare la comunicazione prevista dall’art. 8 comma 5 del d.l. n. 86/88, presentando però un’apposita autocertificazione, così da consentire all’Istituto di effettuare i relativi controlli. Nella specie, il contratto stipulato con Turkish Airlines rientrava nella fattispecie eccettuativa.
La Corte d’appello, da parte sua, a supporto dei propri assunti di accoglimento del gravame dell’Inps, da una parte, ha accertato che il pilota non aveva effettuato la preventiva comunicazione di cui all’art. 8 comma 5 cit., dall’altra, non aveva presentat o neppure l’autocertificazione di cui alla circolare n. 94 del 20 11 che le avrebbe garantito l’esonero dalla comunicazione preventiva. Nel merito, la Corte territoriale aveva accertato che il contratto non era finalizzato a garantire il rinnovo delle licenze di volo, ma era un ordinario contratto di lavoro a tempo indeterminato, con un periodo di prova di tre mesi e la previsione di una formazione iniziale. Infine, l’abilitazione, a seguito di prova, era stata rinnovata prima della scadenza del periodo di cd. addestramento.
Avverso tale sentenza, NOME ricorre per cassazione, sulla base di quattro motivi, mentre l’Inps ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il Collegio ha riserva to il deposito dell’ ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 8 comma 4 e comma 5 del d.l. n. 86/88, convertito in legge n. 160/88, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente, la Corte d’appello aveva qualificato il contratto stipulato con Turkish Airlines come contratto di lavoro e non come mera attività di formazione e riqualificazione professionale,
prodromica a una futura assunzione, in quanto si trattava di contratto condizionato al superamento dell’attività di addestramento e all’acquisizione dei titoli di volo.
Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 1362, 1363 e 1366 c.c. (anche con riferimento agli artt. 1375 e 1175 c.c.), in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché la Corte d’appello aveva erroneamente interpretato le circolari Inps nn. 73 del 2008 e n. 94 del 2011, aventi ad oggetto le modalità di controllo sulla eventuale rioccupazione degli operatori del settore del trasporto aereo.
Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 2, 3 e 97 Cost., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché il provvedimento di decadenza dal trattamento di integrazione salariale, unitamente a tutti gli atti successivi emanati nel caso di specie dall’Inps, dovevano considerarsi illegittimi, perché emessi in violazione del principio di correttezza e buona fede che deve ispirare la condotta della Pubblica Amministrazione.
Con il quarto motivo di ricorso, la ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 50 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione (CDFU), in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., per violazione del principio del ne bis sanzionatorio, perché la ricorrente era stata sottoposta per il medesimo fatto posto a fondamento dei provvedimenti di decadenza dell’Inps, a procedimento penale concluso con sentenza irrevocabile ‘di non doversi procedere, perché il fatto
non sussiste’, depositata dal Gup di Firenze e divenuta definitiva il 3.11.16.
Il primo motivo è inammissibile.
S otto l’apparente rubrica di una violazione di legge, in effetti, il ricorrente contesta l’accertamento espresso dalla Corte d’appello secondo cui si trattava di un ordinario contratto di lavoro a tempo indeterminato con un periodo di prova di tre mesi e la previsione di una formazione iniziale destinata a garantire alla compagnia aerea un certo livello di addestramento del pilota. Nel merito, il motivo è infondato, avendo la Corte del merito accertato che nel contratto non si faceva alcun riferimento alle licenze e all’abilitazione al volo né al fatto che il periodo di addestramento fosse destinato al mantenimento di tali abilitazioni.
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto non si confronta con la statuizione che la signora NOME non solo non aveva effettuato tempestivamente la preventiva comunicazione di cui all’art. 8 comma 5 del DL n. 86/98, da cui è conseguita la decadenza dal trattamento di cassa integrazione straordinaria, ma non aveva neppure presentato l’autocertificazione di cui alla circolare n. 94 del 2011, oggetto del motivo di censura, che le avrebbe garantito l’esonero dalla comunicazione preventiva, in argomento (cfr. p. 5 della sentenza impugnata).
Anche il terzo motivo deve essere dichiarato inammissibile in quanto il ricorrente non riporta dove e quando abbia svolto analoga censura nei gradi di merito, così che la doglianza appare formulata per la prima volta nella presente sede di legittimità.
Per la stessa ragione va dichiarato inammissibile il quarto motivo di ricorso. La ricorrente non chiarisce dove e quando analoga censura sia stata sollevata nei gradi di merito, non risultando nulla dalla sentenza impugnata. Il motivo, peraltro, è, comunque, infondato.
La tutela penale ha una finalità diversa rispetto al provvedimento sanzionatorio di decadenza emesso dall’Inps, che mira a tutelare il corretto utilizzo delle risorse pubbliche a favore dei soggetti effettivamente colpiti da disoccupazione involontaria.
In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Quanto alle spese del giudizio di legittimità, il recente formarsi della giurisprudenza determina il Collegio a disporne la compensazione.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26.11.24