Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7943 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7943 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31273/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA
-intimati-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO LECCE n. 276/2019 depositata il 20/03/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
– COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME ricorrono per due mezzi, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE Monte dei Paschi di Siena S.p.A., RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, contro la sentenza del 20 marzo 2019, con cui la Corte d’appello di Lecce ha respinto il loro appello avverso sentenza del locale Tribunale di rigetto dell’opposizione a precetto di pagamento del complessivo importo di € 32.078,58 da essi dovuta in forza di un contratto di mutuo stipulato da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ai quali la NOME aveva prestato fideiussione.
– Le intimate non spiegano difese.
CONSIDERATO CHE
– Il primo mezzo, svolto da pagina 6 a pagina 12 del ricorso, denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 101, secondo comma, 112, 115 primo comma, 116, primo comma, c.p.c., in relazione all’articolo 360, primo comma, numero 3, c.p.c.
Il secondo mezzo, svolto da pagina 12 a pagina 14 del ricorso, denuncia violazione dell’articolo 132, secondo comma, numero 4, c.p.c., in relazione all’articolo 360, numeri 3 e 4 c.p.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 5, c.p.c.
RITENUTO CHE
4. – Il ricorso è inammissibile in ragione dell’inammissibilità di entrambi i motivi, che possono essere simultaneamente esaminati.
4.1. – Per la necessaria intelligenza della vicenda bisogna premettere quanto segue:
-) COGNOME e COGNOME hanno preso a mutuo dall’allora RAGIONE_SOCIALE Credito Popolare Salentino, poi RAGIONE_SOCIALE Monte dei Paschi di Siena S.p.A., con contratto del 27 giugno 1997, la somma di 75.000.000 di lire da rimborsarsi in 120 rate mensili, mentre la COGNOME ha prestato fideiussione;
-) con lettera raccomandata del 28 marzo 2000 la banca mutuante, stante l’inadempimento dei mutuatari dell’obbligazione di rimborso, ha intimato ai medesimi diffida ad adempiere, entro cinque giorni, per il complessivo importo di lire 88.111.408, ossia per l’intero importo dovuto a titolo di rimborso della somma mutuata, comprensivo di accessori, avvalendosi cioè della decadenza dal beneficio del termine contemplata dal contratto di mutuo;
-) la diffida non è stata osservata, dopodiché la banca ha segnalato i debitori alla Centrale rischi;
-) il 6 aprile 2011 RAGIONE_SOCIALE ha intimato precetto di pagamento dell’importo di € 32.078,58, pari all’intero importo ancora dovuto a titolo di rimborso della somma mutuata, per essere gli intimati « decaduti dal beneficio del termine »;
-) contro il precetto questi ultimi hanno spiegato opposizione, deducendo tra l’altro l’intervenuta prescrizione del credito, in considerazione del decennio trascorso tra lo scioglimento del contratto per diffida ad adempiere, con conseguente decadenza dal beneficio del termine, nel 2000, e l’intimazione del precetto, nel 2011;
-) tanto il giudice di primo grado quanto il giudice d’appello hanno ritenuto che la banca avesse rinunciato ad avvalersi della risoluzione e della collegata decadenza dal termine, e cioè, come si legge a pagina 6 della sentenza d’appello, che la banca « dopo la diffida ad adempiere del 28.3.00, non abbia più inteso avvalersi
della decadenza dal beneficio del termine; ed invero, la ricezione del pagamento delle rate scadute, il riavvio del piano di ammortamento, la quantificazione del residuo credito indicato in precetto costituiscono indici sufficienti al riscontro dell’interpretazione formulata dal Tribunale in prime cure ».
4.2. – Ciò premesso, il tema sottoposto all’esame della Corte non verte sulla rinunciabilità dell’effetto risolutorio (v. in proposito Cass. 14 ottobre 2015, n. 20768; Cass. 22 marzo 2017, n. 7313), ma solo alla persuasività della motivazione in proposito addotta dai giudici di merito a fronte del materiale istruttorio disponibile.
In particolare, nel contesto del primo mezzo, i ricorrenti pongono l’accento: i) sulla circostanza che la banca, dopo l’iniziale intimazione ad adempiere rimasta senza effetto, ha segnalato i debitori alla centrale rischi per l’intero importo dovuto in conseguenza della decadenza dal termine; ii) sul comportamento della banca che, nel giudizio di primo grado, aveva eccepito l’interruzione della prescrizione in forza di una missiva del 26 giugno 2006, la quale, secondo gli stessi ricorrenti, comportava il riconoscimento che la prescrizione aveva preso il suo corso già dal 2000; iii) sul contenuto dell’atto di precetto intimato il 6 aprile 2011, nel quale l’importo dovuto era parimenti calcolato al 27 giugno 2000. Il secondo mezzo, poi, denuncia in buona sostanza l’insufficienza motivazionale del provvedimento impugnato.
4.3. – Così stando le cose, non resta se non rammentare cognizioni scontate.
Il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, nei limiti in cui detto sindacato è tuttora consentito dal vigente numero 5 dell’articolo 360 c.p.c.,
delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 agosto 2017, n. 19547; Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011, n. 27197; Cass. 6 aprile 2011, n. 7921; Cass. 21 settembre 2006, n. 20455; Cass. 4 aprile 2006, n. 7846; Cass. 9 settembre 2004, n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004, n. 2357). Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 4 luglio 2017, n. 16467; Cass. 23 maggio 2014, n. 11511; Cass. 7 gennaio 2009, n. 42; Cass. 17 luglio 2001, n. 9662). Oltretutto, il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base ( ex plurimis : Cass. 24 ottobre 2013, n. 24092; Cass. 12 luglio 2007, n. 15604; Cass. 21 aprile 2006, n. 9368).
4.4. – Nel caso di specie, come si è già visto, la Corte d’appello ha ritenuto decisivo che la banca « dopo la diffida ad adempiere del 28.3.00, non abbia più inteso avvalersi della decadenza dal beneficio del termine; ed invero, la ricezione del pagamento delle rate scadute, il riavvio del piano di ammortamento, la quantificazione del residuo credito indicato in precetto costituiscono
indici sufficienti al riscontro dell’interpretazione formulata dal Tribunale in prime cure ».
Trattasi di valutazione di fatto, in sé plausibile, che sfugge al sindacato di questa Corte, non senza rammentare che il vigente numero 5 dell’articolo 360 c.p.c. non consente di denunciare, come hanno fatto i ricorrenti, « omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione », bensì soltanto omessa considerazione di un fatto storico decisivo e controverso, potendo il giudice di legittimità esclusivamente rilevare la radicale carenza della motivazione, unicamente nelle quattro ipotesi considerate dalla nota pronuncia numero 8053 del 2014 delle Sezioni Unite: ma nel caso di specie la motivazione c’è, ed eccede la soglia del minimo costituzionale (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).
5. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
PER QUESTI MOTIVI
rigetta il ricorso, dando atto, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater , che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis .
Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2023.