Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23652 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23652 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 32381-2020 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE CAMPANIA, UNIONE REGIONALE DELLE CAMERE DI COMMERCIO DELLA CAMPANIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
CAMERA DI RAGIONE_SOCIALE DI NAPOLI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale –
Oggetto
R.G.N. 32381/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 04/06/2025
CC
nonché contro
SCOLESE NOME
– ricorrente principale -controricorrente incidentale nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di curatore del fallimento della RAGIONE_SOCIALE (anche quale società incorporante la RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 16/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 29/06/2020 R.G.N. 3895/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa
La Corte d’appello di Napoli, con la sentenza in atti, in parziale accoglimento dell’appello proposto da COGNOME NOME ed in parziale riforma della sentenza impugnata ha condannato la Camera di Commercio Industria Artigianato Agricoltura di Napoli (CCIAA) al pagamento a titolo di risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 32, comma 5 della legge n. 183/2010 ed in favore dell’appellante, di otto mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori come per legge ed ha compensato le spese del giudizio.
A fondamento della decisione la Corte ha sostenuto che il lavoratore aveva affermato di aver lavorato dal 19/7/2004 sino al 30/9/2011 in qualità di autista attraverso plurimi contratti di somministrazione a tempo determinato e relative proroghe e contratti a tempo determinato; che il giudice di primo grado aveva dichiarato la decadenza dall’impugnazione per tutti i contratti ad eccezione dell’ultimo ma rigettava la domanda di costituzione del rapporto e di risarcimento del danno, così come
rigettava quelle relative al riconoscimento di mansioni superiori ed al compenso per straordinario.
Tanto premesso la Corte ha confermato l’accoglimento dell’eccezione di decadenza salvo per l’ultimo contratto, posto che il termine per proporre l’impugnazione stragiudiziale era di 60 giorni come previsto dall’art.32, comma 1, della legge n. 183 del 2010, come chiarito dal comma 4, lett. d) della stessa norma; le modifiche introdotte dalla L. n.92 del 2012 che aveva esteso il termine per l’impugnativa stragiudiziale di 120 giorni non riguardavano il caso della somministrazione di manodopera, bensì diverse ipotesi del contratto di lavoro a tempo determinato; ha affermato inoltre che il regime di decadenza di cui all’art. 6 legge 604/1966, come novellato dell’art.32 cit. si applica ai contratti di somministrazione a termine in corso alla data di entrata in vigore della legge stessa (24/11/2010), nonché ai contratti stipulati all’entrata in vigore della legge e già scaduti a tale data.
Sulla scorta di tali premesse ha ribadito che, come aveva detto il primo giudice, era tempestiva solo l’impugnazione dell’ultimo contratto stipulato l’11/7/2011 avvenuta nei 60 giorni successivi alla scadenza del contratto (verificata si il 30.9.2011). ‘Pacifica era l’irregolarità di detto contratto, posto che non risultava nemmeno contestata la circostanza che non risultavano indicate specificamente le ragioni; le ragioni del contratto più volte prorogato ed impugnato risultavano del tutto generiche e come tali insufficienti a giustificare l’interposizione.’
Quanto alle conseguenze, considerato che non poteva essere richiesta la costituzione del rapporto di lavoro con l’utilizzatrice Camera di Commercio, in quanto PA, secondo la Corte, era invece da accogliere la domanda di risarcimento del danno ai sensi dell’art. 32, comma 5 della legge n. 183 del 2010, la cui
disciplina risarcitoria, che agevola l’onere probatorio del danno conseguente all’illegittima reiterazione di rapporti a termine, si giustifica con la necessità di garantire l’efficacia dissuasiva alla clausola 5 dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, che concerne la prevenzione degli abusi derivanti dalla successione di contratti a termine e, pertanto, la presunzione non poteva trovare applicazione nelle ipotesi in cui l’illegittimità concernesse la apposizione del termine ad un unico contratto di lavoro.
Da tale ipotesi andava tuttavia distinto il caso in cui fossero intervenute una o più proroghe del termine illegittimo apposto all’unico contratto di lavoro (come chiarito da Cassazione 6413/2017, Cass. 23.945/2018).
Nel caso in esame restava esaminabile il contratto stipulato tra le parti, un unico contratto poi però prorogato; si ricadeva pertanto nell’ipotesi di agevolazione probatoria e di operatività della presunzione di legge circa l’ammontare del danno da liquid arsi nell’entità indicata.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME con un unico motivo a cui hanno resistito con controricorso Unioncamere Campania, Unione Regionale delle Camere di commercio della Campania, nonché Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Napoli con controricorso contenente ricorso incidentale con un unico motivo al quale ha replicato COGNOME NOME con controricorso al ricorso incidentale. Le parti hanno depositato memorie. Il collegio ha riservato la motivazione, a i sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.- Con l’unico motivo di ricorso principale si deduce la violazione e/o falsa applicazione della legge n.183 del 2020,
articolo 32, comma 1, 1 bis (introdotto dal decreto legge 225 del 2010, articolo 2, comma 54, cosiddetto decreto mille proroghe, convertito in legge n. 10 del 2011) per avere la Corte di merito ritenuto fondata l’eccezione di decadenza per i contratti sottoscritti dalle parti, laddove ha inteso interpretare in maniera restrittiva la disciplina contenuta nell’art. 6 legge n. 604/66 come novellato dall’art. 32, comma 4, legge n. 183 del 2010, sostenendo che la decadenza si applica ai contratti di somministrazione a termine in corso alla data di entrata in vigore della legge stessa (24/11/2010) nonché ai contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della citata legge e già scaduti a tale data.
2. Il motivo è fondato.
Deve osservarsi in via di premessa che la legge n. 183 del 2010, articolo 32, commi 1 e 4 , nel modificare l’assetto normativo dettato dalla legge 604/1966 art. 6, commi 1 e 2 ha esteso il regime delle decadenze a fattispecie che prima della legge 183 non ne erano toccate, compresa – per quel che qui interessa la fattispecie dei contratti di lavoro in somministrazione.
Con la norma citata è stato introdotto, accanto al termine di decadenza di 60 giorni per l’impugnazione stragiudiziale del licenziamento, già esistente, l’ulteriore termine di 270 giorni per la proposizione del ricorso giurisdizionale. Tali termini sono stati successivamente modificati dalla legge n. 92 del 2012, rispettivamente in 90 e 180 giorni.
La legge n. 183 del 2010, art. 32, nei commi da 2 e 4, ha esteso questa nuova disciplina, formulata mediante la riscrittura dell’art. 6 l. 604/1966, ad una serie di altre ipotesi e cioè a tutti i casi di invalidità del licenziamento (comma 2) nonché (commi 3 e 4) ad altre forme contrattuali ed atti datoriali.
3.- L’art. 32, comma 1-bis, della l. n. 183 del 2010, introdotto dal d.l. n. 225 del 2010, conv. con mod. dalla l. n. 10 del 2011, stabilisce che ‘ In sede di prima applicazione, le disposizioni di cui all’articolo 6, primo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, acquistano efficacia a decorrere dal 31 dicembre 2011.’
4.- Il motivo di ricorso è dunque fondato posto che, per i contratti a termine pacificamente esistenti e pacificamente impugnati (tanto che è stata eccepita e pronunciata la decadenza dall’impugnazione per questioni di diritto), non poteva applicarsi il re gime di decadenza dell’art. 6 l.604 , del 1966 come novellato dalla art. 32, comma 4 l.183/2010, avendo il ricorrente impugnato tutti i contratti prima della stessa entrata in vigore del dies a quo prorogato con l’art. 32, comma 1-bis, al 31.12.2011 (essend o stata ritenuta valida l’ultima impugnazione in ordine di tempo erano in realtà valide pure le precedenti).
5.- Nessuna decadenza si è quindi potuta consumare; mentre la tesi affermata dalla Corte di appello di Napoli contrasta radicalmente con la giurisprudenza di questa Corte la quale con sentenza n. 12033/2021 ha ribadito che: ‘L’art. 32, comma 1 -bis, della l. n. 183 del 2010, introdotto dal d.l. n. 225 del 2010, conv. con mod. dalla l. n. 10 del 2011, nel prevedere “in sede di prima applicazione” il differimento al 31 dicembre 2011 dell’entrata in vigore delle disposizioni relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, si applica a tutti i contratti ai quali tale regime risulta esteso e riguarda tutti gli ambiti di novità di cui al novellato art. 6 della l. n. 604 del 1966, sicché, con riguardo ai contratti a termine non solo in
corso ma anche con termine scaduto e per i quali la decadenza sia maturata nell’intervallo di tempo tra il 24 novembre 2010 (data di entrata in vigore del cd. “collegato lavoro”) e il 23 gennaio 2011 (scadenza del termine di sessanta giorni per l’entrata in vigore della novella introduttiva del termine decadenziale), si applica il differimento della decadenza mediante la rimessione in termini, rispondendo alla “ratio legis” di attenuare, in chiave costituzionalmente orientata, le conseguenze legate all’introduzione “ex novo” del suddetto e ristretto termine di decadenza ‘ .
La tesi era stata in precedenza formulata dalla sentenza n. 4913 del 14/03/2016 delle Sez.Unite in questi termini : ‘L’art. 32, comma 1 bis, della l. n. 183 del 2010, introdotto dal d.l. n. 225 del 2010, conv. con mod. dalla l. n. 10 del 2011, nel prevedere “in sede di prima applicazione” il differimento al 31 dicembre 2011 dell’entrata in vigore delle disposizioni relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, si applica a tutti i contratti ai quali tale regime risulta esteso e riguarda tutti gli ambiti di novità di cui al novellato art. 6 della l. n. 604 del 1966, sicché, con riguardo ai contratti a termine non solo in corso ma anche con termine scaduto e per i quali la decadenza sia maturata nell’intervallo di tempo tra il 24 novembre 2010 (data di entrata in vigore del cd. “collegato lavoro”) e il 23 gennaio 2011 (scadenza del termine di sessanta giorni per l’entrata in vigore della novella introduttiva del termine decadenziale), si applica il differimento della decadenza mediante la rimessione in termini, rispondendo alla “ratio legis” di attenuare, in chiave costituzionalmente orientata, le conseguenze legate all’introduzione “ex novo” del suddetto e ristretto termine di decadenza’.
E nei medesimi termini si è pure pronunciata questa Corte n. 29639/2018 osservando che ‘ secondo i principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte, cui va data continuità, l’art. 32, comma 1 bis, della l. n. 183 del 2010, introdotto dal d.l. n. 225 del 2010, conv. con mod. dalla L. n. 10 del 2011, nel prevedere “in sede di prima applicazione” il differimento al 31 dicembre 2011 dell’entrata in vigore delle disposizioni relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, si applica a tutti i contratti ai quali tale regime risulta esteso e riguarda tutti gli ambiti di novità di cui al novellato art. 6 della l. n. 604 del 1966, sicché, con riguardo ai contratti a termine non solo in corso ma anche con termine scaduto e per i quali la decadenza sia maturata nell’intervallo di tempo tra il 24 novembre 2010 (data di entrata in vigore del cd. “collegato lavoro”) e 23 gennaio 2011 (scadenza del termine di sessanta giorni per l’entrata in vigore della novella introduttiva del termine decadenziale), si applica il differimento della decadenza mediante la rimessione in termini, rispondendo alla “ratio legis” di attenuare, in chiave costituzionalmente orientata, le conseguenze legate all’introduzione “ex novo” del suddetto e ristretto termine di decadenza (vedi Cass. S.U. 14/3/2016 n.4913); privilegiando una interpretazione costituzionalmente orientata del D.L. n. 225 del 2010, art. 1, comma 54, nel testo risultante dalle modifiche apportate dalla legge di conversione n.10 del 2011, la proroga al 31 dicembre 2011 dell’entrata in vigore della disciplina delle decadenze deve ritenersi applicabile anche a tutti i contratti ai quali tale regime è esteso, ivi compresa la fattispecie in esame’.
6.- Il ricorso è quindi fondato, mentre vanno pure dichiarate infondate le eccezioni preliminari che sono state sollevate dai controricorrenti.
Anzitutto perché va dichiarato sussistente l’interesse ad agire, posto che il giudice di rinvio dovrà esaminare nel merito le domande e stabilire le conseguenze risarcitorie che derivano dall’impugnativa di tutti i contratti di somministrazione e/o a termine tenuto conto del loro numero e del regime di tutela applicabile (in relazione alla qualità degli utilizzatori).
Priva di fondamento è l’eccezione secondo cui il ricorso mancherebbe di specificità o dell’esposizione dei fatti funzionali ai fini della decisione della censura in diritto sollevata (anche alla luce della sentenza impugnata), circa il regime della decadenza per i contratti precedenti la normativa introdotta della legge n. 183/2010.
Non rileva inoltre la mancata produzione e riproduzione in ricorso della lettera di impugnazione di cui si parla (e delle altre lettere di impugnazione di tutti i contratti), essendo pacifico che il ricorrente avesse impugnato tutti i contratti relativi al periodo indicato essendo stato eccepito il ritardo dell’impugnazione ed affermata la relativa decadenza. Sul punto la sentenza d’appello ha affermato e ribadito che vi erano stati più contratti impugnati ai quali si applicava il regime di decadenza dell’ art.6 l. 604 del 1966 come novellato dalla art. 32, comma 4 l.183/2010 e che poteva essere giudicata efficace solo l’ultima impugnazione per il contratto stipulato l’11.7.2011 nei 60 giorni successivi alla scadenza (pag. 3 della sentenza).
La stessa sentenza gravata ha quindi confermato la decadenza dalla impugnazione per tutti i contratti ad eccezione dell’ultimo già affermata dal primo giudice (pag. 2 sentenza). Che ci siano stati più contratti e che essi siano stati impugnati non può essere quindi messo in discussione in questa sede, dopo aver sollevato l’eccezione di decadenza per tutti i contratti per tardività dell’impugnazione.
7.L’errore commesso dalla Corte di appello è dunque quello di aver ignorato la disciplina della proroga del termine di cui all’art. 32, comma 1-bis, della l. n. 183 del 2010, introdotto dal d.l. n. 225 del 2010, conv. con mod. dalla l. n. 10 del 2011 e l’interpretazione corretta datane dalla giurisprudenza della Cassazione citata.
Ricorso incidentale
8.- Con l’unico motivo di ricorso incidentale la Camera di Commercio deduce la violazione e/o falsa applicazione ex articolo 360, n.3 c.p.c. dell’art. 36, comma 5, d.lgs. 165/2001, dell’art. 32, legge n. 183 del 2010, in connessione con l’art.115 c.p.c. nella parte in cui la Corte d’appello, dopo aver correttamente affermato che la presunzione di danno in caso di abusi derivanti da successione di contratti a termine non può trovare applicazione nell’ipotesi di illegittimità di un unico contratto, ha, al contrario, riconosciuto l’indennità risarcitoria ex art. 32, comma 5 legge 183/2010, pur in presenza di un unico contratto a termine non prorogato, posto che contrariamente a quanto affermato in sentenza il contratto del 9 luglio 2011, l’unico esaminato dalla Corte partenopea, non era stato mai prorogato come indicato al punto 29 della ricostruzione in fatto e come confermato al punto quattro, lett. i) del ricorso ex art. 414 c.p.c., dove non vi è alcun riferimento ad una proroga del predetto contratto che ha invero cessato i suoi effetti al 30 settembre 2011. Pertanto, applicando i medesimi principi espressi anche dalla Corte d’appello, in mancanza di proroga difetta il presupposto per l’applicazione della regola del cosiddetto danno comunitario presunto, considerato che non si controverte in tema di abuso di contratti a termine.
9.- Il ricorso incidentale deve ritenersi assorbito dato che, a seguito dell’accoglimento del ricorso principale, vanno esaminati
in diritto gli effetti dell’impugnazione dei vari contratti a termine; sicchè non ha più rilevanza la questione sollevata nel medesimo ricorso incidentale circa l’esistenza di un unico contratto che non sarebbe stato prorogato.
10.- Per le esposte ragioni il ricorso principale deve essere accolto, mentre va dichiarato assorbito il ricorso incidentale; la sentenza impugnata va cassata in relazione al ricorso accolto con rimessione al giudice di rinvio indicato in dispositivo il quale dovrà procedere alla prosecuzione della causa in osservanza dei prefati principi e provvedere altresì sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli,in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale del 4.6.2025
La Presidente dott.ssa NOME COGNOME